SENZA CENSURA N. 31

marzo 2010

 

Disinibizioni coloniali

Gabon e Guinea: la “Françafrique” e la repressione

 

“L’Africa ha la sua parte di responsabilità per il proprio malessere, la colonizzazione non è responsabile delle guerre sanguinose che gli africani si fanno tra loro, […], del fanatismo, della corruzione”. Nicolas Sarkozy, luglio 2007

 

Il termine “Françafrique” è stato coniato dall’ex presidente ivoriano Houphouet Boigny per indicare le strette relazioni tra la Francia e le sue “ex”-colonie africane ed è poi stato utilizzato per descrivere la fitta rete parallela di relazioni commerciali, politiche (e criminali) tra Parigi e quei capi di stato africani favoriti dallo stato francese. La Françafrique si articolava attorno all’Organizzazione per la Francofonia (alla quale François Mitterrand diede una dimensione politica) e alla Caisse Centrale de Coopération Economique, che gestiva la distribuzione dei finanziamenti allo sviluppo. Sarkozy, pur dichiarando di voler rompere con la passata Françafrique, durante la sua visita a Omar Bongo (l’ultimo patriarca della Françafrique gollista, molto legato a Jacques Chirac, ininterrottamente al potere in Gabon dal 1967 grazie al sostegno di Parigi), dichiarava: “Omar Bongo è il decano dei capi di stato e, in Africa, essere il decano conta”.

Lo scorso giugno, la morte di Omar Bongo aveva fatto sperare in una nuova fase politica per il Gabon. Ma suo figlio, Ali Ben Bongo, candidato con il partito di Governo, è stato dichiarato vincitore delle elezioni del 31 agosto. Incendi di pneumatici, manifestazioni di protesta disperse dalla polizia, attacchi ai simboli della rappresentanza francese, centinaia di arresti in tutto il paese è stata la reazione all’indomani del golpe elettorale. A Port Gentil i manifestanti hanno dato fuoco a proprietà della Total e scatenato la caccia al francese; i francesi sono stati evacuati dalla cittadina e l’esercito gabonese è schierato nella capitale a difesa delle istituzioni, sparando sulla folla che dimostrava nella capitale. A Parigi si sono registrate contemporaneamente manifestazioni contro la Françafrique. La volontà della Francia, di fronte a questi avvenimenti, è stata quella di cercare di imporre un governo di unità nazionale costringendo i due oppositori perdenti, Mandounbou e Mba Obame, ad associarsi al figlio dell’ex presidente.

L’intera economia del Paese soggiace ai voleri delle imprese francesi. La maggioranza del denaro prodotto in Gabon dai lavoratori nell’estrazione di petrolio, minerali, legname, nei trasporti e nella gestione portuale, finiscono in tasca ai proprietari e agli azionisti di aziende i cui uffici si trovano in posti come Odet (la Bolloré), la Torre Montparnasse a Parigi (la Eramet), La Defense (Areva) o Niort (Rougier, che si occupa dello sfruttamento e del commercio del legname tropicale). All’alba dell’indipendenza “concessa” dalla Francia, le prime elezioni furono vinte dai candidati sostenuti dai francesi e, da allora, le cose sono rimaste sempre così; ogni tentativo di modificarle si è infranto contro la relazione violenta dell’elite locale cooptata e assistita militarmente dalla Francia; uno schema di corruzione circolare, nel quale le ricchezze naturali del paese, poco più piccolo dell’Italia e con solo un milione e mezzo di abitanti, erano cedute alle aziende francesi a prezzi decisamente bassi. Queste ringraziavano finanziando lautamente il presidente che non dimenticava di retribuire anche la vera fonte del suo potere, cioè la classe politica francese. A garantire il meccanismo è sempre stata la più grande base francese in Africa, coadiuvata da una guardia presidenziale composta da milleottocento uomini, su cinquemila che il paese può schierare complessivamente tra esercito e polizia. Le truppe d’occupazione francesi stazionano nella zona dal periodo coloniale a oggi, per mantenere immutato lo stato di asservimento e dominazione dei 14 paesi della zona e del Gabon in particolare.

