SENZA CENSURA N.22
marzo 2007
La solidarietà è un’arma
Lettera di una compagna in EIV dal carcere di Santa Capua Vetere (CE)
Verso la metà di gennaio mi chiamano per parlare
con l’educatore e 2 giorni dopo con la psicologa... in 10 mesi non mi hanno mai
cagato anche se chi è sottoposto a un regime duro fa colloqui periodici con lo
psicologo. Comunque io sono andata perché pensavo che volessero parlarmi di
alcune richieste, istanze che avevo fatto riguardo le attività (inesistenti) da
inserire in questo cesso di galera.
Le chiacchierate invece erano orientate sul generico, su come stavo ecc. Io ho
risposto che stavo bene e poi ho troncato perché mi sembrava di essere una cavia
da esperimento e ho anche precisato alla psicologa che se avessi avuto bisogno
di parlarle, ne avrei fatto richiesta io. Tutto a posto.
2 giorni dopo (il 14) mi chiamano per parlare con lo psichiatra, mi sono
rifiutata e ho chiarito alla guardia che io non avevo chiesto nessun colloquio
con nessun medico. La guardia insisteva dicendomi che comunque era la prassi e
che ogni tanto bisognava parlare con lo psichiatra.
Io comunque ho rifiutato.
(Passano 2 giorni) il 16 mi richiamano a visita dallo psichiatra, sono andata
perché volevo capire che cazzo stava succedendo e la cosa mi stava già puzzando
molto.
Appena sono entrata, lo psichiatra mooolto seriamente e in maniera diffidente mi
chiede come mai avevo rifiutato 2 giorni prima. Io gli ho risposto che se avessi
avuto bisogno di farmi visitare da qualcuno l’avrei chiesto e che nessuno poteva
obbligarmi a sottopormi ad una qualsiasi visita medica e tantomeno a una
psichiatrica che notoriamente richiede l’accordo del “paziente”.
Lui è rimasto un po’ perplesso e ha cambiato argomento dicendomi che sapeva che
ero dentro per 270 bis, che ero sarda. Anzi mi ha addirittura chiesto di che
parte e a sentire Barbagia ha cominciato ad elogiare i granitici, tosti e fieri
sardi.
Nel mentre che lui parlava e sfotteva lo stato che metteva in galera le persone
come me io ho intravisto, nel registro che aveva lui, un foglio con il mio nome
e sotto la firma... dell’ispettrice di reparto, datato 12/01. L’ho presa al volo
(per la verità lo psichiatra mi ha lasciato fare) e ho scoperto che era un
ordine di servizio dell’ispettrice suddetta che “vista la patologia neurologica
della LAI ANTONELLA, ordinava a tutto il personale di polizia penitenziaria di
aumentare la sorveglianza” il controllo nei miei confronti, nonostante fossi già
sottoposta a regime E.I.V.
Sono scoppiata a ridere e ho chiesto spiegazioni allo psichiatra che molto
imbarazzato mi ha detto che risultava che io il 3 gennaio avessi fatto una
visita neurologica da cui risultava una patologia. Si è scusato, perché mi ha
detto, era evidente che io non ero pazza, ecc. ecc. E ha scritto un foglio in
cui smentiva questa diagnosi. Lui mi ha fatto anche vedere nel registro, che il
3 non avevo fatto nessuna visita e c’era semplicemente appuntata una richiesta
del dirigente sanitario affinché io venissi sottoposta a varie analisi e visita
psichiatrica.
Scendo dall’ispettrice... chiedo come era possibile che lei avesse diramato un
ordine di servizio di quel tipo, presa alla sprovvista, non sapeva darmi una
spiegazione (ossia io quel foglio non l’avrei dovuto vedere), si scarica
ovviamente di ogni responsabilità, dicendomi che lei l’aveva dato sulla base di
un certificato medico. Le chiedo chi era il mago-medico che senza neanche avermi
mai visto era stato capace di diagnosticarmi una malattia addirittura mentale!
Lei mi ha spiegato che se l’era trovato sulla scrivania, si trattava di fogli
prestampati e che la firma era illegibile... e l’ha fatto anche vedere (un
foglietto prestampato con scritto LA DETENUTA LAI ANTONELLA ecc ecc.). Le ho
ricordato che quando un medico visita qualcuno si registra e quindi non sarebbe
stato difficile risalire all’autore. Attaccato all’ordine di servizio (di cui
lei aveva copia) c’era anche un foglio scritto a mano, in cui si diagnosticava
la mia patologia e si allertava il personale... anche qui firma illeggibile. Ho
mantenuto la calma per fortuna, intanto è venuto anche lo psichiatra che mi ha
difeso e ha presentato il suo certificato che negava l’altra diagnosi.
Allora l’ispettrice, col sorriso da orco, “allora LAI, è tutto a posto... lei è
stata assolta, non è matta, non è successo niente”.
Io le ho risposto che non avevo bisogno di nessuna assoluzione e che per me non
era tutto a posto, che volevo il nome del medico responsabile e da parte sua
volevo delle spiegazioni ufficiali che chiarissero come lei, senza neanche
accertarsi di che patologia si trattasse, aveva potuto decidere di aumentarmi la
sorveglianza, cioè come un ispettore si trova un prestampato che dichiara che
l’unica detenuta E.I.V. della sua sezione è matta e non si preoccupa di fare
ulteriori indagini per vedere anche se è a rischio la sua incolumità o quella
delle altre.
