SENZA CENSURA N.28

marzo 2009

 

Pensieri fuori stagione

Per una critica della sinistra europea


di Hisham Bustani*

La sinistra planetaria è in movimento dinamico, in ascesa in alcune regioni, in parabola discendente in altre. In Sud America, la sinistra sembra percorrere una traiettoria potentemente e stabilmente in ascesa. Ciò è altrettanto evidente in alcuni paesi remoti dell’Asia come il Nepal, dove i maoisti sono riusciti a rovesciare la monarchia democraticamente dopo anni di rivoluzione armata. Ora che la lotta in Nepal si è intensificata1, questa rivoluzione sta incidendo anche sul pensiero e la visione in Argentina2. In India, la sinistra ha conquistato il potere esecutivo in alcune regioni. La sinistra militante in Colombia (FARC), nelle Filippine (Il Partito Comunista delle Filippine) e in Messico (EZLN) è ancora operativa e influente. D’altro canto, la sinistra araba sembra chiusa nel suo bozzolo, marginale, e sta soffrendo una grande crisi.
In Europa la sinistra sembra stabilmente deteriorarsi, molte delle sue più grandi organizzazioni (partiti laburisti e socialdemocratici) non sono più orientati a sinistra: hanno adottato politiche liberali, ridotto lo stato sociale (salute, educazione, edilizia popolare), restringendo le libertà pubbliche e seguendo senza scopo la via americana - cruda incarnazione del capitalismo neoliberale - e il suo obiettivo di subordinare con la forza il mondo intero. Con questo breve saggio voglio condividere alcuni pensieri sull’intera sinistra europea, vista dal mio punto di vista, dall’est arabo.

L’Europa e la sua sinistra: espressioni della medesima crisi
La crisi della sinistra europea è una delle espressioni della crisi dell’Europa stessa. Quando parliamo della sinistra europea dobbiamo precisare che ci stiamo riferendo a quei gruppi e partiti che ancora sposano un programma socialista e di giustizia sociale, prendendo come linea di confine alcuni partiti comunisti europei e quelli alla loro sinistra. I laburisti e i social democratici non sono più di sinistra, né in teoria né in pratica. Nella loro versione peggiore, alcuni possono essere considerati completamente di destra.
L’Europa è stata storicamente orgogliosa della sua lunga storia di libertà, diritti umani, stato di diritto, orgogliosa di essersi dovuta difendere in prima linea dal nazismo e dal fascismo, orgogliosa di aver sconfitto nazismo e fascismo e l’ideologia, umanamente degradante, che rappresentavano; orgogliosa del suo modello economico: capitalista ma con quel tanto di socialismo da poter garantire un certo tipo di stato sociale.
Questa processo si è disgregato con la corsa a capofitto anglo-statunitense verso il neoliberalismo. Il programma Reagan-Thatcher di deregolamentazione e privatizzazione che ha spazzato l’intero vecchio continente subito dopo il collasso dell’Unione Sovietica e del blocco socialista.
Poi, quando Washington ha usato l’11 settembre come pretesto per cancellare un modello relativamente stabile di libertà pubbliche e diritti umani, l’Europa l’ha seguita a ruota, emanando leggi “anti-terrorismo”, compilando liste nere, rendendo possibili i “voli segreti” della CIA o le operazioni extragiudiziali, ospitando prigioni segrete e opprimendo le organizzazioni politiche manifestamente di sinistra e indisponibili ai compromessi e gli individui che ancora sostengono il socialismo rivoluzionario e le lotte di liberazione nel mondo.

