SENZA CENSURA N.36
marzo 2012
Cooperative in salsa emiliana
Una testimonianza dalla SNATT-GFE di Campegine (RE)
L’Emilia Romagna, oltre ad essere una delle principali regioni industriali italiane, è anche, per la sua collocazione geografica, uno snodo fondamentale nel sistema dei trasporti nazionale, punto di raccordo stradale e ferroviario sulle direttrici nord-sud.
La Regione è infatti attraversata dai più importanti assi autostradali italiani (es. A1 Milano-Napoli, A14 Bologna-Bari, A13 Bologna-Padova, A22 Modena-Brennero, A15 Parma-La Spezia) ed è con Bologna forse il nodo principale della rete ferroviaria italiana, punto di convergenza delle direttrici tirreniche ed adriatiche che dalla città emiliana si diramano poi verso Torino, Milano, Verona, Venezia e i diversi valichi alpini.
Nella regione sono inoltre localizzate altre importanti infrastrutture quali gli aeroporti di Bologna e Rimini e il porto di Ravenna, nonché gli interporti di Bologna (uno dei principali in Italia) e Parma, e ancor di più l’area logistica di Piacenza dove a fare da apripista fu Ikea, oltre dieci anni fa. Oggi il colosso dell’arredamento occupa da solo quasi 400mila metri quadri e da qui serve Italia e Sud Europa. A seguire Ikea, nel corso degli anni, sono stati alcuni dei principali gruppi del tessile e dell’elettronica.
Lo sviluppo della logistica sull’asse Milano-Bologna, in particolare ha determinato un incremento di depositi e magazzini nel territorio immediatamente circostante, in rapporto quasi proporzionale al processo di de-industrializzazione.
In piena sintonia con una politica nazionale tesa a “razionalizzare” i costi della logistica (leggi ridurre il costo del lavoro) a questa espansione corrisponde un maggiore sfruttamento per i lavoratori coinvolti, in particolare per quello che riguarda le attività di facchinaggio e movimentazione merci, quasi tutte svolte da soci o dipendenti di cooperative. Abbiamo già analizzato la questione in relazione all’area logistica lombarda, e raccolto le testimonianze delle lotte più significative in quel settore (v. SC 28, 31,32).
Anche in Emilia, come in Lombardia si registrano i primi scioperi e mobilitazioni, come di recente alla Bartolini (Parma) dove i facchini, circa 60, quasi tutti immigrati, hanno deciso di non scaricare i camion e bloccare gli ingressi per protestare contro le condizioni di lavoro e per l’applicazione del contratto nazionale.
In questo numero riportiamo l’intervista ad una lavoratrice di una cooperativa di Campegine (RE), la GFE. Questa è una delle tante cooperative emiliane che dietro il paravento della cooperazione nascondono una realtà di sfruttamento, mancata applicazione dei contratti nazionali, ricatti, salari bassissimi.
La cooperativa GFE (Gruppo Facchini Emiliani) fino a qualche tempo fa comprendeva 500 dipendenti in prevalenza stranieri (India, Pakistan, Sri-Lanka, Romania) e si occupava di logistica per conto di alcuni famosi marchi d’abbigliamento: Ralph Laurent, Chicco, Cisalfa e Intersport.
L’appalto (l’unico della cooperativa) era contratto con un altra ditta la SNATT (azienda facente parte del gruppo Fagioli, fornitore di piattaforme logistiche e trasporti eccezionali) che di fatto gestiva il servizio garantendosi manodopera a 4,95 euro l’ora, con malattie e infortuni non retribuiti.
Nel luglio dello scorso anno, i dipendenti della cooperativa scioperarono chiedendo che fosse applicato anche a loro il CCLN tramite un aumento nell’appalto con la Snatt che ovviamente rifiutò percorrendo altre strade. In Novembre si creano ex novo due cooperative, la Emilux e Locos Job, che, subentrate all’appalto, tentarono di riassorbire il personale GFE, nuovi colloqui di lavoro e nuove assunzioni ovviamente con contratti fuori dal CCLN.
