SENZA CENSURA N.22
marzo 2007
Euskal Herria, governo franchista!
L’esecutivo di Zapatero costringe il processo di pace in una situazione di cortocircuito
In questo numero di Senza Censura abbiamo scelto
di pubblicare alcuni materiali provenienti dal Paese Basco che ci consentono di
proporre un quadro della situazione politica nel Paese, diviso fra regioni
occupate dagli stati francese e spagnolo. I media nostrani hanno recentemente
parlato della questione, in relazione all’attentato di E.T.A. all’aeroporto di
Barajas (Madrid), fornendo un quadro completamente distoroto e parziale della
situazione. Proveremo a fare un po’ di chiarezza.
Anzitutto riepilogando la situazione dopo il cessate il fuoco unilaterale
dichiarato da E.T.A. lo scorso 24 marzo 2006.
Già precedentemente al cessate il fuoco, era stato impostato un preaccordo fra
l’Organizzazione Armata e il governo spagnolo. Con il cessate il fuoco, si è
materializzato un tavolo delle trattative e ci sono stati una serie di incontri
in stati terzi e con osservatori neutrali accettati da ambe le parti. Ebbene,
anche a detta degli stessi osservatori, mentre E.T.A. ha rispettato
scrupolosamente i preaccordi e gli accordi stabiliti in questo tavolo, il
governo spagnolo ha sistematicamente disatteso gli stessi, riproducendo nel
paese basco la siutazione di attacco alle realtà sociali e politiche del
Movimento di Liberazione Nazionale Basco, MLNV, che vigeva precedentemente al
cessate il fuoco.
In pratica l’esecutivo di Zapatero si sta sciacquando da marzo la bocca con la
propria volontà di arrivare a un accordo di pace, continuando imperterrito a
mantenere le misure di guerra che colpiscono pesantemente la società basca.
Come possiamo verificare nei materiali che seguono, i mesi successivi al cessate
il fuoco sono stati caratterizzati da una caterva di atti del complesso delle
istituzioni spagnole in direzione diametralmente opposta a una supposta volontà
di rendere possibile un processo di pace.
E anche dalla parte francese la risposta dello stato, che ha continuato come
sempre a negare l’esistenza in Francia di una questione basca, è stata anzitutto
l’indurimento della politica penitenziaria contro i prigionieri baschi, come
denunciava lo scorso ottobre Anaiz Funosas, portavoce dell’associazione per la
difesa dei diritti dei prigionieri politici baschi Askatasuna.
Mentre le organizzazioni basche dell’MLNV già alla fine dell’estate denunciavano
il blocco completo del processo di pace e la situazione di pericolo per lo
stesso che ne conseguiva, il PSOE di Zapatero, e a ruota il PNV, alleato basco
del PSOE, continuavano a sostenere che il processo era sulla buona strada,
mentre procedevano con la repressione.
I
prigionieri politici, ostaggi del regime
A inizio novembre il tribunale speciale “antiterrorismo”, l’Audiencia
Nacional” condannava Iñaki de Juana Chaos a 12 anni e 7 mesi per aver scritto
due articoli di opinione sul quotidiano basco Gara (vedi Senza Censura n.21, pag
50). In seguito a questa condanna -che nelle dichiarazioni stesse di esponenti
governativi è stata direttamente mirata a impedire che Iñaki de Juana potesse
uscire di galera una volta compiuta la condanna precedente - de Juana ha
iniziato uno sciopero della fame, che prosegue tuttora e mentre stiamo scrivendo
ha superato il centesimo giorno. In seguito a questo sciopero l’Audiencia
Nacional ha disposto l’alimentazione forzata per Iñaki, che in termini pratici
significa che viene legato al letto fino a 12 ore al giorno con una cannula che
entra nell’esofago dal naso.
