SENZA CENSURA N.23
luglio 2007
Il Caso di Essid Sami Ben Khemais
Alcuni materiali per riflettere su espulsioni e deportazioni
Pubblichiamo due
materiali di aggiornamento sulle espulsioni degli stranieri “per motivi di
sicurezza” (art. 3 del DL 22/07/2005 meglio conosciuto come “pacchetto Pisanu”)
attuate dal presente governo, in perfetta continuità col precedente, che
costituiscono ulteriori testimonianze della tendenza all’approfondimento della
guerra preventiva sul fronte interno.
Essid Sami Ben
Khemais, uno dei tunisini arrestati dall’Italia bellica con la scusa del
terrorismo islamico e che quattro anni fa aveva chiesto la nostra solidarietà
per non essere mandato a morire in Tunisia, sarà scarcerato dopodomani, domenica
3 giugno.
In teoria dovrebbe uscire libero dal carcere di Carinola, dove ha scontato
l’ultimo periodo di detenzione, sia perché, dopo 6 anni è in fine pena, ma
soprattutto perchè la corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo ha
bloccato l’espulsione che era scritta nella sua condanna.
Purtroppo però, come ci si immaginava, sembrerebbero esserci dei problemi.
L’avvocato Sandro Clementi che l’ha difeso nel primo processo e che ha
presentato il ricorso alla corte di Strasburgo ottenendone il blocco (perché
l’espulsione per lui significherebbe morte sicura) ha, ovviamente e più volte,
inviato sia ad Essid Sami che alla matricola del carcere di Carinola il
documento con cui Strasburgo blocca l’espulsione.
Nemmeno una volta questo documento è arrivato nelle mani di Essid Sami, non
solo, la matricola e il commissario delle guardie del carcere continuano ad
affermare che a loro non risulta nulla e che loro lo consegneranno alle forze
dell’ordine perché si proceda con l’espulsione.
La corrispondenza con Essid Sami incontra, da vari mesi ormai, grosse
difficoltà.
Nei fatti le sue lettere arrivano irregolarmente anche ai suoi difensori e
spesso lui non riceve quelle che i suoi difensori gli inviano, e in ogni caso il
carcere blocca la corrispondenza con chiunque altro. Una comunicazione così
minima e irregolare fa si che non sia semplice capire sino in fondo la
situazione reale.
Potrebbe trattarsi semplicemente di un maltrattamento delle guardie per
esasperarlo come potrebbe, invece, trattarsi di una disposizione “dall’alto”.
Nei fatti il processo che ha visto comparire in aula Essid Sami Ben Khemais e i
suoi 5 coimputati è stato il cavallo di battaglia di questo stato, sul fronte
interno, su cui poi si è innalzato il castello che in 5 anni ha portato
all’arresto, solo in Italia, di centinaia di islamici e arabi con la scusa di un
terrorismo che avrebbe, però, miracolosamente deciso di salvare l’Italia da
qualunque attacco.
La loro condanna è stata così gradita dall’America che per essere riuscito ad
infliggergliela il p.m. Dambruoso ha ritirato direttamente dalle mani di Bush il
premio come miglior magistrato dell’anno.
Cosa ci sarà di così brillante nel condannare così tante persone per terrorismo
avendo trovato solo ed esclusivamente alcuni documenti contraffatti?
Subito dopo sia Essid Sami che alcuni suoi coimputati vengono, sulla base degli
atti italiani e su pressione degli inquirenti nostrani, condannati anche in
Tunisia da un tribunale militare.
Vengono condannati in contumacia, quindi senza la possibilità di difendersi e
con una sentenza che per alcuni, Sami compreso, non si capisce nemmeno se sia da
10 o 20 anni…. sarà militarmente discrezionale?!
La nuova normativa internazionale contro il terrorismo prevede che si possa
essere condannati per lo stesso reato in ogni stato in cui si giunge o si è
passati, si può quindi scontare la stessa pena più e più di volte.