In Guinea Conakry, in seguito ad un referendum promosso da Charles De Gaulle, il paese votò per la sua “indipendenza” nel 1958. Dopo la rottura storica avvenuta all’indomani del referendum, negli anni Ottanta la Francia ha ripreso i rapporti col paese appoggiando militarmente e diplomaticamente il regime di Lansana Conté. La visita simbolica di Jacques Chirac nel 1999 a Conakry, poco dopo l’imbroglio elettorale che privò l’oppositore Alpha Condé della vittoria alle presidenziali, ha rappresentato un momento importante per il rinnovamento delle relazioni franco-guineane. Dopo l’ascesa al potere di Nicolas Sarkozy, la politica della “Françafrique disinibita” (così definita dallo stesso presidente francese), che si basa sulla difesa incondizionata di posizioni economiche acquisite (Gabon, Congo, Ciad, ecc..) o da conquistare (Libia, Repubblica Democratica del Congo, Angola, Sudafrica, Niger...), ha posto la Guinea tra i territori di esplorazione per le imprese francesi.

Lo scorso settembre, un raduno di movimenti sociali è stato duramente represso dall’esercito: più di 150 morti, oltre 1000 feriti, decine di stupri e di arresti è il terrificante bilancio della repressione, messa in atto dall’esercito guineano, contro il raduno pacifico organizzato a Conakry per manifestare contro il golpista Moussa Dadis Camara, che si era rimangiato la promessa di non ripresentarsi alle elezioni presidenziali del gennaio 2010. Dal 23 dicembre 2008, infatti, una giunta militare, comandata da Moussa Dadis Camara, ha preso il potere dopo 25 anni di dittatura implacabile del Generale Lansana Conté. A seguito della morte di Lansana Contè, l’anziano presidente namibiano, stando alla Costituzione della Guinea, si sarebbe dovuto procedere ad una supplenza presidenziale ad opera dell’Assemblea nazionale, con il compito di indire le elezioni entro 60 giorni; invece Camara, in un discorso radiofonico, dichiarava dissolte le istituzioni repubblicane, e sospesa la Costituzione. Al suo posto, ha dato vita ad un regime con un presidente scelto fra i militari (Camara)  e un primo ministro civile (il banchiere Kabiné Komara). Questa situazione fu allora dichiarata transitoria: il Consiglio Nazionale avrebbe governato il paese fino alle nuove elezioni, in vista delle quali Camara escluse di candidarsi alla presidenza. Camara ha poi cambiato idea, nonostante anche l’invito dell’Unione Africana a formalizzare l’impegno a non presentarsi alle elezioni.

Dopo aver sostenuto che i protestanti avevano saccheggiato un arsenale di un commissariato per giungere alla manifestazione armati (tesi che non è stata comprovata) ha in seguito dovuto addolcire la sua posizione, dichiarando di non avere il controllo dell’esercito e che il massacro fosse avvenuto a sua insaputa. Il movimento sociale guineano, composto dai sindacati, dalla “società civile” e gruppi rivoluzionari, ha denunciato il massacro e richiesto la liberazione incondizionata e immediata di tutte le persone arrestate e detenute, la restituzione delle spoglie alle rispettive famiglie, l’organizzazione immediata di funerali nazionali per le vittime assassinate e la creazione di una commissione internazionale di inchiesta per fare luce sul massacro e le atrocità del 28 settembre(1).