Se questa decisione non ha bisogno di ulteriori commenti, occorre invece
segnalare come parallelamente si stia mantenendo in uso la “dottrina Parot”, che
si traduce nella condanna all’ergastolo per quei prigionieri che avrebbero
diritto a uscire di galera in base alle normali leggi dello stato spagnolo; e
come stia proseguendo assolutamente intatta la politica di dispersione dei
prigionieri baschi il più lontano possibile da Euskal Herria.
La
repressione a 360 gradi
L’atteggiamento dello stato spagnolo nei confronti di Iñaki de Juana, così come
degli altri prigionieri politici Baschi, usati come ostaggi, simbolizza appieno
la collocazione delle istituzioni spagnole nei confronti del processo di pace
sostenuto dal Movimento Basco.
Ed effettivamente anche su tutti gli altri piani troviamo conferme in questo
senso, come possiamo leggere nel bilancio dei sei mesi successivi al cessate il
fuoco, pubblicato dall’organizzazione Askatasuna (reperibile su
www.behatokia.info/docs/boletinak/word/26/26balance.doc), in cui si denuncia
come continuino le detenzioni in isolamento e relative torture, la proibizione
di numerosissime iniziative e mobilitazioni da parte del tribunale speciale, la
militarizzazione estrema del territorio, e le politiche sempre più aggressive
nei confronti dei prigionieri baschi.
Del resto siamo vicini al paradosso se pensiamo che ogni rappresentanza politica
del Movimento Basco, MLNV, mentre dovrebbe essere protagonista fondamentale di
qualsiasi accordo, è tutt’ora messa fuori legge da una “legge dei partiti”
costruita specificamente con questo fine. Del resto una delle condizioni
concordate nel tavolo di trattativa fra E.T.A. e governo era appunto la
“legalizzazione di fatto” (senza abolire la suddetta “Ley de Partidos”)
dell’attuale rappresentanza politica del MLNV, Batasuna. Ma dicevamo appunto che
nessuna delle condizioni concordate nel tavolo viene rispettata da parte di
Madrid.
Sia come sia, stando a ciò che leggiamo sul quatidiano Gara, i rappresentanti
del Governo spagnolo e di E.T.A., riuniti nella prima metà di dicembre, avevano
confermato la situazione di blocco del processo di pace, individuando come
elemento chiave per sbloccarlo l’accordo politico fra le forze basche. Nella
stessa riunione E.T.A. aveva presentato una proposta globale per lo sviluppo del
processo nei prossimi anni, una volta raggiunto tale accordo politico.
Arriviamo così all’attentato al parcheggio del terminal T-4 dell’aeroporto di
Barajas (Madrid), il 30 dicembre ’06.
L’azione
di E.T.A.
Se il governo di Zapatero stava tentando un processo di liquidazione di E.T.A.,
sostenendo sui media una presunta debolezza dell’organizzazione, e giocando su
una dinamica di conversazioni segrete - accordi bilaterali - mancato rispetto
degli accordi da parte spagnola - repressione continua degli interlocutori per
porli in condizione svantaggiosa - proiezione di un immagine di un processo di
pace in avanzamento; il tutto per porre E.T.A. in condizioni tali da pagare alti
costi politici sia che riconfermasse la via della trattativa, sia che
dichiarasse rotta la tregua, l’Organizzazione risponde con un atto inaspettato
che sconvolge i calcoli del governo: non emette nessun comunicato previo, ma
risponde all’annuncio di Madrid sul buono stato del processo di pace con
un’azione che lo sconfessa nei fatti. E nei giorni successivi fa trovare ancora
un paio di autobombe che reiterano il messaggio.
Chiaramente il governo madrilegno non trova di meglio che organizzare la
mobilitazione reazionaria, peraltro già ampiamente preparata all’interno del
progetto di liquidazione di E.T.A., nel tentativo ormai consueto di stabilire
una assurda linea divisoria fra “violenti”, identificati con la sinistra basca,
e “democratici”, vale a dire tutti gli altri, per isolare la sinistra
indipendentista. Sfruttando ora le due vittime ecuadoriane, dovute alla mancata
evacuazione del parcheggio, più di un’ora dopo che l’attentato era stato
annunciato specificando con precisione il luogo in cui era stato lasciato il
veicolo contenente l’ordigno, e la targa dello stesso; e dopo che la moglie di
una delle due vittime aveva avvertito la polizia della presenza del marito nella
stessa sezione del parcheggio.
