SENZA CENSURA N.22
marzo 2007
Ci stiamo muovendo...
La lotta contro la costruzione della nuova base USA a Vicenza nel racconto di alcune/i sue/oi protagoniste/i.
Pubblichiamo la trascrizione integrale di
cinque interventi fatti nel corso di due iniziative tenutesi a Milano, martedì
24 gennaio, organizzate da varie realtà milanesi, entrambe con esponenti
dell’assemblea permanente No Dal Molin contro la costruzione della base militare
Usa Ederle II a Vicenza, dei Comitati No Tav della Valsusa e con Andrea Licata,
esponente del Comitato Unitario contro Aviano 2000. Si tratta di quattro
interventi fatti durante l’assemblea svoltasi in mattinata presso la Facoltà di
scienze Politiche e uno, quello di Andrea fatto all’assemblea svoltasi di sera
presso la sede dell’USI.
Queste due iniziative organizzate dal Coordinamento di Lotta per la Palestina di
Milano, dall’Assemblea degli Studenti di Scienze Politiche e dai Comitati Contro
la Guerra di Milano, e a cui hanno aderito altre realtà milanesi, sono state
entrambe partecipate e con un dibattito ricco ed orientato alla traduzione
pratica sul territorio milanese del sostegno a queste lotte, in particolare alla
lotta contro la base militare Usa a Vicenza.
La possibilità di «scoraggiare» le ditte che parteciperanno alle gare d’appalto
per aggiudicarsi i lavori di costruzione della base, e il boicottaggio degli
interessi economici che sponsorizzano la costruzione del sito militare, insieme
alla denuncia diretta di chi porta la responsabilità politica dell’assenso dato
a questo progetto statunitense, sono stati proposti come modalità per far si che
non venga lasciato in pace chi fa la guerra, chi ne trae profitto economico o
rendita politica.
Con queste trascrizioni abbiamo voluto dare una possibilità di conoscenza del
punto di vista soggettivo di chi sta lottando a Vicenza; la registrazione di
entrambe le iniziative può essere scaricata dal sito:
www.senzacensura.org alla sezione
«working papers».
Io sono M. dell’Assemblea Permanente,
grazie del vostro invito che per noi è molto importante, più ne parliamo,
in più sedi ne parliamo, più riusciamo a spiegare quello che stiamo vivendo e
quello che vive la popolazione di vicenza che poi è di interesse per tutta la
nazione, per il mondo, perchè con questo impianto gli Stati Uniti vogliono
esportare una parte della guerra globale che stanno mettendo in atto come
soluzione dei conflitti internazionali, quindi regredendo sulla questione della
diplomazia, sulla questione della discussione e della soluzione attraverso i
rapporti internazionali...
Questo è uno dei motivi per cui gli Stati Uniti hanno interesse a costruire
questa nuova base americana, non è un ampiamento, è una base americana e non una
base NATO, cerchiamo quindi di imparare a distinguire le varie cose: è una nuova
base americana nel sito Dal Molin, che adesso sta ospitando un aereo-club e che
era precedentemente un sito militare dismesso dalla 5° ATAF: l’avamposto più
succulento per il Medio Oriente per gli Stati Uniti. Sapete benissimo che
l’interesse maggiore per il Medio Oriente è per gli Stati Uniti, per assicurarsi
tutto il petrolio necessario per l’impianto della sua economia, del suo stile di
vita che vuole esportare comunque in tutto il mondo come modello.
Io vi parlerò della costituzione dell’Assemblea Permanente che è l’espressione
del dissenso popolare, della famosa «democrazia dal basso», è partita già dalla
primavera dell’anno scorso quando sono stati de-secretati gli accordi presi dal
sindaco di vicenza Hulweck e dal Premier Berlusconi, che hanno preso accordi
verbali segreti per concedere questo sito agli americani, che già a Vicenza
hanno già un altro sito, una base che si chiama Caserma Ederle, più tutti i
rimessaggi dei vari materiali nell’Hinterland di Vicenza.
Quindi si è cominciato a lavorare su questo, per portare a conoscenza della
popolazione questa situazione.
Tutto è incominciato dall’esprimersi con lo slogan: «No nel mio giardino», cioè
nei primi siti abitati più vicini al Dal Molin, da dove sono partiti i primi due
comitati e dove sono cominciate le assemblee informative, ad unirsi, e poi da lì
e in brevissimo tempo, che è un dato sociologicamente rilevante, riusciamo a
produrre delle azioni, a contrastare, iniziative alle quali partecipano 250-300
persone, organizzate in qualche ora... Si è partito dal «No nel mio giardino»
giungendo al «No alla Guerra» come soluzione dei conflitti internazionali,
questo nel giro di pochi mesi, in una popolazione come quella di Vicenza che è
una popolazione notoriamente non ribelle, ed è sociologicamente un dato
rilevante, questo dimostra che se può accadere che in una città come Vicenza,
penso che in altre città con maggiore forza critica e di mobilitazione sia
ancora più facile, ciò lo dimostra e ne parleranno gli amici di Venaus del
«Patto di Mutuo Soccorso» che è stato costituito nel dicembre scorso a cui
aderiscono tutte le situazioni italiane e speriamo anche europee, perché abbiamo
mire grandi, perché finalmente le popolazioni devono farsi sentire, ne abbiamo
bisogno perchè il potere è nelle mani del popolo, non è nelle mani di quelli che
si credono i governanti che sono dalla parte dei poteri forti.
