SENZA CENSURA N.24
novembre 2007
La persecuzione dei migranti
Contributo alla lotta contro la reclusione e la deportazione dei migranti
Ivano, Antonella e Paolo, oppositori politici sequestrati un anno e mezzo fa dallo stato italiano e tuttora in carcere “in attesa di giudizio”, ci inviano questo contributo scritto, “Documento sul CPT”, in allegato, e che ha come argomento la persecuzione dei migranti alle frontiere d’Europa.
Comitato permanente contro la repressione - Nuoro
lasolidarietaeunarma@libero.it
Prima di affrontare l’odioso tema de lager moderni
chiamati asetticamente e falsamente CPT (centro di… permanenza temporanea), è
anche onesto parlare del perché migliaia di esseri umani decidano di abbandonare
le loro terre di origine e strappare se stessi alle proprie famiglie e culture.
Diciamo onesto perché quando i media parlano di queste persone le descrivono con
appellativi quali “disperati”, “extracomunitari”, “clandestini” evitando - con
fare subdolo e furbesco - di palesare le origini del loro obbligato espatrio,
calcando, invece, molto l’accento sul fatto del loro essere “extra”, cioè
esterni alla “grande famiglia” UE, quindi il loro voler entrare dentro ciò che
gli occidentali definiscono proprio li rende già di per sé criminali. Persone,
comunque, delle quali diffidare a priori, senza che ci sia spazio ad alcuna
considerazione.
Certi - troppi! - pennivendoli a soldo del padronato capitalista hanno
l’ipocrita capacità di mostrarci la tragedia di interi popoli con la pancia
gonfia di aria dalla fame, o gli orrori provocati - anche grazie all’Italia -
dal bombardamento indiscriminato di interi villaggi e città, nell’ignobile
intento di strappare una lacrima ai propri utenti e così evidenziare che noi,
occidentali, bianchi, puliti e ipercivilizzati, “dopotutto” abbiamo poco da
lamentarci nelle nostre società, anche se qualche milione - ...o
due,...tre,...quattro,.... - dei nostri cittadini non hanno lavoro, né casa, né
un futuro immaginabile, perché - “...guardate là...” - c’è gente che sta molto,
molto peggio di noi...
Per un caso, o per l’altro, non si arriva mai a puntare il dito contro i veri
responsabili di queste immense tragedie: il capitalismo-imperialista e la nuova
economia globalizzata, la materialità del nuovo ordine mondiale che si sta
costruendo attraverso l’oppressione di interi popoli e lo sfruttamento
schiavistico dei lavoratori e dei loro territori. Tutto ciò supportato dai
ricatti del F.M.I. (Fondo Monetario Internazionale) e della B.M. (Banca
Mondiale) che hanno distrutto le economie autoctone mettendo a disposizione del
mercato lavorativo milioni di profughi e migranti.
Questa è la “naturale” progressione della società fondata sul capitalismo, che
con l’imperialismo deve necessariamente riorganizzare la propria capacità di
dominio e sfruttamento attraverso le proprie strutture sovranazionali. E quando
non riesce a raggiungere i suoi obiettivi in maniera.... “diplomatica” (sic!)
ricorre sempre più spesso alle più svariate guerre “umanitarie”, contro
“dittature, stati “canaglia”, presunte “minacce per l’intera umanità” (sono
talmente ipocriti che paventano quello che loro stessi impunemente inculcano nel
corpo e nell’anima dei miliardi di esseri umani). L’importante è raggiungere ad
ogni costo e comunque l’obiettivo finale: il dominio globale.
Dopo la caduta dell’URSS e la devastante catastrofe esistenziale che ne è
derivata, tutte le nazioni legate a Mosca “hanno abbracciato” l’economia di
mercato aprendo le loro frontiere alla razzia delle potenze occidentali che ne
hanno distrutto quelle infrastrutture che - anche se noi “civilizzati”
considerate “povere” - permettevano comunque un’indipendenza economica.
Dove invece esistevano sacche di resistenza si è prima creato un pretesto da
buttare in faccia alla comunità internazionale - soggiogata, comunque, agli
interessi dei Paesi a capitalismo avanzato - e poi si è passati alle maniere
forti, radendo al suolo intere comunità (questo è successo anche ai nostri
confini, nell’area balcanica).
