NEL VENTRE DELLA BESTIADai carceri speciali U.S.A. - seconda parte - Intervista con A.Berkman, M.Buck, S.Rosenberg, T.Blunk, L.Evans, L.Whitehorn; carcere di Washington DC, ottobre 1989 [Infoburo fur Gefangenen, Paulinerstr. 15e, 2000 Hamburg 36] Quella che segue è la seconda parte dell'intervista rilasciata da alcuni prigionieri rivoluzionari americani (Washington Six), la prima parte è stata pubblicata nel numero 6 di questa rivista. Quali sono le condizioni in cui siete tenuti nel carcere di Washington ? E come è stato usato l'isolamento nei vostri confronti? Eravamo sottoposti al cosiddetto trattamento speciale, che significava che eravamo blindati nelle nostre celle 23 ore al giorno. Non ci era permesso di andare all'aria con gli altri prigionieri. Tutti i nostri colloqui e la nostra posta erano controllati ed ogni volta che lasciavamo il nostro blocco avevamo i ferri alle gambe ed alle mani, anche per i colloqui con gli avvocati. Questo su diretta richiesta di un gruppo speciale dei "marshal" americani, responsabili della "sicurezza" rispetto ai prigionieri politici. La direzione del carcere ha cercato di far credere ai prigionieri che noi sei facevamo parte di un gruppo suprematista bianco invece che di un gruppo rivoluzionario, cercando così di isolarci ancora di più dalla massa della popolazione detenuta, soprattutto dai prigionieri afro-americani. Abbiamo cercato di combattere queste condizioni con una mobilitazione di massa ed in tribunale. Dopo 6 mesi abbiamo potuto ottenere dal giudice alcuni cambiamenti delle nostre condizioni. In realtà, per la maggior parte dell'anno scorso siamo stati tenuti in condizioni simili a quelle della maggior parte della popolazione detenuta. Una cosa che era parte del trattamento speciale, e che è continuata, è che non ci è mai stato permesso di andare all'aria. Alla fine dell'anno il giudice ha deciso che questo stava diventando in realtà una punizione "crudele ed insolita" [riferimento ad una norma costituzionale USA che proibirebbe punizioni così definibili; ndt.]. Ora ci viene permesso di andare all'aria per due ore alla settimana, come il resto dei detenuti. Penso che la cosa essenziale da capire per un europeo sia quanto il carcere di Washington e in generale le prigioni USA siano campi di concentramento, soprattutto per gli afro-americani e per gli uomini del Terzo Mondo. Ho passato due anni in diverse carceri di contea ed in carceri di altre grandi città, con un'alta percentuale di prigionieri neri, dove le condizioni erano molto simili a quelle del carcere di Washington: un tremendo sovraffollamento, nessun programma educativo, quasi nessuna struttura di assistenza legale, colloqui limitati, condizioni quasi al limite. E penso che sia importante capire che questo tipo di condizioni corrisponde a quelle del sistema scolastico, del sistema di assistenza sociale e di qualsiasi tipo di istituzione che in questa società ha a che fare con i poveri e soprattutto con i poveri del Terzo Mondo. Per molti, moltissimi giovani della comunità afro-americana che arrivano qui, presi nel circolo della povertà e della disoccupazione (e troppo spesso della droga che si accompagna con queste), è come andare da una istituzione all'altra. Il carcere è parte di questo circolo vizioso della vita negli USA. La maggior parte di voi è stata tenuta in isolamento nell'ambito del programma di counterinsurgency che le forze di sicurezza dello Stato usano contro i prigionieri politici negli USA. Vi sono molte analogie con la RFT. Tutti, senza eccezioni, abbiamo passato lunghi periodi in isolamento prima di arrivare qui. Sempre con il pretesto delle misure di sicurezza. Si servono contro i prigionieri politici di tecniche che sono state utilizzate prima contro i prigionieri sociali, ma in modo più sistematico, reso molto più intenso dal fatto che non è una questione disciplinare ma esclusivamente amministrativa. L'isolamento è sempre più usato nelle carceri americane. Ma generalmente c'è qualche scusa - che la persona è stata coinvolta in qualche episodio di violenza o che ha tentato di scappare. Penso che il motivo principale sia il tentativo di isolarci dalla gente all'esterno. Veniamo tenuti in luoghi dove abbiamo restrizioni alle telefonate e corrispondenza totalmente controllata. E quando arrivi in posti come la High Security Unit di Lexington o di Marion, l'isolamento è strutturale. L'istituto è progettato per cercare di rompere ogni legame che si ha con l'esterno, per cercare di isolarti completamente, e questo serve a due scopi: innanzitutto a far sì che il prigioniero debba cavarsela da solo per mantenere la propria identità senza poter vedere nessuno del movimento - censurano anche i giornali, cercano di spazzare via ogni elemento della nostra identità politica e di schiacciarci dentro noi stessi. Inoltre, dal momento che i prigionieri politici sono spesso tra i combattenti