Questo «Patto di Mutuo Soccorso» al quale hanno aderito tutte le realtà italiane
che si battono contro la costruzione delle grandi opere e contro il servilismo
militare.
L’assemblea permanente è una assemblea che è partita con poche unità
inizialmente, assolutamente trasversale, non politica nel senso che vuole essere
rappresentata da politici, funzionante secondo il principio: «una testa, un
voto».
E questa è la famosa «democrazia dal basso», dove ognuno rappresenta se stesso,
ci sono tanti portavoce, in tanti che ci dividiamo il lavoro da fare.
Attualmente abbiamo delle assemblee nel presidio permanente con in media 300
persone che sono formate da comuni cittadini che non avrebbero mai pensato di
mobilitarsi e prendere posizione, che sono indignati, delusi, agguerritissimi,
che vorrebbero invadere tutto il giorno dopo, vengono anche da loro delle scelte
radicali che ci lasciano un po’ così, perché io, ho una situazione che è diversa
dalla loro, sono nella politica in varie istanze da quando avevo 14 anni, e
quindi sono un po’ abituata, ma non sono assolutamente abituata che l’ottantenne
mi viene a dire: “Invadiamo il Dal Molin!”, “Andiamo dentro il Dal Molin!”,
“Occupiamolo!”, e vi assicuro che ci sono degli ottantenni sia uomini che donne
battaglieri, che vogliono esserci, che vogliono dare la loro opera, che
dialogano regolarmente con noi, adesso abbiamo anche attivato un rapporto con i
partigiani, con l’ANPI, perchè c’è una linea di continuità con il partigianato
occupato nella liberazione d’Italia e il partigiano del 2000 che è questo qui,
della «democrazia dal basso».
Noi parliamo di democrazia partecipata, che è un’altra cosa, cioè che loro ci
diano un piccolo spazio dove noi possiamo intervenire e possiamo dire qualcosa,
ma ribaltare veramente il concetto, loro devono ascoltare quello che la
popolazione vuole e fare quello che la popolazione vuole.
Vi ricordo che il 7 dicembre del 2000 quando è stata firmata la Carta di Nizza
che trovate in internet, Prodi era il presidente della Commissione, e se vi
leggete il preambolo: “i popoli europei nel creare tra loro un’unione sempre più
stretta, hanno deciso di condividere un futuro di pace, fondato sui valori
comuni”, si capisce come abbia truffato tutto il suo elettorato.
Lancio anch’io la manifestazione del 17 febbraio, alla quale speriamo
partecipiate in tanti, e vi chiediamo di informare e chiedere una grossa
partecipazione...
Le uniche bandiere che sono ammesse sono le bandiere della pace, le bandiere No
Dal Molin, le bandiere del No a tutte le grandi opere, a tutte le situazioni
contro i poteri forti... Su questo garantiamo noi dell’Assemblea Permanente,
abbiamo già fatto sabato scorso una fiaccolata, proprio il giorno del sì di
prodi dalla Romania, in cui in 5000 abbiamo occupato la stazione, sono venuti i
partiti con le loro bandiere e le abbiamo fatte abbassare tutte.
Questo ve lo garantiamo qui in questa sede, le bandiere dei partiti non potranno
sventolare.
Altra cosa, la Licia che doveva venire con noi ha scritto un bellissimo rap, che
si chiama: «Rap No Dal Molin», ve lo lasciamo... Musicatecelo! Perché i nostri
ragazzi, gli studenti non hanno il tempo di farlo, sono impgnati 24 ore su 24...
Non siamo per il copyright.
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Sono F. dell’Assemblea Permanente contro
«Dal Molin».
Volevo descrivere il percorso che ci ha portato ad arrivare fino a qui e
a rilanciare con la manifestazione del 17 febbraio.
Perché penso che sia difficile capire ciò che è successo, la mobilitazione
profonda, di massa che ha coinvolto tutta la città, se non si capisce come
questo sia stato costruito.
La questione è emersa in primavera e ci sono state tutte una serie di iniziative
che hanno provato a mobilitare la gente e a combattere una campagna di
disinformazione dei mezzi di comunicazione locali, che ovviamente, dovendo
rispondere ai propri editori, legati strettamente al settore edile e ai
potentati economici, hanno sempre tentato di attaccare in diversi momenti e con
diverse strategie il movimento contro «Dal Molin».
La nascita dell’Assemblea Permanente è stata uno dei punti di svolta perchè ha
permesso questa mobilitazione dal basso.
In ogni caso gli episodi che vi voglio segnalare sono innanzitutto la
partecipazione al consiglio di circoscrizione dove la maggioranza che è di
centro-destra non ha voluto partecipare al consiglio per discutere del «Dal
Molin», facendo saltare il numero legale, e questo è accaduto il giorno prima di
quello in cui il consiglio comunale dopo aver tergiversato per settimane,
rinviando clamorosamente per cinque settimane la seduta, in cui si doveva
discutere della questione della base, ne ha finalmente discusso.
