SENZA CENSURA N.24
novembre 2007
Paese Basco, una lotta condivisa
La nuova ondata repressiva, la solita ricetta fallimentare
Dalla chiusura nel
giugno scorso del negoziato fra lo Stato Spagnolo e la sinistra indipendentista
basca - Sinistra Abertzale -, il Paese Basco - Euskal Herria - si sta
confrontando e scontrando con la rappresaglia degli Stati Spagnolo e Francese,
coadiuvati dalla legislazione “antiterrorismo” europea, e dalla retorica del
”terrorismo”. Non che la repressione sia mai diminuita di intensità, ma negli
ultimi avvenimenti, coincidenti anche con l’avvio della campagna elettorale per
le legislative spagnole del marzo ’08, si può facilmente leggerne l’apertura di
una nuova fase.
L’avvenimento più eclatante al riguardo è stato per ora l’arresto, avvenuto il 4
ottobre scorso e ordinato dal tristemente noto giudice Garzòn, dell’intera
direzione collegiale (meno un membro) della rappresentanza politica della
Sinistra Abertzale, Batasuna.
Con le parole di Pernando Barrena, unico portavoce di Batasuna rimasto in
libertà, quest’ondata di arresti equivale a “una dichiarazione di guerra per
chiudere la porta all’indipendentismo basco”.
Effettivamente la situazione è tale da non lasciare agibile alcun terreno di
“legalità” per i militanti indipendentisti.
Decine di migliaia di baschi sono scesi nelle piazze dal giorno dopo, a
denunciare che si vuole impedire al popolo basco qualsiasi libertà di esprimersi
in favore dell’indipendenza di Euskal Herria. I principali sindacati baschi
hanno emesso comunicati di condanna dell’azione del giudice Garzòn. Si sono
moltiplicati e continuano tutt’ora gli episodi di guerriglia urbana in risposta
a quest’ennesima aggressione.
Nei giorni successivi si sono sovrapposte le manifestazioni di solidarietà in
Europa e in tutto il mondo, varie anche in Italia.
Da parte nostra vogliamo esprimere la piena solidarietà ai compagni di Batasuna,
così come a tutti i compagni colpiti da quest’ondata repressiva.
Ribadendo che ogni responsabilità di quanto potrà derivare da questa nuova fase
sarà da rigettare al mittente, su chi occupa militarmente Euskal Herria e impone
uno stato di apartheid politico contro la sinistra abertzale.
Ancora una volta Euskal Herria si trasforma in un laboratorio della repressione
a livello europeo. Crediamo che non sia per caso.
Da quando lo stato spagnolo istituì a fine anni ’70 la Comunità Autonoma Basca,
per imbrigliare e depotenziare le istanze autonomistiche, e avviò una cruda
repressione per falcidiare tutti coloro che non si erano lasciati imbrigliare,
il Movimento di Liberazione Nazionale Basco ha saputo resistere e si è
riprodotto, sopravvivendo alle molteplici fasi repressive e rendendo possibile
la condivisione fra la popolazione basca della necessità di veder garantito il
proprio diritto a decidere del futuro di Euskal Herria.
Producendo una situazione in cui di fatto l’assetto di due stati membri
dell’Unione Europea viene posto in discussione non da un movimento politico
minoritario, ben identificabile e reprimibile quindi, ma dalla maggior parte
della popolazione del paese occupato da questi due stati.
Per arrivare a questo risultato è stato determinante il contributo di tutte le
realtà e organizzazioni che lo compongono. Organizzazioni che in questi anni
hanno saputo lavorare su questo obiettivo concreto, ognuna dal proprio punto di
vista e coerentemente alla propria impostazione politica; rispettando le
differenze con le altre, e valorizzando nella pratica le sinergie; lavorando con
indipendenza e attenzione a capire dalla piazza quali fossero le strade da
percorrere.
Senza che questo abbia determinato involuzioni politiche verso modelli più
compatibili, come spesso ci capita di assistere in altri, e talvolta più
familiari, contesti.
