SENZA CENSURA N.25
marzo 2008
Contro il dissenso, inchiesta permanente
Apparati militari,
magistratura, servizi segreti, utilizzano lo strumento dell’inchiesta
per moltiplicare il controllo
Intervento dell’Avvocato Giuseppe Pelazza all’assemblea promossa dall’Associazione parenti e amici degli arrestati il 12 febbraio 2007, tenutasi il 9 novembre 2007 al Csoa Cox 18 di Milano.
E’ riduttivo un’intervento avvocatesco su una
materia come questa. Lo dimostra il contesto in cui si colloca l’operazione
“Tramonto”, definita così per fare da controaltare alla rivista “Aurora” che
sarebbe, secondo l’accusa, espressione di alcuni degli imputati che si pongono
l’obiettivo della costruzione di un partito comunista che tenga conto anche
dell’aspetto militare (siamo sul livello di porsi degli obiettivi). Cosa che per
altro è stata propria di tutti i partiti comunisti, da che sono esistiti, nella
tradizione del marxismo-leninismo, quella quindi di porsi il problema della
presa del potere anche con l’utilizzo delle armi. L’operazione “Tramonto” si
colloca specificamente in quel momento del febbraio legato ad una temuta crisi
di governo e alla questione del raddoppio della base di Vicenza. Però, quest’operazione
è espressione di un qualcosa che si è mosso a più largo raggio e per un tempo
più lungo. E’ espressione di un utilizzo dello strumento penale delle indagini
come costante inchiesta su delle aree politiche. E qui ci sono dei riscontri di
tipo obiettivo, documentabili. Nel senso che molti degli imputati di questo
processo erano costantemente sottoposti, fin dal 2001, ad intercettazioni
telefoniche, telematiche, ambientali e così via.
Dal 2001 al 2002, ad esempio, era la procura di Trieste che, nell’ambito
dell’inchiesta sui così detti Nuclei Territoriali Antimperialisti, (che poi si
sono svelati essere un unico soggetto che amava scrivere volantini di
rivendicazione per pentole esplosive che faceva scoppiare sotto qualche
automobile di piloti o esponenti dell’esercito americano dell’area Veneto-Friuli),
ne approfittava per tenere sotto controllo nel Veneto tutta un’ area della
sinistra non “in linea”.
Si muove poi, nel 2002 e nel 2003, la procura di Bologna, tra l’altro con delle
forzature procedurali incredibili.
E’ quella stessa procura della Repubblica che contesta la finalità di terrorismo
per l’autoriduzione nei cinema oppure per l’occupazione di una copisteria nella
lotta contro il copyright. Contesta, appunto, la finalità di terrorismo perché i
fatti sono legati ad una motivazione politica.
Questa procura ha fatto perquisire ripetutamente persone, compagni che oggi sono
imputati in questo processo, sostenendo che però non erano indagati ma
pretendendo incredibilmente di interrogarli sugli esiti delle perquisizioni
stesse, facendo perizie grafologiche su materiale loro sequestrato. Tutto però
senza garantirgli l’esercizio del diritto di difesa perché, appunto, non erano
formalmente indagati ma erano terze persone rispetto agli ignoti sotto
inchiesta. Salvo che poi, quando il tribunale del riesame faceva un
provvedimento di annullamento di questi arbitrari sequestri, (assolutamente
immotivati poichè non vi era alcun riferimento a fattispecie di reato precise
nei loro confronti) e, prima che il materiale venisse riconsegnato ai soggetti
interessati, il pm provvedeva ad un nuovo ed autonomo sequestro svelando, questa
volta, che in realtà i soggetti erano oggetto d’indagine in relazione a quell’inchiesta
che lui andava svolgendo.
Quindi abbiamo visto Trieste, abbiamo visto Bologna e, più o meno in quello
stesso periodo si muove anche Foggia, con intercettazioni ambientali e video sul
centro Filorosso.
Poi, nel 2004, irrompe sulla scena il Sisde.
Il Sisde, con una operazione che non ha possibilità di ingresso nella
sistematica giuridica ordinaria, entra nel processo facendo vestire le sue
indagini (che non possono avere la connotazione di indagini di polizia
giudiziaria) attraverso delle relazioni della Digos e facendo confluire comunque
dei filmati e delle foto che aveva raccolto nel corso del suo lavoro.