Al consiglio comunale è stato vietato l’accesso ai cittadini o meglio
contingentato a 20 persone per il Comitato del si e a 20 persone per il Comitato
del no.
Noi ci siamo sottratti a questa provocazione, lasciando le sedie vuote,
manifestando il nostro dissenso con dei cartelloni e portando l’opposizione in
piazza, piazza che era stata blindata e che ha visto uno spiegamento di forze
dell’ordine clamoroso, nella quale abbiamo contestato la legittimità di questo
consiglio comunale che si arrocca dentro il palazzo rifiutando di sentire la
voce dei cittadini, e abbiamo voluto contestare questo con il linguaggio delle
pentole, che è stato quello che ci ha contraddistinto anche nel nostro percorso.
Abbiamo voluto recuperare questa modalità di protesta che ci viene
dall’Argentina, un signore che era nell’Assemblea Permanente tornava da Buenos
Aires da poco, ha lanciato questa cosa, che noi abbiamo colto, e da allora ci ha
sempre caratterizzato nel delegittimare le istituzioni che non ascoltano i
cittadini. Dopodichè altri passaggi importanti sono stati il 2 dicembre,
nonostante sia stato completamente boicottato dai mezzi di informazione
nazionali, perchè cadeva in contemporanea alla manifestazione del centro-destra
a Roma, e che ha visto la partecipazione di 30.000 persone, nonostante la
campagna d’odio lanciata dai media locali che paventavano la calata dei barbari,
di black block, parlando di una seconda Genova.
Chi ha avuto modo di partecipare, ha visto una città blindata, con le serrande
abbassate per il timore di danni, vetrine rotte, l’apocalisse sostanzialmente...
Ha visto una partecipazione di massa da parte di delegazioni da tutta Italia, di
movimenti contro la militarizzazione del territorio e per la difesa dei beni
comuni e una partecipazione di massa da parte dei cittadini di Vicenza.
Il nostro percorso è continuato, uno degli altri passaggi chiave è stata la
contestazione dell’ambasciatore americano Spogli che con un atto di estrema
arroganza è venuto ad incontrare l’amministrazione locale e i potentati
economici, si è incontrato con il presidente dell’Asso Industria, con il
presidente di Confindustria, con il presidente della Banca Popolare, rispetto
alla quale noi abbiamo lanciato anche un boicottaggio così come nei confronti
dell’azienda vinicola Zonin, che è presidente dell’associazione degli
industriali locali...Dopo la visita di Spogli a Vicenza è partita una sorta di
accelerazione incredibile di quella che è stata l’approvazione da parte del
governo del progetto della Base.
L’ultima grande iniziativa che abbiamo fatto è stata una fiaccolata nel giorno
in cui Prodi ha detto il si del governo, in cui la fiaccolata si è trasformata
da un corteo che doveva semplicemente attraversare il centro storico, in una
mobilitazione che è giunta alla stazione dei treni con la gente che l’ha invasa
con persone di tutti i tipi, si sono viste addirittura suore occupare i binari
della stazione, c’erano vecchi indemoniati... Un movimento di massa e
trasversale che travalica tutti gli schieramenti politici, tutte le appartenenze
e che caratterizza il nostro percorso.
Ultima robetta, per capire il perché di questa trasversalità, da un lato c’è
l’arroganza del potere che cala le sue decisioni sulle teste dei cittadini senza
minimamente ascoltarli perchè non c’è stato nessun tentativo da parte di alcuna
forza politica di dialogare con la popolazione senza tenere conto delle esigenze
locali, ed è un cosa che emerge in maniera chiara anche dall’articolo di
Diamanti su Repubblica, Diamanti è vicentino, l’assurdità di questo progetto,
che ha del surreale perchè si tratta di una base vicinissima al centro storico,
nell’unico polmone verde della città, in una zona già martoriata dal traffico,
in una città militarizzata fino ai denti, perché oltre la Ederle, c’è una base
di stoccaggio, dove durante la “Guerra Fredda” tenevano testate nucleari, sempre
di questi tempi si sta discutendo la costruzione di nuovi insediamenti abitativi
per soldati americani nell’Hinterland a Quinto Vicentino, piuttosto che a Torre
di Quartesolo, dove già in questi villaggi americani l’ingresso non è
consentito, la Gendarmeria Europea che è presente a Vicenza da due-tre anni, il
Coespu che è un centro d’addestramento delle forze militari dei paesi in via di
sviluppo, e quindi siamo militarizzati abbastanza. Per cui l’assurdità di questo
progetto ha fatto in modo che la totalità della popolazione, non si sia lasciata
ammaliare da queste campagne disinformative, tra l’altro con delle strategie
subdole, paventando la perdita del posto di lavoro da parte di 744 dipendenti,
che in questo momento lavorano alla caserma Ederle, cittadini italiani, che nei
giornali diventavano 1500, se non 2000, e quindi hanno tentato anche la
strategia di contrapporre i lavoratori della Ederle al movimento contro il Dal
Molin, cioè siamo arrivati a livelli estremamente subdoli.
