SENZA CENSURA N.25

marzo 2008

 

L’indipendentismo alla sbarra

18/98: un modello di processo politico

 

Proponiamo qui di seguito un riepilogo delle caratteristiche del processo 18/98, recentemente concluso nel Paese Basco, e dei procedimenti correlati; e riportiamo contemporaneamente l’analisi che viene fatta all’interno della sinistra basca, rifacendoci a quanto scritto dalla piattaforma di solidarietà con gli imputati “18/98”, rispetto a queste operazioni di vera e propria abolizione dei diritti politici per gli indipendentisti.
 

Contesto
Alla fine degli anni ’90 lo stato spagnolo pone in essere una politica di restringimento dei diritti e libertà fondamentali con l’obiettivo ufficiale di “combattere il terrorismo di ETA”. I due maggiori partiti spagnoli, Partido Popular (PP) e Partido Socialista Obrero Español (PSOE) si alleano in una strategia che combina mezzi strettamente polizieschi, legislativi, e giudiziari.
Fra il 2001 e il 2003 si approvano una dozzina di leggi che aggravano sostanzialmente la persecuzione di quelle che lo stato definisce come “attività terroriste”. Si aumentano le pene per reati di “terrorismo”, si induriscono le condizioni di compimento delle suddette pene, si ampliano i fatti qualificabili come “apologia di terrorismo” creando di fatto nuovi reati di opinione, e via dicendo.
I provvedimenti che nell’immediato sortiscono le conseguenze più gravi sono quelli giudiziari, che si concretizzano nell’aggressione a quello che i governi spagnoli definiscono “ambiente di ETA”. Le attività di varie associazioni, organizzazioni, imprese, considerate fino a questo momento legali, dal ’98 cominciano a essere considerate illegali e costitutive di un reato di “collaborazione con banda armata di matrice terrorista”. Questo senza che si produca alcuna modifica al codice penale.
Semplicemente alcune attività vengono dichiarate fuori dalla legge, mettendo quindi fuorilegge un considerabile numero di realtà molto differenti: organizzazioni politiche, di denuncia della repressione, giovanili, radio e giornali -fra cui l’unico quotidiano interamente in lingua basca-, imprese commerciali, una fondazione. Realtà pubbliche che hanno in comune l’appartenenza al mondo dell’indipendentismo basco e un determinato orientamento politico o culturale.

Procedimenti giudiziari
Come antecedente abbiamo il processo contro la direzione collegiale del partito politico Batasuna, fra il ’95 e il ’97, con l’arresto di tutti i componenti la direzione, fino alla loro assoluzione da parte del Tribunale Costituzionale in seguito al ricorso della difesa contro la sentenza del Tribunale Supremo, che li aveva condannati a 7 anni di carcere per “collaborazione con banda armata”.
Nel maggio ’98 il giudice Baltasar Garzón pone in essere il processo 18/98, contro un gruppo di piccole imprese, con l’accusa di servire per il finanziamento di ETA.
Immediatamente dopo vengono portate a termine altre operazioni poliziesche e giudiziarie contro differenti realtà:
- Luglio 1998, chiusura del periodico Egin e della radio dello stesso gruppo. A conseguenza di questo procedimento si opererà poi anche contro la rivista “Ardi Beltza”, chiudendola nel 2001.
- Gennaio 2000, arresto di persone legate all’apparato delle relazioni internazionali di Herri Batasuna e dichiarazione di illegalità dell’associazione Europea Xaki.
- Settembre 2000, arresto di membri dell’organizzazione socio-politica Ekin che viene dichiarata illegale.
- Ottobre 2000, arresto di membri della fondazione Zumalabe.
- Marzo 2001, arresto di membri dell’organizzazione giovanile Haika che viene dichiarata illegale.
- Ottobre 2001, arresti di membri del gruppo di difesa dei prigionieri politici Gestoras pro Amnistía, dichiarato illegale.
- Febbraio e marzo 2002, altri arresti e dichiarazione di illegalità delle organizzazioni Segi e Askatasuna, che il tribunale speciale “antiterrorismo”, “Audiencia Nacional”, accusa di essere organizzazioni sostitutive delle già illegalizzate Haika e Gestoras pro Amnistía.
- Estate 2002, arresti di membri del partito politico Batasuna –sostitutivo del precedente Herri Batasuna- e illegalizzazione delle sue attività.
Contemporaneamente viene approvata la “Ley de Partidos”, una legge ad hoc per l’illegalizzazione di Batasuna e di tutte le altre formazioni della rappresentanza politica basca.
- Maggio 2003, arresto di membri dell’assemblea degli eletti baschi, Udalbiltza, le cui attività vengono dichiarate illegali.

 