In contemporanea ai lavoratori veniva recapitata una raccomandata nella quale li si informava della cessazione dell’attività produttiva, gli si intimava il divieto di entrare negli stabilimenti pena la denuncia e si richiedeva il ritiro della denuncia fatta a luglio nei confronti della SNATT.
La giungla delle cooperative, tirando le fila di diversi settori fondamentali, è parte integrante e preponderante del sistema di potere politico ed economico della regione: buona parte dell’edilizia, la grande distribuzione, i servizi alla persona, parte del sistema creditizio-assicurativo, servizi logistici e lavoro interinale.
Un sistema dove i soci-lavoratori non hanno alcun peso nelle decisioni, affidate a gruppi ristretti di potere, spesso trasversali alle diverse cooperative.
Allo stesso modo di altre vertenze della logistica, anche la lotta alla SNATT ha messo in evidenza come la quasi totalità dei lavoratori coinvolti sia immigrata da altri paesi. Qual è la composizione alla SNATT?
Noi in maggioranza siamo indiani, ma ci sono anche lavoratori che provengono dal Marocco, dallo Sri Lanka, e da altri paesi. Nella zona tra Campegine e Castelnovo, dove sono situati i depositi della SNATT, abitano molti indiani, tanto che quando ci hanno buttato fuori hanno preso ancora indiani, oppure senegalesi che non sono al corrente dei problemi legati al nostro lavoro. Sembra quasi che studiano i lavoratori stranieri da assumere. Il fatto è che riescono a ricattarci perché a casa abbiamo mille problemi, non arriviamo a fine mese.
Qualcuno ha perso la forza dal momento che si è visto staccare luce acqua e gas due giorni prima della trattativa; altri hanno avuto paura pensando: “oggi è successo a loro, magari domani tocca a me”. Un altro lavoratore ad esempio, ha tre figli e ha in casa anche i genitori. Al padre hanno dovuto tagliare una gamba e non riesce, vista la situazione sul lavoro, a pagare l’affitto e le utenze che aveva sempre pagato, il padrone di casa lo ha sfrattato, e nessuno lo sta aiutando. L’aiuto del comune di Campegine si risolve nel pagare il biglietto aereo per far rientrare la moglie e i bambini in India. E lui dovrebbe restare senza i figli, che per altro sono nati qui? E suo padre senza una gamba? Chi lo assiste?
Il risultato è che quando c’è stata la trattativa, la dirigenza ha promesso il lavoro in cambio del ritiro della causa intentata dagli operai, e molti hanno accettato; hanno detto che ne prendevano 80, hanno dato la disponibilità in 97. Tra questi SNATT ne ha scelti 70; di questi 70 a lavorare realmente non erano nemmeno 40. Li hanno chiamati il 4 novembre, il 14 novembre erano già a casa… li hanno chiamati un giorno solo per pulire la neve…
Qual è stata la posizione della CGIL in questa trattativa?
Il giorno della trattativa ci siamo spostati dal presidio ai cancelli per andare alla Provincia, ma è stata una presa in giro. Noi non sapevamo che la SNATT non si sarebbe presentata, ma altri sapevano; noi abbiamo capito dopo questa cosa. Nella stessa sala della provincia, 10 minuti dopo era già previsto un altro incontro! Questo vuol dire che in Provincia sapevano già che la controparte non si sarebbe presentata, e in 10 minuti tutto sarebbe già finito.
Quando hanno visto che la SNATT non si presentava, i rappresentanti di Regione e Provincia si sono alzati e una signora ci ha detto che dovevamo liberare la sala dal momento che c’era un altro incontro. Allora ho pensato che al di là che la SNATT non si era presentata, la trattativa sarebbe andata avanti per ore, mentre loro avevano già fissato un altro incontro 10 minuti dopo! Loro dovevano fare in modo che l’azienda si presentasse oppure dovevano avvisarci… da quello che ho visto sono tutti complici, CGIL compresa.
