SENZA CENSURA N.23
luglio 2007
Contro il 41bis per combattere la desolidarizzazione
La recente
mobilitazione del 3 giugno a L’Aquila ha senz’altro contribuito ad informare e a
far discutere, sebbene perlopiù in ambiti militanti, del regime detentivo
applicato con l’art. 41 bis dell’ordinamento penitenziario. A ciò crediamo abbia
contribuito, in prima istanza, l’elemento della mobilitazione concreta che, su
una questione così spinosa come è quella del 41 bis, ha determinato un
approfondimento del confronto fra i compagni, sia all’interno che ai margini del
lungo percorso di preparazione della scadenza.
Un confronto che è nato con l’urgenza pratica di contrastare l’intensificarsi
dell’aggressività dello stato in tutte le forme in cui essa si palesa.
Dall’incessante opera di criminalizzazione, che legittima l’imponenza del nuovo
armamentario legislativo “antiterrorista”, alla conseguente ristrutturazione del
sistema penitenziario – in termini di individualizzazione del trattamento,
differenziazione tra i prigionieri, maggiore potere della direzione
penitenziaria e delle guardie – che ne vorrebbe approfondire il carattere
violento, terroristico e desolidarizzante.
Lo sforzo di generalizzare i contenuti, a partire dal 41 bis per attaccare nel
suo complesso la logica differenziatrice e desolidarizzante che lo sottende, è
in sintonia con l’attenzione che, da sempre come redazione, dedichiamo alle
tematiche repressive e carcerarie in generale, nella loro organicità col sistema
complessivo di sfruttamento capitalistico. E’ in questo senso che cogliamo il
tentativo di collocare, quantomeno sul piano dell’articolazione politica dei
contenuti di lotta, la difesa dell’identità dei compagni prigionieri all’interno
di una prospettiva di rilancio della solidarietà di classe anche nella lotta
contro il carcere, l’isolamento, la differenziazione, e la loro proiezione verso
l’esterno.
Demandando l’approfondimento di questi temi alle riflessioni che usciranno
nell’immediato futuro da parte dei compagni che hanno sostenuto questo percorso,
pubblichiamo, in questo numero della rivista, il volantino distribuito a
L’Aquila dai promotori della manifestazione del 3 giugno e un contributo su un
probabile inasprimento delle condizioni detentive previste dall’art. 41 bis
dell’o.p. e sull’espansione dei suoi margini di applicabilità, volontà che si
evince dalle dichiarazioni rese dall’attuale ministro della Giustizia.
Sull’audizione del 3/05/07 del ministro
della giustizia Clemente Mastella in commissione parlamentare di inchiesta sul
fenomeno della “criminalità organizzata mafiosa o similare”
Dall’audizione citata:
“Innanzitutto la durata del regime speciale. Essa potrebbe essere utilmente
portata a tre anni prorogabili per i successivi di durata non inferiore ai due
anni”.
Attualmente il provvedimento ha durata non inferiore ad un anno e non superiore
ai due ed è prorogabile nelle stesse forme per i periodi successivi di anno in
anno.
“…il regime speciale può essere applicato ove ne ricorrono altre condizioni,
agli autori dei reati previsti all’art. 4 bis dell’o.p. ‘anche ove tali reati
non costituiscano titolo di attuale detenzione”.
Questo può significare che nonostante si sia terminato di scontare una condanna
per “associazione di stampo mafioso”, “associazione terroristica o eversiva”,
per le quali è previsto il 41 bis, questo trattamento può essere applicato anche
nelle detenzioni successive anche se i “reati” contestati non prevedono
formalmente l’applicazione di questo regime speciale.
Questo carattere preventivo viene esplicitato nel paragrafo successivo:
“Autorevoli opinioni hanno anche di recente sostenuto l’opportunità di
adeguare la struttura del regime speciale alla sua finalità di prevenzione,
volta a impedire il perdurare dei collegamenti tra le persone condannate per
reati previsti all’art 4 bis o.p. e le associazioni criminali di tipo mafioso,
terroristico o eversivo. Secondo tali opinioni, dovrebbe esse normativamente
esplicitata la natura propria di un ‘regime detentivo di prevenzione’ fondato
sull’esigenza di prevenire il compimento di reati mediante la sospensione
dell’ordinario trattamento per autori di delitti di cui all’art 4 bis o.p., in
relazione ai quali sia necessario impedire i collegamenti con una organizzazione
mafiosa, terroristica o eversiva”.