L’illusione della neutralità della legge e dello stato “democratico”
Uno dei maggiori problemi della sinistra europea è la sua incrollabile illusione che lo stato europeo, con i suoi organismi preposti alla sicurezza, al potere esecutivo e giudiziario, sia uno stato neutrale, equidistante da tutti i suoi costituenti.
Ogni stato è espressione di un interesse di classe, espressione di una mancanza di neutralità della classe al potere. Con questi parametri, l’intero processo ( dalle leggi alle istituzioni) è formulato a beneficio della classe al potere e questo stesso processo si trasforma marcatamente quando la classe al potere è fondamentalmente neo-liberale con un progetto di egemonia che va al di la dei suoi confini.
La sinistra europea non vuole ammettere che lo stato dei diritti civili e della legge è collassato in Europa e che la classe di cui lo stato rappresenta gli interessi si sta muovendo per sopraffarlo. Le democrazie borghesi all’interno delle quali la sinistra europea ha operato, convincendo se stessa che fossero vere democrazie e che vi fossero reali opportunità di cambiamento, non erano altro che un sistema per prevenire l’espandersi del socialismo: allo stato capitalista costavano meno rispetto ai possibili fermenti, facenti riferimento all’altro “polo” (l’Unione Sovietica), che avrebbe dovuto affrontare in caso contrario.
Una volta crollata l’URSS non c’è stato più bisogno di sostenere questi costi extra. Mantenere i diritti civili, lo stato di diritto, non era più proficuo, e ora tutto ciò viene eliminato a una velocità impressionante: in Francia nuove leggi sul lavoro e la sicurezza sociale hanno portato gli studenti e i lavoratori in piazza a dimostrare, mentre in Grecia la proposta di emendamenti costituzionali per permettere la fondazione di università private ha provocato una reazione simile. A livello delle libertà personali, militanti di sinistra vengono arrestati, processati e/o condannati ogni giorno.
Alcuni esempi: l’arresto e lo stato di sorveglianza imposto ad alcuni attivisti di sinistra in Germania3, i vari processi contro l’attivista Bahar Kimyongur e i suoi amici in Belgio4, il caso del processo contro la Lega Araba Europea (http://www.arabeuropean.org) e i suoi attivisti Dyab Abou-Jahjah e Ahmad Azzuz5, l’azione giudiziaria contro il (nuovo) Partito Comunista Italiano (nPCI) e il Partito dei Comitati di Appoggio alla Resistenza per il Comunismo (CARC) sempre in Italia6 e la condanna, in Danimarca, di attivisti che vendevano magliette con il logo delle FARC e del PFLP.
Questi esempi provano l’accelerazione dell’intolleranza in Europa verso gli individui e le organizzazioni che supportano le lotte di liberazione e contro l’oppressione, e che sono contro l’interventismo politico e militare e l’imperialismo, e che si oppongono al capitalismo.
La legge in uno stato capitalista è uno strumento pragmatico che la classe al potere può utilizzare in modo selettivo e flessibile, non serve più da garanzia contro eventuali esplosioni sociali, come fu durante la Guerra Fredda, e non è più l’incarnazione della libertà e dell’uguaglianza, com’era intesa nella fase iniziale della rivoluzione borghese.
Con il lancio delle leggi “anti-terrorismo” e delle liste nere, in Europa si stanno riscrivendo le leggi per adattarle alla nuova era. La sinistra europea è incapace di affrontare questo processo, che è stato messo in atto dalle stesse istituzioni non neutrali (parlamenti locali, Parlamento Europeo, Unione Europea) che questa sinistra ritiene un campo adeguato al “gioco democratico”.
La sinistra europea deve capire che “legge” e “democrazia” (come sono definite dai loro antagonisti) sono termini e meccanismi ingannevoli. Essa non può giocare questo gioco ed esistere al contempo come sinistra forzandosi ad attenersi alle regole del gioco, che come ho detto non sono neutrali.
La legge è un mezzo per perseguire un interesse, un valore, un diritto. Non è un valore in se stessa, né è giusta solo perché è formulata in un linguaggio controllato e appropriato ed è passata attraverso i canali istituzionali. I sistemi legali sono normalmente il riflesso del volere della classe al potere e l’incarnazione dei suoi interessi, non sono testi sacri. La sinistra non ha mai avuto un atteggiamento acritico verso i testi o le istituzioni, quindi perché ora in Europa si conforma alle nuove regole del capitalismo neoliberale messe in forma di “legislazione”?