militanti più determinati dei loro movimenti, si cerca di spazzare via con l'isolamento ogni nostro contributo politico e ogni possibilità di sapere ciò che succede nei movimenti all'esterno. Inoltre voglio commentare il fatto che gli USA hanno la pena di morte. Penso che sia inumana e, per come viene applicata negli USA, totalmente razzista, anche se viene usata soprattutto contro i prigionieri sociali. Da alcuni anni, però, certi delitti contro lo Stato - e questo è un aspetto della recrudescenza dell'apparato di counterinsurgency dell'FBI - sono diventati tra i pochi crimini per cui è prevista la pena di morte federale negli USA. Per esempio, un attacco con l'esplosivo contro un ufficio federale che causa qualche morto, comporta ora la pena capitale federale. Normalmente l'omicidio è un reato statale, non federale, ma sono stati definiti alcuni reati federali progettati soprattutto per stabilire la pena di morte in relazione a ciò che viene etichettato come "attività terroristica". C'è un prigioniero politico negli USA - Mumia Abu-Jamal - che è stato condannato a morte per uno scontro a fuoco con la polizia, in cui Mumia è stato ferito gravemente e un poliziotto è morto. Dunque la pena di morte resta la sanzione finale negli USA. Voglio inoltre ricordare l'uso della violenza sessuale, in particolare contro le compagne. E' soprattutto il caso di Lexington dove non c'era solo il problema dell'isolamento, ma era stato imposto l'impiego di guardie di sesso maschile - le guardie di sesso maschile vengono ancora usate nelle prigioni femminili di tutti gli USA. Credo che nelle unità di isolamento che sono progettate specificamente per frantumare l'identità delle prigioniere politiche forti, usino guardie di sesso maschile intenzionalmente; hanno usato telecamere installate in modo tale da permettere alle guardie di guardare le prigioniere nelle doccie, così da non consentire loro alcuna privacy nelle celle. Nel caso di Susan Rosenberg ed Alejandrina Torres hanno poi abusato fisicamente di loro con perquisizioni anali e vaginali imposte con la forza. Lo Stato si sente minacciato in modo particolare quando le donne decidono di lottare con tutti i mezzi, e portano la loro forza nella lotta. Per questo una parte specifica del loro progetto è volta a cercare di stroncare le prigioniere politiche. Il governo americano in realtà rivendica di non avere alcun prigioniero politico - sebbene ci siano attualmente circa 200 prigionieri politici (PPS) e prigionieri di guerra (POWS) nelle carceri USA. Potete spiegare da dove vengono politicamente i PPS ed i POWS ed a che cosa si riferisce il termine POW nel contesto americano ? Negli USA, la lotta nazionale e la lotta politica si sono sviluppate in larga parte in rapporto ai movimenti nazionali; per movimenti nazionali intendo il fatto che negli USA si sono sviluppate storicamente nazioni oppresse. Gli africani sono stati portati in America come schiavi - ora c'è una certa elasticità su come gli afro-americani rivendicano la loro identità nazionale come africani americani. Certamente la parola "Nero" [Black], viene usata con la maiuscola, non con la minuscola. I Nuovi Africani tentano di dare anche un qualche significato di popolo africano deportato negli USA. Non è vero che c'è una grande integrazione negli USA. Sostanzialmente c'è ancora una nazione dominante che ha svariate popolazioni oppresse, al cui interno alcuni possono anche avanzare socialmente, ma la massa della nazione è comunque tenuta in condizioni coloniali o semi-coloniali. Allo stesso modo c'è una popolazione nativa americana che è stata vinta e che in larga parte è stata sradicata, ma che ha continuato a lottare in questo paese. Portorico è stata annessa nella guerra espansionistica del 1889 e circa il 40% della popolazione portoricana è immigrata dal paese di Portorico nelle città USA. Per quanto riguarda il Messico gli USA, all'interno della cosiddetta "espansione occidentale", con una guerra e l'imposizione di un trattato si impadronirono 150 anni fa di metà della parte settentrionale di questo paese. Ci sono circa 20 milioni di messicani negli USA. A queste popolazioni non sono stati riconosciuti i diritti umani e democratici fondamentali. Ed in molti casi, quando si è sviluppata la loro lotta per diritti di base, quei movimenti hanno preso la forma esplicita di movimenti di liberazione nazionale, con una rivendicazione di autodeterminazione; per esempio il movimento nero per i diritti civili è cominciato con l'obiettivo dell'integrazione, ma ha compreso attraverso la lotta che in realtà l'integrazione non sarebbe stata conquistata; e dal momento che lottava contro l'ingiustizia e per l'autodeterminazione e la liberazione, ha finito per scontrarsi con lo stato, e scontrandosi con lo stato a subire arresti e condanne politiche. All'interno di questi movimenti a volte si sono costituite organizzazioni