SENZA CENSURA N.23
luglio 2007
Controvertici: il Filo Rosso spezzato
Novembre 1999. La
dura contestazione della riunione della World Trade Organization a Seattle (il
cosiddetto “Millennium Round”) segna l’inizio di un ciclo di lotte mondiale
contro la globalizzazione imperialista.
La critica radicale del “popolo di Seattle” al progetto del “Nuovo ordine
mondiale” ebbe la forza di incrinare il predominio ideologico del capitale
imperialista che nel decennio precedente aveva trionfato sulle macerie del
socialismo reale e aveva iniziato la trasformazione del mondo intero in un unico
mercato.
Un processo di espansione del ciclo produttivo e di sfruttmento che si era
trasformato quasi subito in guerra, dalla seconda guerra del Golfo (1991) fino a
quella del Kossovo (1999), ma all’interno di rapporti di forza talmente
sbilanciati a favore dell’imperialismo da permettergli gioco facile
nell’occultare le ragioni economiche del proprio sforzo bellico e nel
mistificare la propria conquista dei mercati e delle materie prime come “diritto
d’ingerenza umanitaria”.
Il vento di Seattle, di Nizza (dicembre 2000 - contestazione della conferenza
UE), di Napoli (marzo 2001 - contestazione dell’OCSE), e Genova (luglio 2001 -
contestazione del G8) spazzò via le mistificazioni mettendo a fuoco la
materialità di un “nuovo ordine mondiale” che si stava (e si sta tuttora)
costruendo sull’oppressione dei popoli e sullo sfruttamento schiavistico delle
lavoratrici e dei lavoratori del mondo intero.
In Italia il vento di Seattle e le giornate di Genova hanno rappresentanto un
nuovo inizio di lotta, che si è andata via via articolando sui terreni della
solidarietà ai lavoratori migranti, dell’internazionalismo, dell’opposizione
alla guerra, e che ha contribuito a determinare, tra l’altro, anche un nuovo
protagonismo di classe che ha dato vita agli scioperi generali e alle grandi
mobilitazioni operaie degli anni seguenti.
Allo stesso tempo questo ciclo di lotte proprio perché in buona parte spontaneo
e inaspettato e quindi privo di legami con i cicli precedenti e con una
direzione tutta da costruire, ha anche aperto lo spazio al canto del cigno del
riformismo.
Anche se privatizzazioni e liberalizzazioni hanno via via ridotto lo spazio
materiale del riformismo storico (centrato sullo scambio di pace sociale con
welfare state), si è ricostituito a fianco e contro il “popolo di Seattle e di
Genova” un nuovo riformismo privo di base oggettiva e che ha quindi tentato di
darsi una legittimità tutta ideologica (nel senso marxiano del termine): dalla
farsa dei “Social Forum” che vagheggiavano “un altro mondo possibile”,
all’appello interclassista alla “società civile”, fino all’ignobile “Forza Onu”
della marcia pacifinta di Assisi.
La storia di questo ciclo di lotte è quindi anche la storia del contrasto di
questo rigurgito riformista: dalle manifestazioni in solidarietà con il popolo
palestinese che hanno segnato, anno dopo anno, lo spartiacque tra
internazionalismo e connivenza con la guerra di sterminio voluta
dall’imperialismo e dall’entità sionista, alle manifestazioni contro la missione
militare in Libano che hanno denunciato la specificità dell’imperialismo
italiano ed europeo, alla mobilitazione di Vicenza contro la base USA, fino alla
giornata del 9 giugno a Roma in cui portavoce, associazioni, tavoli, forum e
partiti del cartello neoriformista hanno dovuto prendere atto della loro, ci si
augura definitiva, perdita di credibilità.
Ma l’aver tolto di mezzo un po’ di spazzatura neoriformista non basta. Occorre
un serio lavoro di pulizia radicale che cancelli una ad una le incrostazioni
ideologiche lasciate da chi ha lavorato per anni con l’obiettivo di
“depotenziare” questo ciclo di lotte.
Prima fra tutte quella di far coincidere l’anno zero con Seattle e con Genova,
nel tentativo di separare questo ciclo di lotte da quello precedente, di
sterilizzarlo da ogni possibile contaminazione, di privarlo delle proprie
radici.
Seattle e Genova non nascono dal nulla, ma al contrario sono state rese
possibili da altre mobilitazioni e da altre lotte che le hanno precedute,
proprio in quel decennio in cui il capitale imperialista trionfava sulle macerie
del socialismo reale e iniziava la trasformazione del mondo in mercato.
Vale la pena di ricordare la mobilitazione contro il FMI a Monaco nel 1992, la
campagna “500 anni bastano” (per i 500 anni della conquista dell’America), le
iniziative contro i vertici dell’Unione Europea a Essen nel 1994 e a Amsterdam
nel 97, quelle contro il G7 a Napoli nel 1994, ad Halifax nel 95 e a Lione nel
96.
Ma anche la lotta contro quegli accordi di Schengen che sono alla base di tutte
le leggi Turco-Napolitano e Bossi-Fini, e quella contro gli accordi di
Maastricht che rappresentano tutt’oggi il caposaldo europeo delle politiche
neoliberiste.
E ancora le rivolte nel sud del mondo contro i piani di “aggiustamento
strutturale” del Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale che ne
hanno distrutto le economie rendendo “disponibili” per il mercato del lavoro
salariato centinaia di milioni di profughi e di migranti.
