SENZA CENSURA N.23
luglio 2007
Italy... Born to kill!
Le missioni militari italiane all’estero
L’attenzione alle
“missioni” militari a cui contribuisce anche l’Italia è da tempo al centro del
lavoro di inchiesta della rivista, così come lo è il suo apparato
militar-industriale.
Vogliamo, con questi due contributi, dare una fotografia degli “impegni”, sotto
il profilo della presenza militare italiana, all’estero, così come dello stato
di salute dell’industria bellica per ciò che concerne lo sviluppo di alcuni
importanti accordi di fornitura e cooperazione con altri stati, in particolare a
livello europeo, ma non solo.
Questo per ribadire, se ce ne fosse ancora la necessità, l’assoluta continuità
delle linee di tendenza del protagonismo bellico dello stato italiano, qualsiasi
“comitato d’affari” sia chiamato a governare il processo di avanzamento di tale
“tendenza alla guerra” di uno dei paesi del centro imperialista.
Tranne alcune rare eccezioni di sincera opposizione a questa tendenza di alcuni
eletti tra le file della cosiddetta “sinistra radicale”, l’intero corpo politico
della sinistra ha appoggiato in toto, senza se e senza ma, la guerra globale che
si combatte su più fronti e che vede l’Italia essere un attore di primo piano.
Il rinnovo
delle missioni alla Camera
Con 524 voti favorevoli, 19 astensioni e tre voti contrari, la Camera dei
Deputati ha approvato in prima lettura il Disegno di legge di conversione del
Decreto di proroga delle missioni delle Forze Armate all’estero.
Il Decreto così come licenziato dalla Camera, consta di otto articoli.
Due sono dedicati agli “interventi di cooperazione” in Afghanistan, Libano,
Sudan ed Iraq: oltre 47 milioni di Euro in “interventi umanitari” per il paese
asiatico, altri 60, equamente divisi tra Libano e Iraq, mentre 5,5 verranno
assorbiti dal Sudan.
Il governo ha altresì previsto di contribuire con 10 milioni di euro all’invio
di una forza di pace dell’Unione Africana in Somalia.
Mezzo milione di euro aggiuntivi andranno per l’organizzazione di una
“conferenza di pace” sull’Afghanistan.
A beneficiare di queste risorse saranno soprattutto le casse delle
Organizzazioni Non Governative, che potranno coprire il profilo “civile” degli
interventi militari, agendo in profondità sulle popolazioni nei territori
soggetti alle politiche neo-coloniali.
Del ruolo della cooperazione civile-militare abbiano già parlato precedentemente
andando ad analizzare come questa stesse operando nel contesto afgano così come
in quello iracheno, qui ci interessa mostrare come questa agisca sul “fronte
interno”.
Il nefasto ruolo svolto da queste organizzazioni nel movimento contro la guerra
è diventato palese prima con la copertura politica all’occupazione del sud del
Libano da parte delle truppe ONU, il famigerato striscione Forza ONU che apriva
l’iniziativa di Assisi la scorsa estate, e poi con il tentativo di boicottare la
manifestazione a sostegno della Palestina, svoltasi lo scorso novembre a Roma,
promuovendo, lo stesso giorno, una mobilitazione a Milano che aveva come scopo,
oltre a quello di depotenziare la mobilitazione di Roma, quello di sostenere la
politica estera di questo esecutivo, contrattando con questo governo una quota
maggiore di benefici economici e di riconoscimento politico.
Come ci informa Germano Dottori, che cura la rubrica “Obiettivo Italia” sul
numero di marzo di Rivista Italiana di Difesa: «Sotto il profilo militare un
primo elemento interessante del provvedimento è senza dubbio rappresentato dalla
conferma della missione addestrativa italiana in corso in Iraq nell’ambito
dell’Alleanza Atlantica. Anche se si tratta di un intervento limitato, la sua
valenza simbolica è infatti elevata, in quanto permette di affermare che il
ritiro italiano dal suolo iracheno non è stato totale. Un fatto non del tutto
scontato».
Una novità rilevante è quella per cui, tranne che per la missione in Bosnia
Erzegovina, EURFOR ALTHEA, che mantiene il termine semestrale, la proroga di
quasi tutte le missioni internazionali in atto arriva fino a fine anno.
Per la missione UNIFIL PLUS in Libano, che da febbraio è sotto il comando di un
ufficiale italiano, sono stati destinati 386 milioni di euro. Il contingente
italiano avrà una consistenza media di 2.450 uomini, con al seguito circa 1.800
mezzi.
