Una
lettera del compagno Felice Pietro Guido
Arrestato a Milano il 23/06/1980, esco oggi 22/06/2007 dalla sezione E.I.V. del
carcere di Biella, scarcerato per fine pena.
Fine pena relativamente, dato che in aggiunta mi hanno affibbiato 3 anni di
libertà vigilata, con domicilio nel paesino dove sono nato (provincia di Chieti).
Il magistrato di sorveglianza di Vercelli, nel chiedere il “procedimento di
sorveglianza”, il 4/04/2007 scrive:
“VISTI gli atti del procedimento sopraspecificato; CONSIDERATE le risultanze
delle documentazioni acquisite, degli accertamenti svolti, della trattazione di
cui al separato processo verbale;
OSSERVA:
Va preliminarmente rilevato che, ai sensi dell’art. 679 c.p.p. occorre accertare
se il condannato sia da considerarsi al momento attuale persona socialmente
pericolosa. Infatti la valutazione della sussistenza di tale qualifica è
presupposto per l’applicazione della misura di sicurezza, presupposto che deve
essere considerato non solo nel momento in cui la stessa deve essere applicata
in concreto. E’ preliminare precisare che il giudizio sulla pericolosità, intesa
come possibile commissione futura di ipotesi delittuose, si basa su elementi
sintomatici che si riferiscono sia a situazioni passate (precedenti penali,
pendenze, vicende penitenziarie), sia ad informazioni attuali (condotta
intramuraria dell’interessato), sia a prospettive future (informazioni riferite
all’ambiente sociofamiliare, informazione degli organi di polizia). Le
risultanze istruttorie in atto inducono a ritenere ancora necessaria nei
confronti del condannato la misura di sicurezza sopra accennata. La pericolosità
sociale del nominato per il passato è provato dalle condanne riportate a seguito
della commissione di numerosi gravi reati quali: banda armata, rapine,
violazione leggi armi, lesioni, commessi fino all’attuale detenzione a partire
dal 1980.
Non può non essere negativamente apprezzata la gravità dei fatti-reato per i
quali ha subito la condanna in espiazione, e della circostanza che il soggetto
non si è mai dissociato né ha mai rinnegato l’ideologia alla base della scelta
di aderire alla lotta armata contro le istituzioni dello stato democratico.
La condotta intramuraria non è sempre risultata regolare, essendo costellata di
rapporti disciplinari fino al 2006, la personalità del condannato che emerge
dalle descritte vicende, impedisce di ritenere superato il giudizio di
pericolosità sociale.
Pare infatti, che l’esperienza del carcere non abbia minimamente intaccato il
nucleo motivazionale che sta alla base degli atti delinquenziali del soggetto,
nel quale – come si legge nelle relazioni degli operatori penitenziari –
permangono atteggiamenti di ‘non riconoscimento’ delle istituzioni”.
Queste testuali parole, costituiscono il giudizio in base al quale la borghesia
imperialista tramite uno dei suoi sgherri in toga, infierisce (ancora dopo 27
anni) nei confronti di un comunista rivoluzionario, la cui colpa maggiore è
quella di essere rimasto se stesso.
Per anni i mass-media e i cagnolini addomesticati (pentiti e dissociati) hanno
propagandato la fine del comunismo e l’improponibilità della rivoluzione
proletaria, ma le stesse parole, sopra riportate, dimostrano la falsità e la
miseria morale della classe dominante.
I suoi strumenti repressivi (uomini e strutture), la sua ferocia annientano solo
chi si lascia annientare; i suoi mezzi correzionali e rieducativi rieducano solo
chi si lascia rieducare.
Compagni, la ragione non è dalla loro parte!
Un saluto vivissimo a quanti, rivoluzionari prigionieri in ogni angolo della
Terra resistono e lottano.
Onore a tutti i rivoluzionari caduti per la costruzione della società a misura
d’uomo!
Pietro Guido Felice
22 Giugno 2007 |