SENZA CENSURA N.21
novembre 2006
I nostri ultimi 20 anni
Appunti per un’analisi e il rilancio dell’iniziativa di lotta nel settore metalmeccanico (parte seconda)
Pubblichiamo la seconda e ultima parte di un
contributo scritto da alcuni lavoratori di Sesto San Giovanni, che prossimamente
verrà anche diffuso in versione integrale sotto forma di opuscolo. Nel numero
precedente si è analizzato il periodo che va dal 1994 al rinnovo del 2001; il
periodo analizzato in questo numero è quello che va dal 2001al 2006.
Questo non ne implica la totale condivisione, ma riteniamo utile pubblicare un
materiale che testimonia ampiamente le difficoltà che incontrano oggi i
lavoratori a sviluppare lotte che riescano, oltre a difendere il proprio potere
d’acquisto, anche a mettere in discussione le linee strategiche di “sviluppo”
delle politiche padronali nel loro complesso, uno sviluppo il più delle volte
condiviso e sostenuto nei fatti dalle stesse organizzazioni sindacali.
Contratto
2001: Rinnovo economico biennale
Apertura del negoziato: 7 febbraio 2001.
Firma dell’intesa: 3 luglio 2001.
Si produce una profonda divisione all’interno del sindacato. La piattaforma è
firmata soltanto da Fim e Uilm.
Approvazione: referendum tra gli iscritti Fim e Uilm. Nella Fim: circa 110.000
votanti, 87% di sì.
La rottura dell’unità di azione avviene in seguito alla proclamazione di uno
sciopero separato da parte della Segreteria nazionale della Fiom.
La Fiom organizza una raccolta di firme dopo l’accordo siglato da Fim e Uilm,
300.000 le firme raccolte contro l’accordo separato, superiori ai consensi avuti
precedentemente all’ipotesi di contratto.
Si pone così con evidenza una enorme questione democratica che prefigura la
liquidazione del significato stesso della contrattazione collettiva.
Emerge a questo punto la mancanza di una legislazione che vincoli le trattative
aziendali e nazionali al voto dei lavoratori, una minoranza può decidere per
tutti e la rappresentanza padronale diventa libera di scegliere i propri
interlocutori.
Contemporaneamente su altri tavoli CISL e UIL si apprestano a far proprie le
linee guida del governo contenute nel libro bianco.
Un attacco ai diritti dei lavoratori, dei salari e delle pensioni, si annullano
le contrattazioni collettive.
Allo stesso tempo si acutizzano i processi di ristrutturazione delle imprese che
tendono a una generale precarizzazione del lavoro e spostano sempre più i
capitali verso est ed estremo oriente.
Il governo di centro destra di Berlusconi, in compagnia dell’azione incalzante
degli industriali, spingono la CGIL nell’angolo prefigurando un periodo di
contrapposizione ideologica che si oppone ai cambiamenti reali richiesti dal
nuovo sistema economico.
Più flessibilità, meno diritti e meno salari per reggere la concorrenza sui
mercati mondiali.
L’Italia diventa uno dei paesi in cui ai lavoratori viene richiesta più
flessibilità; per la prima volta nella storia del movimento dei lavoratori i
figli inizieranno a vivere condizioni peggiori dei padri in un processo
irreversibile.
Queste in estrema sintesi le parti importanti definite nell’accordo:
- aumento salariale medio di 130.000 lire (67,14 Euro) in due tranches: 70.000
(36,15 Euro) dal 1° luglio 2001; 60.000 (Euro 30,99) dal 1° marzo 2002.
- una tantum di 450.000 lire (232,41 Euro) in due tranches tra luglio 2001 e
luglio 2002.
Contratto 2003: Contratto normativo
quadriennale
Apertura del negoziato: 20 gennaio 2002.
Firma dell’intesa: 7 luglio 2003.
Anche questo è firmato solo da Fim e Uilm. Per la prima volta, vengono inviate
alla controparte tre piattaforme separate. La Fim sottopone la sua piattaforma –
ed è una novità assoluta – a un referendum qualitativo chiedendo di esprimere un
voto da 1 a 10 sulle singole richieste. Si raggiunge il punto massimo di
tensione tra Fim e Uilm, da un lato, e Fiom dall’altro.