Di seguito a questi fatti, e nel mezzo dell’evidente imbarazzo del governo di
Madrid, viene immediatamente rispolverata la proposta di un “Patto
Antiterrorista”, un accordo fra le destre e le “sinistre” contro il
“terrorismo”, che aveva già fallito il suo obiettivo di pacificazione del Paese
Basco negli anni passati. Parallelamente gli attori politici baschi rilanciano
la necessità di proseguire il tavolo di trattativa fra le realtà politiche
basche così come quello fra E.T.A. e governo, E.T.A. ribadisce il cessate il
fuoco e la propria determinazione a proseguire la trattativa, e Zapatero
continua a proiettarsi come l’uomo che può risolvere il conflitto, anche se
dichiara interrotta la trattativa.
La
proposta del Movimento Pro Amnistia e il divieto di espressione e manifestazione
Contemporaneamente, si inasprisce, se possibile, il livello repressivo in tutto
il Paese Basco. La militarizzazione, i controlli, gli arresti, le provocazioni
poliziesche salgono alle stelle. Ogni manifestazione e atto pubblico delle
organizzazioni del Movimento Basco viene illegalizzata, sistematicamente e a
prescindere dai contenuti.
Paradigmatici risultano gli avvenimenti relativi al grande incontro pubblico che
si doveva svolgere sabato 6 gennaio ‘07 al velodromo di Anoeta, a Donostia,
nella parte del paese occupata dallo stato spagnolo.
L’iniziativa era stata convocata dall’insieme del movimento pro amnistia per
presentare alla società basca una nuova proposta verso la risoluzione del
conflitto. La proposta, “Hitza eta erabakia, askatasunez”, “Parola e decisione,
in libertà”, riprende sostanzialmente i termini della proposta di pace oggetto
della tregua attuale, ribadendo la necessità che l’insieme della società basca
abbia la possibilità di esprimersi e decidere su tutto l’insieme del territorio
basco, occupato -ricordiamo- parte dallo stato francese parte da quello
spagnolo; e aggiunge che questa possibilità non può essere esercitata in assenza
di condizioni democratiche minime all’interno del paese che ne garantiscano
realmente l’esercizio.
Il ragionamento della proposta individua alcuni cardini su cui si deve
concretizzare l’esistenza di queste condizioni: dalla disattivazione delle leggi
di eccezione che restringono sostanzialmente la libertà di espressione,
mobilitazione, organizazione, e permettono l’illegalizzazione, la detenzione, la
tortura dei militanti indipendentisti, alla sospensione dell’utilizzo dell’Audiencia
Nacional nello stato spagnolo e della “Sezione 14” del tribunale nello stato
francese contro di essi; dalla smilitarizzazione del territorio nella
prospettiva di un’uscita dal paese delle forze di occupazione, alla restituzione
ai prigionieri politici dei diritti minimi. Infine, all’avvio di un
imprescindibile processo di amnistia, inteso non come mero ritorno a casa dei
prigionieri e rifugiati politici, ma come riconoscimento politico di un
conflitto e delle sue vittime come chiave del processo democratico, dei
prigionieri e rifugiati in qualità di attori politici da cui non si può
prescindere.
L’iniziativa con cui questa proposta doveva essere presentata dal Movimento Pro
Amnistia alla società basca è stato vietato dall’Audiencia Nacional a poco più
di 24 ore dal suo svolgimento, adducendo come pretesto il fatto che dietro alla
sigla del Movimento Pro Amnistia si sarebbero celate delle organizzazioni
indipendentiste già illegalizzate, come Batasuna o Askatasuna, e minacciando di
accusare di collaborazione con associazione terrorista chiunque entrasse nel
velodromo. Sostanzialmente lo stesso meccanismo con cui in questi mesi sono
stati vietati grossomodo un centinaio di iniziative e manifestazioni del
Movimento Basco.