Per quanto concerne l’Africa, tutti sappiamo che è stata terra di conquista dei
colonizzatori europei che poi - grazie all’eroica lotta di liberazione dei
popoli sottomessi - è riuscita a cacciare i vari occupanti. Almeno teoricamente,
perché poi - vuoi per il tradimento dei capi di stato che hanno svenduto le
aspettative del popolo, vuoi per i numerosi “omicidi mirati” perpetrati dalle
potenze capitalistiche contro questi uomini che veramente stavano traghettando
il loro popolo verso un’indipendenza dagli Stati occidentali per un’unità
panafricana e una vera liberazione - non si è nella pratica mai realizzata,
rimanendo gioco-forza legati a doppio filo agli occupanti.
Ma se negli anni passati questo dominio era caratterizzato soprattutto dallo
sfruttamento di tanti giacimenti minerari di cui dispone il sottosuolo africano,
già dagli anni ‘80 l’Amerika definì - insieme alle regioni situate nel golfo
Persico - il “Terzo Mondo” una riserva petrolifera di interesse vitale che
andava conquistata e protetta anche con la forza.
Rischio che si fa sempre più probabile e “allargabile” (non dimentichiamoci
tutte le guerre di “bassa intensità” che tutt’oggi si combattono in diverse zone
dell’Africa) perché oltre alle vecchie potenze coloniali occidentali, negli
ultimi anni si è aggiunta anche la Cina - di cui la gloriosa stella
rappresentata nella sua bandiera pare che cerchi solo di nascondersi nel rosso,
ormai solo di vergogna, che la sovrasta... - già entrata a pieno titolo, insieme
all’India, nelle superpotenze a capitalismo “avanzato” dello scenario mondiale.
Se nella strategia cinese questa penetrazione economica viene “mascherata” con
la creazione di infrastrutture in cambio di petrolio (turandosi il naso quando
vanno a stringere le mani insanguinate del despota di turno), l’Amerika e i
Paesi europei (quelli... “ricchi”!!!) vogliono conservare il loro protettorato
con abbaglianti - e inconsistenti nella pratica - “aiuti economici” che vanno a
finire sempre e solo nelle tasche dei governanti, mai al popolo, fornitura
d’armi e basi militari - ...a comando N.A.T.O.,... “naturalmente”...!!!!!
Ne consegue che in molte regioni dell’Africa ricche di risorse naturali i “capi
di stato” - o fazioni differenti dello stesso stato create ad arte da
multinazionali o governi occupanti - si fanno guerra tra di loro finanziati da
questo o quel Paese “civilizzato”. Così mentre nel Continente Nero si massacrano
per un interesse non loro e si spaccano la schiena per una misera paga, in
Europa i nostri dittatori giocano a Risiko, dove come premio si decide quale
nazione scipperà i giacimenti: per i nativi africani cambia la suola dello
scarpone (made in U.S.A., made in France, made in Italy, ecc.), ma il culo che
prende i calci è sempre il loro!
Quindi gli sforzi di emancipazione dei popoli indigeni - di tutte le parti del
globo - vengono sempre disillusi dai regimi coloniali - “vecchi” e nuovi - non
permettendo un vero riscatto economico e sociale a milioni di esseri che non
trovano altra possibilità di vita, se non quella dell’emigrazione, convinti di
trovare in quei “Paesi tanto ricchi” da permettersi ogni tipo di sperpero (anche
quello di miliardi e miliardi di euro - o dollari - per armarsi), quella
possibile dignitosa esistenza di cui ogni uomo della terra avrebbe diritto -
anche se poi, come ben sappiamo, il più delle volte quello che li aspetta è un
altro calcio nel culo per rispedirli nell’inferno da cui sono arrivati! (Gli
stessi calci e gli stessi culi di prima...!!!).
E qui arriviamo ai viaggi dei “disperati”, definizione tanto amata dalla
“nostra” stampa... “umanitaria”.
Ma a guardare più a fondo la loro disperazione non è dovuta a problemi climatici
o ambientali - che possono anche incidere - ma alla devastazione o alla vera e
propria rapina che da decenni sono portate avanti da quelle stesse nazioni che
poi sfacciatamente si lamentano di essere “invase” dai nativi delle loro
conquiste.