che cercano dichiaratamente di sviluppare la lotta armata. Il Black Liberation Army (BLA) si è sviluppato in larga parte dal Black Panther Party (BPP), quando il BPP fu represso dall'FBI e alcuni degli appartenenti al BPP compresero che l'unico modo per riuscire a sopravvivere era quello di formare una resistenza clandestina. Allo stesso modo dentro la lotta di Portorico si sono sviluppate organizzazioni clandestine sull'isola e qui, all'interno degli USA. Le FALN (Fuerzas Armadas de Liberación Nacional) si sono sviluppate con più chiarezza, e negli ultimi anni si sono sviluppati i Macheteros, che si sono radicati nell'isola di Portorico. Parecchi dei loro militanti sono stati arrestati e sono prigionieri politici degli USA. Gli appartenenti all'American Indian Movement (AIM) sono incarcerati come prigionieri politici. E ci sono anche nordamericani bianchi, come noi, che hanno tentato di costruire un loro movimento di resistenza antimperialista, e che hanno combattuto in vari modi contro lo stato, alcuni come militanti di una resistenza armata clandestina. Infine ci sono altri nordamericani bianchi che sono coinvolti in azioni di disobbedienza civile militanti, ma passive, contro il complesso militare e che sono anch'essi nelle carceri americane. Ora tutti noi siamo senza dubbio dei prigionieri politici, ma gli appartenenti alle nazioni oppresse, che stanno portando avanti la lotta armata, si considerano combattenti catturati secondo i trattati internazionali, prigionieri di una lotta di liberazione riconosciuta dal protocollo 2 della Convenzione di Ginevra e da altre convenzioni internazionali. Essi rivendicano lo status dei prigionieri di guerra. Le corti nordamericane riconoscono questo status ? No, rifiutano di riconoscerlo - sebbene gli sia stato richiesto molte volte. Le corti degli USA rifiutano di applicare le norme internazionali, anche nel caso più evidente di Portorico. La comunità internazionale e l'ONU riconoscono Portorico come colonia USA e nonostante questo i combattenti di quel movimento di liberazione non sono riconosciuti come combattenti anticolonialisti per la libertà. Ma da un punto di vista internazionale lo sono sempre di più. Ciò si è evidenziato quando William Morales è stato catturato in Messico e il governo nordamericano ha cercato di farlo estradare negli USA come criminale. Il Messico lo ha riconosciuto come prigioniero politico, come un combattente di Portorico catturato, ha rifiutato di estradarlo in USA e lo ha rilasciato a Cuba dove gli è stato dato asilo politico. Un altro colpo a questa strategia è stata la liberazione di Assata Shakur. Assata, una militante di primo rilievo del BLA, è stata dipinta dall'FBI e dai media come "una assassina di poliziotti, assetata di sangue". Dopo la sua evasione dal carcere, ha ottenuto asilo politico a Cuba e da allora ha guadagnato riconoscimento internazionale e negli USA, come portavoce della lotta di liberazione nera. Ma questi movimenti vi rivendicano come loro prigionieri politici ? Dipende dai casi perchè esistono realtà differenti - e questo costituisce ad un tempo la forza e la debolezza del movimento dei PPS e dei POWS negli USA, ma anche in generale delle lotte sociali negli USA. Penso che ci sia un implicito riconoscimento dei prigionieri politici di Portorico; come ad esempio nel caso di Filiberto Ojeda Rios che è riconosciuto come un dirigente dei Macheteros. Recentemente è stato sottoposto a processo. Per molti anni è stato accusato negli USA di fatti per cui non è mai stato processato. Poi è stato portato a Portorico e sottoposto a processo per lo scontro a fuoco in cui l'FBI lo aveva catturato nel 1985. Una squadra di SWAT (corpi speciali d'intervento americani) dell'FBI aveva attaccato con armi automatiche e bazooka la sua casa mentre lui e sua moglie si trovavano là dentro. Egli aveva difeso la sua casa e la sua vita contro l'attacco ed un agente dell'FBI era rimasto ferito nello scontro. E' stato processato a Portorico, ha ammesso di avere avuto uno scontro a fuoco con l'FBI e sostanzialmente si è difeso davanti ad una giuria portoricana. La giuria l'ha assolto da tutte le accuse relative allo scontro a fuoco. Chiaramente il verdetto non si è basato su aspetti legali, ma sul fatto che Filiberto aveva il diritto a difendersi. Ho parlato recentemente con Filiberto, ed in modo umile mi ha detto che non può camminare per le vie di San Juan (la capitale del Portorico) senza essere fermato ad ogni blocco e senza che qualcuno si avvicini a lui - e non è affatto gente del movimento indipendentista - e gli dica: "tu rappresenti il nostro paese e noi ti sosteniamo". Penso che storicamente questo non si sia verificato nei movimenti nordamericani bianchi e che il rapporto di riconoscimento non si sia realizzato, in particolare rispetto a chi è accusato di organizzare la lotta armata. Credo che la mancanza di legami organici