Enorme è stato l’imbarazzo della Francia nei confronti di questa situazione nel paese, che detiene il primato della produzione di bauxite, minerale necessario per la fabbricazione dell’alluminio, che è ricco di oro, uranio ed ha enormi potenzialità agricole ed idrografiche. Parigi ha così dichiarato l’interruzione immediata dei rapporti militari con la giunta di Camara. È un bel dilemma quello cui si è trovata davanti la Francia in qualità di “sponsor” dell’esercito in Guinea. La cooperazione militare francese è fatta con un finanziamento di 2 milioni di euro l’anno e 9 cooperanti a inquadrare gli ufficiali dell’esercito guineano, dal 2007. La Guinea, come abbiamo detto, è un paese ricco di materie prime: detiene la metà delle riserve mondiali di bauxite, ma, allo stesso tempo, “gli ospedali non funzionano, i salari non vengono pagati. Il guineano si alza ogni mattino, va a lavorare quando c’è lavoro, ma in realtà sa che non serve a nulla, poiché i prezzi aumentano vertiginosamente. Un sacco di riso costa fino a 170.000 franchi guineani mentre il salario medio si aggira attorno ai 200.000 franchi”(2). Infatti, la liberalizzazione dell’economia, iniziata con Lansana Conté, è consistita soprattutto nella creazione di un “capitalismo di amici” e nella realizzazione di una situazione di confusione totale tra beni di Stato e beni privati. La privatizzazione di più di un centinaio di imprese di Stato si sono rivelate un’occasione di arricchimento per i nuovi padroni del paese; in conseguenza della scelta liberista, lo Stato ha abbandonato ogni attività di commercio, lasciando questa attività a dei privati che, non controllati in alcun modo, hanno cominciato ad alzare i prezzi.

Mentre scriviamo, pare che la giunta militare guineana abbia nominato come primo ministro del governo di “transizione” il leader dell’opposizione Jean-Marie Dore, che non è un militare, e che avrebbe il compito di preparare il paese alle elezioni politiche. Jean-Marie Dore aveva apertamente contestato il leader Moussa Dadis Camara e durante la repressione di settembre è stato brutalmente picchiato dai soldati.

Le vittime di settembre si aggiungono a quelle dei movimenti sociali repressi nel 2006 e nel gennaio del 2007. Come sempre, il ruolo delle multinazionali (minerarie e altre) impegnate in Guinea è quello, come in altre crisi verificatesi nella regione, di appoggiare o finanziare questa o quella parte purché sia in grado di continuare a garantire i loro profitti.

Dietro le grandi dichiarazioni d’indignazione dei governi americani ed europei rispetto a questi massacri, sembra nascondersi un obiettivo diverso da quelli dichiarati; in primis la Francia, che ha continuato la cooperazione con i paesi, nonostante i crimini perpetrati dall’esercito, servendosi come sempre della questione dell’emergenza umanitaria per aumentare la presenza militare nel paese.

La situazione in questi paesi in realtà piace così ai politici francesi e ad imprese come la Total, che in quei paesi fanno affari d’oro. Non è cambiato molto con Sarkozy, che sembra intenzionato ad aumentare l’ingerenza e l’interventismo all’estero, come testimoniano l’inaugurazione di una base militare a Dubai e il sostegno militare recentemente fornito ai dittatori di Ciad e Repubblica Centrafricana per stroncare le opposizioni con bagni di sangue. Ed è abbastanza chiaro che esiste un tacito accordo tra i paesi europei nel non ingerire nei rapporti dei singoli stati con le “ex” colonie.

Schierarsi a fianco delle resistenze dei paesi dominati e controllati dai paesi imperialisti, è condizione primaria per la sconfitta delle truppe di occupazione laddove ci sono, e dello sfruttamento economico, per la liberazione nazionale e popolare di quei paesi. Sul fronte interno, ogni colpo inferto all’imperialismo nel suo cortile di casa o nei paesi da esso aggrediti si può tradurre in un miglioramento del rapporto di forze esistente a favore della classe. Per questo, volentieri pubblichiamo qui di seguito due comunicati dell’Actus - Azione Ciadiana per l’Unità ed il Socialismo (organizzazione facente parte dell’Unione delle Forze della Resistenza – UFR), che si batte per la liberazione delle masse popolari Ciadiane, sottomesse da più di diciannove anni al potere assoluto del tiranno Deby (vedi SC 30), in merito agli avvenimenti di Guinea e Gabon.

 

Note:

(1) Fonte: www.guineenews.org.

(2) Da un’intervista a Mamdou Barry, attivo nella diaspora guineiana nella regione Nord Pas de Calais in Francia, fonte: www.resistenze.org

 

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Dichiarazione dell’ACTUS/PRPE contro l’hold-up elettorale in Gabon a sostegno della lotta del popolo

 

Di fronte ai crimini contro l’umanità della “Françafrique” nella zona protettorata dalla Francia tra i quali gli avvenimenti in corso in Gabon, il nostro partito Azione Ciadiana per l’Unità e il Socialismo/Partito Rivoluzionario Popolare e Ecologista (ACTUS-PRPE) dichiara ciò che segue:

 

Gabon: l’imperialismo francese tiene alta la testa negando la democrazia al popolo.