Le campagne che abbiamo lanciato all’assemblea permanente sono: la restituzione
delle tessere elettorali, perché ci siamo sentiti presi in giro da tutte le
forze politiche, da parte di tutti gli schieramenti, centro-destra e
centro-sinistra; il boicottaggio dell’azienda vinicola Zonin e della Banca
Popolare, ci sarà a breve una azione nei confronti della AEM, azienda municipale
che fornisce luce, acqua e gas, che andrà a fornire gli allacciamenti alla nuova
base con ricadute in termini di costi che graveranno sulla popolazione cittadina
e non sulla base. Questo ed altre iniziative, stiamo continuamente cercando di
confrontarci, discutere, lanceremo delle altre mobilitazioni, degli incontri, il
3 febbraio c’è un convegno a cui parteciperà Alex Zanotelli, e una
rappresentanza di tutti i Comitati per la difesa dei beni comuni, dalla Val Susa,
No Ponte, No Mose, No Tav, stiamo ragionando per fare delle critical mass, per
fare delle flash mob, la radio contro il Dal Molin che dovrebbe partire a breve.
Ci stiamo muovendo...
Flash mob è una forma di mobilitazione... Ci si trova, ci si da un punto di
incontro, e si dice che ci sarà una persona con una parrucca e un trolley, tu ti
devi presentare da questa persona, che ti da le istruzioni, e quando parte un
segnale, tutte le persone che partecipano che di solito sono qualche centinaio,
fanno quanto indicato nel bigliettino e alla fine all’ultimo segnale si scappa
urlando, è una forma di protesta che è nata negli USA anche con un contenuto
politico un po’ situazionista, pensavamo di farne una strettamente collegata
alla guerra come forma di espressione.
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Sono M.
dell’Assemblea Permanente.
Ho voglia di raccontarvi quest’ultima settimana perché siamo stati
testimoni di una escalation che a Vicenza, che ho sempre reputata una città
addormentata e dormiente... Per me è stato incredibile da vivere. Anzi, sono
emozionata solo a parlarvene.
Volevo parlarvi del presidio permanente che si è formato, abbiamo cominciato a
dormire lì e a insediarci in questo tendone nella sera della fiaccolata che vi
raccontava F.
Martedì scorso, alle sette di sera sui telegiornali, Prodi aveva detto di sì
alla nuova base americana a Vicenza, con un giro di messaggi abbiamo cercato di
attivare più persone possibili per fare una fiaccolata per dare almeno un segno.
Dalle 300-500 persone che ci aspettavamo, ci siamo guardati dietro ed eravamo in
5000!
Abbiamo fatto questa enorme manifestazione per il centro ed era veramente una
cosa di gente incazzata, abbiamo bruciato delle tessere elettorali davanti al
comune, io mi guardavo indietro, insomma, non ci credevo.
Arrivati alla stazione ci siamo guardati in faccia e ci siamo detti: andiamo
avanti! e siamo stati due ore sui binari, e come vi ha spiegato F.,
coloratissima, pentole che sbattevano, fischietti... Un delirio.
Lì abbiamo detto, ci trasferiamo tutti al presidio permanente, la notte prima
era stato montato questo tendone... Questo sito è vicinissimo alla città, sono
1500 metri in linea d’area da piazza dei Signori (la piazza principale di
Vicenza nel centro città, NdC), nelle strade, col traffico, ci metti anche un
quarto d’ora ad arrivare, però è proprio fuori dalle porte della città.
In un campo prestato da una signora, dato in comodato d’uso gratuito, abbiamo
piantato questo tendone, prestatoci da Radio Sherwood di Padova, e siamo lì da
più di una settimana, e questo tendone è la nuova iniziativa sulla quale
puntiamo e noi da lì non ci muoviamo... Mesi, quel che sarà, il nostro modello è
la Val Susa, stiamo lì ad oltranza.
Questo presidio in questi giorni è bellissimo, per noi che stiamo lì durante il
giorno, continua a passare gente, le signore del quartiere, del posto, ci
portano da mangiare a mezzogiorno, le persone arrivano e ci portano cibo, vino,
vin brulé, legna...
Le assemblee che abbiamo fatto lì, non ho mai visto assemblee così partecipate a
Vicenza, 200-300 persone, tutti che vogliono parlare, il megafono che passa da
una parte all’altra, ad un certo punto non si capisce niente ma vengono fuori le
idee più belle, più disparate, ma anche più sensate, fantasiose, creative...
Io vi invito tutti a venire a questo presidio, se vi capita di passare per
Vicenza, passate lì e venite a trovarci.
Io sono entusiasta, noi siamo lì e resisteremo un minuto di più di qualsiasi
governo.
(Aggiunge F., NdC) Rispetto al presidio, è partito da ieri un blog informativo,
se andate sul sito: www.altravicenza.it trovate materiale informativo rispetto
alla campagna che stiamo promuovendo, c’è anche il link al blog se volete
seguire la quotidianità di quello che succede.