Non ancora appagati i governanti e i magistrati italiani due anni fa, poche
settimane prima dello scadere della prima pena e senza che fosse mai uscito dal
carcere, spiccano un nuovo mandato d’arresto e di nuovo per terrorismo.
Ricordiamo che Essid Sami è stato arrestato nella primavera del 2001 e non dopo
l’11 settembre.
Lui e altri avrebbero, prima del 2001 quindi, picchiato con un bastone (vera
arma letale?) un agente dei servizi segreti tunisini che, pare, li stava
pedinando da tempo.
Questo, ovviamente sempre senza prove, è stato sufficiente per una condanna di
reato con finalità di terrorismo e l’espulsione scritta su sentenza.
Questo processo, però, non ha ancora finito il suo iter. Infatti, anche se Sami
ha già scontato la pena, si è ancora in attesa della cassazione e questo è un
altro dei motivi per cui non può essere espulso.
Ma ancora: Essid Sami nei prossimi giorni deve testimoniare a un processo a
Milano.
È stato chiamato e accettato come teste di difesa ammesso dalla corte a un
processo contro 12 islamici tenuto dalla seconda sezione della corte d’assise di
Milano presieduta dal giudice Nobili e De Santis. Espellendolo ora, oltre a
mettere seriamente a rischio la sua stessa vita, si impedisce contemporaneamente
ad altre 12 persone di difendersi come dovrebbero.
Ora la corte di Strasburgo ha bloccato la sua espulsione verso un paese che
condanna attraverso i tribunali militari, e sappiamo tutti molto bene cosa
significa, un paese che non rispetta i diritti dell’uomo e le cui torture dentro
le carceri portano alla morte, ma evidentemente questo blocco di Strasburgo
ancor oggi “qualcuno” non lo sopporta volentieri.
Chiediamo di tenere alta l’attenzione su questa situazione.
No all’espulsione di Essid Sami Ben Khemais!
No alle espulsioni!
Sassari, 1 giugno 2007
- o - o - o - o - o - o -
Come avrete sentito dai mass media Sami non è stato liberato domenica 3 giugno,
come invece avrebbe dovuto essere perché ha finito di scontare la pena.
Avremmo voluto aggiornarvi prima, ma la situazione è talmente anomala che
abbiamo voluto esserne certi prima di scrivere.
Valutate voi.
Noi vi chiediamo la massima diffusione e la massima attenzione per una
situazione sempre più assurda e sempre più grave.
Venerdì 2 giugno gli è stato notificato in carcere un altro mandato d’arresto,
il 3°.
Quattro paginette stilate in fretta in fretta, giusto per non farlo uscire.
Poi, la settimana scorsa con più calma, gli inquirenti costruiscono meglio
l’accusa e spiccano un altro mandato d’arresto (il 4°) motivandolo con 40
pagine.
“Brillante Operazione anti-terrorismo della Guardia di Finanza di Milano”
titolano i giornali.
Però che vigore che ha ultimamente la G. di F. di Milano... chissà perché?!?
Gli inquirenti parlano, ancora una volta, di un nuovo pentito dalle rivelazioni
clamorose.
Ma questo pentito non ha nulla nè di nuovo né di clamoroso se non la sua maniera
piuttosto ributtante di salvarsi la vita.
Jihad Tlili Lazar parla ininterrottamente dal 2003 sia in Italia che in Francia,
aggiornando man mano che gli sbirri ne hanno bisogno.
Il pentito è già stato, più volte, dichiarato inattendibile dalla stessa corte
d’assise di Milano e quindi le sue dichiarazioni sono inutilizzabili perchè ha
il vizietto di pentirsi a ripetizione, ma poi si rifiuta regolarmente di
confermare le accuse in dibattimento e spesso non va neppure in tribunale.
Anzi una volta in Francia, pare non siano riusciti neanche a farlo uscire dalla
sua cella... La sua attendibilità è uguale a zero.