Ma quello che soprattutto risalta andando a rileggere i materiali prodotti in
quel periodo è la qualità di quel dibattito politico.
E quindi l’individuazione e l’esplorazione del nesso profondo tra
l’approfondirsi della crisi capitalistica e la necessità dell’imperialismo di
riorganizzare la propria capacità di dominio e di sfruttamento attraverso le
proprie strutture sovranazionali.
Così come l’analisi dei nuovi scenari politici determinati da questa
riorganizzazione dell’imperialismo: il definirsi a lato degli stati nazione e
delle borghesie nazionali, di nuovi poli imperialisti (Usa Europa Asia) e delle
relative borghesie imperialiste; il rapporto di complicità nello sfruttamento
globale di questi poli imperialisti, ma anche la loro concorrenza e il loro
conflitto nella spartizione del mondo; la contraddizione tra capitale
imperialista e potenze regionali; e soprattutto il carattere sempre più
internazionale che lotta proletaria viene ad acquisire in questo contesto.
E quindi la necessità per i comunisti di avere una visione d’insieme dello
scontro di classe a livello internazionale, così come all’interno dei diversi
poli imperialisti, a partire dall’individuazione del carattere internazionale
del nemico di classe.
Infine i tentativi di praticare collegamenti internazionali delle lotte,
attraverso coordinamenti a azioni comuni.
Uno dei problemi dello schieramento neoriformista, nel suo tentativo di
“cavalcare la tigre” di Seattle e di Genova, era quello di cancellare la memoria
di tutto questo percorso precedente, così come quello di espropriare quella
consapevolezza di massa che queste lotte e queste mobilitazioni avevano
prodotto, per reimporrre la solita “vecchia merda” della divisione del lavoro
capitalista in cui è “naturale” che ci sia chi pensa e chi fa, chi ordina e chi
obbedisce, chi sta sopra e chi sta sotto.
In qualche modo nel periodo da Genova ad oggi il compito del pensare è stato
quindi espropriato da pochi intellettuali per permettere ai tavoli, ai forum e
ai partiti “radical-riformisti” di autodelegarsi il compito di organizzare.
Ora che tutto questo è in crisi, si può avviare un processo di riappropriazione
del sapere e dell’analisi, di ricostruzione di una consapevolezza di massa, un
processo di costruzione dei trasformatori che avanzi di pari passo con la
costruzione della trasformazione sociale.
La lotta contro l’imperialismo, contro le sue strutture di governo
sovranazionale, contro le sue guerre, non può essere rinchiusa nelle scadenze
imposte dall’imperialismo stesso, nelle zone rosse, nelle contestazioni dei
vertici e delle visite dei capi di stato.
L’imperialismo è un rapporto sociale, che permea tutta la società capitalista
nel suo insieme, che determina una pressione globale su popoli e classi
proletarie e crea le premesse oggettive di una unificazione della lotta comune
contro il nemico comune.
Rimettere mano al portato teorico e politico degli ultimi vent’anni di lotta
antimperialista e internazionalista, ripendere l’analisi del processo di
globalizzazione imperialista mettendo al centro la liberazione dallo
sfruttamento e dalla schiavitù del lavoro salariato, rendere disponibile e
dialettizzare quest’analisi con le centomila lotte “particolari” degli oppressi
e degli sfruttati... questi sono i passaggi politici necessari ad affiancare
alle premesse oggettive quelle soggettive, costruendo il punto di vista generale
del proletariato come classe mondiale.
Bibliografia:
CONTRO IL SUMMIT DEL G7 A
MONACO
Controinformazione Internazionale N.7 - primavera 1992
http://www.senzacensura.org/public/arkivio/c07h.htm
CONTRO IL VERTICE DEI SETTE
Controinformazione Internazionale N.8 - autunno 1992
http://www.senzacensura.org/public/arkivio/c08g.htm
EST: LA NUOVA FRONTIERA
Controinformazione Internazionale N.8 - autunno 1992
http://www.senzacensura.org/public/arkivio/c08h.htm
L'IMPERO DEL SOL LEVANTE
Controinformazione Internazionale N.9 - primavera 1993
http://www.senzacensura.org/public/arkivio/c09l.htm
UNA PROSPETTIVA RIVOLUZIONARIA IN EUROPA
Controinformazione Internazionale N.11 - inverno 93/94
http://www.senzacensura.org/public/arkivio/c11u.htm
FMI, BM E GATT. 50 ANNI BASTANO!
http://www.senzacensura.org/public/arkivio/i50anni.htm
CONTRO L'UNIONE EUROPEA - UN INTERVENTO DALL'AUSTRIA
Quaderno n. 2 di CONTROinformazione internazionale - Febbraio 1995
http://www.senzacensura.org/public/arkivio/q02.htm
TRE SCHEDE SU FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE E BANCA MONDIALE
Quaderno n. 8 di CONTROinformazione internazionale - Maggio 1995
http://www.senzacensura.org/public/arkivio/q08.htm
DUE INTERVENTI CONTRO IL G7
Quaderno n. 13 di CONTROinformazione internazionale - Novembre 1995
http://www.senzacensura.org/public/arkivio/q13.htm
CONTRO GLI ACCORDI DI SCHENGEN COSTRUIAMO UNA RETE ANTIRAZZISTA EUROPEA
Quaderno n. 18 di CONTROinformazione internazionale - Marzo 1996
http://www.senzacensura.org/public/arkivio/q18.htm