(Riprende M., NdC) Io ed altri ci siamo sentiti amareggiati dalla crisi di
rappresentanza che abbiamo vissuto nella nostra città, ci siamo sentiti
abbandonati da qualsiasi forza politica, anzi boicottati anche rispetto al 2
dicembre, con questa campagna di disinformazione, e la campagna della
restituzione delle schede elettorali vuole significare questo nostro disappunto,
disaccordo, amarezza di fronte a questa cosa, perché molti di noi, almeno io, mi
aspettavo dal centro-sinistra della città un qualche segno forte...
Ci costruiscono una nuova base e ne abbiamo già una da 50 anni, ma niente, zero
sotto zero, per questo il 17 niente bandiere...
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Per me è un po’ più imbarazzante perchè sono sua madre e mi trovo in una situazione quanto meno nuova.
Però è solo la questione di superare un po’
l’imbarazzo e porto qua la mia esperienza personale e provo a leggere quello che
ho scritto finchè ero di turno al presidio.
Volevo premettere questa cosa qua, che stavo pensando in questi giorni e che
proprio questa mattina quando siamo stati da Dario Fo, ci ha salutati, ci ha
stretto la mano e mi ha detto: Signora, non bisogna mica tacere, perchè io gli
avevo accennato che avevo vissuto anche personalmente certe cose con gli
americani. E mi ha colpito molto che questo qui, che insomma lui, che è un
grande vecchio, ammettiamolo, ha ottanta anni e ti dice ancora: ma no, guardi
che non bisogna mica tacere, bisogna comunque dire e trovare il modo ognumo per
quanto ci riguarda di esserci...
Detto questo, pensavo proprio in questi giorni, durante questa esperienza, io
sono qua come il prototipo della casalinga col pentolino, per spiegarci, perchè
così mi hanno anche definito quelli che mi hanno intervistato, non solo io,
naturalmente, io sono quella del pentolino, della pentola che va là, smacca,
urla, e però poi ha anche e se ne è fatta anche una ragione, una informazione,
una cultura su tutto questo.
Mi tornava in mente perchè io da giovane, ho 52 anni, ho vissuto fino a 20 anni
nel quartiere della caserma Ederle, e tutti gli aspetti legati diciamo pure al
quartiere militarizzato mi son tornati fuori, anche cose che avevo rimosso, e mi
ha colpito molto questa cosa qua ... Sarà perchè ho tre figli, lei è la più
grande, ne ho un’altra di 18 e un figlio di 16 anni.
Li guardo e dico: No è! Io son venuta via da un quartiere, perchè non ne potevo
più, e adesso ne devo accettare un altro, ovviamente con la gravità dei trent’anni
che son passati, perchè quello che faranno adesso non sarà soltanto una caserma,
c’è tutto il discorso che non sto qua a rifare della brigata d’attacco e tutto
quello che ci può andare dietro, questo può fare veramente paura, ma tanta paura
ad una persona, normale, come me, che però attraverso i suoi figli guarda anche
il futuro che loro avranno, non tanto io, ma che loro avranno.
Perchè una cosa del genere, se la fanno, e la faranno non lo so, resterà e
questo è il fatto, resterà e ci vorranno anni e anni e anni, se fanno una cosa
del genere, per ricucire questo enorme strappo di questa cosa tremenda che
stanno facendo.
Dicevo, io ho vissuto in quel quartiere, e ho questi ricordi di ragazzina con
gli americani, arrivavano gli americani, quelli lì, ne racconto solo uno di
episodio...
Eri lì, nella nebbia, alle 7 meno un quarto che aspettavi l’autobus e la mamma
ti diceva: sta atenta ghe sé gli americani chi s’allena e quando torna
dall’allenamento bisogna che ve scansè quand chi riva non se sa mai. Io son
cresciuta con questa cosa, con questa inquietudine di fondo, nella nebbia del
mattino ti sfrecciavano davanti tum-tum-tum tutti carichi, tutti sudati, spesso
poi c’hanno detto poi anche drogati, perchè naturalmente per quegli allenamenti
pazzeschi che facevano questi rambo, lo sappiamo poi che sono quelli della 173°
e sono proprio quelli che devono, quelli che mandavano in Vietnam, che dovevano
sopportare tutto e di più, ed erano veramente distrutti, facevano una paura...
Vi riporto solo questo ricordo e ne ho tanti altri, ancora più tristi ma non ho
voglia di raccontarli e basta.
Adesso io preferisco leggervi una cosa che ho scritto ieri, pensando di venire
qua, non mi interessa niente che sé la solita signora emotiva, ma non me ne
frega niente...
Il popolo delle pentole
La prima volta che ho preso in mano pentole e cucchiao è stato per andare
a Caldogno dove, mia figlia mi disse, protestavano in gruppo per far si che il
comune dicesse di no al Dal Molin.
C’era consiglio comunale quella sera, si era in novembre, da tempo in casa M. mi
parlava di questa gente che si era attivata, di questa assemblea che facevano, e
io sempre mi tenevo indietro, mai più mi metto a fare la ventenne sfigata no
global, roba da giovani, lasciala fare che si faccia la sua vita, che si faccia
la sua strada, non metterti in mezzo ripetevo continuamente, basta sono cose che
ho già fatto in passato, le manifestazioni, urlare le cose, il movimento, tutte
cose già fatte.