Nel 2004 si muove la procura di Milano collegandosi, perlomeno apparentemente, a
perquisizioni e dei sequestri avvenuti nel condominio di Via Pepe.
Nel 2005 avviene un altro episodio di sequestro relativo ad un furgone e così si
aprei un altro filone di inchiesta milanese.
C’è l’utilizzo dell’inchiesta e non più del procedimento penale. Il procedimento
penale dovrebbe essere mirato a fatti specifici e ad individuare delle
responsabilità in ordine a fatti specifici.
L’inchiesta è uno strumento giornalistico, amministrativo che, in mano però ad
un potere forte come la magistratura, consente di tenere sotto controllo con
strumenti di potere coattivo e cogente tutta una schiera di persone.
Contemporaneamente ci sono soggetti, che poi troviamo oggi imputati, che
diventano oggetto di attenzione (perquisizioni, intercettazioni e così via) nei
filoni d’indagini che a Milano vengono svolte sull’area che ormai viene
comunemente definita anarco-insurrezionalista (come se gli anarchici non
esistessero più!).
In questo quadro vale la pena mettere in luce delle connotazioni particolari di
questa indagine, le eccessive disinvolture, da parte della procura della
Repubblica di Milano. Posso citare, a tal proposito, alcuni esempi.
Ci sono persone che il p.m. ha voluto sentire come testi (persone informate sui
fatti), alle quali faceva poi domande che chiaramente andavano ad incidere su
ipotetiche e presunte loro responsabilità. Ad esempio domande su foglietti che
sono stati loro sequestrati nel corso di perquisizioni. Quando queste persone si
sono ritrovate a rispondere davanti al p.m. hanno correttamente fatto rilevare
che, dal punto di vista giuridico, se venivano interrogate su tali cose dovevano
essere convocate come indagate e, quindi, con la garanzia della presenza di un
difensore. Queste persone sentite come testi, con la pretesa poi di interrogarle
su fatti concernenti loro presunte responsabilità, hanno risposto correttamente
facendo irritare vistosamente il p.m.
Abbiamo poi altre anomalie.
Nell’indice di questi 106 faldoni che sono stati depositati c’è una cosa che
incuriosisce: un verbale di ritardato sequestro di alcune foto avvenuto prima
che venissero effettuati gli arresti, in data primo febbraio.
Il verbale della polizia riferisce: “il sottoscritto assistente capo tal dei
tali, in servizio alla Digos di Padova riferisce che alle ore 15.00 del 26
gennaio 07 unitamente al personale tecnico della ditta Ellettronet-Enterprise ha
provveduto al riallineamento delle apparecchiature tecniche installate
all’interno della Renoult Kangoo targata …. di proprietà ….! Durante detta
operazione si notava la presenza all’interno dell’abitacolo dell’autovettura di
una macchina fotografica digitale di marca Canon. Da un primo esame effettuato
sulla stessa si poteva appurare che la memoria era vuota, veniva pertanto
collegata la fotocamera ad un pc provvisto di un apposito programma atto a
recuperare i files anche da memorie già formattate. Con detta operazione
venivano estrapolate numero 264 foto che sono state riversate su supporto
compact disk.”
Durante questa operazione, per lo meno, però, sulla base di alcune specifiche
norme, seppur arbitrariamente applicate, già si viola un ambito private, come è
l’automobile, per metterci apparecchiature tecniche, che si suppone abbiano la
finalità di intercettazioni ambientale, o dei gps, per tracciare poi percorsi
che questa automobile segue nel muoversi sul territorio. Nel fare questo trovano
anche una macchina fotografica, e senza nessun decreto di perquisizione, se ne
appropriano, la controllano, la verificano. La collegano al loro personal
computer, ne estrapolano 264 foto e il pm poi tranquillamente le sequestra.
Così, da vestito giuridico e di legalità, si passa a quella che è un’operazione
in realtà da Sevizi e non da polizia giudiziaria, perché è espressione di
un’interferenza completamente arbitraria nella sfera privata di un soggetto con
impossessamento dei suoi oggetti personali.
Tutto ciò è indice di questa struttura “a inchiesta” che coinvolge più apparati
dello Stato.
A Torino, ad esempio, per ricercare l’esistenza di nascondigli sugli argini del
Po, viene addirittura coinvolta la XXXII Brigata Alpina Taurinense, con qualche
decina di alpini che, facendo un piccolo ponte mobile per arrivare sugli argini,
hanno scavato ovunque per non trovare altro che detriti alluvionali delle rive
Po.