Viene inserita da parte delle organizzazioni firmatarie la normativa della legge
30, che introduce la precarietà totale nel mercato del lavoro, i contratti a
chiamata, l’affitto permanente di manodopera, la totale liberalizzazione degli
appalti.
Vengono inserire nel contratto le norme del Decreto 368, che toglie ogni vincolo
e ogni regola alla gestione dei contratti a termine, e per questo si vuole
abolire un intero paragrafo del contratto.
Si peggiorano le norme sul lavoro interinale (d’ora in poi i lavoratori potranno
essere affittati anche al secondo livello) e sul diritto allo studio, che viene
sostanzialmente assorbito nella formazione professionale e aziendale.
Si istituisce un Ente Bilaterale, finanziato dalle aziende e da altri enti, nel
quale si amministreranno la formazione professionale oggi e le assunzioni domani
e che trasformerà il sindacato in agente collocatore dei lavoratori, invece che
in difensore dei loro diritti.
Con questa intesa è da subito risultata chiara la volontà di Federmeccanica di
realizzare alcuni suoi storici obiettivi: la flessibilità e la precarietà più
estese possibili, i bassi salari, la riduzione del ruolo contrattuale delle RSU
e, soprattutto, il ridimensionamento del ruolo delle funzioni del contratto
nazionale.
“Quello che propone la Federmeccanica non è un vero contratto ma un
trasferimento nel contratto nazionale del patto per l’Italia e delle principali
norme e scelte del governo contro le quali si sono battuti i lavoratori in
questi due anni.
La Fiom mantiene le sue richieste, votate da 454mila metalmeccanici. La Fiom
continuerà a rivendicare un aumento salariale che riconosca il valore del lavoro
dei metalmeccanici, regole sicure contro la precarietà, il miglioramento dei
diritti e delle condizioni dei lavoratori, dall’inquadramento, agli orari, a
tutte le principali normative.”
Con questo annuncio vengono indette centinaia di assemblee, e raccolte firme per
disdire il contratto siglato.
Si avviano manifestazioni e scioperi spontanei, parallelamente si delinea un
percorso che si concretizza con l’apertura di pre-contratti su piattaforma FIOM
siglati nelle principali aziende del settore; si conteranno 155 pre-contratti
siglati.
Si sperimenterà anche la cassa di resistenza.
“Oggi le lavoratrici e i lavoratori vedono messi in discussione i loro diritti,
le loro più sacrosante ragioni. In questi casi è necessario lottare e la lotta
costa. E’ un momento che può essere affrontato solo attraverso un percorso
condiviso, coerente e determinato che dia il giusto valore alle iniziative di
solidarietà attiva. Nel passato, all’origine del sindacato confederale, vi sono
già state fra i lavoratori Casse di resistenza e di mutua solidarietà. La Fiom
ha pensato di ridare vita a questo strumento perché, oggi, proprio come allora,
sono in discussione i diritti fondamentali del lavoro. “
Il 16 maggio del 2003 la FIOM organizza uno sciopero nazionale regionale con una
partecipazione media allo sciopero, nell’industria metalmeccanica, attorno al
70%, con punte tra l’80 e il 100% nelle aziende di medie dimensioni e nelle zone
in cui sono raggruppate imprese minori.
Ma nonostante la volontà di respingere il contratto, alla fine i lavoratori
metalmeccanici contrari al contratto vedranno la propria lotta spegnersi
lentamente.
La FIOM, poco sostenuta durante la vertenze dalla stessa CGIL, rientrerà presto
nella scia unitaria e si darà così nuovamente corso alla nuova unità tra le
organizzazioni sindacali metalmeccaniche.
Approvazione: referendum tra gli iscritti FIM e UILM, con oltre 150.000 sì.
I lavoratori metalmeccanici nel 2003 erano 1.300.000.
Queste in estrema sintesi la parti importanti definite nell’accordo:
- Diritto allo studio: ripresa e miglioramento delle 150 ore, con aumento della
percentuale di lavoratori che possono assentarsi contemporaneamente per motivi
di studio e formazione; utilizzo delle 250 ore di permessi retribuiti nel
triennio anche per lo studio della lingua italiana da parte dei lavoratori
stranieri; 40 ore annue di permessi retribuiti per il conseguimento del diploma
di media superiore.