Io per altro vengo dal movimento femminista, quindi ho fatto quel tipo diciamo
di battaglia, allora, negli anni ‘70, adesso facevo la mamma e poi ormai sono
vecchia, cos’è questa cosa contro il Dal Molin, lascialo ai giovani, faranno
loro adesso.
Appunto quella sera volevo capire cosa appassionasse così tanto Martina, volevo
vedere se erano davvero quattro matti, come pregiudizialmente allora pensavo.
Tornavo da tutt’altro impegno, non ero neanche in stile diciamo con la serata.
Invece arrivo e scendo con il mio pentolino, me l’ero messo in borsa e vedo
tutte quelle persone, gente del paese, giovani, gente di tutti i tipi,
cantavano, battevano, un fracasso infernale.
Più di tutti però mi ha colpito uno sguardo, ho incrociato lo sguardo di un
vecchietto che era lì in disparte, aveva in mano un pentolino piccolo e batteva
molto piano e piangeva. Sarà anche sentimentale, ma lì ho capito tutto, anche
perchè quel vecchietto lo conosco è di Caldogno, un paese vicino al mio, ho
capito tutta l’autenticità di questa protesta e da lì non mi sono più fermata.
Di pentole e coperchi ne ho ammacati tanti, ho incontrato tanta gente, persone
che come me si sono svegliate perchè hanno questo problema e improvvisamente
hanno guardato la realtà con occhi diversi.
Il popolo delle pentole ha secondo me quest’aspetto variegato che è la sua
richezza più grande, siamo tutti consapevoli di avere tutti un ruolo specifico e
prezioso, io sono la casalinga, la mamma con il pentolino, i ragazzi hanno le
loro lotte e uno spirito loro particolare, poi ci sono le famiglie, i vecchi e
quello che vi abbiamo già detto. Però non è come nelle solite manifestazioni per
la pace, una marcia e poi via a casa, tutti contenti. Qui il problema no, è
sentito dentro, è continuo, è vivo, almeno in me la paura è presente, molto
forte sotto i miei occhi come quel campo recintato di filo spinato.
La prima volta mi faceva uno strano effetto essere lì, con i giornalisti che
riprendevano e poi la polizia.
Poi ho pensato che davvero io, una come me, alla mia età, non ha più niente da
perdere, perché è giusto, è proprio giusto difendere la terra, la qualità della
vita e i miei figli e i sogni di pace che quelli ci sono sempre e diciamolo pure
fuori anche di un mondo migliore, anche se sembra una frase desueta ormai.
Qualcuno ha incominciato a definire questo movimento facinoroso, violenti,
estremistri, io vi dico che non è affatto così. Io che ci lavoro in mezzo e che
li vedo, se questi sono i famosi no global, che mi hanno tanto detto Oh Dio! te
te metti coi no global, allora no global lo sono anch’io e sono ben fiera di
esserlo e continuerò ad andarci.
Basta mi fermo qua...
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Sono Andrea*, vengo dal Friuli Venezia Giulia,
anche se sono nato a Torino e mi occupo aimé di
basi militari, questo è successo un po’ per caso, attraverso una borsa di studio
che si occupava appunto delle possibilità di riconversione ad uso civile della
base di Aviano.
Intanto, per darvi una notizia, non c’è nessuno in Italia, non c’è nessuna
università, nessun centro studi che si occupi di riconversione ad usi civili, in
un paese in cui c’è una industria bellica considerevole, probabilmente tra le
prime cinque al mondo e in cui come vedete non mancano le installazioni
militari.
Risultato di tutto questo è che abbiamo, ho potuto verificarlo a livello locale:
caserme abbandonate, poligoni di tiro non bonificati, una economia che come
quella italiana ha la sua componente militare, il suo complesso
militare-industriale tanto che, a quanto pare indipendentemente dal governo che
c’è, aumentano le strutture militari e permangono i soldati all’estero.
Se è vero che gli Stati Uniti non hanno nemici ai loro confini, ma hanno basi
militari in tutto il mondo, è anche vero allo stesso modo che l’Italia non ha
nemici ai propri confini, ma ha truppe disclocate ormai in parecchi paesi, e
oltretutto vende armi a parecchi paesi, ecc., ecc.
Questo quindi per dare un quadro della situazione che è comunque in generale
parecchio preoccupante, nonostante ci siano dei segnali positivi come
sicuramente questa mobilitazione a Vicenza.
Posso confermare che si tratta di una base offensiva; perchè quindi è tanto
importante la questione di Vicenza: be’ intanto perchè la caserma Ederle a
quanto pare è stata uno dei luoghi di progettazione della guerra in Iraq, quindi
direi che questo non è poco, visto che significa oggi la guerra in Iraq a
livello mondiale, visti i 650.000 morti civili di cui si parla, prendendo per
buone le fonti americane.
