SENZA CENSURA N.21
novembre 2006
Imprese recuperate
Lotte e cooptazione nelle metropoli argentine e del Sudamerica
«Sappiamo che il Presidente di tutti gli Argentini (n.d.t. Néstor Kirchner) ha dato istruzioni ai funzionari Nazionali perché appoggino le cooperative di lavoro che hanno recuperato le fabbriche in tutto il paese» (tratto dal comunicato del Movimento Nazionale delle Fabbriche Recuperate dai Lavoratori – MNFRT dal titolo: « Il film ‘The Take’ non riflette la realtà delle fabbriche recuperate in Argentina» – 20 aprile del 2004).
Nella sezione America Latina di questo numero
vogliamo continuare a ragionare sulle lotte del proletariato nel quadro
argentino. In questi ultimi 10 anni, ma in maniera evidente dopo il crack
finanziario del 2001 in Argentina, un’importante fetta della conflittualità di
classe si è mossa attorno alle esperienze delle fabbriche occupate il cui
fenomeno si è molto diversificato ed ampiamente esteso su tutto il territorio
nazionale e continentale.
Esso presenta frequentemente aspetti contraddittori o di difficile
interpretazione, soprattutto se non si ha la possibilità di avere contributi
equilibrati nella descrizione delle varie tendenze e/o opzioni politiche.
L’accesso ai materiali si ottiene dai gruppi per cui si nutre simpatia o
affinità (faariani, chavisti troskisti….) oppure sono riconducibili ad
impostazioni ideologiche riformiste. Per smascherare i riformisti e valorizzare
le lotte in America Latina (AL) pensiamo sia necessario inquadrare il fenomeno
anche e soprattutto inserendolo nel ragionamento sulle trasformazioni di cui
abbiamo dato conto nei numeri precedenti, in particolare con gli approfondimenti
sul Mercosur. Fino ad ora quest’ultimo è stato per noi di interesse per la sua
spinta dal carattere emancipatorio che ha esercitato in questi ultimi anni
nell’emisfero occidentale, nonostante abbia dimostrato un percorso di
costruzione che vede forti discontinuità dovute alla grande subalternità dei
capitali sudamericani in rapporto alla somma di quelli di USA e Canada.
Una contraddizione che la borghesia imperialista USA non vive solo nel
continente americano, ma nello specifico sudamericano, va a sovrapporsi alla
grande combattività dimostrata dal proletariato urbano e rurale, alla lotta
rivoluzionaria delle FARC in Colombia e alla crescente simpatia per il
socialismo in AL. In questo numero iniziamo a trattare l’argomento delle
fabbriche occupate dai lavoratori perché è di grande interesse il dibattito, la
conflittualità operaia e popolare in particolare in Argentina, il grado di
combattività e autonomia che viene espresso contro i governi socialdemocratici
di Lula e Kishner. Pensiamo che sia importante e utile imparare dalle esperienze
di lotta in quel garbuglio contraddittorio che ha portato al collasso in alcuni
paesi dell’AL, perché, se la crisi ricade diversamente sui diversi paesi, il
processo di omogeneizzazione della condizione proletaria tra le metropoli del
mondo invece rende alcune contraddizioni sempre più qualitativamente simili.
Per dare evidenza della tendenza riformista all’interno di quello che all’inizio
abbiamo chiamato movimento delle fabbriche occupate traduciamo brani di un
documento in cui si parla di fabbriche recuperate e non occupate. Nel sito
www.fabricasrecuperadas.org.ar si trovano materiali documentali, comunicati e
proposte di legge del Movimento Nazionale Fabbriche Recuperate dai Lavoratori (MNFRT)
che raggruppa e orienta oramai tra le 60 e le 100 fabbriche in tutta
l’Argentina. Tra i vari documenti e dichiarazioni quello che mette in evidenza
la natura riformista del MNFRT è un comunicato che prende le distanze e condanna
il film ‘The Take’ («La Toma», «L’occupazione») di Naomi Klein.
«Il Movimento Nazionale delle Fabbriche Recuperate dai Lavoratori vuole rendere
pubblica la nostra totale opposizione al documentario che si sta proiettando per
la prima volta in Argentina: «La Toma» prodotto e diretto dai canadesi Naomi
Klein e Avi Lewis.» «… questo documentario è una chiara testimonianza del
carattere illegale a cui possono approdare alcuni conflitti, che è qualche cosa
che può risultare molto pericolosa per tutto l’insieme delle fabbriche
recuperate. E poi non è un documentario Argentino.»«Già dal titolo possiamo
vedere una delle ragioni per le quali i lavoratori che sono in una di queste
fabbriche sono poi sgomberati o vivono in uno stato di tensione permanente
sperando che il momento fatale dello sgombero non arrivi mai».