- Formazione professionale: ruolo centrale delle commissioni paritetiche
territoriali; aumento da 120 a 150 ore nel triennio di permessi retribuiti per
la formazione.
- Inquadramento: impegno a definire la riforma entro giugno 2006, prima del
prossimo rinnovo normativo.
- Rapporti di lavoro atipici: oltre ad alcuni miglioramenti, su part-time e
lavoro temporaneo rinvio a un confronto successivo, in attesa dei decreti
attuativi della legge 30/2003. Il confronto è avvenuto e ha prodotto l’accordo
tra Fim-Uilm e Federmeccanica del 22 gennaio 2004, che mantiene in via
transitoria le norme contrattuali in vigore.
- Orario: consolidamento e miglioramento delle acquisizioni del precedente
contratto normativo (1999); recupero delle 8 ore di permesso retribuito a
seguito del ripristino della festività del 2 giugno; risolto il contenzioso
sulla banca delle ore. Il citato accordo del 22 gennaio 2004 conferma l’orario
contrattuale.
- Recepimento nel contratto del decreto legislativo 626/1994 (ambiente e
sicurezza).
- Aumento salariale medio di 90 Euro nel biennio in tre tranches: 45 Euro dal 1°
luglio 2003; 24 dal 1° febbraio 2004, 21 dal 1° dicembre 2004. Una tantum di 220
Euro.
Questi alcuni accordi siglati da altre categorie
nel 2003:
Contratto Statali
108 euro mensili
Contratto FS
115 euro mensili
Contratto Netturbini
129 euro mensili
Contratto Dirig. d’Azienda
260 euro mensili
Il 15 giugno il Referendum per l’allargamento dell’articolo 18 anche per le
aziende sotto i 15 dipendenti non passa per la bassa affluenza alle urne,
raccogliendo comunque 11 MILIONI di si.
Il 92% delle forze politiche presenti in Parlamento, compresi i partiti del
centro sinistra, hanno lavorato al boicottaggio arrivando all’astensione
militante, in buona compagnia di CISL e UIL.
Contratto 2005: Rinnovo economico
biennale
Apertura del negoziato: inizio dicembre 2004
Firma dell’intesa: 19 gennaio 2006.
Dopo oltre un anno di lotte, 60 ore di sciopero, manifestazioni e infiniti
tavoli di trattativa più volte interrotti, il 19 gennaio è stato firmato il
contratto dei metalmeccanici. Che, per come si erano messe le cose negli ultimi
giorni, si è chiuso al di sotto delle aspettative dei lavoratori. Federmeccanica
infatti era stata costretta a tornare a trattare grazie alla forza messa in
campo con la crescente mobilitazione di migliaia di operai che hanno bloccato
autostrade e ferrovie in tutto il paese e organizzato un imponente sciopero
regionale in Emilia Romagna con oltre 20.000 lavoratori a Bologna e scioperi
duri anche a Genova, Milano e altre città.
Sono stati così ottenuti i famosi 100 euro, sotto cui i sindacati metalmeccanici
non erano disposti a scendere. Il problema è che questi 100 euro lordi (riferiti
al quinto livello, quando la stragrande maggioranza dei lavoratori sono
attestati tra il terzo e il quarto), sono stati scaglionati in modo tale che di
fatto i lavoratori alla fine dei conti (cioè facendo i calcoli sui 30 mesi di
vigenza contrattuale) ne prenderanno tra i 50 e i 60 (lordi).
Solo 60 euro verranno dati subito, 25 il prossimo ottobre e 15 nel marzo del
2007, cioè solo tre mesi prima della scadenza del contratto. Che viene anche
allungato di 6 mesi. Infatti non scadrà il 31 dicembre del 2006 ma nel giugno
del 2007.
Fatto importante, perché non solo è ciò che Federmeccanica ha chiesto per
accettare i 100 euro, ma rappresenta un precedente pericoloso, che minaccia
l’allungamento di tutti i contratti nel prossimo futuro.