Il coinvolgimento delle strutture militari americane USA e NATO in Italia è
sempre più evidente con gli ultimi conflitti. Le truppe partono costantemente da
Aviano e da Vicenza, e sono le truppe per i teatri di guerra. Questo lo si è in
qualche modo coperto, non lo si è detto, però effettivamente l’Italia è una
piattaforma di guerra. Qui bisogna ringraziare i movimenti per la pace italiani
se non c’è stato il «ritorno di fiamma» che invece ha colpito altri paesi. In
Italia questa divaricazione tra governo da una parte e volontà popolare
dall’altra era particolarmente evidente, è un caso quasi emblematico in cui
avevamo un governo schierato per la guerra preventiva, e una popolazione per la
stragrande maggioranza per una politica di pace.
È una base che si prefigura oltretutto, questa nuova, perchè si tratta più che
di ampliamento di vero e proprio raddoppio, una postazione avanzata delle guerre
in Africa, questo è il nuovo fronte: l’Africa.
L’Africa che non ha difese militari, che è facilmente attaccabile, che è già
stata colonizzata, che è divisa, che ha grandissime risorse, e vediamo che le
prime prove sono quelle in Somalia. La posizione geo-politica è favorevole,
quindi non sto a dire cose che sappiamo tutti... Siamo di fronte ad una
ridislocazione delle basi verso est e verso sud. Rispetto ad altri che fanno
delle analisi, a mio parere, sopravalutando quelli che sono i mezzi del
Pentagono, proverei a sottolinearne i momenti di crisi. Cioè ritengo che non
necessariamente i progetti del Pentagono corrispondano al futuro o alla realtà:
ci sono tante variabili, tante altre incognite, tra cui appunto le mobilitazioni
dal basso che se raggiungono dei livelli numerici e qualitativi, e il caso di
Vicenza risponde a questi, possono contrastare questi progetti: i movimenti non
vanno né sopravalutati, né sottovalutati. Ci sono già dei casi di proteste che
hanno portato alla chiusura di strutture militari: è successo a Portorico, è
successo negli stessi Stati Uniti, c’è una lista di installazioni, io ci
metterei anche il caso della Sardegna, in cui c’è una inospitabililtà diffusa
che andava dai comitati fino al governatore dell’Isola.
Quindi sì, il Pentagono ha i suoi progetti,e siamo qui per vedere quello che
possiamo fare noi.
Oggi una delle caratteristiche della politica è la velocità: il movimento di
Vicenza è nato velocemente, velocemente può riprodursi, quindi da questo punto
di vista, possiamo essere ottimisti.
Condivido quello che è stato detto questa mattina, adesso siamo di fronte ad un
vero e proprio progetto separato, non si sa o comunque si sa, diceva qualcuno,
gente che non abbiamo mai visto in faccia decide di creare queste installazioni,
è giusto parlare di «democrazia», ma così non vuol dire niente, bisogna parlare
di democrazia nel contesto della NATO, del neo-colonialismo, delle oligarchie,
perchè insomma detta così come parola generica e fine a se stessa si presta
soltanto ad un utilizzo propagandistico, quindi siamo oggi in una democrazia
dello stato in cui c’è una delega dal punto di vista politico-militare, nella
democrazia del capitalismo, e sappiamo bene che c’è un legame sebbene non
esclusivo tra capitalismo e guerra, viviamo nella democrazia che alcuni
ritengono essere solo una oligarchia mascherata.
Quindi, rispetto a questo, dobbiamo anche immaginare delle strategie come
movimento, anche delle strategie nuove e delle proposte e qui si è inserito
quello a cui facevo riferimento all’inzio: lo studio che abbiamo iniziato a fare
ad Aviano.
Una delle accuse classiche insieme a quella di anti-americanismo che viene
rivolta ai movimenti è quella di essere soltanto distruttivi e non costruttivi.
Ovviamente questo non è vero, ovviamente, tuttavia, uno dei risultati che
abbiamo ottenuto ad Aviano con questa ricerca è di smontare il cosiddetto
«impatto benefico economico di una base».
È assolutamente falso che una base porti anche a livello locale benessere,
quando sappiamo benissimo i disastri che porta altrove.
Perchè intanto si basa sulla tassazione, non so se sapevate che circa il 41% del
mantenimento addirittura delle truppe Usa è pagato dai cittadini residenti in
Italia.
Attraverso questo sistema gli Usa possono mantenere un sistema di basi nel
mondo, cioè in pratica, mantengono queste basi all’estero overseas facendone
pagare i costi agli altri.
Questo concerne le risorse energetiche praticamente gratuite per le basi e le
basi sono estremamente energivore, viviamo in un contesto di cambiamenti
climatici.
Ci sono poi aspetti legati alla bonifica dei siti militari dismessi, perchè i
siti militari inquinano pesantemente il territorio, pesantemente intendo per
esempio le falde acquifere per una decina d’anni e anche qui siamo nell’ordine
del non c’è prezzo.
Dopodichè si potrebbe entrare nel dettaglio in questa pubblicazione: «Dal
militare al civile», si toccano più approfonditamente vari aspetti quali il
traffico, i rifiuti, le case che perdono di valore; i danni economici sono
notevoli, compresa la questione dei posti di lavoro.