Anche qui c’è un’interferenza di un’apparato militare, che non è della polizia
giudiziaria, e che solo sulla base del pacchetto sicurezza di D’Alema del 2001,
poi ripreso dal decreto Pisanu nel 2005, può svolgere compiti non certo di
polizia giudiziaria ma, ben delimitati, di presidio rispetto agli obiettivi
sensibili. Qui invece si inserisce al fianco della Digos nello svolgere attività
di ricerca di materiale probatorio.
Ci sono quindi degli spostamenti progressivi sul piano istituzionale nel senso
che vi è uno “smottamento”, che diventa sempre più significativo, di quelle che
erano le vecchie regole.
Proseguendo nel discorso dello snaturamento dell’indagine penale, che dovrebbe
essere volta a mirare responsabilità personali in ordine a fattispecie
specifiche di reato, noi vediamo come lo sviluppo dell’inchiesta non si ferma
con gli arresti del 12 febbraio 2007 ma continua. Un’area politica è
continuamente tenuta sotto controllo dalla polizia tramite richieste di
intercettazioni telefoniche, ambientali, telematiche.
Il 20 marzo 2007 la Digos chiedeva, ad esempio, la proroga per le
intercettazioni delle conversazioni e delle comunicazioni nei seguenti luoghi:
il Centro llic, la Fucina, l’abitazione di compagni e così via. E, sempre questo
ufficio, ha attivato I controlli proprio “al fine di cogliere ogni commento che,
come prevedibile, sarebbe stato provocato dalla vasta operazione di polizia
giudiziaria. Le conversazioni intercettate sono risultate tutte riconducibili ad
attività di sostegno agli arrestati”. Viene così monitorato tizio, caio e
sempronio per vedere le reazioni che innescano i meccanismi di solidarietà.
Infatti, in data 22 marzo, si legge: “Questo ufficio ha ritenuto estremamente
utile sul piano investigativo, al fine di cogliere ogni possibile commento o
reazione che come era prevedibile sono stati determinati”. Dopo di che si
diffondono sull’attivismo di varie persone.
E’ evidente e palese che tutto questo non centra assolutamente nulla con
l’indagine per 270 bis. Certo è che serve a monitorare un’area.
Si prosegue poi con riferimenti a legami di tipo sentimentali fra appartenenti
alle diverse aree.
E ancora, in questo caso è la Digos di Padova che scrive: “Si riportano di
seguito, per una migliore interpretazione e valutazione, tutte le conversazioni
intercettate dalle quali emergono tra l’altro i piani organizzativi del gruppo
in parola”. Si tratta dell’Associazione Solidarietà Parenti e Amici e si
aggiunge: “Nonché le strategie difensive che potrebbero costituire ulteriori
spunti investigativi per la prosecuzione della presente indagine.”
Vediamo così come l’indagine cresce su se stessa occupandosi delle strategie
difensive delle persone che sono vicine agli arrestati. Si legge: “Ci sarà una
riunione il 7 di giugno alla quale però non parteciperà neanche un avvocato in
quanto questi avranno una riunione collegiale a Milano.”
Così sanno, ancor prima che vengano espressi, i cambiamenti di linea
processuale.
Ad esempio, quando il tribunale del riesame respinge la scarcerazione per Caprio
e Mazzamauro, si riportano le opinioni di alcuni avvocati che dicono sia meglio
cambiare linea, rinunciare al ricorso ed escogitare altre tattiche.
Tutto ciò dimostra l’interferenza clamorosa sia sul piano di un’attività, che
secondo me è costitutiva
di un valore fondamentale sul piano sociale, come la solidarietà sia su un altro
elemento che è centrale nel vecchio ordinamento dello stato liberal-borghese che
è il diritto di difesa.
L’interferenza sul diritto di difesa si esplica in vari modi, il codice di
procedura penale oramai vale sempre meno.
Del resto lo sappiamo.
E’ il complessivo contesto normativo e politico che sta cambiando e qui proprio
collegherei ogni singolo e specifico fatto al quadro generale di dissoluzione
dello stato di diritto.