Non solo non è stato difeso il potere di acquisto dei salari, ma si sono fatte
anche, inaspettate per i più, gravi aperture sulla flessibilità. Una questione
decisiva, che tocca la gestione degli orari di lavoro e l’utilizzo
dell’apprendistato per i giovani che entrano in fabbrica. Orario
plurisettimanale significa la possibilità di allungare o accorciare (da 32 a 48
ore) l’orario settimanale in base alle esigenze produttive aziendali. Fino ad
ora questa possibilità era limitata alle lavorazioni stagionali; da oggi è stata
estesa a tutte le fabbriche metalmeccaniche.
È vero che Federmeccanica, formalmente, non ha sfondato totalmente: infatti la
preintesa prevede che l’orario plurisettimanale sia introdotto trattando coi
sindacati aziendali. Ma non si può ignorare il fatto che prima di questa intesa
tutto ciò non era permesso e che i rapporti di forza espressi in questi giorni
avevano creato le condizioni perché questa questione non entrasse per nulla
nella trattativa (come già giustamente la FIOM aveva ottenuto tra la fine di
dicembre e l’inizio di gennaio, cosa che aveva portato alla rottura coi
padroni).
Le aperture sulla flessibilità tra l’altro non erano mai state discusse coi
lavoratori nelle assemblee in cui è stata presentata la piattaforma. Discorso
che vale anche per le concessioni fatte dai sindacati sull’apprendistato!
Qualche sindacalista dice che le RSU su questo possono contrattare: dimentica
che nella maggior parte dei posti di lavoro non ci sono RSU e negli altri
abbiamo raramente RSU solide. Nelle assemblee si era detto ai lavoratori che
quelle proposte erano irricevibili.
Col nuovo contratto l’apprendistato viene esteso per i lavoratori dal terzo
livello in su, fino a 60 mesi (che possono essere ridotti a 42 o 36 mesi in caso
il lavoratore abbia un diploma o una laurea) e viene applicato anche ai
lavoratori di secondo livello che occupano mansioni con poca o nessuna
specializzazione (come quelli sulla catena di montaggio).
È vero che la concessione fatta sulla settimana plurisettimanale non è
definitivamente acquisita dai padroni e se Federmeccanica e FIM-FIOM-UILM non
troveranno un accordo sulle percentuali di lavoratori precari da inserire nelle
fabbriche l’esperimento della settimana a orario variabile il 31 luglio di
quest’anno decadrà. Ma le cose non sono così semplici. Da più di un anno i
sindacati e Confindustria stanno discutendo la necessità di riformare i
contratti, sostituendo i famigerati accordi del luglio ‘93. Le possibilità che
sindacati e padroni trovino un accordo sulla modifica dei contratti nazionali
entro l’estate è alta.
Si poteva fare di più dopo 13 mesi di trattative, lotte e oltre 60 ore di
sciopero? La risposta sta nelle lotte di gennaio. La rabbia dei lavoratori in
risposta all’arroganza dei padroni aveva trovato un canale estremamente
efficace: i blocchi e le manifestazioni estremamente partecipate che poco
avevano in comune con quanto visto fino a poche settimane prima.
Dopo i primi blocchi di inizio gennaio a ogni nuova convocazione di scioperi il
numero delle iniziative locali aumentava in modo significativo e anche quando
Federmeccanica è stata costretta a tornare sui suoi passi e martedì 17 gennaio
si sono ufficialmente riaperte le trattative, migliaia di operai erano pronti a
riprendere la propria posizione sui blocchi in caso di necessità.
Era necessario continuare sulla strada intrapresa a fine dicembre quando la FIOM
aveva mandato un messaggio chiaro a padroni e ai vertici di FIM e UILM: trattare
solo sul salario, come da mandato dei lavoratori. Per questo l’accordo raggiunto
delude.
Sintesi accordo
Il 19 gennaio 2006 è stato sottoscritto da FIM FIOM e UILM il CCNL dei
metalmeccanici per il biennio 2005 - 2006 allungato al 30 giugno del 2007.
Salario
I 100 euro che si dicono conquistati per il V° livello sono distribuiti a rate:
• prima rata: 60 euro a partire da genn. 2006
• seconda rata: 25 euro a partire da ott. 2006
• ultima rata: 15 euro a partire da mar. 2007
Analizziamo gli aumenti reali in seguito a questi
scaglionamenti.