L’ACTUS-Prpe esprime innanzitutto la sua comprensione alle famiglie delle vittime della repressione poliziesca. Il nostro partito indirizza la sua solidarietà militante al popolo del Gabon nella sua legittima lotta contro tutte le forme di dittature al fine d’instaurare una vera democrazia e indipendenza nazionale.

Il popolo del Gabon, ma anche gli africani che aspirano alla democrazia lottando per la fine delle dittature, hanno ricevuto un brutto colpo giovedì 3 settembre 2009. La proclamazione tardiva dei risultati dell’elezione presidenziale, dopo tante manipolazioni oscure, attribuisce la vittoria al figlio del presidente defunto Omar Bongo: il signore Ali Bongo, ex ministro della difesa, raccoglie il 41,73% dei voti, mentre i due maggiori avversari contano rispettivamente: 25,88% per Andrè Mba Obame, 25,22% in favore di Pierre Mamboundou.

Dopo 42 anni di potere senza divisioni e senza discontinuità del presidente Omar Bongo, Decano dei Capi di Stato, imposto militarmente al popolo gabonese dall’imperialismo francese, il popolo si è mobilitato  per voltare finalmente la pagina della “dinastia Bongo”. Tuttavia, ahinoi! la Françafrique di cui l’ex presidente era il patriarca africano, non è dello stesso avviso: tutti i mezzi sono stati mobilitati per usurpare la vittoria del popolo imponendo il candidato Ali Bongo, garante della continuità e della dominazione coloniale dalla Francia sul ricco Paese Africano.

La sedicente “democratica” elezione presidenziale in Gabon non è stato altro che un vero hold-up, un colpo di stato elettorale… secondo la maggioranza del popolo gabonese che ha espresso la sua collera attaccando i simboli della Francia e i suoi interessi, rappresentati da numerose imprese francesi tra cui Bouygues, Bollorè, Areva, Total, BNP, Rougier, Eramet, Veolia, Credit lyonnais, Axa... .

Su una popolazione di circa 1.331.138 abitanti, la Françafrique ha amplificato il corpo elettorale a 820.000 elettori al fine di assicurarsi la vittoria attraverso i brogli delle urne. Questa cifra che è contraria alle norme generalmente ammesse in democrazia, non ha suscitato alcuna osservazione del governo francese, beneficiario di questa mascherata di elezione presidenziale. In Gabon l’età richiesta per poter votare è 21 anni e secondo le statistiche demografiche, circa il 40% della popolazione ha meno di 21 anni. Il broglio della Françafrique ha inventato un corpo elettorale che sfida la logica umana. Questo fatto sarà confermato poi da Antoine Glaser,  direttore della pubblicazione “La lettre du Continent” (la lettera del continente). Quest’ultimo afferma in un intervista alla BBC il 5 settembre 2009 questa cruda verità: “Tutto il mondo sapeva che Ali Bongo sarebbe passato con l’approvazione o con la forza. Lui si prepara dal 1986. Aveva, a Matignon, già annunciato a Jaques Chirac di voler succedere al padre dopo 10 anni da ministro della difesa. Vuole assolutamente essere presidente succedendo a suo padre.”

Il candidato Ali Bongo al potere dispone dell’apparato di stato, controlla la Commissione Elettorale Nazionale autonoma e Permanente (CENAP, composta in maggioranza da militanti del partito al potere, il Partito Democratico Gabonese, PDG) e i media ufficiali. Il quotidiano “Le Monde” del 3 settembre 2009 scrive: “Nella notte tra martedì e mercoledì, un commando di 5 uomini a volto coperto ha mitragliato con armi automatiche la stazione dell’emittente satellitare Go Africa. Questo canale televisivo cercava di prendere il posto di TV+, il canale appartenente all’oppositore Andrè Mba Obame, la cui diffusione è vietata da domenica, giorno del voto.” Questo attentato alla libertà di stampa in periodo elettorale non ha suscitato ancora una volta nessuna reazione da parte del governo francese che resta afono e cieco. Per quest’ultimo, l’infantilizzazione, l’umiliazione e la dominazione degli africani della sua riserva è una tradizione molto radicata perché tutte le regole elementari della democrazia non sono destinate ai neri indigeni che restano ancora immaturi.