Le ho chiesto copia del certificato stilato dal medico (quello attaccato
all’ordine di servizio) e lei mi ha risposto che non era autorizzata e quindi di
far intervenire il mio legale.
La sera (siamo sempre al 16!) mando un telegramma al mio avvocato dicendogli di
venire subito perché avevo urgenza di parlargli della mia vita carceraria.
Questo telegramma è arrivato il 23, un po’ tanto non ti pare?
3 giorni dopo viene la vicedirettrice e insieme all’ispettrice e alla
sovraintendente mi spiegano che è stato tutto un malinteso, che loro avevano
fatto una piccola indagine e che tutto questo allarme era stato causato da una
lettera che il mio avvocato aveva spedito alla direzione.
Sono caduta dalle nuvole e ho chiesto che cosa c’era scritto nella lettera:
l’ispettrice mi ha detto che era lui che parlando di uno stato neurologico
particolare aveva messo tutti all’erta e loro doverosamente hanno fatto quello
che dovevano fare per la mia incolumità e per quella delle altre.
Io ho comunque precisato che, a prescindere dalla lettera del mio avvocato, uno
psichiatra o un neurologo avrebbero dovuto comunque accertarsi della mia salute
attraverso una visita e non dichiarare la mia patologia a occhi chiusi, da cui
poi automaticamente derivava un aumento della sorveglianza.
Ho chiesto anche di poter leggere la lettera, ma la vicedirettrice ha detto che
era andata persa e che comunque il medico aveva avuto un eccesso di zelo. Ho
risposto che secondo me quello non era eccesso di zelo e che in ogni caso mi
sembrava strano visto che per una mammografia avevo aspettato 6 mesi.
Dopo un paio di giorni mi chiamano a colloquio con il dirigente sanitario che mi
conferma la versione della direttrice.
Io ripeto le stesse cose e lui dice che comunque nessun medico si era permesso
di scrivere un certificato attestando la mia patologia, io gli ho detto che
questo certificato era allegato all’ordine del giorno e lui mi ha risposto che
non l’aveva mai visto, e che l’unica cosa scritta era quella sul registro
scritta da lui, ed era una semplice richiesta di esami dovuta all’allarme
lanciato dal mio avvocato, con la lettera spedita a lui (non più alla
direzione!).
Il 24 faccio colloquio con i miei e mi spiegano che agli inizi di dicembre (non
gennaio!)siccome avevo saltato una telefonata, si son preoccupate e hanno fatto
chiamare l’avvocato in carcere per vedere se ero stata trasferita e se stavo
bene, gli hanno risposto che non potevano dare queste informazioni per telefono,
quindi di fare una richiesta scritta. Questa è la lettera e loro dopo un mese si
sono messi in allarme.
Che dici? mi stanno prendendo per il culo?
Il mio avvocato avvisato da mia zia di ciò che era successo, ha fatto telefonare
il senatore Bulgarelli, che non ha trovato il direttore e quindi ha parlato con
il comandante (che cambia ogni 2 giorni).
In più mi ha spedito una lettera con la copia di quello che aveva chiesto al
carcere, questo il 26. A me non è ancora arrivato niente...
Ah! il dirigente sanitario quando ha negato l’esistenza del foglio in cui c’era
scritta la diagnosi, mi ha anche detto che forse mi ero confusa e che avevo
visto il foglio dello psichiatra con cui avevo parlato e che l’ordine di
servizio era partito da quello. Gli ho ricordato che l’ordine di servizio era
del 12, con lo psichiatra ho parlato il 16. E poi nel colloquio con l’educatrice
e la psicologa perché nessuno mi ha detto della lettera? Non è deontologicamente
corretto spiegare al “paziente” il motivo di una visita?
E poi perché l’ispettore la prima volta non mi ha detto niente della lettera?
Ora loro non hanno più detto niente, anzi hanno detto che l’allarme era
rientrato e che dalla cartella clinica era stato cancellato tutto (ma va?)e
quindi non c’era bisogno che io l’avessi.
Ora sto aspettando notizie perché la lettera del mio avvocato io non l’ho
avuta...
...Insomma non sanno più come torturarmi, il motivo di tutto questo teatrino me
lo spiego solo con l’intenzione di mandarmi via, ma non in Sardegna... volevano
aumentarmi la sorveglianza e creare intorno a me un sospetto di malattia per
dichiararmi ancora più pericolosa e giustificare così il mio trasferimento in un
altro carcere. Diciamo che qui sono un po’ di disturbo e secondo loro istigo le
altre alla ribellione, si è vero io ci provo, ma qui sono le stesse detenute che
non vogliono reclamare i loro diritti, anzi vanno subito a denunciarti
dall’ispettore.
Comunque, non avrei dovuto vedere quell’ordine di servizio, però siccome l’ho
visto, hanno cercato di coprirsi con la storia della lettera dell’avvocato...
...Sappi che però sono di nuovo nel periodo delle sparizioni misteriose..”
Santa Maria Capua Vetere 7/02/07
ANTONELLA LAI
C.C. SANTA MARIA CAPUA VETERE
VIA APPIA KM.6.500 - 81055 CASERTA (CE)