La proposta contenuta nella trattativa, 80 lavoratori reintegrati in cambio del ritiro della causa, e ci si è arrivati dopo 17 ore di trattativa, era la stessa proposta che avevano fatto prima; mi viene rabbia a sentir parlare di tavoli, trattative, sono una finta, Loro decidono già prima. Ho litigato col segretario della CGIL per due ore perché questa proposta non era da accettare: se la proposta è ritirare la causa e dare lavoro solo a 80 e non a tutti, senza sapere nulla del contratto, dei mesi di prova, allora vado avanti con la causa. Anche se perdo vado avanti con la causa. La risposta del segretario della CGIL è stata che dal momento che molti miei compagni avevano accettato io non potevo andare avanti, altrimenti avrei danneggiato anche loro che sarebbero rimasti per strada.
Questo è un ricatto, oltretutto basato su una proposta condivisa dalla CGIL e presentata in un’assemblea prima della trattativa vera e propria e in base alla quale noi avremmo dovuto accettare che fossero riassunte solo 80 persone, a tempo determinato per due mesi, senza sapere per quale cooperativa. Gli ottanta avrebbero lavorato a rotazione. In cambio di questo avremmo dovuto ritirare la causa… con quali garanzie che i patti sarebbero stati rispettati? E dopo due mesi cosa fai, torni a far causa dopo averla ritirata? Questo non è un gioco, ma la CGIL l’ha proprio detto, poi la causa si può fare ancora… La CGIL non doveva accettare questa proposta, nemmeno pensarla; così hanno iniziato a dividere i lavoratori, a distruggere la nostra lotta. Loro sono funzionari, sono pagati da noi, devono fare quello che va bene a noi, non quello che va bene per loro, per ottenere poltrone.
Nel corso della vertenza c’è stata la solidarietà attiva di altri lavoratori?
A dire la verità pochi lavoratori; adesso la CGIL dice che siamo rimasti isolati in realtà non hanno voluto questa solidarietà, nemmeno con gli studenti. Però io dico, oggi sono studenti domani saranno lavoratori, la lotta che facciamo oggi è anche per loro, ma la CGIL non li voleva, non vedeva di buon occhio nemmeno la presenza di rifondazione comunista o del comitato “No pacchetto sicurezza”; avevano paura che gli sfuggisse di mano il controllo. Avrebbero dovuto capire che noi da soli non potevamo farcela, è troppo grande il potere delle cooperative, non è un problema che riguarda solo la CGIL, ma tutti i lavoratori.
È ora di unirsi, come gli imprenditori: loro sono uniti per sfruttare i lavoratori e noi perché non siamo uniti? Qui ognuno porta le sue bandiere, io ho la mia bandiera, quello la sua bandiera, a me sembra che invece di unire distruggono, tutte queste bandiere. Quando eravamo con il presidio sotto la provincia, per sbloccare la trattativa la CGIL aveva pensato di indire uno sciopero generale a livello regionale e ci doveva essere un’assemblea dei lavoratori a mezzogiorno per discutere e decidere su questo. Loro, prima ancora dell’assemblea hanno deciso di sospendere lo sciopero dicendo che lo avrebbero indetto solo se andava male la trattativa; ma l’assemblea doveva votare ancora se accettare o meno la proposta degli 80 lavoratori, e non era da accettare, quindi perché sospendere lo sciopero? Io spero solo che l’accordo non l’avessero già firmato prima…
Qual è ora la situazione dei lavoratori che hanno ritirato la causa?