Ma i “nativi” non vengono nei nostri Paesi con intenti bellicosi - come invece
hanno fatto le potenze capitalistiche con loro - ma “solo” per trovare una
sistemazione che gli consenta di guadagnare quel tanto necessario per poter
sfamare se stessi e i propri familiari lasciati a km di distanza, visto che le
borghesie occidentali si sono arrogate il diritto di impedire loro di vivere
dignitosamente nella propria terra.
Se gli italiani avessero un po’ di memoria - o gli venisse... sollecitata -
forse ricorderebbero quando i “disperati” eravamo noi, quando i nostri nonni
partivano con poche cose dentro valigie di cartone a cercare una condizione di
vita degna di essere chiamata tale, senza scordare che ancora oggi molti giovani
- soprattutto del sud - sono obbligati a percorrere le strade dei loro avi.
Ma in tempi di “riformismi” e rimozioni storiche questo sarebbe controproducente
per la classe politica dominante e potrebbe dare adito a pericolose solidarietà
e associazioni di cause tra i “disperati” di tragedie “esternalizzate” e
“disperati” delle tragedie intestine, tutti figli della stessa madre bastarda:
la globalizzazione neoliberista.
Questi migranti/forzati affrontano lunghi e tragici viaggi, il più delle volte a
bordo di piccole imbarcazioni di fortuna (ah! “la fortuna”...!), e innumerevoli
volte non riescono a raggiungere la loro meta, andando quotidianamente a
incrementare il numero di quelli che prima di loro erano morti nel vano
tentativo di raggiungere le coste europee.
Uomini, donne, bambini che non avranno più nome, più “terre promesse” da
raggiungere, più speranze. Di loro non rimarrà niente, neanche un metro di
terra, una tomba dove poter piangere. Quei “fortunati” che raggiungono la costa
sicuramente penseranno che l’Italia è davvero un Paese civilizzato e
accogliente, tanto che ad aspettarli ci sono tanti volontari e ambulanze a
prestargli le prime cure (... ma anche tante divise...!).
Ma gli ci vorrà poco a svegliarsi dai bei sogni che avevano immaginato chissà
quante volte: giusto il tempo di una veloce visita medica per accertarsi che non
possano crepare al momento, o contagiare impunemente “l’uomo bianco” con le loro
primitive malattie, poi inizia un altro calvario, forse anche peggiore della
traversata che hanno dovuto affrontare, e quindi la dura realtà della
differenziazione razziale, sociale ed economica della democratica Italia: i
Campi Provvisori di Concentramento (C.P.T., per l’appunto).
In questi veri e propri centri di detenzione i reclusi hanno meno diritti dei
detenuti delle galere di Stato “ufficiali” (e noi che la galera ce la viviamo
sulla nostra pelle vi possiamo garantire che non è per niente… accogliente!):
pur non essendo accusati di alcun reato specifico hanno comunque avuto
l’indelicatezza di voler cercare una vita migliore senza avere il “bollino blu”
dell’identità comunitaria, “meritevoli” dunque della restrizione di movimento
nel santo territorio italico....
Una volta reclusi non possono ricevere visite, non possono comunicare con
l’esterno-(quando il telefonino non gli viene sequestrato è un problema
ricaricarlo. Vabbè!, è anche vero che qualche cooperativa li fornisce di una
carica di 5? ogni dieci giorni… peccato che lo scatto per una telefonata ad un
Paese extracomunitario costa quasi la stessa cifra… anche a notte fonda!). Non
possono soprattutto avere un avvocato. Ma poi di un avvocato che se ne fanno se
non hanno commesso alcun reato...!?!?
Ma tutto, all’interno di questi “centri”/lager è strutturato come una galera:
sbarre, sorveglianza armata, differenziazione sessuale, detenzione.
La permanenza massima prevista dalla legge sarebbe in teoria di 60 giorni, ma in
molti casi si è prorogata per tempi molto più lunghi, poi verranno deportati nei
loro Paesi d’origine, comunque fuori da quel muro, neanche tanto immaginario,
dei confini europei, senza che vengano presi in considerazione dalle autorità
competenti, i tanti casi di fuga per motivi politici, ben consci che una volta
tornati nei loro Paesi d’origine queste persone rischierebbero trattamenti
persecutivi e anni di galera ancor più duri di quelli che conosciamo in Italia.