Situazione attuale
Ognuna delle suddette operazioni ha rappresentato l’avvio di un procedimento giudiziario. Procedimenti penali differenti e separati, ma con un unico filo conduttore: tutte le strutture perseguite sono accusate di essere parte o complemento di ETA
La situazione dei diversi procedimenti è differente; al momento sono stati effettuati 2 processi:
- Il primo contro le organizzazioni giovanili Haika e Segi. Dopo 3 mesi di udienze nella primavera del 2005, alcuni giovani sono stati condannati a pene fra i due anni e mezzo e i tre anni e mezzo, altri sono stati assolti per mancanza di prove. La condanna è stata imposta dall’Audienia Nacional, sentenziando che queste erano associazioni illecite; però assolvendo gli accusati dal reato di “collaborazione con un gruppo terrorista”, non considerando provata l’esistenza di un legame fra ETA e le suddette associazioni.
Dopo il ricorso del pubblico ministero al Tribunale Supremo, questi nel gennaio 2007 ha emesso condanne fino a 6 anni ritenendo provato il reato di “collaborazione con banda armata”. Tutti i condannati di questo processo, salvo uno, sono in prigione.
- Il secondo processo già svolto è il noto 18/98. Si tratta dell’unico procedimento in cui sono stati giudicati vari gruppi contemporaneamente. La causa è durata dal novembre 2005 fino al marzo 2007. Sono state giudicate circa 60 persone, alcune poi stralciate per ragioni differenti. La condanna è stata emessa dall’Audiencia Nacional il 19 dicembre 2007, contro 47 dei 52 militanti giudicati, comminando pene fino a 24 anni -in vari casi pene superiori a quelle richieste dal pubblico ministero- per collaborazione o partecipazione alla “banda armata” ETA, per un totale di 525 anni di carcere. 39 dei condannati erano stati arrestati tre settimane prima della pubblicazione della sentenza.

Il resto dei processi si trova in una fase meno avanzata; alcuni, come quelli contro Askatasuna e Gestoras pro Amnistía, semplicemente in attesa che venga fissata la data del giudizio. Nessuna delle cause è stata archiviata.
Allo stato attuale quasi 70 accusati in questi processi si trovano a scontare pene fra i 2 e i 24 anni di prigione. Circa 150 persone sono in attesa di vedere invece cosa succederà dei processi contro di loro.

Violazione delle garanzie processuali, nuovo concetto di terrorismo
Alla base di tutti i procedimenti sta la stessa idea: di essere di fronte a un reato di “collaborazione con -o partecipazione a- banda armata”; dunque, anche se formalmente nessuna delle organizzazioni e imprese incriminate ha vincoli con ETA, si considera che tutte contribuiscano, direttamente o indirettamente, al conseguimento degli obiettivi di ETA.
Siamo di fronte all’estensione del concetto del reato di “terrorismo”, dato che quel che si condanna non è la relazione con un’organizzazione armata, o la messa a disposizione della stessa di determinate risorse, o la condivisione di una determinata strategia, ne tanto meno la collaborazione con le attività dell’organizzazione armata, ma semplicemente il fatto che, indirettamente, gli obiettivi perseguiti da ognuna delle organizzazioni incriminate possano coincidere, o semplicemente non pregiudicare, gli obiettivi di ETA.
A conseguenza di ciò, in tutti i procedimenti troviamo alcuni elementi comuni:

- L’istruzione delle cause e la celebrazione del processo è in mano dell’Audiencia Nacional. Si tratta di un tribunale ordinario che interviene, sulle questioni penali, come un tribunale eccezionale, con sede a Madrid -400 chilometri dal Paese Basco-, che rompe il criterio del giudice naturale, giudice del luogo in cui sono avvenuti i fatti.
- La maggior parte degli arresti realizzati si producono in regime di isolamento. Gli arrestati possono rimanere fino a nove giorni in mano della polizia senza diritto di avvisare la famiglia e di nominare un avvocato, che viene nominato d’ufficio e con cui non possono relazionarsi. Tutto questo apre la possibilità che gli arrestati siano sottoposti a torture, come in vari casi è avvenuto.
- Durante la causa le possibilità dell’accusa e della difesa sono molto diverse, fra le varie ragioni anche perché molti dei procedimenti, all’atto delle relative detenzioni, si trovano in uno stadio molto avanzato, e perché in molte occasioni è stato mantenuto il segreto d’ufficio per molti mesi.
- Nelle differenti cause non si cercano responsabilità personali, ma si accusano gli imputati esclusivamente di appartenere a una determinata organizzazione. Le accuse si basano quindi sull’idea di responsabilità penali collettive.
- In sintonia con quanto detto, si dimentica il principio della soggettività del delitto. Non solo non si prova che gli accusati abbiano voluto collaborare con ETA, ma nemmeno che questi fossero a conoscenza del fatto che, col proprio agire, avrebbero potuto star collaborando con ETA. Si accetta l’idea che gli accusati possano aver collaborato con ETA senza saperlo, e che debbano essere condannati per questo.
- Per quel che riguarda le udienze, la prova fondamentale su cui si poggia l’accusa è la cosiddetta “prova periziale dell’intelligence”. Questa consiste nel fatto che il tribunale può considerare come “perizia emessa da esperti”, valida come prova a tutti gli effetti, le informative elaborate da funzionari di polizia, anche se questi mancano di qualsiasi qualificazione o preparazione accademica in questo senso. E’ sufficiente che la polizia faccia un’affermazione perché la medesima possa essere accettata come prova, contro cui non si può fare nulla.
- La conseguenza di questi procedimenti è la violazione del diritto alla partecipazione politica di un ampio settore sociale. Un ampio numero di persone e organizzazioni si ritrovano senza possibilità di intervenire nel dibattito politico e sociale. Si violano in tal senso il diritto di riunione, di manifestazione, di associazione, di libera espressione, alla libertà ideologica, eccetera.

Ci troviamo di fronte a un’ondata di processi politici nei quali si assume la definizione di “terrorismo” come totalità del conflitto sociale e politico,in cui rientra assolutamente tutto. In nome della “lotta contro al terrorismo” lo stato spagnolo - come anche altrove si sta sperimentando- può così criminalizzare qualsiasi realtà sociale o politica risulti incompatibile, e ha determinato nel Paese Basco una situazione particolarmente grave per tutta la popolazione.



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