Ai lavoratori avevano promesso un contratto di lavoro per il 31 ottobre dopo che a settembre avevano ritirato la causa; poi la cooperativa ha rinviato a novembre dicendo che c’era poco lavoro; poi con le feste si è arrivati al 15 gennaio, ma prima di arrivare a quella data hanno comunicato che non c’è lavoro per tutto il 2012… se ne parla nel 2013. I lavoratori vorrebbero tornare indietro ma ormai hanno firmato, però anche in questo caso la CGIL poteva fare qualcosa, almeno far sapere che la cooperativa non aveva rispettato l’accordo. Adesso molti lavoratori si sono pentiti di quella scelta e mi chiamano, ma questo è il risultato del fatto che ci hanno divisi; ad esempio la GFE aveva assunto un indiano iscritto alla CGIL apposta per tradurre e spiegare agli altri lavoratori indiani le scelte della cooperativa ma lui diceva solo quello che voleva la GFE, io ho sempre detto non solo quello che voleva la cooperativa ma ho cercato di spiegare cosa voleva dire quello che loro non dicono.
Attraverso interviste e contatti con lavoratori di altre cooperative della logistica abbiamo riscontrato ritmi e carichi di lavoro eccessivi, specie nell’attività di carico-scarico. Accadeva anche nel vostro caso? Mi puoi descrivere come si svolgeva il lavoro nel magazzino?
Il nostro lavoro consisteva nel ricevere e fare uscire capi di abbigliamento di alcuni grandi marchi. La merce arriva impacchettata e noi all’accettazione dobbiamo innanzitutto controllare che sia esattamente divisa per taglie, colori, ecc. Una volta fatto positivamente il controllo e registrate le quantità, c’è da “versare” ossia sistemare i capi in scaffalatura divisi per peso, genere, quindi viene creata la bolla che va negli uffici della SNATT.
Quando arriva un ordine, si preleva la merce e poi c’è da imballare e caricare. Il problema dei ritmi si vede soprattutto nel fatto che devi rendere conto della “media” che hai fatto: all’accettazione quante mila euro di merce hai scaricato, al prelievo quante mila pezzi hai fatto, all’imballo quanti mila ne hai sparati… la media richiesta è troppo alta, e molte donne hanno problemi con la schiena, le braccia anche perché i cartoni da sollevare, scaricare, collocare sono pesanti, e i bancali da sparare e scaricare sono tanti, considerando che all’accettazione sono quasi tutte donne che evidentemente sono più adatte specialmente in fase di controllo. Io lo avvertivo meno perché avevo fatto già lavori più pesanti ad esempio quando ero in una fabbrica dove si costruivano bancali.
Attraverso l’esperienza alla GFE che quadro ti sei fatta delle cooperative di facchinaggio?
Da quello che ho visto per me si tratta di cooperative finte. La GFE è stata creata dalla SNATT per i servizi di logistica, facchinaggio e trasporto, sui depositi di Campegine, Castelnuovo, Bologna e Milano. Di fatto come parte logistica noi lavoravamo sotto SNATT. Noi non sapevamo neanche dell’esistenza degli autisti; nel corso della vertenza avevamo chiesto l’elenco di tutti i soci, 516, ma gli autisti non c’erano, c’erano solo i soci che lavoravano alla SNATT. Inoltre, il presidente risulta guadagnare 4,95 euro lordi: è evidente che è un prestanome, possibile che il presidente guadagni meno di me? Il presidente figurava al quarto livello, noi siamo al terzo! Nella cooperativa il regolamento interno prevede che si entri al quinto livello, dopo 6 mesi scatta il quarto; dopo 2 anni che tu abbia o meno lavorati passi al terzo livello, e il presidente è rimasto al quarto, è una prova che era presidente solo di nome, non contava niente. In un c.d.a che comprendeva altri due soci, 2 su 3 erano autisti. Dopo che hanno buttato fuori noi, sono state fatte altre due cooperative cambiando il nome che lavorano per lo stesso committente.