Cosi come dopo la proclamazione dei risultati imposti dall’imperialismo francese, assistiamo ad una vigorosa messa in guardia, una minaccia a viso aperto di interventi militari contro la popolazione in rivolta emanata dal Segretario di Stato alla Cooperazione e alla Francofonia, Alain Joyandet. Intervistato da RTL, il Ministro dichiara che le truppe francesi stazionate in Gabon contano circa mille uomini. Queste sono pronte a intervenire se cittadini francesi o gli interessi della Francia sono minacciati. L’ordine coloniale dev’essere mantenuto con tutti i mezzi grazie alle truppe francesi della 6ª divisione con base nel paese. Segnaliamo che nel 1990, queste stesse truppe francesi d‘occupazione hanno selvaggiamente represso nel sangue una manifestazione di giovani che protestavano contro le elezioni truccate che hanno permesso di continuare a governare al presidente Omar Bongo.

I numerosi interventi dell’esercito francese per sostenere e rendere perenni le dittature contro il volere dei popoli africani, sono diventati una tradizione francese sotto tutti i governi. Il popolo del Ciad vive con collera e amarezza sotto la più crudele tirannia d’Africa del Generale-Presidente Deby imposto dalla Francia da 19 anni. Quest’ultimo fu salvato a più riprese grazie all’intervento dell’esercito francese contro l’avanzata fulminante delle Forze di resistenza nazionale.

Tra le prove di questa elezione presidenziale truccata, noi manteniamo la dichiarazione della presidentessa dell’Associazione “Survie” (“Sopravvivenza”, fondata da François-Xavier Vershave), Odile Biyidi (vedova del militante Mongo Beti), rilasciata al quotidiano francese “Le Monde” il 4 settembre 2009: “Le prime constatazioni negli uffici elettorali mostravano una considerevole avanzata dei due candidati d’opposizione (Pierre Maboundou e Andrè Mba Obame) e Ali Bongo era molto lontano, in terza posizione. Questo risultato è forzato. Non è neanche stato annunciato all’unanimità perché la procedura non è ancora stata firmata da tutti i membri della Commissione. Ci sono stati molti scontri in seno a questo organo che ha a lungo tergiversato sulla proclamazione dei risultati. Quali che siano, la decisione finale non appare molto corretta e legale”.

Il petrolio, il magnesio, l’uranio, la ricca foresta gabonese, la sua fauna, sono controllati e saccheggiati dalle società francesi, la posizione strategica del paese per le spedizioni punitive coloniali delle truppe d’occupazione francesi, che stazionano nella zona dal periodo coloniale a oggi, sono delle prove che dimostrano il bisogno di mantenere immutato lo stato di asservimento e dominazione dei 14 paesi della zona e del Gabon in particolare.

Di fronte alla rivolta dei Popoli contro la Françafrique e il mantenimento dell’ordine coloniale nella zona, la Francia instaura una nuova pratica politica africana addolcita, “la dinastia familiare repubblicana”. Le pseudo elezioni presidenziali democratiche sono organizzate al fine di legittimare i figli e altri progenitori dei vecchi presidenti della Françafrique deceduti. Il caso di Togo è seguito da quello del Gabon. Queste reazioni criminali a catena ispirano lo sviluppo di altre dittature della Françafrique in Ciad, Centrafica, Camerum, Congo Brazzaville. E’ responsabilità di questi popoli prepararsi a bloccare con tutti i mezzi gli ingranaggi di questa macchina infernale, e all’occorrenza della Françafrique, perché è in gioco la sopravvivenza della popolazione e dell’entità africana.