Bisogna avere sempre presente che noi stiamo vivendo una maledettamente brutta
“nuova fase costituente”. Una fase che è “costituente” di un altro tipo di
ordine che non ha più nulla a che spartire con il precedente a partire dal piano
internazionale dove la guerra è elemento dominante: una restaurazione, in
contrasto con le vecchie normative internazionali, di forme di protettorati, di
forme rivendicate di colonialismo, con la Guerra come elemento che rimodella
tutti quanti i rapporti. E’ lo Stato guida su questo è il modello degli Stati
Uniti, che ha distrutto lo stato di diritto della tripartizione dei poteri, ad
esempio con l’ordine presidenziale che prevede le commissioni penali militari,
vedi Guantanamo, una giurisdizione internazionale sugli “alieni”, come li
chiamano gli statunitensi, cioè coloro che si pongono in contrasto con gli Stati
Uniti.
Sarebbe stato inimmaginabile, dieci o quindici anni, fa pensare alle “Rendition”:
aerei della Cia che volano per portare nelle prigioni segrete dei soggetti dove
possono essere torturati cntro ogni regola di civiltà.
Oggi c’è una rivendicazione esplicita di gestione del potere di agire al di
fuori di ogni regola cosa che un tempo si sarebbe tenuta nascosta.
In Italia con il decreto del settembre 2001 si codifica la figura
dell’infiltrato e della sua non punibilità.
Nell’agosto 2007 è stata fatta la legge di riforma dei Servizi Segreti che
modifica la precedente del 1977 e prevede espressamente la non punibilità per il
personale dei Servizi di Informazione, o per il personale non appartenente ai
Servizi di Informazione, però incaricato da qualcuno che appartiene ai Servizi,
che ponga in essere condotte previste dalla legge come reato purchè esse non
siano tali da mettere in pericolo e ledere la vita o l’integrità fisica, la
personalità individuale, la libertà personale, la libertà morale, la salute,
l’incolumità di una o più persone ecc. Però la gamma di reati comunque è enorme
e possono essere commessi con una autorizzazione da parte direttamente
dall’esecutivo. C’è poi una ulteriore esclusione che ha però al suo interno una
deroga, guarda caso significativa.
Il comma 4 dell’articolo 17 della legge sui Servizi prevede infatti che non
possono essere autorizzate le condotte, previste dalla legge come reato, per le
quali non è opponibile il segreto di Stato e sono tutti i reati per finalità di
terrorismo. Ad eccezione però della fattispecie dell’articoli 270 bis.
Cioè, per quanto riguardail 270 bis, ’appartenente ai Sevizi può organizzare
un’associazione pur di coinvolgere alter perone. E in questo caso c’è questo
tipo di deroga.
E questo adesso viene rivendicato. Anche prima si sapeva della figura
dell’infiltrato, ma adesso lo si dice chiaro, anche perchè, in questo
rimodellamento, c’è tutto un ribaltamento complessivo dei valori.
Va di pari passo con questo l’equiparazione fra nozione di terrorismo e nozione
di rivoluzione, nozione di comunismo e nozione di fattispecie penalmente
rilevanti, l’operazione culturale di battage pubblicitario sull’annullamento
della memoria del comunismo e delle esperienze comuniste.
Addirittura ci sono proposte di legge, più o meno buttate lì, che vorrebbero
introdurre il reato di apologia del comunismo. Tralasciando la rozzezza di
queste proposte, troviamo poi politici come Veltroni del Partito Democratico che
sono in prima fila nell’opera d’azzerare questo tipo di memoria.
Con una grossissima capacità, tra l’altro, d’incidenza, perché, paradossalmente,
sono l’espressione del partito comunista di una volta, e che oggi negano in
radice, spendendo gli ultimi residui di credibilità che hanno presso le masse.
Anche per questo è fondamentale sottolineare l’importanza della solidarietà come
aspetto di difesa dell’identità politica delle persone che sono oggi
incarcerate, sottoposte a continui trasferimenti da un carcere all’altro
dell’Italia oppure costrette agli arresti domiciliari con divieti di
comunicazione in località lontane da casa. La solidarietà nei loro confronti è
anche un aspetto di difesa della memoria.