310 milioni sono stati stanziati per la missione ISAF, in ambito NATO, in
Afghanistan, il cui contingente italiano ha una consistenza media di 2.015
uomini e 590 mezzi al seguito.
Il fatto nuovo è rappresentato dalla decisione del governo di inviare a Kabul ed
Herat un aereo C-130 J addizionale e due UAV PREDATOR, veivoli da ricognizione
senza pilota1.
Sono stati stanziati più di otto milioni di euro per ACTIVE ENDEAVOUR, il
braccio marittimo mediterraneo dell’operazione ENDURING FREEDOM e 143 milioni di
Euro per le due missioni in Kossovo, MSU e KFOR e ALBANIA II in Albania, mentre
continua la cooperazione con le Forze Armate Albanesi, con un investimento pari
a 3 milioni di euro.
Della missione EUFOR ALTHEA, confermata fino al 30 giugno parleremo più avanti
nel corso dell’articolo, qui basti ricordare che a causa della considerevole
riduzione della forza multinazionale decisa in ambito UE, il contingente
italiano, che gode comunque di uno stanziamento di 30 milioni di euro, verrà
ridotto dagli attuali 900 uomini a circa 400-450.
Sono state prorogate le missioni minori a Hebron, Rafah, Sudan, Kinshasa, Cipro
e l’UNMIK, oltre alle missioni di monitoraggio e di polizia tra cui EUPM in
Bosnia-Erzegovina e EUPOL COPPS nei Territori Occupati Palestinesi.
Il rinnovo delle missioni in Senato:
Afghanistan, Libano, Balcani
Il 27 marzo scorso, il Senato ha definitivamente approvato il Disegno di legge
di conversione del Decreto che proroga fino al 31 dicembre la partecipazione
italiana alle missioni militari in Afghanistan, Libano e Balcani.
Il provvedimento è passato con una “confortevole” maggioranza grazie anche al
voto dell’UDC, alla conta finale i sì sono stati 180, a fronte di due no e 132
astensioni.
Durante l’esame del provvedimento, grazie ad un ordine del giorno presentato dal
leghista Calderoli che ha raccolto 311 voti favorevoli a fronte di soli tre voti
contrari, è stato ottenuto il potenziamento delle dotazioni del contingente
italiano in Afghanistan.
“L’opposizione” è riuscita poi ad incassare, grazie a due ordini del giorno
approvati, l’impegno del Governo ad escludere dall’eventuale conferenza di
“pace” i “Talebani” e a promuovere nell’ambito dell’Alleanza Atlantica
l’adozione di regole comuni cui attenersi nel caso in cui dovessero ripetersi
“sequestri” come quello del giornalista di Repubblica, del suo autista e del suo
interprete.
Considerato il successivo trattamento riservato ad Emergency e la sua decisione
di abbandonare il territorio afghano, possiamo ipotizzare quali saranno i codici
comportamentali che ispireranno i governi degli stati cobelligeranti.
Il silenzio fatto calare sulla vicenda dell’organizzazione di Gino Strada e le
“costanti attenzioni” a cui sono sottoposti i nostri militari da parte della
resistenza in Afghanistan sono state sfruttate nel dibattito nostrano per
preparare un terreno favorevole all’accettazione dei Dicktat del Consiglio
Supremo della Difesa.
Questo in uno scarno comunicato in margine ad un incontro al cospetto di G.
Napolitano, il 2 aprile, ha precisato che il CSD: «ha esaminato le modalità di
attuazione dell’impegno assunto in Parlamento per il rafforzamento delle misure
di protezione del contingente italiano, nella conferma del carattere della
missione e della previsione di un possibile non breve periodo di permanenza».
Si noti: previsione di un possibile non breve periodo di permanenza che
significa nel gergo diplomatico-militare: presenza duratura.
Si tratta dell’invio di una aliquota di elicotteri A-129 MANGUSTA, di un certo
numero di veicoli cingolati da combattimento per la Fanteria DARDO, da
aggiungere ai 6X6 PUMA e 4X4 VTLM già da tempo utilizzati nell’area di Herat.
Di tali mezzi militari ci eravamo occupati in merito al potenziamento
dell’arsenale delle forze armate italiane sul fronte iracheno durante il governo
di centro-destra: oggi come ieri la necessità di accrescere la sicurezza dei
“nostri ragazzi” è stata utilizzata come trampolino di lancio per legittimare
l’incremento del potenziale bellico della macchina militare italiana.