In queste situazioni di mancanza permanente di democrazia, d’umiliazione, di permanenti colpi di stato françafricani, di saccheggi sistematici delle risorse del paese da parte dei gruppi di Françafrique, i popoli in rivolta hanno il diritto di reclamare i loro diritti e di ottenerli con la violenza, legittima reazione ai crimini contro di loro. E’ questo il caso del Ciad dove le Forze di resistenza del UFR si battono da molti anni contro il dittatore Deby.

Il mantenimento dell’ordine coloniale e la preservazione degli interessi, o saccheggio di risorse del Gabon, da parte della Francia, implica il massacro dei popoli insorti. Già due persone sono state uccise, tra i quali uno studente di 18 anni, Thierry Mombo. Le contestazioni popolari continuano tre giorni dopo la proclamazione dei risultati elettorali nonostante il coprifuoco (Cfr. La Nouvelle Republique del 06 settembre). Irritato dall’attitudine criminale della Francia che è stata il cervello di questo colpo di stato, l’oppositore gabonese Bruno Ben Moubamba ha dichiarato: “Io, Bruno Ben Moubamba, accuso la Francia di essere dietro al golpe in corso in Gabon e dico al presidente francese Sarkozy che non è negli interessi della Francia agire come ha fatto finora”. Intervistato da Sylvain Attal, giornalista del canale televisivo France 24, il 19 agosto scorso, un altro oppositore, Pierre Mamboundou, screditato dalla stampa in un’insidiosa campagna a favore del candidato Ali Bongo Odimba, sostiene energicamente: “Ali Bongo non è favorito da nessuno qui in Gabon. Bisogna che questo sia chiaro. Forse è il favorito per France 24 ma non per i gabonesi”.

Il coinvolgimento rumoroso e manifesto della Francia in questo colpo di stato elettorale è stato anche puntualizzato da uno dei cervelli del gruppo Françafrique, Robert Bourgi, amico del presidente Sarkozy, e di Bongo padre e figlio, che non esita a dichiarare con orgoglio: “Io sono un amico molto ascoltato del presidente Sarkozy”. Quest’estate, egli ha messo tutte le sue energie a servizio del suo puledro, Ali Ben Bongo, figlio ed ereditiero del defunto presidente che egli presenta come “il migliore difensore degli interessi francesi in tutti i settori”. “In Gabon la Francia non ha candidati, ma il candidato di Robert Bourgi è Ali Bongo, spiega sorridente. Ora io sono un amico molto ascoltato del presidente Nicolas Sarkozy. In modo subliminale, l’elettore lo capirà.”(Cfr. Le Monde del 31 agosto 2009)

I discendenti dei valorosi soldati africani (chiamati Fucilieri Senegalesi) che hanno liberato la Francia dalla servitù nazista, hanno anch’essi diritto di vivere al pari del popolo francese in tutta libertà, in democrazia, e di utilizzare razionalmente per il loro benessere le ricchezze naturali di cui l’Africa è dotata. E’ inaccettabile che un pugno di individui, membri dei gruppo della Françafrique e sotto patronato del governo francese, mantengano sotto un coperchio di piombo per decenni dei popoli interi in una miseria senza precedenti.

 

6 settembre 2009

 

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Dichiarazione del Dr. Ley Ngardigal Djmadoum, segretario generale dell’Actus/PRPE

(Azione Ciadiana per l’Unità e il Socialismo / Partito Rivoluzionario Popolare ed Ecologista)

in seguito ai tragici eventi in Guinea Conakry.

 

L’ACTUS/PRPE condanna la repressione brutale dei manifestanti guineani da parte della giunta militare. Porgiamo le nostre condoglianze alle famiglie che hanno perso i loro cari.

Un anno fa la giunta militare del giovane Capitano Moussa Dadis Camara prese il potere senza spargimento di sangue dopo 25 anni di dittatura implacabile del Generale Lansana Conté. I fratelli del Popolo di Guinea hanno manifestato con fervore la sua gioia e il suo sostegno ai nuovi dirigenti. Il Capitano ha attuato alcuni atti positivi come lo smantellamento dei circuiti di narcotrafficanti, l’arresto degli autori di sottrazione di denari pubblici, cancro dei regimi dittatoriali e corrotti d’Africa che frenano lo sviluppo dell’Africa.