“…la riformata normativa potrebbe addirittura sganciare il provvedimento
dall’esigenza del controllo sull’attualità dei collegamenti con l’esterno,
fissandone i requisiti nella pericolosità del soggetto, desumibili da una serie
di indicatori…”.
Di seguito ne riportiamo alcuni:
“b) in indagini in corso sul gruppo criminale;
h) nei contatti delle persone ammesse a colloquio con altri soggetti
appartenenti al medesimo gruppo criminale;
k) in colloqui straordinari.
L’inapplicabilità o il mancato rinnovo del regime 41 bis o.p., secondo questa
impostazione deve poter avvenire solamente in presenza di elementi specifici e
concreti in grado di supportare il convincimento del venir meno della
pericolosità sociale del detenuto e della sua capacità di mantenere collegamenti
con l’esterno”.
In linea con l’essenza stessa del provvedimento, ovvero quella di spingere il
prigioniero a rinnegare se stesso, diventando di fatto un “collaboratore di
giustizia”, in questo passaggio si mira ad approfondire il carattere arbitrario
e discrezionale nella decisione di applicare il trattamento di 41 bis.
“Opportuna appare altresì l’introduzione, richiesta da ultimo dalla Direzione
Nazionale Antimafia, di una norma sanzionatoria per chiunque ponga in essere
comportamenti diretti a tenere o consentire collegamenti tra il detenuto
sottoposto a 41 bis o.p. e gli ambienti esterni. Infatti, nel caso di
comportamenti del genere risultano inapplicabili al detenuto o a i suoi
congiunti le fattispecie del favoreggiamento personale o della procurata
inosservanza di pena”.
Un attacco esplicito e diretto alla solidarietà e persino agli affetti nel
tentativo di criminalizzare entrambi.
“Altro problema che può trovare un’esplicita soluzione in una prospettiva di
riforme è quello di evitare la possibilità oggi assai concreta di un intervento
giudiziario modificativo del contenuto delle misure adottate. Il reclamo deve
riguardare soltanto la legittimità del provvedimento di applicazione, nel senso
che il tribunale potrà accogliere o rigettare – pervenendo se del caso ad un
totale annullamento – ma non modificare il provvedimento, aumentando, ad
esempio, il numero dei colloqui, le ore di socialità o il numero dei pacchi”.
Ciò equivale a perpetuare il trattamento di 41 bis e a eliminare la possibilità
di fare ricorso per modificare il trattamento a cui si è sottoposti.
“In linea con la disciplina vigente in materia di benefici penitenziari a
favore dei collaboratori di giustizia, per i detenuti sottoposti al 41bis o.p.
la competenza potrebbe essere individuata nel Tribunale di Sorveglianza del
luogo presso il quale ha sede il Ministro della Giustizia, autorità che ha
emesso il provvedimento sottoposto a reclamo.
Affidare la competenza al solo Tribunale di Sorveglianza presso la Corte di
Appello di Roma, aumentandone, ove necessario l’organico, assicurerebbe
uniformità nell’applicazione della normativa…”.
Questo evidenzia la decennale volontà dello stato di istituire un tribunale
speciale, come durante il ventennio fascista, cioè un tribunale direttamente
dipendente dalla volontà del governo.
Lottare contro il 41 bis assume il significato di ostacolare il dispiegamento
dell’isolamento, del sistema disgregante fondato sul premio e la punizione e
della sua proiezione intimidatoria e terroristica all’esterno, rilanciando così
la solidarietà di classe che è il presupposto di lotte unitarie, sia fuori che
dentro il carcere.
Va in questo senso la giornata di lotta sotto il carcere di L’Aquila che del 41
bis é l’emblema.
31/05/2007
OLGa - Milano
olga2005@autistici.org
http://www.autprol.org/olga/
Materiali di approfondimento:
- Testo integrale dell’audizione del 3/05/07 del ministro della giustizia
Clemente Mastella in commissione parlamentare di “inchiesta sul fenomeno della
criminalità organizzata mafiosa o similare”;
(www.autprol.org/public/allegati/all1.pdf)
- Il carcere duro diventa più lungo
(da
www.consiglionazionaleforense.it)
(www.autprol.org/public/allegati/all2.htm)
L’Aquila, domenica 3 giugno 2007
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