Una sinistra inconsciamente per la supremazia razziale?
Il secondo problema della sinistra europea è la sua tendenza a guardare dall’alto in basso il resto del mondo, specialmente il Sud. Vuole rafforzare la sua visone e la sua comprensione delle lotte in corso e delle loro possibili soluzioni, ma in ovvia contraddizione con l’ABC della dialettica e dell’oggettività.
In diverse circostanze, sono stati fatti degli sforzi per creare o sponsorizzare politicamente e ideologicamente dei gruppi subordinati, un duplicato su piccola scala dell’esperienza dell’Unione Sovietica e dei suoi rapporti con i comunisti e in generale i gruppi di sinistra nel resto del mondo (un’esperienza devastante, come molti riconoscono).
E’ possibile affermare che ci siano delle subconscie cadute razziste e scioviniste nelle organizzazioni della sinistra europea e nelle persone che ne fanno parte? Come possiamo spiegare, in Francia, il grande supporto dato all’enorme manifestazione “bianca” contro gli emendamenti di legge riguardanti il lavoro al principio del 2006, mentre la stessa sinistra è rimasta a guardare con noncuranza le rivolte etniche nelle banlieues parigine e altrove nell’autunno del 2005, appena qualche mese prima? Molti dei miei amici europei di sinistra ammetterebbero che qui c’è del razzismo latente.
Un altro esempio a prova della mia tesi: la sinistra europea vuole promuovere le sue proprie visioni riguardo al conflitto arabo-israeliano e alla sua “risoluzione”. Come risultato di una vergognosa accettazione di precedenti progetti di insediamenti coloniali in vasti territori abitati da popolazioni autoctone e colonizzati dall’Europa Occidentale, che sono diventati gli Stati Uniti, il Canada, Il Sud America, l’Australia , il Sud Africa etc..., la sinistra europea trova difficile accettare che la principale soluzione alla colonizzazione sia la decolonizzazione, e non la sua naturalizzazione. La prima chiara soluzione all’occupazione nazista della Francia fu l’eliminazione completa dell’occupazione, senza porsi ulteriori domande. Le cose sono state ben diverse invece quando si è trattato, per esempio, del Nord Africa dopo la Seconda Guerra Mondiale, dell’Algeria (considerate la vergognosa posizione del Partito Comunista Francese, a supporto dell’imperialismo nazionale7), e attualmente del territorio storico della Palestina.
Sia che propugni una soluzione “a due stati”, sia una soluzione a “uno stato democratico” (l’unica soluzione considerata attualmente “accettabile” da numerose forze della sinistra europea), ignorando completamente la realtà dei fatti e i meccanismi del conflitto, la sinistra europea vuole spingere con tutte le sue forze gli Arabi ad adottare la sua politica di conservazione degli insediamenti coloniali nella regione Araba giustificandola con il legittimo ritorno “del popolo ebraico della diaspora nella sua terra madre”. Il carattere mitico del Sionismo e l’esistenza stessa di un popolo ebraico sono stati messi in dubbio dalla storiografia revisionista nello Stato d’Israele8.
Ma fra le élite al potere in Europa e anche nella maggior parte della sinistra organizzata, la questione palestinese non è più un problema di giustizia o ingiustizia, un caso di insediamento coloniale illegittimo, la creazione di un’enclave coloniale in una regione altrui, un conflitto fondamentale, persino classico con l’imperialismo occidentale nelle sue diverse forme. No, la Palestina ora è un mero conflitto “regionale”, che ha bisogno di essere gestito con benevoli provvedimenti localizzati, presi dal governo di uno “stato” in una regione divisa da un colonialismo vivo e violento. Era considerata allo stesso modo la lotta al fascismo spagnolo settantacinque anni fa? Sebbene vi siano delle chiare differenze la situazione è, secondo me, indicativa. Che cosa è considerato un “conflitto regionale”? Quando è andato perduto il retaggio del contributo internazionale alla rivoluzione palestinese, attivo decenni fa? Pare che la sinistra europea sia soggetta a una sorta di amnesia quando si parla dei fondamenti dello stato d’Israele, uno stato costruito grazie a capitali stranieri e da coloni insediatisi sulla terra altrui contro il volere di una popolazione in larga parte espulsa a forza.
Lo stesso ragionamento può essere applicato al caso della resistenza irachena: la sinistra europea non si muove se non quando la resistenza è tagliata sui suoi standard piuttosto che sugli standard dell’evoluzione e dell’oggettività. Questa sinistra sembra dire: “Vogliamo una resistenza progressista, secolarizzata, non islamica, non connessa con il vecchio regime, pro uguaglianza di genere, democratica e chiara nei suoi piani futuri. Ah sì, e possibilmente per i diritti ai gay... altrimenti non possiamo supportare la resistenza irachena!” Bene, anch’io lo vorrei, ma a che pro, se non possiamo realizzarlo? La realtà è che c’è un’occupazione illegale e oppressiva in Iraq e che molti analisti (me compreso) pensano che l’Iraq sia un punto di rottura per Washington e i suoi piani di dominazione globale, una specie di Waterloo. Ci prendiamo il lusso di aspettare che la resistenza si evolva in un modo che troviamo “accettabile”, oppure supportiamo chi, sul campo, sta combattendo l’occupazione?
La sinistra europea dovrebbe fare una seria autocritica rispetto alla sua attitudine “noi lo sappiamo meglio” e rispetto al modo in cui tende a rapportarsi con le forze popolari nel sud del mondo, ovvero considerandole ideologicamente e politicamente inferiori.
La mancanza di chiarezza politica
Il terzo problema della sinistra europea è la sua mancanza di chiarezza politica.
1- le sue posizioni riguardo allo “Stato” e allo “stato di diritto” in Europa sono scarsamente definite, è ciò porterà allo strangolamento della Sinistra con la corda della legge neoliberale se continuerà a posizionarsi all’interno del suo cerchio, che si restringe sempre più.
2- Nonostante il fatto che la sinistra europea abbia consolidate tradizioni di resistenza militare (la resistenza contro il nazismo e il fascismo fu capeggiata dalla sinistra), la grande maggioranza di essa si è oggi convertita al pacifismo e alla non-violenza ed è divenuta estremamente esitante nel supportare apertamente la resistenza militare in Palestina, Iraq e Libano, come se contro un imperialismo pesantemente armato, armato fino ai denti con aviazione, flotta navale e potenza missilistica, e senza alcun riguardo per qualsivoglia considerazione sulla “legalità” del loro uso, si potesse condurre una lotta non-violenta. Dal mio punto di vista il pacifismo a-priori è un’attività suicida, che porta alla cessione di sempre più territorio all’oppressore. Un tale meccanismo di lotta non produce niente. Forse che il fascismo e il nazismo furono sconfitti in modo non violento in Europa? Il lavaggio del cervello capitalista è riuscito a trasformare la lotta di classe in una questione di “società civile” o di “diritti umani”, o “diritti delle donne” e “diritti dell’infanzia”: attività militanti fuori contesto?
3- La Palestina, come ho spiegato più sopra, è anche una cartina di tornasole per quanto riguarda la questione della mancanza di chiarezza su che cos’è il colonialismo nella sua forma più contemporanea e virulenta.
Persino i Social-Democratici (che cessano di essere “di sinistra”), stanno prendendo coscienza che la loro mancanza di chiarezza politica e la regressione dalle loro posizioni originali a politiche che fanno l’occhiolino al neoliberalismo sono le vere cause del loro declino. Robert Taylor, facendo il resoconto di una conferenza dei Social-Democratici tenutasi recentemente in Hertfordshire per discutere la loro crisi attuale9, cita l’analisi del leader del Partito Laburista Danese, Wouter Bos, resa nota a quella stessa conferenza, che ruota intorno all’idea di risuscitare lo slogan “Ritorno al futuro”, invocando un ritorno alla “moralità dei primi pionieri della socialdemocrazia europea”. Taylor dice inoltre: “[Bos] non è l’unico pensatore social democratico in Europa a domandarsi se il proprio partito non sia andato troppo in là nell’incorporare il libero mercato, l’iniziativa privata, il libero scambio, la globalizzazione, l’esecutivizzazione, e l’iniziativa individuale nel pensiero socialdemocratico. E’ il momento di rivalutare i principi fondamentali. Le vecchie questioni della sinistra europea come redistribuzione delle risorse, uguaglianza, tutela dei lavoratori e giustizia sociale, devono essere riportare al centro dell’arena politica”.
Taylor nota inoltre che ciò che importa ai social democratici di questi tempi è “l’emergenza inattesa di ciò che appare come una seria minaccia proveniente da nuove forze alla loro sinistra”, ovvero la vera sinistra, un’entità politicamente definita in modo più chiaro in confronto ai Social Democratici. Ma minacciare i socialdemocratici, benché sia segnale positivo riguardo al declino del loro catastrofico e falso monopolio nel rappresentare la sinistra, ovviamente non è positivo abbastanza per una vera sinistra, il cui scopo è quello di porre il capitalismo di fronte alla sue contraddizioni, sfidarlo e confrontarsi con esso e le sue strutture di potere e non semplicemente prendere di mira i suoi esiti secondari. Quindi anche questo aspetto non fa che rafforzare le mie convinzioni riguardo alla centralità della chiarezza politica per ottenere i risultati voluti.
In Europa lo stato “liberale” sta diventando sempre più simile a uno stato di polizia, dove le libertà vengono lentamente ma progressivamente erose, sacrificate sull’altare della guerra contro il “terrorismo”. Allo stesso tempo esso trova poca o nessuna resistenza organizzata da parte di una sinistra che è stata deviata sulla strada di falsi processi democratici e questioni secondarie e al contempo teme la repressione e la demonizzazione operata dalla sua controparte. In prospettiva l’estrema destra sarà il maggior beneficiario della situazione, attraverso la sua retorica dogmatica e populista, mentre la sinistra continuerà a languire alla periferia della vita pubblica.
La sinistra ha la funzione storica di essere rivoluzionaria, chiara, oggettiva, critica e internazionalista. La sinistra europea ha in qualche modo abdicato a questi valori, attraverso la sua ONGizzazione [l’adozione del modello delle O.N.G., NdR], e la partecipazione al processo democratico, cooptativo e ipocrita, degli stati e della U.E. Invece di proporre un’alternativa rivoluzionaria, tende a concentrarsi sulle opzioni dei suoi avversari, seguendo le loro stesse regole, mentre, inconsciamente,cova il medesimo pregiudizio razzista verso il Sud del mondo.
La sinistra europea dovrebbe confrontarsi con la realtà attuale e la débacle sistemica rispetto a un’analisi e un programma rivoluzionari, riferendosi a contesti chiari e limpidi. Altrimenti non ci sarà alcun orizzonte, e anzi, invece di un’opzione politica di sinistra, in Europa la destra populista-fascista riempirà lo spazio lasciato libero da un’opposizione che ha subito una specie di mutazione genetica, trasformandosi in una struttura compatibile con un sistema violento, o in una sbiadita memoria di un lontano passato, ridotto dalle forze egemoniche a un sogno vago.
 