Gli aumenti per l’anno 2005:
320 euro di una tantum + 80 euro di vacanza contrattuale = 400 euro
L’aumento mensile medio (406 : 12) sarà quindi di 33,33 euro.
(senza dimenticare poi che 160 euro dell’una tantum verranno dati nel luglio
2006)
Gli aumenti per l’anno 2006
60 euro per 9 mesi (540) e 85 euro per 3 mesi e tredicesima(340) = 880 euro
L’aumento mensile medio (880 : 12) sarà quindi di 73,33 euro.
Gli aumenti per 6 mesi del 2007
85 euro per i primi due mesi (170) e 100 da marzo a giugno (400) = 570 euro.
L’aumento mensile medio dei 6 mesi (570 : 6) sarà quindi di 95 euro.
Se vogliamo verificare qual’è l’aumento medio mensile per i 30 mesi della durata
complessiva del contratto biennale maggiorato di sei mesi si ha questo
risultato:
400 euro per i 12 mesi del 2005 +
880 euro per i 12 mesi del 2006 +
570 euro per i 6 mesi del 2007 =
1.850 euro : 30 mesi = 61,66 euro lordi al mese
Che vuol dire circa 47 euro netti al mese.
Il contratto prevede anche che i lavoratori che non hanno contrattazione
aziendale e che percepiscono un salario non superiore ai minimi tabellari,
avranno 130 euro di una tantum nel giugno 2007. Nella piattaforma erano stati
richiesti 25 euro al mese come “elemento perequativo”.
Nel precedente biennio 2003- 2004 il contratto aveva ottenuto 1.460 euro per 24
mesi, cioè 60.83 euro al mese. La FIOM non l’aveva firmato perché riteneva una
mancia quell’aumento mensile.
Ma se 60 euro per 24 mesi furono ritenuti una mancia perché 61 euro per 30 mesi
sono valutati un buon aumento?
La parte normativa
• orario plurisettimanale:
è stato concesso a tutte le aziende del settore. Sperimentale (per sei mesi) e
dovrà essere contrattato con le RSU.
• apprendistato:
- per i lavoratori di II° livello (per esempio gli addetti alle catene di
montaggio) 24 mesi di apprendistato
- per i lavoratori di III° livello 42 mesi di apprendistato
- per i lavoratori che saranno inquadrati al V livello fino a 60 mesi di
apprendistato (ridotti di sei mesi se diplomati).
Conclusioni
Nel corso degli anni l’intera categoria dei lavoratori ha visto perdere
diritti, salario e dignità.
Ora con i governi di centro destra, ora con quelli di centro sinistra, le
condizioni generali per noi lavoratori salariati non sono certo migliorate, e il
sindacato nel suo complesso si è dimostrato più volte attore principale e
manovratore del ristagno conflittuale, preferendo sempre più un ruolo
concertativo, gestionale e accomodante verso le classi padronali.
Viviamo in uno scenario produttivo mondiale che muta continuamente, e che vede
il sistema economico spostare le produzioni in paesi dove maggiori sono le
condizioni di sfruttamento e quindi di profitto.
Siamo tutti sottoposti al ricatto della logica al ribasso, continuamente giorno
per giorno veniamo privati del nostro futuro.
Precari si nasce sin dai banchi di scuola, tutte le riforme scolastiche
rientrano nella logica che vede il sapere funzionale unicamente al potere
economico.
A vario livello si è strutturato un sistema di sfruttamento legale, che
coinvolge tutte le fasce di età scolastiche.
Apprendistato fino a 32 anni, stage universitari, corsi di approfondimento e
formazione altamente specializzata finalizzata al primo impiego: come si vede
cambiano i nomi e le forme ma sempre di lavoro gratuito si tratta.
Precari si diventa, enormi masse di lavoratori sono passate negli ultimi anni da
lavoratori inseriti in sistemi produttivi con diritti sindacali e tutele, a
condizioni di schiavismo nelle cooperative o presso le agenzie interinali.
La parcellizzazione del lavoro ci ha reso tutti più isolati, e anche le forme di
lotta resistenti rischiano di passare come forme di protezionismo categoriale.
