CONTROINFORMAZIONE INTERNAZIONALE N.8

RIADEGUAMENTO STRATEGICO O LIQUIDAZIONE?

Il Partito Comunista di Spagna (ricostituito) interviene in merito al comunicato dalla RAF del 10 aprile 1992

(versione tedesca)

In una dichiarazione del 10 aprile scorso, l'organizzazione tedesca "Frazione Armata Rossa" (RAF) annunciava la sospensione della sua attività armata nei seguenti termini:

"Sospendiamo gli attacchi contro i principali rappresentanti dell'economia e dello stato a favore del processo che oggi è necessario".

In questo modo questa organizzazione rispondeva alla proposta, lanciata lo scorso gennaio dal Ministero di Giustizia, di liberare i prigionieri politici gravemente malati e quelli detenuti da più lungo tempo (alla condizione - non espressa in forma pubblica ed esplicita - che rinuncino apertamente all'uso della violenza e pongano fine alla lotta armata), ed esigeva l'immediata scarcerazione dei summenzionati prigionieri e il raggruppamento degli altri fino alla loro liberazione.

Nel suo comunicato la RAF si chiede "se lo Stato aprirà uno spazio per una soluzione politica" al problema della violenza e dei molti conflitti sociali presenti in Germania. E ancora: "da parte nostra abbiamo fatto oggi un passo ritirandoci dall'escalation dello scontro per aprire questo spazio politico. Ora dipende da come si comporterà lo stato".

La dichiarazione si conclude con la minaccia di riprendere le azioni armate se lo Stato prosegue con la medesima politica repressiva:

"Se quelli che hanno potere su questo processo distruggeranno tutto con la repressione e lo sterminio, se continuano la guerra contro gli oppressi, considereremo terminata la fase di blocco dell'escalation e non ci limiteremo ad osservare passivamente. Se non lasciano vivere noi e tutti quelli che lottano per una società più umana, allora devono sapere, di conseguenza, che nemmeno le loro èlite potranno vivere. Benché non sia nel nostro interesse, alla guerra si può solo rispondere con la guerra".

Questa nuova posizione della RAF si basa sul fatto che la sua linea d'azione, il cosiddetto Fronte della Guerriglia dell'Europa Occidentale, è fallita.

"Dovevamo confrontarci con il fatto che - affermano - l'idea di creare una apertura per la liberazione, nella lotta comune internazionale, non si è realizzata".

Questa riflessione autocritica si estende agli altri aspetti che più hanno caratterizzato la loro attività politico-militare:

"il modo in cui avevamo agito politicamente prima del 1989 - anno in cui secondo le loro affermazioni, incominciò il processo che ha portato a questa nuova presa di posizione - invece di rafforzarci ci indebolivamo [...]. Abbiamo valutato come errore fondamentale l'esserci avvicinati troppo poco a coloro che si erano ribellati, e per niente a coloro che non erano insorti[...]. Abbiamo visto chiaramente che le cose così non possono andare [...]. Avevamo ridotto la nostra politica quasi esclusivamente ad attacchi contro le strategie imperialiste, ed è mancata la ricerca di obiettivi immediati in positivo e di conseguenza di come si possa cominciare a costruire da subito un'alternativa sociale [...]. Dalle nostre esperienze e dalla discussione su queste questioni con i compagni e le compagne, siamo arrivati al punto fermo che la guerriglia non può essere il centro di questo processo di costruzione".

Per tutte queste ragioni si arriva alla conclusione che è necessario "riflettere su quello che abbiamo sbagliato" e cercare "nuova definizione" politica.

La dichiarazione della RAF ha prodotto una certa confusione nel movimento rivoluzionario europeo, soprattutto in Germania. A ciò ha contribuito, senza dubbio, la forma espositiva confusa - ed abituale nei comunicati della RAF - di questa dichiarazione, che sembra essere ambigua, ma che per noi non lo è affatto. E' ben noto che da qualche tempo stiamo sostenendo una polemica nel corso della quale abbiamo criticato la loro concezione erronea e la loro forma equivoca di impostare la lotto contro l'imperialismo, cosa che orala RAF in un certo modo riconosce nel proprio bilancio autocritico.

Per tutto questo, come nel dibattito che abbiamo mantenuto a suo tempo, consideriamo come un dovere internazionalista - in primo luogo verso i compagni tedeschi - pronunciarci nuovamente di fronte a questo passo falso che hanno appena fatto.

E' evidente che questa iniziativa del Ministero della Giustizia soggiace agli interessi della grande borghesia tedesca per eliminare quanto prima, non solo 20 e più anni di lotta armata, ma qualsiasi forma alternativa di resistenza che possa convertirsi in un punto di riferimento per le masse nell'attuale situazione di crisi generale del sistema capitalistico.