Quando invece gli internati vengono rilasciati dai C.P.T. gli viene consegnato
un decreto di espulsione che dovranno eseguire entro pochi giorni, pena
l’arresto - quello “ufficiale”!
Di conseguenza quella che dovranno affrontare sarà una vita da braccati, di
latitanti “volontari” per la sola colpa di essere poveri. Questa situazione da
inizio ad un circolo vizioso: dovendo in qualche modo campare e non potendosi
esporre alla “vita pubblica”, se non con il rischio di essere individuati, la
strada più semplice se non quella dell’“arrangiarsi illegalmente” è quella del
lavoro nero e sottopagato, una condizione che non dispiace per niente ad
imprenditori e sfruttatori in giacca e cravatta che salariano un lavoro di
10/12/14 ore giornaliere con una paga miserissima che basta a malapena per
sopravvivere.
A rendere ancora più gravosa e “clandestina” la loro esistenza ci pensa poi la
stampa borghese che relega nelle pagine interne dei quotidiani di provincia,
fatti di cronaca che vede coinvolti cittadini italiani e comunitari,
enfatizzando all’eccesso lo stesso tipo di reato quando ad esserne sospettati
sono uomini extracomunitari, riportando la notizia in apertura delle testate
televisive e giornalistiche di livello nazionale, palesando prima di tutto la
colpa più grave: l’essere extracomunitari.
Senza poi considerare le sempre più frequenti operazioni “anti-terrorismo” che
coinvolgono queste comunità: ormai basta che si incontrino in degli scantinati
trasformati in moschea per poter pregare che subito vengono sospettati di chissà
quali piani distruttivi, anche se poi non viene mai rinvenuto niente che faccia
presupporre intenti del genere.
Si è insomma creato ad arte - ormai è abitudine consolidata per giustificare
ogni tipo di repressione sociale - quel clima di sospetto e paura per chiunque
non sia omologato alla vita consumistica del regime.
Proprio in questi giorni si è arrivati addirittura alla criminalizzazione dei
lavavetri per il reato di… deturpare la bellezza delle nostre città...!!!!!!
Quello che più stupisce è la meraviglia dimostrata da molti “compagni” per il
comportamento attuato dal governo di centro-“sinistra”, il quale in campagna
elettorale aveva posto il “problema” dell’immigrazione, e dei C.P.T. in
particolare, come uno dei punti principali da affrontare e risolvere,
promettendone miglioramenti per l’ospitalità e addirittura la chiusura dei
“lager”.
Ma insomma! Dovremmo saperlo – dopo i tanti calci che anche i nostri culi hanno
preso – che la politica governativa è antisociale (sotto tutti i punti di
vista!) e dipende non da quale fazione borghese si trovi a comandare, ma dal
fatto che l’Italia è un regime borghese fondato sul capitalismo.
Quello che vorremo mettere in evidenza è che oltre ai ripetitivi e inquietanti
rigurgiti del più becero, razzista, vigliacco fascismo (che anche in Sardegna
rialza la testa di topo: vedi riunione nei pressi di Cagliari di quei pochi
ratti protetti dai loro simili in divisa) che grida alla cacciata dei “diversi”,
c’è anche e soprattutto una manovra propagandista più subdola che lavora sulle
paure e sull’ignoranza di tanti. L’obiettivo di questa campagna terrorista – nel
vero e reale senso della parola!- è mettere a tacere i migranti, escluderli dai
rapporti sociali e nasconderli agli occhi della gente comune per evitare che si
prenda coscienza del fatto che la disoccupazione da cui fuggono è principalmente
causata dal “nostro” cieco, prorompente ed egoistico capitalismo.
Vorremmo invece che ai migranti fosse data voce, che fosse data oltre la
possibilità di vivere dignitosamente ai disastri da “noi” causati nelle loro
terre, anche e soprattutto la libertà di parlare, raccontare la verità.
È giusto dare il nostro sostegno e solidarizzare con gli “extra-disperati”, ma è
anche opportuno incanalare un confronto diretto e reale che evidenzi come le
contraddizioni del capitalismo imperialista macinano tutti i proletari del mondo
non conformi alla loro misera ricchezza materiale.
Non è per niente semplice – come per tutte le lotte che dobbiamo affrontare – ma
solo con l’unione dei proletari è possibile demolire questo mostro che ci
domina.
A pugno chiuso!
Antonella, Paolo e Ivano
Settembre 2007