Quello che va sottolineato in questa operazione è che è di tipo culturale e
politico e affianca il giudiziario, noi lo vediamo con dei riscontri precisi. Ad
esempio, quando fanno le ricerche delle parti degli hard disk cancellate,
cercano di far emergere quello che vi era scritto, allora ricorrono a delle
parole chiave. Una relazione della polizia postale scrive: …”In particolare
secondo i criteri e chiavi di ricerca suggeriti da personale della locale Digos,
fondamentalmente basati su termini, slogan, sigle con richiami di natura
politica, sindacalista e terroristica”. Quindi “di natura politica, sindacalista
e terroristica” vengono messi sullo stesso piano. Mettono poi gli esempi, si
legge: “Br, Brigate Rosse, Nuove Br, lotta armata, rivoluzione, comunismo,
proletariato, carceri, imperialismo, capitalismo, nuovo partito comunista,
Stato, giuslavoro”.
Cercano di far emergere tutto quello che attiene a
questa materia che è scritto in quel computer e quindi si capisce dove vogliono
andare a parare. E, ancora una volta, abbiamo dei riscontri normativi. Abbiamo,
ad esempio, una legislazione che dal livello europeo poi precipita, e viene
ulteriormente peggiorata, sul piano nazionale, che definisce la finalità
terroristica anche come quella finalità che è volta a ottenere che lo Stato, o
altre autorità o enti pubblici nazionali o internazionali, compiano o non
compiano determinati atti.
E’ stata così richiamata una decisione quadro a livello europeo nel 2002, dove
almeno hanno questo tipo di consapevolezza, e dicono che, comunque, questa norma
non può essere poi utilizzata per comprimere libertà sindacali, esercizio del
diritto di sciopero e così via.
E lo dicono perché si rendono ben conto che in realtà può succedere proprio
questo.
E, quanto meno, inoltre, a livello europeo, ancorano questa finalità a delle
condotte concrete di rilevante gravità.
In Italia invece abbiamo il decreto Pisanu del luglio 2005 che porta le
fattispecie dal 270 bis e ter fino al 270 sexies che riporta questa finalità di
voler impedire o ottenere un qualche provvedimento da parte delle autorità
statali, senza però più collegarlo ad alcun tipo di concreta, e grave, condotta
di reato.
Il rimodellamento di cui sto parlando va di pari passo, poi, con un riutilizzo
incredibile della fattispecie dell’associazione eversiva o con finalità di
terrorismo. Questo consente l’utilizzo dello strumento penale come diritto
penale del nemico. Non c’è più un problema di individuazione di condotte
concrete, c’è la volontà di colpire un settore politico facendo continuamente
avanzare la soglia della punibilità.
Se vediamo come è formulato il capo d’imputazione in questo processo, che si
riferisce appunto alla banda armata e al 270 bis. Non si pone alcun problema di
quello che, come si dice in termini giuridici, la dottrina e la giurisprudenza
consolidata hanno insegnato nel corso degli anni e cioè che, quando c’è un reato
di tipo associativo, o comunque un reato, c’è un problema di necessaria
offensività della condotta. Cioè la condotta di colui che viene imputato di un
fatto deve essere per forza offensiva, potenzialmente, almeno, lesiva del bene
protetto. Il bene protetto da questi reati è la personalità dello stato.
E allora, qui si deve spiegare come, un progetto di costruzione di un
‘organizzazione politica e delle concrete condotte che hanno visto
un’esercitazione con delle armi, secondo l’accusa, e un tentato furto ad un
bancomat, pongano effettivamente in pericolo il funzionamento degli organi
costituzionali dello Stato.
Sul piano giuridico questo non esiste. Ma visto anche che questo processo è
fatto sulla base di una creazione di allarme sociale, sarà estremamente
difficile ottenere un riconoscimento di questo tipo a tempi brevi.
Sarà una battaglia lunga, in cui sarà di fondamentale importanza, e già lo è
stata, la solidarietà.
Chi ha gestito questo tipo di operazione é stato completamente spiazzato da
quest’apettoi. Infatti, nei contenuti di questi 106 faldoni dell’inchiesta,
troviamo non poche pagine, circa 400, dedicate ad elenchi dettagliati di eventi,
che partono dalla scritta nel gabinetto di tal fabbrica, al volantinaggio in
solidarietà agli arrestati e ci sono poi le fotografie degli striscioni durante
la manifestazione di Vicenza e di quelli di altre manifestazioni, fotografie di
presidi come quello sotto il carcere dell’Aquila.