A questi interessi non sono estranei i problemi economici, sociali e politici con cui si confronta il capitale monopolistico tedesco; né, più concretamente, l'aumento del malcontento popolare - soprattutto nei länder della ex DDR - fenomeni che si potranno aggravare ancor più a breve termine, come conseguenza dell'aggravarsi della crisi economica, del crescente interventismo dello stato tedesco a livello internazionale ed del più che probabile scontro interimperialista.

Non è per niente strano che di fronte a queste prospettive il governo tedesco abbia gettato l'amo alla RAF approfittando della sua debolezza attuale, cioè del vicolo cieco in cui si trova e del ruolo centrale che la RAF attribuisce ai prigionieri nel movimento.

Perciò a noi pare un tremendo errore la tregua dichiarata dalla RAF, visti i termini della sua impostazione e l'assenza di una linea politica ed ideologica realmente rivoluzionaria che la sostenga, perché non fa altro che facilitare le manovre del governo atte a conseguire la liquidazione e la sconfitta del movimento ed a dimostrare l'inutilità della resistenza armata contro lo stato.

Per le stesse ragioni, risulta quantomeno ridicola la minaccia della RAF di riprendere le azioni armate nel caso in cui non vengano soddisfatte le proprie rivendicazioni.

Nelle attuali condizioni di debolezza e disorientamento della RAF, pensiamo che sia una vana illusione credere che il grande capitale tedesco - o un settore dello stesso - possa avere interesse in questo momento ad aprire "uno spazio per le soluzioni politiche" ai conflitti che interessano la classe operaia ed altri settori popolari della Germania.

Dietro l'iniziativa del Ministero di Giustizia, con la quale lo stato poliziesco tedesco cerca di mostrare "un voltoumano", non si nasconde altro proposito se non quello di creare false illusioni ed aspettative ed accentuare la repressione.

La nostra opinione è che, viste le nuove idee e proposte avanzate dalla RAF, ci si debba ora aspettare dallo stato una politica di "reinserimento" pura e semplice, che comporterà un aumento della repressione sui prigionieri; l'applicazione cioè della politica del "bastone e la carota": mani tese per i pentiti ed indurimento dei mezzi di isolamento e tortura contro gli "irriducibili".

Che questa sia la via per cui si sta avviando il governo tedesco lo manifesta il fatto che, dopo tale "generosa" offerta, la procura abbia cominciato ad utilizzare le dichiarazioni degli ex-militanti pentiti, detenuti nell'attigua DDR, per intentare nuovi processi ai prigionieri, prossimi a subire pesanti condanne. Come dimostra l'esperienza, non è piegandosi al ricatto del "reinserimento" che si otterrà la liberazione dei prigionieri, e tanto meno si ridurrà la repressione che lo stato esercita su di loro.

Al contrario, in questo modo si contribuisce ad aggravare ancor più la loro situazione.

Certamente, non si tratta di rinunciare alla negoziazione come arma di lotta politica, che in determinate condizioni può permettere di strappare allo stato alcuni miglioramenti, inclusa la liberazione dei prigionieri politici.

Però, impostare la negoziazione da una posizione di debolezza o di resa, come ha fatto la RAF, rinunciando ad ogni resistenza armata, facendo ogni tipi di concessione politica ed ideologica e "riconoscendo", non già la debolezza e l'isolamento del movimento e le sue false concezioni, ma l'impossibilità di una qualsiasi via di uscita che non presupponga la capitolazione, non è precisamente ciò che può condurre ad una soluzione che vada a vantaggio del movimento rivoluzionario.

Nella sua dichiarazione, la RAF cerca di giustificare la sospensione delle sue azioni armate con la necessità di favorire il processo di dibattito interno e la costruzione di un "contropotere dal basso".

Però tali argomenti sono talmente deboli che cadono sotto il proprio peso. In primo luogo, perché si parte dal fatto compiuto della dichiarazione di una tregua che lega mani e piedi al movimento e che, in tutti i casi, avrebbe dovuto essere una delle conseguenze di questo dibattito. In questo modo, la RAF - o, più concretamente, i suoi dirigenti - continua ad incappare nello stesso errore che afferma voler correggere: quello cioè di prendere decisioni che la maggioranza deve seguire.

In secondo luogo, perché è soltanto una "sparata" quella di pretendere di costruire un "contropotere dal basso" di fronte ad uno stato poliziesco armato fino ai denti e pronto ad estirpare dalle radici qualsiasi embrione organizzativo rivoluzionario, come la stessa storia degli ultimi anni ha dimostrato.

A maggior ragione lo è se si prescinde da una strategia di lotta per il comunismo, che includa - come componente essenziale della stessa - la lotta armata, non solo per far fronte alla violenza controrivoluzionaria, ma soprattutto per la presa del potere.

Lo stato imperialista tedesco non rinuncerà a continuare lo sfruttamento e l'oppressione di "quelli dal basso" né "lascerà vivere quelli che lottano per una società migliore".

Pretendere che possa fare altre cose - a parte l'assurdo di supporre che la borghesia come classe possa giungere un giorno a fare karakiri - può solo nascondere la mancanza di una volontà reale di proseguire la lotta contro le ingiustizie e il terrorismo dello stato.