Il Movimento Pro Amnistia ha risposto al divieto, peraltro preannunciato dalla
stampa di regime, mantenendo la convocazione al velodromo e indicendo una
manifestazione data l’impossibilità di svolgere l’iniziativa prevista. Quindi,
anche la manifestazione in questione è stata vietata.
Una delegazione di alcune decine di osservatori internazionali che avrebbero
dovuto partecipare all’iniziativa del velodromo è stata fermata per un’ora e
mezza prima di arrivare a Donostia, e, dopo una perquisizione minuziosa dei
bagagli e del bus in cui viaggiava, a cui è stato impedito di assistere, la
polizia ha arrestato Sebastian Bedouret, un componente francese della
delegazione, direttore di Radio Pays - Txalaparta Irratia, un’emittente parigina
che si occupa con continuità del conflitto basco e le cui trasmissioni sono
ascoltate all’interno delle carceri francesi dai prigionieri baschi. Sebas è
stato accusato di collaborazione con organizzazione terrorista, adducendo come
prova una pubblicazione di E.T.A. che un poliziotto ha dichiarato di aver
trovato sul portaoggetti sopra al posto del compagno francese in pullman,
durante la perquisizione a cui nessuno ha potuto assistere. Portato in caserma
in stato di isolamento assoluto, mentre veniva torturato per tre giorni,
risulta.“misteriosamente” comparso nel suo zaino un cd in cui la polizia
sostiene si trovino gli originali della suddetta pubblicazione. Sebas è tuttora
nelle carceri spagnole.
E’ opportuno segnalare che la legge che prevede fino a 8 giorni di isolamento
assoluto nelle mani della polizia dopo l’arresto, rendendo possibile la tortura
degli arrestati, è regolarmente utilizzata contro pressochè ogni militante basco
che viene detenuto.
Tornando all’iniziativa di Donostia, molte migliaia di persone hanno risposto
all’appello del Movimento, dando vita a una manifestazione nei pressi del
velodromo. Dopo un paio d’ore, all’atto dello scioglimento della stessa, la
polizia ha iniziato le cariche con gas e proiettili di gomma sparati ad altezza
della testa e del torace. I dimostranti si sono difesi con barricate, lanci di
pietre e altro, e incendiando cassonetti dell’immondizia e alcuni veicoli, fra
cui uno in incognito della polizia. Vi sono stati numerosi feriti e alcuni
arresti, mentre al Movimento Pro Amnistia è toccato annunciare che la proposta
che doveva essere presentata durante la giornata sarebbe stata presentata nelle
settimane successive.
I
Tribunali, strumento di guerra
Il clima pesante della giornata si è riprodotto puntualmente fino ad arrivare a
oggi.
Il 19 gennaio il tribunale ha emesso la prima sentenza definitiva che accetta la
tesi che “tutto è ETA” propugnata dal giudice Garzón sotto il precedente governo
del Partido Popular di Aznar. Tre giudici della Corte suprema spagnola
(dissociandosi altri due dalla sentenza), hanno decretato che le organizzazioni
giovanili basche Jarrai, Haika e Segi sono “terroristiche” e imposto condanne di
sei anni a 23 giovani, poi detenuti, disattendendo tutta la giurisprudenza
pregressa dove veniva stabilito che per qualificare come “terrorista”
un’associazione era necessario contestare l’uso di armi o esplosivi. Si avvalla
così, costituendo un precedente, la nuova interpretazione “estensiva” di Garzon,
assunta dalla Procura in questo e altri processi, secondo cui la coincidenza
degli obiettivi di un’organizzazione con gli obiettivi indipendentisti di E.T.A.
basta affinché questa sia considerata come “agli ordini di E.T.A”.