con l'esterno nei primi anni di sviluppo della lotta sia stato un fattore di debolezza che permane fino al momento della cattura di militanti, quando è difficile tentare di creare legami e rapporti tra i diversi livelli della lotta. Perchè io credo fermamente che gli obiettivi politici siano condivisi ma che l'isolamento e le condizioni della cattura possano rendere molto difficile farlo nella realtà. Al momento, che tipo di sostegno ricevono i prigionieri politici ed i prigionieri di guerra ? Il sostegno ai prigionieri politici dipende in larga parte dalle condizioni e dallo stato dei movimenti da cui proveniamo. Direi che nel complesso non c'è un gran sostegno, non c'è molta coscienza. Dobbiamo partire da una prima condizione, che è l'affermazione della stessa esistenza dei prigionieri politici negli USA, per far nascere la coscienza politica sul problema dei prigionieri e questi sforzi sono appena agli inizi. Ci sono alcune eccezioni - ci sono alcuni prigionieri politici che sono più noti di altri - forse la gente più progressista negli USA conosce il caso di Leonard Peltier. Probabilmente ha maggior sostegno e riconoscimento di qualsiasi altro prigioniero politico, probabilmente anche a livello internazionale. Il suo caso ha avuto un'importanza dominante per il movimento nativo americano, e negli ultimi 10 anni è diventato simbolo della mobilitazione e della lotta nativa americana. I prigionieri politici ed i prigionieri di guerra portoricani sono sostenuti dal movimento indipendentista portoricano che si è esteso negli ultimi 2 o 3 anni. Filiberto Ojeda Rios ed i compagni che sono stati arrestati, come per esempio il gruppo denominato "Puerto Rican Indipendence 16" che sono accusati di essere militanti dei Macheteros - sotto processo per l'esproprio di 7 milioni di dollari alla Wells Fargo Truck - sono diventati casi di estrema importanza per il movimento indipendentista. Nell'ultimo anno e con l'emergere della discussione sullo status dell'isola, dal punto di vista del movimento di indipendenza ed anche di alcune forze procolonialiste, la questione dei prigionieri politici e dei prigionieri di guerra è diventata una parte importante della discussione, perchè questi sono stati coinvolti nella lotta per lo status dell'isola. Sembra invece che molti prigionieri politici e di guerra neri non siano stati riconosciuti dalla comunità nera. Il fatto che molte Pantere Nere marciscano in galera, che ci stiano da molti anni e che sembrino dimenticate, è una sorta di riflesso della condizione politica della comunità nera, oppure questa è un'impressione sbagliata ? Non credo che sia un'impressione sbagliata. Ma bisogna capire che uno dei risultati del programma di counterintelligence sviluppato negli anni '60 e nei primi '70, è stato il fatto che la struttura organizzativa della comunità nera è stata attaccata per essere distrutta, e la distruzione è decisamente riuscita. Non solo rispetto alle organizzazioni rivoluzionarie - si possono leggere i documenti dell'FBI - furono infiltrati anche gruppi come gli "architetti Neri". Se non si hanno forme di organizzazione non si possono raggiungere le masse popolari e non si può neppure perpetuare facilmente la propria storia. E allora teniamone conto! Un'altra cosa è che alcuni militanti furono cooptati - una piccola percentuale infatti che partecipò anche al programma. Si istituiscono programmi univeristari, si conquistano persone della classe media. Questi sono alcuni dei vantaggi che derivano dagli avanzamenti sociali. Un movimento si può distruggere in parte con la repressione ed in parte anche con la cooperazione. Questo è successo persino durante l'amministrazione Reagan - e bisogna considerare il fatto che Ronald Reagan non ha mai incontrato nessuno dei dirigenti delle maggiori organizzazioni Nere e marcatamente riformiste, dei diritti civili. Era molto chiaro che il governo USA non intendeva riconoscere ai Neri alcuna organizzazione autodiretta con cui poter organizzare la lotta. Penso che chi ha lottato in questa direzione rivendicherà con più forza i suoi obiettivi e ci sarà una base di sostegno. Io sono convinto che ci sia molto di più di una base di sostegno che si sta formando; questa potrebbe dar vita a delle mobilitazioni, ma non è organizzata, non ha una direzione al momento, e quindi non può farsi sentire. In Germania il lavoro di sostegno ai prigionieri politici è visto veramente come un importante fronte di lotta contro la repressione e chi sta portando avanti questo lavoro politico spesso si definisce antimperialista. C'è un termine di paragone con il sostegno che ottenete come prigionieri antimperialisti nordamericani ? No, non credo sia possibile alcun paragone. In generale, la base di partenza è completamente diversa. Qui negli USA "l'antimperialismo" viene definito in modo alquanto differente dalla Germania. Qui è una parola d'ordine propria