Ci sembra utile riportare integralmente il paragrafo dedicato all’A-129
MANGUSTA, all’interno dell’articolo: L’apparato militare industriale al servizio
dei massacri neo-coloniali, apparso sul n.16 di Senza Censura del marzo-giugno
2005, sia per le analogie con la situazione attuale, tranne appunto la
differente composizione della maggioranza governativa, sia per la descrizione
del potenziale micidiale di quest’arma e i suoi precedenti impieghi, sia per, ma
lo vedremo meglio più avanti, l’accordo tra Italia e Turchia, sulla costruzione
per quest’ultima di 51 elicotteri A-129.
A-129 Mangusta
Il 2004 si è concluso con autorevoli anticipazioni e relative smentite riguardo
l’invio di quattro elicotteri A-129 Mangusta, possibile strumento aereo delle
operazioni anti-guerriglia del contingente italiano in Irak.
La morte di un Colonnello dell'Aeronautica, durante un’operazione in elicottero,
questo gennaio, è servita per legittimare l’ennesimo implemento dell’arsenale
militare italiano.
La necessità di disporre di queste macchine è emersa nella primavera-estate
scorsa, in occasione dei violenti scontri di Nassiryah tra le truppe italiane ed
i resistenti iracheni; già in estate il contingente italiano si rinforzò con i
carri armati Ariete e i blindati Dardo inizialmente lasciati in Italia (di cui
parleremo più avanti).
I Mangusta avrebbero dovuto costituire il principale rinforzo del contingente
italiano in vista delle passate elezioni generali in Iraq del 30 gennaio per le
quali britannici e statunitensi hanno rafforzato i loro dispositivi militari.
I quattro elicotteri erano stati predisposti sulla base di Rimini per l’impiego
in quel particolare teatro operativo e, se rischierati in Iraq, sarebbero stati
assegnati a Tallil al 48° Gruppo “Pavone” guidato dal tenente colonnello pilota
Marco Centritto.
“Superfluo aggiungere che i sistemi e le armi dei Mangusta”, ci informa
Gianandrea Gaiani su ANALISI DIFESA (www.analisidifesa.it), “sono in grado di
individuare e colpire con precisione, restando a distanza, veicoli, bunker e
postazioni nemiche. La presenza dei Mangusta, garantirebbe inoltre maggiore
sicurezza anche alle altre componenti elicotteristiche italiane (che comprendono
HH-3F dell’Aeronautica e un mix di AB-412 e CH-47 dell’AVES) e più in generale
assicurerebbe maggiori capacità all’intera Divisione Multinazionale Sud Est”.
Come scrive Gian Luca Fortunato, tenente pilota 48° gruppo squadroni “Pavone”,
sempre su AD: “L’elicottero A129C (release software G-13), sviluppato e prodotto
dalla Augusta, è un velivolo nato per far fronte agli scenari operativi attuali.
Frutto delle esperienze maturate in Somalia dal 1993 al 1995, in Albania nel
1997 e in Macedonia e Kossovo nel1999 e nel 2000, il Mangusta di oggi dimostra
di aver incrementato notevolmente la sua agilità e potenza grazie ad una nuova
trasmissione con rotore pentapala. I conflitti asimmetrici che hanno visto in
questi ultimi anni impegnate le nostre Forze Armate, hanno permesso di
realizzare sul Mangusta una revisione diretta a conferire maggiore flessibilità
all’ armamento di bordo”.
In servizio dall’inizio degli anni ‘90 è stato utilizzato nelle seguenti
missioni: dal gennaio del ‘93 al marzo del ‘94 nell’operazione “Ibis” in Somalia
e dal gennaio al marzo del ‘95 nell’operazione “Ibis II”; dal 21 aprile al 3
agosto del ‘97 in seguito all’operazione “Alba Neo” schierati sul campo di
Tirana-Rinas in Albania; dal giugno del 1999 sono stati schierati in Macedonia e
Kossovo.
AD non dimentica di ricordare che “impiegare l’A-129C in Iraq rappresenterebbe
inoltre un ottimo affare sul piano industriale e commerciale promuovendo ‘sul
campo’ una macchina che avrebbe molte chanches sul mercato internazionale degli
elicotteri da combattimento grazie alle elevate prestazioni e al costo contenuto
rispetto ai concorrenti”.
Kossovo, una situazione in “involuzione”
Il 3 aprile scorso, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha iniziato ad
occuparsi della provincia serba del Kossovo.