E’ in questi stessi giorni che l’Audiencia Nacional decide di condannare di
fatto a morte Iñaki de Juana, sostenendo che un prigioniero che per lo sciopero
della fame è passato da 90 a 50 chili, arrivando sul punto di morte, è
pericoloso e può tentare la fuga. Viene cosi negata per il prigioniero la
possibilità di arresti domiciliari o altre forme di attenuazione della pena. I
magistrati hanno eseguito bene l’ordine impartito nel 2004 dal ministro della
giustizia spagnolo, che al termine di una pesante campagna di linciaggio
mediatico contro Iñaki disse: “Si costruiranno le accuse che ancora mancano
perché non possa uscire in libertà”.
Sempre in questi giorni durante il maxiprocesso 18/98, contro 53 militanti della
sinistra abertzale (indipendentista), gli stessi sono stati nuovamente obbligati
a recarsi di continuo a Madrid per assistere a interminabili udienze del
processo, alla lettura di centinaia di fogli e all’ascolto di ore e ore di
registrazioni.
L’obiettivo di questo processo farsa di imporre, come segnala Joseba Permach di
Batasuna, “un finale tecnico del conflitto”, è destinato a fallire: questo tipo
di atteggiamenti costituiscono “un grave errore politico, perchè si sono
dimostrate inutili e non generano altro che allargamento del conflitto”.
Ciò nonostante, è del 6 febbraio la lettura delle conclusioni definitive del
Pubblico Ministero, che sostiene che tutti gli organismi della sinistra
abertzale dipendono e sono subordinati a E.T.A.; e mantiene, modificandole nel
tentativo di farle reggere meglio, le accuse per 52 dei 53 accusati baschi,
dovendo così ribassare la richiesta iniziale di 1.100 anni di carcere, per
portarla a 484 anni di carcere. Per i compagni processati le richieste vanno dai
19 ai 4 anni di condanna.
Durante tutto il processo, come sottolinea l’avvocato Arantza Zulueta “è
risultato molto chiaro che non esiste base giuridica per accusare tutte queste
persone”, il cui lavoro politico e sociale trova “un grande riconoscimento in
Euskal Herria”, e che questo e altri processi “rispondono a momenti e impulsi
politici”.
La
prospettiva della lotta
Mentre si susseguono le demo di massa contro questi processi, così come le
azioni di lotta di strada contro tutti gli atti della repressione, il dato
complessivo è insomma che lo stato spagnolo continua a utilizzare imperterrito e
con la massima intensità tutti gli strumenti repressivi di cui si è dotato in
questi anni, e mentre Zapatero fa propaganda per le vicine elezioni sbandierando
una non meglio definità capacità di concretizzare la risoluzione del conflitto,
il suo esecutivo accelera la repressione contro il Movimento di Liberazione
Nazionale Basco.
Questo dato risulta ben chiaro a tutte le realtà che agiscono al suo interno, e
diventa sempre più evidente anche per il complesso della società basca, entro la
quale in questi ultimi anni e grazie al lavoro della sinistra abertzale è
diventata maggioritaria l’esigenza di esercitare il proprio diritto
all’autodeterminazione.
Insomma, i soggetti e le realtà politiche della sinistra abertzale stanno
verificando sulla propria pelle come anche in una situazione di tregua da parte
di E.T.A. il livello preventivo e repressivo delle forze di occupazione si
dispieghi pienamente, tentando di approfittare della tregua per approfondire
l’attacco all’ipotesi indipendentista.
E diventa evidente come la responsabilità di mettere in pratica lotte e attività
che costringano gli stati occupanti a un approccio politico e non solo militare
verso il conflitto, ricada ora doppiamente su quel complesso di realtà,
organizzazioni, collettivi, che sono poi quelli che vengono sistematicamente e
con lungimiranza presi di mira da magistratura e “forze dell’ordine”.
Fonti:
www.gara.net
Cronologia degli avvenimenti dal
cessate il fuoco di ETA |
IÑAKI AI DOMICILIARI |
COMUNICATO DI E.T.A. |