In questo contesto si inserisce la tratta degli schiavi del nuovo millennio:
enormi masse di lavoratori immigrati divengono nuovo business per le varie mafie
che gestiscono i flussi verso l’Europa.
Si delinea quindi uno scenario dove sembrerebbe che esistano condizioni di
precarietà per gradi e classi, quasi a voler sancire comunque una certa
distinzione di condizioni e di futuro.
All’interno di questa triste situazione ci vorrebbero tutti pronti alla rincorsa
del miraggio al lavoro e alla sicurezza propria e individuale.
Importante è rendersi disponibile, duttile e malleabile, rispettoso delle regole
che cambiano di volta in volta, mai una protesta e sempre consenziente ad ogni
scelta adottata, una corsa ad ostacoli dove vince solo il primo.
Ma lo sfruttamento non è unicamente confinato all’ambiente di lavoro, oggi
precarie sono le condizioni generali di vita; la spinta alle privatizzazioni dei
bisogni primari mette a rischio la tenuta sociale dell’intero paese.
Miraggio è la casa, a rischio l’assistenza e la fascia di protezioni sociali.
Subiamo ogni giorno il furto del futuro, viviamo generalmente condizioni
peggiori dei nostri padri, lo spirito di sacrificio e di lotta che hanno portato
a conquiste sociali e materiali di enormi masse di lavoratori, sono ben lontane
dal contesto attuale.
Siamo tutti mutuo-dipendenti; per rilanciare le produzioni e le vendite al
sistema tutto va bene: ora le guerre e i conflitti tra gli stati considerati
terroristi e sovversivi, ora le guerre sociali tra poveri ammassati alle
periferie delle metropoli, schiacciati dalle proprie misere condizioni di
povertà.
Ad ogni forma di conflittualità volta a contrastare minimamente le proprie
condizioni si risponde con forme di repressione e controllo sempre più
restrittive.
E’, come si vede, una condizione generale e trasversale che si presenta e si
sviluppa in modi diversi ma con unici obiettivi.
I lavoratori metalmeccanici, con l’ultima fase contrattuale, hanno dimostrato
una volta di più come una mobilitazione decisa e combattiva possa rompere il
fronte avversario che ha anche esso forti contraddizioni al suo interno. I
dirigenti sindacali, della FIOM innanzitutto, hanno fatto un grave errore a non
usare fino in fondo questa forza. Dobbiamo impedire che le nostre ragioni
vengano messe nuovamente fra parentesi e sacrificate sull’altare di un nuovo
progetto concertativo che i padroni (e parte dello stesso centrosinistra), una
volta rimosso “l’incomodo” dei meccanici, pensano di far passare.
Questo accordo potrebbe mettere in pericolo lo stesso sindacato. Un giovane con
5 anni di apprendistato davanti a sé può iscriversi, scioperare, lottare?
Occorre una riflessione seria sullo stato di salute delle organizzazioni dei
lavoratori. È chiaro che stiamo assistendo da anni ad un’acuta e profonda deriva
dei sindacati mettendo in pericolo il proprio insediamento nei posti di lavoro.
Un sindacato sempre più lontano dai giovani, che infatti secondo l’Ires CGIL si
iscrivono in pochi (10% al di sotto dei 32 anni), perché non trovano risposte
sufficienti da chi nei rinnovi contrattuali sceglie la via bassa, quella dello
scambio dei diritti per pochi soldi. Un sindacato sempre più vecchio e
inadeguato, che riesce sempre meno a difendere salari e pensioni, diritti dei
giovani (che i contratti, compreso questo, rendono più precari). Se non si
ripartirà dalle idee dei giovani e da metodi radicali (che fine hanno fatto le
casse di resistenza? E il sindacato europeo?) anche il sindacato verrà travolto.
Per questo va rifondato e riformato.
Modalità di lotta emerse dalle assemblee
Gli imprenditori hanno in mente un modello di “mondo del lavoro” che
vogliono lentamente realizzare a spese dei lavoratori. Precarietà e flessibilità
sono gli unici strumenti per poter competere nell’era della globalizzazione e
cercano di diffondere questa cultura soprattutto tra le nuove generazioni.