di quei settori del movimento progressista che individuano gli USA come una nazione imperialista, che si oppongono all'imperialismo come sistema globale e che agiscono in solidarietà con i movimenti di liberazione nazionale. Il movimento antimperialista qui è molto ridotto ed isolato. Vorrei dire che tra quelli che parlano delle altre lotte di liberazione nazionale, tra la sinistra bianca dominante c'è un livello di coscienza molto basso riguardo ai prigionieri politici e di guerra, sia che si tratti di prigionieri provenienti da uno dei movimenti di liberazione nazionale che di prigionieri provenienti dalla sinistra antimperialista. Così non sanno neppure che esistiamo. Quelli che lo sanno e il sostegno che abbiamo cominciato ad avere attraverso i processi negli ultimi due anni, vanno considerati correttamente al livello di umanitarismo elementare, come un'espressione politica sul problema dei diritti umani. Non pùo proprio essere considerato ancora come un significativo fronte di lotta in sè e per sè. Forse c'è stato qualcosa di simile negli anni '70, nel periodo delle rivolte urbane. Quando George Jackson, il cui nome dovrebbe essere noto in Gerrmania, fu assassinato nel carcere della California, ci furono una serie di rivolte in tutto il paese. C'erano molti prigionieri politici in carcere, provenienti dalle lotte degli anni '60, che giocarono un ruolo in quelle rivolte, e c'era una diversa considerazione delle carceri nel loro insieme ed anche di alcuni prigionieri politici. Al momento non c'è nessuna possibilità per i prigionieri politici di essere considerati come militanti e combattenti di un movimento e di fare passi per difenderli come parte della difesa del proprio movimento. Credo che stia cambiando qualcosa. Fino a poco tempo fa non c'era neppure chi si muoveva per ragioni umanitarie. Infatti esisteva un piccolissimo nucleo di persone , essi stessi militanti antimperialisti, che si muovevano con chiarezza. Credo con obiettivi sostanzialmente politici nel senso sia di riconoscere l'importanza dei prigionieri per il movimento, per il loro contributo allo sviluppo delle organizzazioni clandestine, sia di riuscire in questo modo a smascherare e a combattere gli apparati repressivi dello Stato e ciò che sta facendo l'FBI, nella convinzione che questo fosse importante per rafforzare il movimento. Persino all'interno di movimenti impegnati su tematiche sociali negli USA non c'è coscienza del fatto che lo Stato risponde con la repressione se viene contestato. Abbiamo avuto grosse difficoltà persino nel continuare la nostra stessa storia ed essa viene riscritta attivamente ogni giorno. La gente non ricorda ciò che è avvenuto negli anni '60, persino del ruolo dell'FBI e delle varie squadre rosse. Così quando il CISPES (Comitato di solidarietà con i popoli di El Salvador), che è un movimento contro l'intervento in Centro America, fu attaccato dall'FBI e questa operazione venne smascherata negli anni '80, la gente pensò che si trattasse di una cosa nuova. No, non fu per niente una cosa nuova: ha vecchie origini - era la continuazione di qualcosa che quando la lotta sociale si indebolì non era più all'ordine del giorno. E poi, quando la gente cominciò a reagire e tentò di contestare le politiche USA in Centro America, l'FBI riprese il suo ruolo in modo molto più aggressivo, come una forza di polizia politica. Quindi penso che solo negli ultimissimi anni, intorno al nucleo dei militanti antimperialisti che hanno fatto quel lavoro politico, ci sono ora altri che sostengono i progionieri politici. Credete che la vostra mobilitazione contro contro l'Unità di Massima Sicurezza (HSU) di Lexington sia stata una specie di punto di partenza per il riconoscimento dei prigionieri politici da parte di un'opinione pubblica più vasta ? Sì, questo si è ritorto certamente contro il governo degli Stati Uniti. Il governo USA o il Bureau of Prison non avevano mai pensato che ci sarebbe stata una mobilitazione del genere su Lexington. Pensavano che la retorica del terrorismo bastasse per scoraggiare ogni tipo di attività sui diritti umani e su questa convinzione hanno sbagliato i loro calcoli. A mio avviso l'estremità del fatto e chiaramente il suo carattere sperimentale hanno avuto la loro importanza. E vorrei dire che in particolare il movimento Portoricano Indipendentista ha giocato un ruolo molto importante, almeno nel promuovere questa mobilitazione. E pensate che l'opinione pubblica che si è formata su questo problema possa continuare ad essere sensibile per esempio durante il periodo del vostro processo; o pensate che la campagna contro la HSU di Lexington sia stata un'altra mobilitazione specifica negli USA ? Credo che ci siano entrambe le cose. La gente si sta attivando per appoggiare i prigionieri; vengono sostenuti i diritti umani, che sono riconosciuti a livello generale anche se le conseguenze di questo non