I reati ipotizzati, questa volta, nelle 9 ordinanze di custodia sono:
associazione a delinquere con finalità di terrorismo, favoreggiamento
dell’immigrazione clandestina, falsificazione di documenti, furto di auto e,
ultima novità, traffico di stupefacenti.
Il tutto sarebbe successo nel 1999 per terrorismo; nel 1999 quando ancora in
Italia manco si parlava di terrorismo islamico.
L’accusa di favoreggiamento, già pagata, viene arricchita da un nome: Sami
avrebbe fatto entrare illegalmente in Italia il fratello... grosso reato
terroristico!????
L’avv. Clementi ha già chiesto la nullità per insussistenza di indizi di
colpevolezza e per “Ne Bis in idem” letteralmente “non 2 volte la medesima”.
Sami infatti, a parte questa nuova stupidaggine della droga, ha già scontato
tutti i reati che gli sono contestati.
Ma, c’è un’altra particolarità di questi processi sull’islamismo. L’ordinanza
riguarda 9 persone ma nei fatti sono 4: 1 è a Guantanamo, 1 è in Inghilterra e
altri 2 (compreso Sami) in Italia.
Gli altri 5 non si sa se siano vivi o morti in varie parti del mondo tra il 2003
e il 2007.
I giornali dicono in Tunisia, Algeria, Iraq e chi più ne ha più ne metta.
Non si capisce se c’è un morto per ogni paese o se sono tutti morti
contemporaneamente in tutti quei paesi. Non ci sarebbe molto di cui ridere ma
sembra quasi una barzelletta.
C’è questa strana perversione del continuare, da anni, ad indagare e processare
islamici morti e\o dispersi pur di riempire di nomi gli atti giudiziari in cui
poi infilare di straforo un disgraziato da eliminare dalla circolazione.
Quelli che non può arrestare o non può espellere, lo stato italiano di ieri e di
oggi, che nulla è cambiato, li tiene sempre sul filo del rasoio non
rinnovandogli né il permesso di soggiorno né i documenti, quindi in balia di
qualunque fermo.
In un’intervista rilasciata al Corriere il ministro degli interni Amato si
lamentava: “Perché l’alt alle espulsioni intimato dalla Corte europea per i
diritti dell’uomo non è un ordine tassativo, vale come una raccomandazione, ma
far finta di niente non si può. Del resto l’allontanamento obbligatorio o
avviene verso il Paese d’origine o non avviene…
Finora l’espulsione è stato un rimedio per mandare via i sospettati di
terrorismo che non si riesce ad incastrare in tribunale e non si possono tenere
in galera, e già per alcuni di loro i giudici di Strasburgo s’ erano messi di
traverso: in patria rischiano maltrattamenti o addirittura la vita, non si
devono far partire.
Adesso il problema si pone con un terrorista per così dire «accertato», nel
senso che Sami Essid Ben Khemais è stato condannato ed è giunto alla fine della
pena. I responsabili della sicurezza lo rispedirebbero volentieri nel suo
Paese...”
Amato, illustrando la situazione, ha messo in evidenza il fatto che tra i motivi
per cui da Strasburgo hanno recentemente bloccato un allontanamento verso la
Tunisia, c’è anche un rapporto del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti sulla
situazione in quel Paese, oltre a quelli provenienti da organismi come la Croce
Rossa Internazionale o Amnesty International...
Una delle soluzioni ipotizzate nella riunione veneziana sarebbe quella di
“costruire una sorta di «ombrello diplomatico» a protezione delle persone
allontanate, attraverso delle garanzie fornite dai governi dei Paesi d’origine
sul trattamento degli espulsi”.
Bella lingua l’Italiano, ricca di termini che si arricchiscono per aggiornarsi
al cambiamento dei tempi, ed ecco qua: la persecuzione in Italia, ora, si chiama
«ombrello diplomatico».
Sassari, giugno 2007
per contatti:
controrepressioneedeportazioni@hotmail.com
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