All'origine della proprianuova posizione, secondo la RAF, sta la valutazione che si è prodotta "una situazione completamente nuova nella correlazione delle forze a livello mondiale", in conseguenza di ciò che chiama "caduta dei paesi socialisti"; e perciò, in mancanza di una spiegazione più chiara, resta solo da interpretare l'abbandono delle precedenti posizioni come risultato dei cambiamenti sopravvenuti nella situazione internazionale.

Sempre per questo, vista la importanza che sembrano avere detti cambiamenti per la RAF, non si capisce come la dichiarazione non abbia approfondito maggiormente questa importante questione.

Se lo avesse fatto, probabilmente si sarebbe resa conto che la nuova situazione che si è creata, ha contibuito decisamente a scatenare le rivalità interimperialiste ed in particolar modo quella che oppone gli USA allo stato imperialista tedesco. La RAF, in questo modo, avrebbe trovato una spiegazione basilare al crollo della propria strategia antimperialista, basata su di una pretesa integrazione degli stati capitalisti e sul loro "dominio universale". Ma non è questo il momento di avviare una polemica su questa presunta "caduta del socialismo" a cui si riferisce la RAF, facendo eco alla propaganda con cui la borghesia cerca di nascondere la crisi del proprio sistema di sfruttamento e la bancarotta totale delle concezioni revisioniste.

Per comprendere in tutta la sua complessità come la RAF sia potuta arrivare a tal punto di confusione e sbagliarsi fino a questi estremi, pensiamo che si debba risalire alla sua prima tappa e tenere conto del contesto storico nel quale nacque e mosse i primi passi.

Per quato ci ha sorpreso che la dichiarazione non faccia il minimo riferimento a quel periodo, nemmeno solo per rivendicare la propria storia e per tentare un bilancio del proprio percorso con una prospettiva sufficientemente ampia.

Ciò avrebbe contribuito a centrare e chiarire il dibattito ed a definire molte delle incognite con cui si confrontano in questi momenti i rivoluzionari tedeschi. Per questo motivo è importante ricordare che fin dal principio i dirigenti della RAF rivendicavano il marxismo e riconoscevano la necessità del Partito, sebbene secondo le loro analisi considerassero che nella Germania della fine anni '60 ed inizio anni '70 fosse impossibile la sua costituzione, per la situazione creatasi dopo la II guerra mondiale ed per le caratteristiche dello Stato RFT. Nonostante ciò, pensavano che dentro il movimento che sarebbe stato generato dalla lotta armata della RAF, si sarebbero create le condizioni per la sua costituzione.

Tuttavia, a causa di fattori avversi, sia internazionali (auge del revisionismo) che propri della Germania (disorientamento del movimento operaio, influenza delle correnti revisioniste, sviluppo economico, ecc.) queste impostazioni furono relegate in secondo piano. Se a ciò si aggiunge l'arresto e l'eliminazione fisica della maggior parte dei dirigenti storici, così come l'incorporazione nella direzione di giovani militanti con poca esperienza e ideologicamente mal preparati, si può meglio spiegare come si facessero spazio le idee spontaneiste, dando luogo allo sviluppo di teorie, come quella del Fronte Antimperialista, che già eranno in embrione.

Che ora la RAF metta in discussione la linea che ha seguito in quest'ultima tappa può essere, a nostro giudizio, un passo importante per abbandonare le concezioni spontaneiste e soggettiviste e per reimpostare la propria strategia. Da questo riconoscimento, indipendentemente dalla direzione che alla fine prenderà la RAF, il movimento di resistenza ne può solo uscire rafforzato, perché in questo modo si creano le condizioni favorevoli per poter approfondire il dibattito ed il processo di rettifica delle idee sbagliate, avanzare sul terreno dell'organizzazione ed elaborare una strategia ed un programma rivoluzionari che sintetizzino le esperienze di lotta della classe operaia e del popolo tedesco.

Secondo logica, per essere conseguenti con loro autocritica, questi sono - tra gli altri - i compiti che i compagni tedeschi dovrenno assumersi. Nonostante ciò, esprimiamo la nostra preoccupazione per il fatto che la ricerca di queste "nuove definizioni" e di questo "spazio per soluzioni politiche" sembrano puntare verso un riformismo travestito da radicalismo e all'ombra della legalità del sistema, seguendo i passi dei movimenti guerriglieri latinoamericani supportati dalla socialdemocrazia.

Perciò ci sarebbe da temere che, una volta ancora, la RAF sbagliasse strada e si lasciasse prendere nella rete tesa dallo stato.

Nonostante tutto, confidiamo che il movimento sia capace di superare questo duro momento e che dal suo seno nascano le persone e le forze capaci di creare una organizzazione veramente rivoluzionaria, e di formulare la strategia di lotta per il comunismo in Germania.

Giugno 1992

Comitato Centrale del Partito Comunista di Spagna (ricostituito)

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