Note
1) http://links.org.au/node/727 - Nepal: The struggle intensifies; interview with Prachanda – Novembre 2008
2) http://www.krishnasenonline.org/theredstar/issues/issue17/eugenio.htm - Revolution in Nepal inspires us – Eugenio Gastiasoro, Central Committee Member, Communist Revolutionary Party of Argentina
3) http://einstellung.so36.net/en/soli/992 - End the criminalisation of left-wing structures — for the immediate cessation of the 129(a) investigations!
4) http://www.aboujahjah.com/?p=124 - Bahar Kimyongur and his friends to face trial again!
5) http://www.aboujahjah.com/?p=118 - Regardless of any court decision, The struggle will go on
6) http://www.carc.it/index.php?option=com_content&view=article&id=64&Itemid=28 - No to Communists’ persecution!
7) http://www.marxists.org/reference/subject/philosophy/works/fr/defeat-french-humanism.htm - Algeria and the defeat of French Humanism - Source: Chapter six of The ‘Death of the Subject’ Explained, by James Heartfield, Sheffield Hallam University, 2002.
8) http://palestinethinktank.com/2008/09/02/gilad-atzmon-the-wandering-who/. Gilad Atzmon - "The Wandering Who?"
9) http://dissentmagazine.org/article/?article=1221 - Does European Social Democracy have a Future? By Robert Taylor