Il Rappresentante Speciale del Segretariato generale, il finlandese M.Ahtissari,
ha presentato un “proprio piano” che prevede un’ulteriore riduzione dei poteri
dell’UNMIK, la missione “civile” che controlla le attività degli organi di
“autogoverno” del Kossovo: «un passo che dischiuderebbe la strada ad una futura
indipendenza della regione serba», commenta Germano Dottori, nella rubrica
“Obiettivo Italia” sul numero di maggio di quest’anno di Rivista Italiana di
Difesa.
Tale ipotesi, sostenuta da NATO e UE, è osteggiata dalla componente
serbo-kossovara della popolazione, che vive in un vero e proprio regime di
Apartheid e sotto la minaccia dei continui attacchi delle milizie kossovare
filo-albanesi, soluzione a cui si oppone anche il governo di Belgrado,
spalleggiato da quello russo.
Si tratterebbe di un ulteriore inasprimento della “guerra civile”, vista la
forte polarizzazione tra le due componenti della popolazione.
Secondo Dottori, che si rifà a fonti NATO, si tratterebbe da parte albanese: «
di non meno di 30000 uomini, raggruppati nell’Armata di Liberazione Nazionale e
nelle Forze Armate del Kossovo, cui si contrapporrebbero le unità
serbo-kossovare, costituite da non meno di 10.000 miliziani».
Ai sensi della Risoluzione ONU 1244 del 10 giugno 1999, spetterebbe alla KFOR
della NATO, che dispone di circa 16.500 uomini, il compito di “riportare
l’ordine” nella regione.
Il Segretario Generale della NATO, J. De H. Scheffer, come se ce ne fosse
bisogno, ha ribadito, il 2 febbraio scorso, che gli uomini dell’Alleanza
Atlantica: «risponderanno con durezza ad ogni tentativo di violenza»,
indirizzandola, aggiungiamo noi, sulle vittime storicamente designate
dell’aggressione imperialista nei Balcani, cioè la già abbondantemente epurata
componente serba della popolazione.
Più recentemente a Bruxelles è stato altresì reso noto che la NATO sta
preparando un piano di rinforzi straordinari, selezionando reparti da inviare in
teatro entro 48 ore dal manifestarsi dell’eventuale emergenza, o da una
provocazione ad hoc orchestrata e sapientemente mediatizzata dall’imperialismo,
per potere continuare a determinare le sorti delle popolazioni dei Balcani
secondo i propri disegni qualora questi iniziassero a essere messi in
discussione.
«Per il momento», conclude G. Dottori, «il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni
Unite ha rinunciato ad assumere una decisione sul Piano Ahtissari. Sembra che
verranno promosse nuove missioni ONU a Pristina e Belgrado, con l’obiettivo di
sondare le residue possibilità di pervenire ad una soluzione di compromesso che
permetta di salvare la pace», che tale non è...
Note:
1) Sul Predator riportiamo integralmente il
paragrafo dell’articolo: l’apparato militare industriale al servizio dei
massacri neo-coloniali, apparso sul n.16 di Senza Censura del marzo-giugno 2005.
L’Italia ha inviato a Gennaio 4 Predator in Iraq.
Lo scorso 31 gennaio il primo velivolo UAV (Unmanned Aerial Vehicle)
dell’Aeronautica Militare ha effettuato un volo sotto il controllo del t.col.
Antonio Gentile, Comandante del Gruppo Velivoli Teleguidati (GVT) del 32° Stormo
di Amendola.
L’inizio dell’attività di volo – che ha visto interessato personale navigante e
specialista di manutenzione per un periodo formativo di circa quattro mesi da
metà gennaio 2004 – ha rappresentato anche l’inizio di una “nuova era”
aeronautica, quella dei velivoli a controllo remoto, che pone l’Italia
all’avanguardia, in termini di capacità operative di intelligence e
sorveglianza, a livello mondiale.
Al completamento dell’iter formativo, infatti, l’Italia è stata tra i primi
Paesi al mondo, dopo gli Stati Uniti, ad essere dotato di tali velivoli.
Per garantire la prossima entrata in servizio del Predator, il training in corso
ha previsto l’indottrinamento di tutto il personale, piloti e tecnici, del GVT
del “32°”, di unità del 3° Reparto Manutenzione Velivoli di Treviso (a cui
spetterà la Direzione tecnica e logistica del Sistema d’Arma, su delega del
Comando Logistico) nonché di una componente della Marina Militare.