sono sufficienti. Il motivo principale per cui la gente ha disapprovato Lexington, è stato il rifiuto dell'isolamento, e questa è una posizione più facile da sostenere. Non era d'accordo sul fatto che un paese democratico torturasse i suoi dissidenti e questo era ciò che stava succedendo a Lexington. E' differente quando si finisce in un processo come nemico cosciente dello stato, in un processo-spettacolo orchestrato politicamente, dove il governo punta molto a conseguire immediatamente una vittoria. Credo però che nella misura in cui si è creata l'opinione pubblica non solo attraverso Lexington, ma anche attraverso la repressione del movimento portoricano, l'attacco che è stato condotto contro i movimenti Neri - a New York la maggior parte delle azioni si è tradotta in processi e quindi nell'esistenza di altri prigionieri politici - l'emergere di entrambe le cose ha contribuito sia ad un primo cambiamento minimo ma significativo dell'opinione pubblica (che ammette: "sì, c'è un'opposizione politica, c'è repressione ed è politica, c'è la polizia politica e sì, ci sono prigionieri politici" ); sia all'estendersi dell'attività politica, inclusa la lotta di Lexington, che ha creato un'opinione pubblica che si spera ci sosterrà quando la lotta inevitabilmente sarà più intensa. Nell'ultimo periodo riceviamo sostegno anche dal movimento dei gay e delle lesbiche. E penso che dipenda dal fatto che Linda ed io siamo state lesbiche all'esterno e che lo abbiamo dichiarato; che 4 di noi sono donne e che tutti noi avevamo veramente sostenuto la lotta di liberazione delle donne anche nelle loro discussioni poltiche. Ma penso che ci sia anche un'altra ragione; il fatto che il movimento gay e lesbico contesta il governo sulla questione dell'AIDS, che è una questione di vita o di morte per la gente. La crescita della fobia per gli omosessuali in questo periodo, l'intensificazione degli attacchi contro i gay e l'aumento delle leggi contro i gay, stanno avendo un impatto sul modo di pensare della gente. E così ACT UP, che è il settore più militante del movimento contro l'AIDS, è stato estremamente determinato nelle sue iniziative. E penso che quando ci si trova in uno scontro di questo tipo contro lo stato, ci siano meno problemi a rapportarsi con le altre persone che resistono. C'è un senso di unità tra le persone contro un nemico comune, cosa che per noi è un concetto molto importante . Quale pensate possa essere il ruolo dei prigionieri politici nel lento processo di ripresa, nelle diverse comunità nazionali, di una mobilitazione di base? E dove collocate il vostro ruolo? In che modo pensate che sarà possibile raggiungere una certa unità e un legame con le lotte all'esterno? Penso che le carceri nordamericane diventeranno un centro di resistenza in espansione negli USA, sia per quel che riguarda i diritti umani che il livello di violenza, resistenza e rivolta all'interno delle stesse carceri. Le carceri giocheranno ed hanno sempre giocato un importante ruolo per lo stato nell'eliminare gli elementi più radicali e militanti dell'opposizione, anche non necessariamente coscienti, ma comunque gente che si rivolta contro le sue condizioni, come prodotto del razzismo e della povertà. Lo stato stesso dice che negli USA in meno di 5 anni ci sarnno in carcere 1 milione di persone, che è un' enorme percentuale della popolazione. Penso che il ruolo dei prigionieri politici dipenderà in larga misura dall'accettazione della nostra esistenza nei movimenti e dall'opposizione sociale e politica che si svilupperà. Certamente noi dobbiamo giocare un ruolo all'interno delle stesse carceri per cercare di costruire l'unità fra tanti prigionieri - sociali e politici - al fine di formare un fronte di lotta dentro le carceri per rendere più diretto quel potenziale di rivolta. E penso che questa sia una delle ragioni per cui il governo ci vuole isolare. Al di là di questo, come prigionieri politici - in particolare - abbiamo la responsabilità di mantenere viva la fiamma della resistenza, nel senso di una presa di posizione ideologica e politica. Noi rappresentiamo qualcosa che è stato storicamente importante nella sinistra. In questo momento, la nostra principale collocazione è in carcere e questo è un grosso problema. Credo che sia forse un problema simile a quello dei primi tempi in RFT quando una quantità di persone era in carcere, e non c'era fuori la voce che ci sarebbe dovuta essere. E in che misura ci riusciremo o meno dipenderà da molte cose - l'uso dell'isolamento negli Stati Uniti, l'uso delle unità di controllo e la lotta che viene condotta per il riconoscimento della garanzia della nostra difesa in base ai diritti umani. Penso che noi tutti spingeremo in avanti la lotta come prigionieri politici. Lasciatemi fare una domanda su questo. In RFT i prigionieri della RAF e la resistenza hanno lottato per anni contro l'isolamento, per