Cioè laddove come in Germania sono state chiuse delle basi e i posti di lavoro
sono aumentati, ci sono state delle difficoltà limitate, ma la cifra di cui si
parla è enorme rispetto all’Italia, nella regione della Renania-Palatinato si
parla di 120.000 lavoratori riqualificati dal militare al civile, dieci erano
gli aereoporti nel Brandeburgo e in due sole basi nelle Filippine sono nati
50.000 posti di lavoro.
Rispetto a queste cifre a 8000 siti riconvertiti in tutto il mondo dopo l’ ‘89,
insomma ad Aviano abbiamo smontato la leggenda dell’impatto economico benefico
della Base.
È abbastanza facile dimostrare oggi che chiudendo questi siti, si recuperano
degli spazi interessanti e se non si fa passare troppo tempo anche degli
edifici, si recuperano delle aree cementificate che oggi andrebbero bene ad
esempio per le energie rinnovabili, anteponendo un discorso realistico alle
guerre per il petrolio ed oltretutto abbiamo dei precedenti, esiste una base in
Germania che con le attività sulle energie rinnovabili ha visto la realizzazione
di 1000 posti di lavoro, rispetto ad alcune centinaia di posti di lavoro poco
qualificati, passando adirittura ad un aumento dei posti di lavoro e all’aumento
della retribuzione.
E qui abbiamo snocciolato una serie di cifre di cui la lobby pro Base non
dispone e per cui è stata letteralmente azzittita.
Questo perchè la questione del ricatto occupazionale è sempre utilizzata in
maniera automatica, ed è un sistema collaudato attraverso il quale, insieme ad
un contatto privilegiato con una parte della stampa, c’è un sistema collaudato
di corruzione, di condizionamento, che prevede l’utilizzo della stampa e il
ricatto occupazionale di questi lavoratori, che bisogna anche dirlo sono
dipendenti del governo USA e vivono una condizione non democratica, in quanto la
CGIL e i sindacati di base non sono ammessi nelle installazioni.
Questo è un sistema molto efficace... Vi vorrei leggere questa frase:
“Le argomentazioni economiche in favore della Base, sebbene false, sembrano
essere state il fattore più importante nel frenare l’opposizione locale. Una
volta che la costruzione della Base cominciò, il divario tra le promesse e la
realtà divenne chiaro; la realtà incluse la corruzione del comune, impiego
temporaneo o minimo, qualche contratto a livello di servizi, spesa trascurabile,
carenza di affitti, tension sociali, e criminalità” (Laura Cimich, In the
corrumpion of a community all’interno del libro Gerson J., Birchard B., The sun
never sets - confronting the network of foreign military bases, 1991, Bonston,
South End Press)
A questo proposito posso confermare e anche il caso di Vicenza non dovrebbe
esserne estraneo, in Italia c’è storicamente un legame tra la costruzione delle
basi e la mafia, che è un’altra notizia...
Perchè abbiamo voluto parlare di economia, e qui concludo, perchè se spesso
abbiamo fatto analisi sulla grande delega politica che stiamo subendo, non
abbiamo riflettuto a sufficienza sulla delega economica, in maniera abbastanza
automatica noi per un sistema di tassazione obbligatoria, collochiamo i nostri
soldi a favore di queste installazioni e rispetto a questo bisogna fare una
riflessione prima o poi.
Quando noi diciamo che le basi costano molto, costano moltissimo, costano
centinaia di milioni di Euro, non è la prima ragione che ci muove ad
ostacolarle, la prima ragione è il militarismo, le guerre, i civili che sono le
vere vittime di questi progetti militari. Ma bisogna riflettere sul fatto che
senza questi flussi di denaro queste strutture non potrebbero operare. Prima o
poi bisognerà studiare queste ipotesi, io faccio sempre il caso della
manifestazione di Roma, e qui concludo, in cui c’erano tre milioni di persone a
Roma, quando la manifestazione si è sciolta, quando poteva essere fatta la
proposta del rifiuto del pagamento della tassazione per la guerra in Iraq... un
modo che senz’altro va studiato, non sono qui a dare facili soluzioni, ma si
deve andare alla ricerca di una dimensione meno spettacolare, più efficace,
dobbiamo ritrovare questa efficacia se vogliamo vincere delle battaglie come a
Vicenza.
* Andrea Licata è curatore del volume: Dal militare al civile. La conversione
preventiva della base USAF ad Aviano. Ricerche e progetti. Comitato Unitario
Contro Aviano 2000, Edizioni Kappa Vu, 2006, UD e autore di numerosi interventi
sulla mobilitazione a Vicenza, tra i quali segnaliamo quelli raccolti nel sito:
www.altravicenza.org
Patto Nazionale di Solidarietà e
Mutuo Soccorso I Comitati, le Reti, i
Movimenti, i Gruppi a conclusione della Carovana NO TAV Venaus-Roma, qui
riuniti, presso la sala della Protomoteca del Comune di Roma, il giorno 14
luglio 2006, di comune accordo, stabiliscono di creare una RETE NAZIONALE
PERMANENTE E UN PATTO NAZIONALE DI SOLIDARIETA’ E MUTUO SOCCORSO per
affermare nel nostro paese: |