E’ ormai chiaro a tutti che le forme di lotta tradizionali sono mezzi
insufficienti per combattere il modello di società basato esclusivamente sulle
“leggi di mercato”.
Lo sciopero se è inefficace fa perdere, inoltre, credibilità alle organizzazioni
sindacali e porta soprattutto i giovani alla rassegnazione e, cosa ancor più
grave, a difendere le ragioni degli imprenditori. Riportiamo quindi alcune
proposte di nuove forme di lotta che le organizzazioni sindacali dovrebbero
promuovere per costringere gli imprenditori a dare e riconoscere un ruolo
fondamentale al sindacato ed alla contrattazione collettiva nelle sue diverse
forme.
Lo sciopero come strumento di conquista
Fermo restando che lo sciopero è anche uno strumento di protesta, non è
possibile fare una “guerra” pensando di lottare su più fronti in contemporanea
sempre con gli stessi uomini.
E’ necessario individuare i punti chiave sui quali è giusto investire ogni
forza. Ogni lotta deve portare ad una conquista e ad un risultato concreto. In
questo modo le organizzazioni sindacali possono acquisire ancor di più
credibilità e fiducia da parte dei lavoratori.
Unità nella lotta
In settori come quello metalmeccanico vengono proclamati spesso scioperi di
zona. Questo tipo di lotta è poco visibile ed efficace, visto ormai il numero
esiguo delle aziende ed il numero sempre più esiguo dei lavoratori che
partecipano alle iniziative di lotta. E’ bene proclamare scioperi almeno per
province e darsi appuntamento in un unico luogo dove manifestare.
Cassa di resistenza
Così come esistono le casse di previdenza, la cassa di resistenza deve
esistere come realtà ufficiale e permanente per finanziare alcune forme di lotta
“mirate”, soprattutto nelle aziende trainanti per l’economia del paese. Fermare
una settimana in modo consecutivo uno stabilimento FIAT non è come proclamare
uno sciopero di 4/8 ore in aziende di media entità.
Con la cassa di resistenza è possibile finanziare lo sciopero di “pochi”
lavoratori che possono creare un disagio a tutto il paese.
Blocco del traffico
Il modo tradizionale di bloccare il traffico stradale o ferroviario è un
modo valido nel momento in cui la contrattazione si prolunga nel tempo ed
esaspera gli animi dei lavoratori che dopo ore di sciopero vedono ancora lontana
la firma del contratto.
Già alle prime ore di sciopero le varie manifestazioni possono svolgersi con
auto private in modo da rendere la circolazione difficoltosa e portare subito i
media ad occuparsi del problema. Questo modo di manifestare, inoltre, è
formalmente “legale” (ognuno è libero di circolare con la propria auto), non
richiede alcun permesso e non si presta ad eventuali scontri con le forze
dell’ordine.
Luogo delle manifestazioni
Anche se lo sciopero provoca una perdita economica all’azienda,
l’imprenditore spesso affronta il problema con distacco ed arroganza perché
certo delle sue sicurezze economiche. Trovare invece i lavoratori della sua
stessa azienda a manifestare sotto la sua abitazione privata ha tutto un altro
effetto. Questo porterebbe ogni singolo imprenditore a rassegnarsi che è bene
per tutti risolvere al più presto la vertenza contrattuale.
Blocco di eventi sportivi
Per fare in modo che i media non ignorino il problema è efficace il
manifestare e se possibile creare disagio ad eventi sportivi di importanza
rilevante. Rilevante può essere il blocco del traffico mentre i tifosi si recano
allo stadio o all’autodromo. In questo modo si sottolinea anche il divario
economico che cresce sempre di più tra pochi ricchi (sempre più ricchi) ed il
ceto medio (sempre più impoverito)
Blocco dei consumi
Premettiamo che per blocco dei consumi non si intende uno “sciopero dei
consumi” così come a volte chiedono le associazioni consumatori.
Può essere molto efficace un blocco agli ingressi di un centro commerciale in
una giornata di sabato, senza rimetterci ore di sciopero. Anche in questo caso è
possibile attirare l’attenzione dei media sulla vertenza in corso (oltre che
l’attenzione delle forze dell’ordine).