C’è anche da aggiungere che il contratto a tempo indeterminato in queste cooperative non esiste. Noi ufficialmente abbiamo un contratto a tempo indeterminato ma non vuol dire niente, se ci hanno buttato fuori una domenica con un sms. Il nostro contratto dipende dal contratto di appalto: perso l’appalto hai perso il contratto. Anche il contratto nazionale nelle cooperative è come se non ci fosse, per non applicarlo basta dichiarare lo stato di crisi come ha fatto la nostra cooperativa, anche se non era così: da 200 soci siamo arrivati a oltre 500, da due magazzini ne hanno fatti altri tre, altro che crisi. E quando non puoi dichiarare lo stato di crisi, dichiari fallimento, chiudi la cooperativa, cambi nome, e continui a lavorare per lo stesso committente e con gli stessi lavoratori; e intanto la cassa integrazione, la mobilità, gli stipendi non pagati li copre l’INPS… e nessuno che vada a verificare su questi fallimenti.
Alla SNATT sapevano tutto quello che stava succedendo, perché non hanno fatto niente? Prima della trattativa siamo andati a parlare con il presidente di LEGACOOP, diceva che avevano scoperto più di 100 cooperative spurie, ok lo hanno scoperto ma cosa è stato fatto? Se erano 100 oggi saranno 200 se come nel nostro caso ne hanno chiusa una per aprirne altre due… per di più il presidente di una cooperativa subentrata è testimone contro di noi nella causa.
Altra cosa: i lavoratori in mobilità alla GFE sono stati assunti alla SNATT che così ha sfruttato i vantaggi fiscali aggirando la legge che vieta non solo al presidente della cooperativa fallita ma anche a parenti ed eventuali committenti di assumere lavoratori in mobilità. E queste cooperative sono dappertutto: non solo le aziende ma anche le scuole, i giornali le utilizzano e quasi sempre c‘è dietro un prestanome, dietro ci sono altre persone.
Il fatto di essere riconosciuta da molti lavoratori nella lotta a difesa dei vostri diritti ti ha creato problemi, in che modo la SNATT e la GFE ti hanno ostacolato?
Tutti i lavoratori della GFE sanno che ho sempre litigato con i capi, anche prima di diventare delegata con la CGIL; ad esempio sono andata a parlare con quello che credevamo fosse il presidente sulla questione della ferma lavorativa, ossia che c’erano soci che stavano senza lavorare anche per 3 o 4 mesi e nonostante questo veniva trattenuta loro la quota sociale come a quelli che lavoravano; oppure ti facevano lavorare solo 15 giorni massimo al mese per cui tu non percepisci assegni familiari, non maturi la tredicesima, per un solo giorno in meno di lavoro!
Ma noi non lo sapevamo; al presidente ho chiesto che, data la crisi potevamo dividere più equamente le ore di lavoro. Allora mi ha fatto notare che io ero una di quelle che faceva più ore, e quando gli ho risposto che ero disponibile a sacrificarle per una suddivisione più giusta, in modo che non pesasse su persone che magari avevano famiglia, ha detto di lasciar stare gli altri e pensare a quello che volevo io.
Alla mia obiezione che eravamo tutti soci e dovevamo avere uguali diritti, ha concluso dicendo che non dovevo più metter piede in ufficio. In seguito a questo è stata fatta un’assemblea e il “presidente” della cooperativa è arrivato a minacciare di denunciarmi perché sosteneva che io avrei detto che lui aveva tentato di corrompermi con un’offerta di soldi, ma poi, visto che gli altri lavoratori avrebbero testimoniato a mio favore non ha più fatto denuncia.
Quando alle votazioni abbiamo ottenuto 4 delegati votati da noi, la mattina dopo abbiamo notato in bacheca che c’erano anche sei delegati della CISL, non votati da noi, quindi scelti da loro, visto che erano conosciuti da tutti come dei leccaculo. Intanto un responsabile di magazzino aveva già iniziato a dire che saremmo durati poco (anch’io ero stata eletta delegata con la CGIL) e che avrebbero chiamato altre cooperative, e sicuramente non avrebbero confermato i nostri delegati. Queste cose sono state dette prima che ci buttassero fuori. A luglio abbiamo organizzato uno sciopero, a novembre ci hanno buttato fuori.