Tutto questo dimostra che per loro è scomodo l’aspetto della solidarietà,
proprio perché invece è utile al sostegno della gestione del processo che loro
giocano soprattutto sul piano dei media ed è inoltre il segno di una
“inaspettata” resistenza politica. Il fatto che 6 degli imputati siano stati
posti agli arresti domiciliari è in totale contrasto con le cose che veniva a
dire il pm davanti al tribunale del riesame e che i media enfatizzavano: mostri
assetati di sangue. Il fatto che 6 degli indagati siano agli arresti domiciliari
non è infatti apparso sui media se non con qualche trafiletto.
Allora, dato che il processo si gioca su questi vari livelli, può anche essere
che da qui al 12 dicembre, data dell’udienza preliminare, questi provino a tirar
fuori qualche fuoco d’artificio. In realtà hanno cercato già di far uscire
qualche fuoco d’artificio ma non ci sono riusciti. Hanno cercato di far emergere
che le armi in questione chissà a che cosa erano servite negli anni 70, ma non
hanno trovato assolutamente nulla. Hanno cercato di trovare possibili
collegamenti con l’estero, e non hanno cavato un ragno dal buco. Cercano
addirittura di stabilire dei nessi nel padovano con la banda del Brenta (Felice
Maniero che quando evade da Fossombrone è assieme ad un certo esponente delle br
che poi, secondo le ricostruzioni della Digos, sarebbe arrivato anche lui nel
padovano e del quale si sarebbe ritrovata una valigia nel 1990 alla stazione
centrale di Milano con dentro qualche arma.
In tutto ciò dobbiamo sottolineare la irrilevanza sul piano del fatto concreto.
Perchè anche se, ad esempio, qualcuna di queste armi ritrovate fosse servita, 20
o più anni fa a qualcosa, non prova nulla sulle responsabilità di questi
soggetti, ma consentirebbe un’esplosione sul piano mediatico. Basti pensare alla
strumentalizzazione della mitraglietta Skorpion come un simbolo riconducibile
agli anni 70. Sembrerebbe quasi trasudare dalla testa degli inquirenti il
bisogno della costruzione di una entità da poter presentare come sommo pericolo.
Questo, probabilmente, anche per esorcizzare delle loro paure, perché sono
convinto che nello sfracello dello stato sociale che loro hanno provocato, nello
sfracello che noi purtroppo non abbiamo mai presente costantemente, e che
avviene anche in questo momento in Afghanistan, in Iraq, che si preparano a fare
sull’Iran, che succede continuamente in Palestina; ecco in tutti questi
sfracelli loro hanno paura che, prima o poi, qualche nodo possa rimanere
aggrovigliato nel pettine.
Allora hanno bisogno di questa costruzione già adesso, hanno bisogno di un
nemico da colpire preventivamente e allora proprio su questi aspetti qui io sono
convinto che è di fondamentale importanza la solidarietà.
Solidarietà non vuol dire una solidarietà acritica o che è per forza di cose
d’accordo con le idee di questi imputati, anche perché questi imputati sono tra
l’altro frastagliati nelle loro opinioni politiche e nelle loro pratiche
politiche.
C’è chi rivendica un certo tipo di progetto di costruzione organizzativa, c’è
invece chi ha fatto parte solo di un movimento in senso largo, comunista e che
respinge l’accusa di appartenenza ad organizzazioni di questo tipo, comunque in
un discorso che ammette una contiguità fra queste cose, come c’è nei fatti e
come c’è nella storia.
Mi viene in mente un bellissimo intervento di Sergio Spazzali sulla giustezza
della linea difensiva che non si gioca sulle prese di distanza dagli altri “che
sono i cattivi mentre io faccio parte dei buoni”. Questo del resto è quello che
costantemente tentano di fare i pm per rompere la solidarietà, sia all’interno
del corpo degli imputati che all’interno del corpo sociale. Ma che si gioca
invece all’interno della contiguità: io sono vicino a loro ma non sono parte del
loro gruppo. Però rispetto e condivido la loro tensione verso un progetto di
cambiamento radicale.
Quid siamo importanti sull’aspetto della solidarietà tutte le volte che
riusciamo a crescere attorno alla difesa dell’identità e alla difesa della
storia.
[La trascrizione dell’intervento risente dell’impossibilità di comunicare per
iscritto tutti quegli effetti comunicativi propri di un intervento parlato.]