ottenere il raggruppamento di tutti i prigionieri politici. Questa richiesta è posta al centro anche dell'ultimo sciopero della fame ed è centrale per la maggior parte del lavoro di sostegno all'esterno. I prigionieri politici negli USA, voi stessi siete sul punto di chiedere il raggruppamento ? Penso che nel lungo periodo lo chiederemo; date le condizioni materiali reali in questo paese sulla questione dei prigionieri politici, penso che non sia una richiesta che possiamo già porre. Penso che siamo ancora nella fase di combattere, in un certo senso, la criminalizzazione dei prigionieri politici da parte del governo americano. Ci riusciremo ma credo che sarà una lunga lotta. Si tratta di tentare di considerare le cose per gradi - ed un grado è quello di affermare definitivamente che ci sono prigionieri politici negli USA. So che questa è una grossa questione per la gente in Europa, il perchè non chiediamo il raggruppamento o perchè non c'è un'unità. Di nuovo stiamo parlando di una situazione in cui ci sono prigionieri provenienti da lotte molto differenti. Così, mentre abbiamo una base molto forte per costruire l'unità contro lo stato (siamo in carcere insieme) e nei luoghi in cui siamo stati insieme, abbiamo svolto questo compito completamente - abbiamo delle responsabilità e dobbiamo rendere conto in qualche modo a movimenti differenti all'esterno. E come prigionieri non si attua una propria strategia separata da quelli che sono gli obiettivi, le parole d'ordine delle lotte del movimento a cui si appartiene. Un esempio specifico per rispondere a questo è il fatto che i prigionieri di guerra portoricani - che sono 25 nelle carceri americane - hanno avanzato la richiesta di raggruppamento in diversi momenti, per essere collocati tutti in un carcere militare e per essere processati da un tribunale militare in base agli accordi di Ginevra, che dovrebbero essere applicati ai prigionieri di guerra. E ciò deriva dalla posizione politica del loro movimento rispetto all'essere un popolo colonizzato ed all'avere diritto a questo in base al diritto internazionale. Non avanzano questa richiesta per tutto il periodo, ma l'hanno fatto in diversi momenti. Naturalmente non c'è risposta formale dal governo americano, ma c'è una risposta di fatto nel tenerli separati, in diverse carceri. Gli uomini sono tutti in carceri diverse, sparse nel territorio americano; e negli USA esistono 50 carceri federali in differenti luoghi. Penso che questa spiegazione sia una parte della risposta alla questione di come richiediamo il raggruppamento. Negli ultmi 5 anni, 22 antimperialisti sono entrati in carcere come detenuti politici. E penso che dobbiamo prendere una posizione su quanto e su come vogliamo assumere questa problematica. Credo che come ha detto Marilyn, questo sia un processo. La mia opinione personale è che abbiamo subito un isolamento per piccoli gruppi a Lexington, ma che ha funzionato da raggruppamento. E questa è la ragione per cui abbiamo potuto continuare e vincere la lotta a Lexington. Personalmente penso che richiederemo il raggruppamento, ma come lo faremo e quando e su quali basi e per chi, queste sono tutte questioni che dovremo affrontare, quando lo stato attuerà la sua strategia e noi capiremo le condizioni in cui ci troviamo. Una ragione per cui ritengo che noi finiremo col sollevare questa richiesta, noi e non la popolazione in generale dei detenuti, è perchè io credo fermamente che come prigioniero politico si debba condurre una lotta politica contro lo stato. Non è una cosa automatica, non c'è nulla di automatico nel mantenere la propria posizione politica quando si passano anni in condizioni di trattamento comportamentale, di isolamento e di detenzione speciale. Quindi la questione di uno scontro attivo contro lo stato, che penso sia il nostro ruolo dentro le carceri, significa che ci deve essere qualcosa di molto specifico. Ma a causa dell'impero, a causa del colonialismo, a causa del fatto che ci sono prigionieri differenti da differenti nazioni, lotte, classi, sesso, movimenti; ce lo dobbiamo inventare. E penso che il governo stia facendo tutto il possibile per rendere impossibile il dibattito su questo argomento. Veramente penso che la prima lotta che faremo sarà per riuscire ad avere qualche forma di comunicazione. Le condizioni della lotta per il raggruppamento sono diversissime dall'Europa, sia sul piano del contenuto della vita in carcere e sia sul piano di ciò che esiste all'esterno che può spingere i prigionieri politici ad organizzarsi intorno a quella richiesta. Nell'info dei familiari durante lo sciopero della fame dei prigionieri della RAF e della resistenza, ci sono state molte lettere vostre, ed anche resoconti sulle attività di sostegno allo sciopero della fame in RFT. Quale ruolo avete giocato in questo, e come vi rapportate alla lotta totale dei prigionieri della RAF e della resistenza ? Abbiamo avuto un rapporto di lotta comune negli ultimi 10 anni che sta crescendo negli ultimi 5 o 6 anni. Abbiamo cercato di studiare il movimento in RFT, che nel complesso è a un livello più alto di sviluppo rispetto a noi in USA. Abbiamo studiato anche le organizzazioni armate in RFT, perhé è proprio difficile costruire un fronte guerrigliero e, bene o male, con i suoi alti e bassi, la RAF è esistita per quasi 20 anni in RFT, e questo è un risultato significativo ed importante. Per questo, certo, stiamo cercando di studiare questo fatto dal punto di vista della resistenza politica rivoluzionaria. Quando siamo entrati in carcere, questo interesse ha soltanto continuato a crescere, in larga parte perchè io e molti di noi abbiamo dovuto affrontare subito l'isolamento. Ed inoltre tutti noi abbiamo ricevuto immediate espressioni di solidarietà dai prigionieri poltici in RFT, e questo ha soltanto rafforzato un legame che sentivamo ad un livello più astratto da un lungo periodo. Essi ed i loro avvocati, hanno invitato i nostri avvocati ad andare in RFT nel 1984; da allora c'è stato un costante scambio di conoscenza sui mezzi di repressione e sui mezzi per combatterli. Abbiamo imparato moltissimo dal nostro rapporto con i prigionieri politici in RFT sia per i concreti suggerimenti ed idee di come combattere l'isolamento a livello individuale, e sia, più recentemente, sul piano della comprensione dell'importanza e dell'integrità del movimento e della lotta per i prigionieri politici all'interno del movimento antimperialista nel suo insieme. Così voglio soltanto introdurre il tema dello sciopero della fame, dicendo che c'è stato un rapporto vissuto profondamente e molto solido. Per questo quando abbiamo saputo dell'appello per lo sciopero della fame, per noi non è stata solo un'occasione per mandare un simpatico messaggio di solidarietà. Abbiamo capito che la cosa più importante che potevamo fare era quella di tentare di rompere il black-out dei media intorno allo sciopero della fame ed abbiamo pensato di poter tentare di mobilitare i prigionieri politici negli USA. Quando è avvenuto, nello stesso periodo, era in atto anche un importante sciopero della fame dei detenuti politici in Sud Africa, che scioperavano contro la detenzione preventiva che costituisce un problema anche qui, anche per noi in questo caso. La lotta contro l'apartheid e contro il sostegno americano all'apartheid, in solidarietà con i movimenti di liberazione nazionale sudafricani, è stata molto formativa per la nostra esperienza. Non potevamo fare una cosa e non fare l'altra. C'era una specie di unità organica, di commistione dei problemi e dei fatti, che richiedeva una risposta; così abbiamo inviato un appello di solidarietà agli altri prigionieri - credo che una cosa simile non sia mai stata fatta a quel livello e non sapevamo che cosa aspettarci. Abbiamo fatto appello per un giorno di digiuno di solidarietà, e nel giorno stabilito circa 600 prigionieri di tutto il paese hanno partecipato. Sia i prigionieri sociali che i prigionieri politici ? Direi che la maggioranza erano prigionieri sociali. Penso che per lo più i prigionieri sociali rispondessero al Sud Africa ed abbiamo capito che questo è quello che è successo inizialmente; ma poichè c'erano compagni, prigionieri di guerra portoricani ed altri prigionieri antimperialisti che organizzavano e dirigevano le forze qui, sappiamo che hanno fatto un grosso lavoro di informazione sulla RFT, sui prigionieri della RAF e sull'isolamento. Quindi se il Sud Africa può essere stato il punto di partenza per moti prigionieri, alla fine la gente sapeva chi era la RAF e che cosa era lo sciopero della fame. Pensate che questo sia anche un punto di partenza per elevare il livello di coscienza e di attività all'interno delle carceri americane ? Senz'altro, questa è la cosa importante. Ha promosso una serie di iniziative di attività autodeterminate da parte degli stessi prigionieri, in particolare da parte dei prigionieri nel braccio della morte. La cosa importante è che i prigionieri agivano insieme e non credo che sia mai successo in questo modo, almeno non dai primi anni '70 in poi, e certamente non su problemi di solidarietà internazionale. Sembra che ci sia stato un collegamento con iniziative anche nelle strade. Abbiamo visto le foto di una manifestazione a New York City. Ci sono state piccole manifestazioni. C'è stato uno scontro davanti al consolato della RFT a New York City, dove la gente ha chiesto di vedere l'ambasciatore tedesco occidentale ed ha invece avuto a che fare con un pennivendolo della stampa che insisteva ad affermare che non sapeva di alcuno sciopero della fame nelle carceri della RFT. Comunque abbiamo prodotto qualche breccia nei media, parte nella stampa di sinistra, ma soprattutto nella stampa internazionale. [da Infoburo fur Gefangenen, Paulinerstr. 15e, 2000 Hamburg 36.] |