Il capo della giunta disse pubblicamente che non si sarebbe presentato alle prossime elezioni presidenziali. La speranza sparisce per far posto a uno scetticismo fondato. In effetti, da diverse settimane il comportamento del Capitano Moussa Dadis Camara fa sorgere alcuni dubbi e fra le righe se ne scorge una deriva dittatoriale. Il suo comportamento lascia presagire di giorno in giorno che la sua candidatura era un “segreto di pulcinella”. Il popolo esasperato e impaziente ha espresso pacificamente il suo malcontento in uno stadio della capitale Conakry. Secondo le fonti provenienti dall’opposizione, la repressione militare a colpi d’arma da fuoco sarebbe costata la vita a più di 157 manifestanti, con diverse centinaia di feriti, alcune donne sono state violentate.

L’ACTUS/PRPE appoggia la formazione di una Commissione d’inchiesta internazionale imparziale affinché gli autori e i mandanti di questi atti criminali e sordidi siano citati in giudizio e severamente puniti.

Il Nostro Partito, chiede al popolo guineano di essere vigile e solidale di fronte alle mire imperialiste. Noi d’altronde denunciamo le gesticolazioni di certi paesi; particolarmente la Francia che starebbe già sognando di servirsi di questa tragedia per vendicarsi riguardo Al “no alla Francia del 1958” del Presidente Sékou Touré. Interrogato domenica 4 ottobre durante il Grand Jury RTL-Figaro-LCI (tribuna d’espressione politica televisiva, NdT), il Ministro francese degli Affari Esteri Bernard Kouchner ha dichiarato:”Mi sembra che ora, non si possa più lavorare con M.Camara e occorre che vi sia un intervento internazionale, si è verificata un’ondata di violenza, nemmeno Amin Dada aveva fatto una cosa simile”.

Che ipocrisia! Perché il capo della diplomazia francese resta ceco e muto finché il suo amico, il dittatore Generale Presidente Déby ha assassinato più di 25.000 ciadiani secondo i rapporti delle Associazioni dei Diritti dell’Uomo e continua a sterminare il popolo da 19 anni con la benevolenza dell’esercito francese situato in Ciad? Per tutti gli osservatori africani coscienti e informati dei crimini della Françafrique, questo brusco ritorno di attività “umaniste e umanitarie” dell’esagono in direzione della Guinea nasconderebbe un piano di riconquista di questo paese e ciò non è un buon augurio per questo popolo fratello. L’ACTUS/PRPE inoltre denuncia le infiltrazione abituali degli agenti provocatori delle potenze straniere nelle manifestazioni al fine di denaturare e usurpare l’orientamento pacifico delle rivendicazioni dei manifestanti per poter dominare il paese imponendo i loro Uomini. Gli esempi di queste strategie di infiltrazione, fallite durante le manifestazioni in Venezuela, in Iran, in Zimbabwe…sono altrettante prove che devono incitare il Popolo Guineano alla grande vigilanza e alla solidarietà nazionale e patriottica di fronte al nemico esterno.

L’invio di truppe internazionali di “protezione” in Guinea suggerito da alcuni, non sarebbe un’opportunità per queste potenze di installarsi permanentemente in questo paese? La potente armada della NATO in Afghanistan è riuscita a portare alla pace in questo paese? L’Eufor (European Operational Rapid Force), oggi la Minurcat, (United Nation Mission in the Central African Republic and Chad), sono riuscite a imporre la pace e proteggere i rifugiati nell’Est del Chad? In un recente rapporto sul conflitto del Darfour apparso il 30 settembre scorso, l’ONG Amnesty International ha affermato:”i rifugiati del Darfour subiscono violazioni quotidiane in Chad”. Nel caso del Chad, queste forze servono piuttosto da scudo e ombrello contro le Forze di resistenza nazionale dell’UFR (Union of Forces of Resistance). Queste ultime sono state fermate a più riprese nelle loro fulminee operazioni militari per annientare il dittatore Déby grazie agli interventi dell’Esercito francese.

 

5 ottobre 2009

 

(Traduzione italiana di L. F.)



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