Ed è la molteplicità di queste organizzazioni, dei metodi di lotta di ognuna e
del radicamento di tutte, che ha fatto del Movimento Indipendentista un
bersaglio difficile, determinandone la capacità di resistere alla repressione.
Ma soprattutto è grazie a queste che nel Paese Basco sono cresciute generazioni
di giovani abituati a essere protagonisti delle lotte e del proprio destino
politico. Parliamo di una realtà in cui agire da protagonisti della politica non
è l’eccezione, ma la normalità. In cui pochi sono disponibili a delegare il
proprio punto di vista a questo o quel partito, rimanendo a guardare in
disparte, ed è la prassi agire invece in prima persona. Convinti di avere nelle
proprie mani il proprio futuro, politico e concreto.
Una realtà percettibile chiaramente, visibile senza dubbio, girando per le
strade di alcune città basche.
Una situazione molto interessante da questo punto di vista, in cui la
repressione per quanto intensa non è arrivata né a frammentare il Movimento, né
a determinare processi di delazione. Anzi proprio le attività di solidarietà con
chi viene colpito dalla repressione, e in particolare coi prigionieri politici,
sono oggi qualcosa di popolare e condiviso, lontano dalle trappole
dell’isolamento politico.
Questa situazione può complessivamente costituire una pericolosa anomalia nel
cuore di un’Unione Europea normalizzata e in cui è spesso sufficiente bollare
qualcuno come terrorista per vederlo isolare dal resto del “movimento”.
Crediamo che la ricchezza e molteplicità delle forme di lotta che si realizzano
in Euskal Herria, nel rispetto reciproco fra le realtà che le mettono in campo,
possa fornire indicazioni più che utili per tutte le realtà di lotta che si
sviluppano anche qui in Italia, come nel resto del mondo occidentale. E che la
conoscenza di come si muovono polizia e magistratura nel Paese Basco possa
essere un utile strumento di lettura dei processi di ristrutturazione
dell’apparato repressivo-giudiziario, cui ci troviamo e troveremo di fronte
anche noi tutti.
Contemporaneamente pensiamo anche che l’esperienza di lotta vissuta da tutti noi
possa contribuire al percorso dei compagni baschi. A partire da un ragionamento
sui nostri territori, senz’altro più normalizzati/pacificati rispetto a Euskal
Herria. Territori che mostrano quanto sia devastante il modello sociale
stabilito dai canoni delle moderne democrazie occidentali, in assenza (o
latenza) di conflitti.
Con la consapevolezza che la Fortezza Europa non ammette eccezioni, e qualsiasi
conquista di ogni lotta potrà essere mantenuta solo se nascerà la capacità di
trasformarla collettivamente in un arretramento effettivo del progetto
imperialista europeo e del suo piano repressivo.
Per tutto questo crediamo che sarebbe di grande interesse promuovere e
sviluppare un confronto e una rete di contatti permanenti fra le diverse
strutture territoriali, fra i collettivi baschi e italiani, fra i giovani
compagni che da Palermo a Bayona costruiscono lotte e solidarietà.
Perciò riteniamo importante costruire una corretta informazione anche su quanto
sta avvenendo in Euskal Herria, e speriamo in futuro di poter unirvi anche il
nostro contributo alla costruzione di questa rete di contatti e confronto.
Per fare il punto su quale sia la situazione in Euskal Herria, abbiamo chiesto e
vi proponiamo due contributi, di Julen Arzuaga, avvocato, membro
dell’Osservatorio Basco per i Diritti Umani - Behatokia -, e di Teresa Toda, già
vicedirettrice del quotidiano basco Egin e attualmente portavoce degli imputati
nel processo 18/98, con la cui inchiesta il giudice Garzòn chiuse, appunto nel
‘98, anche lo stesso quotidiano, assieme a molte altre realtà della Sinistra
Abertzale.