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* Hisham Bustani è un’attivista e scrittore marxista. E’ il Segretario del Forum del Pensiero Socialista in Giordania e membro del Comitato di Coordinamento dell’Alleanza dei Popoli Arabi Resistenti. La rivista «Senza Censura» ha ospitato differenti contributi di questo compagno:
“LE MILLE FACCE DELL’IMPERIALISMO. Riflessioni sulle strategie di penetrazione e pacificazione in Medio Oriente”, SC n. 22, marzo 2006 (http://www.senzacensura.org/public/rivista/sc07_2205.htm);
“LA SINISTRA ARABA. Dal grembo sovietico al letto del neoliberismo”, SC n. 24, novembre 2007 (http://www.senzacensura.org/public/rivista/sc07_2401.htm);
“SUPERARE IL SETTARISMO IN MEDIO ORIENTE. Intervista a Hisham Bustani, intellettuale e attivista pan-arabista”, Senza Censura n. 25, marzo 2008 (http://www.senzacensura.org/public/rivista/sc08_2501.htm).
Sul sito omonimo si possono trovare altri contributi di H.B. tra cui segnaliamo l’ultimo: RINUNCIARE AL SIONISMO, RECUPERARE L’UMANITÀ, SC web, in evidenza, autunno 2008 (http://www.senzacensura.org/public/evidence/doc000001616012009.doc)



http://www.senzacensura.org/