Per il MNFRT di Luis Caro l’occupazione non deve essere un atto politico contro
il capitale ma deve in qualche modo recuperare al territorio e allo stato una
fetta di produttività.
«Non siamo d’accordo che si voglia utilizzare il fenomeno del recupero delle
fabbriche per un atto di politica internazionalista all’interno della lotta di
classe contro la globalizzazione con un chiara impronta ideologica marxista e
vedere tutto questo processo dal punto di vista del materialismo dialettico.»
Ancora dallo stesso comunicato: «Occupare o prendersi uno spazio configura un
delitto di usurpazione, quello che obbliga comunque, inevitabilmente anche prima
della denuncia del proprietario, il giudice a emettere un ordine di sgombero
contro i lavoratori. L’unico che evita lo sgombero è la legge di espropriazione
creata dal MNFRT». Il documento che rende chiaro questo ultimo passaggio si
chiama «Riforma della legge delle gare d’appalto e della normativa fallimentare»
nella sua redazione definitiva nel 2004; è stato promosso dal governo argentino
e votato all’unanimità alla camera dei deputati. All’inizio di questo documento,
nell’introduzione del capitolo III dal titolo: «L’esperienza della autogestione
operaia – Alcuni casi in Argentina», si scrive: «Secondo alcuni dati non
ufficiali circa 1800 delle quasi 200.000 piccole e medie imprese del paese
lasciate alla deriva dai loro proprietari, in situazioni di fallimento in varie
forme, sono state recuperate dai lavoratori, dagli impiegati e dai tecnici per
difendere le proprie fonti di sussistenza».
Nell’introduzione del capitolo IV nel medesimo documento «Attività del potere
giudiziario, legislativo e amministrativa» si dice: «Di fronte alla situazione
descritta (n.d.t. dei fallimenti e delle fabbriche recuperate) nel capitolo
precedente quale è stato il ruolo che hanno avuto le istituzioni dello Stato
Argentino? In che modo il problema è stato affrontato dai membri del potere
giudiziario, legislativo e dai funzionari del potere esecutivo? Perché vi è da
supporre che, davanti ai fatti (n.d.t. l’occupazione e la riattivazione delle
fabbriche) che poco a poco hanno smesso di essere casi isolati per trasformarsi
in una realtà generalizzata, lo Stato, nella potestà politica, sociale ed
economica che esercita non debba rimanere assente».
In maniera chiara questo documento ci dice come lo stato argentino, responsabile
di aver permesso con la sua politica monetaria che la borghesia imperialista USA
e europea lo trascinassero rapidamente in una bancarotta colossale e gettassero
nella disoccupazione decine di migliaia di lavoratori, ribadisca il suo primato
di direzione politica, sociale ed economica del paese.
Lo stato argentino con questa proposta di legge cerca di determinare il
dibattito all’interno dell’esperienza di autogestione operaia, calcando la mano
sul fatto che ogni fenomeno nuovo si deve muovere nel rispetto delle leggi dello
stato. Non è un caso quindi che, nello stesso documento, si trova una disamina
storica delle esperienze cooperative e, sottolineando in generale il ruolo delle
cooperative di confessione cattolica, nella panoramica generale la citazione che
occupa il primo posto è quella che riguarda l’Italia: «L’Italia rappresenta un
esempio di rilievo del movimento cooperativo in un paese con una struttura
chiaramente capitalista». E di seguito: «La nuova costituzione italiana, emanata
nel 1947 dopo la liberazione, ha dato le proporzioni degli strumenti giuridici
per la ridistribuzione della proprietà. L’articolo 42 recita: “La proprietà
privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che determina le forme nelle
quali può essere acquisita, sfruttata e limitata, al fine di assicurare la
funzione sociale che le appartiene e renderla accessibile a tutti”».
Un sindacalista brasiliano traccia un contorno della situazione cooperativista
capitalista nel suo paese con elementi validi anche a livello generale: «Noi non
abbiamo niente contro le cooperative, ma non condividiamo l’idea della
cosiddetta ‘economia solidale’, che è un bellissimo nome ma nasconde il
trabocchetto per cui in definitiva tutti i membri della cooperativa devono
essere padroni, che non sono più operai e che quando saranno ricchi si
ritireranno dalle lotte sociali. Inoltre la cooperativa verso l’esterno deve
competere con altre imprese capitaliste lottando contro i propri fratelli della
stessa loro classe sociale. Se la cooperativa è un passaggio di transizione per
potere comprare e vendere, va bene; ma nel caso in cui pensiamo che come
lavoratori delle cooperative la nostra impresa ci faccia ingrassare… è in questo
modo che ci si allontana dalla lotta. In Brasile, la cooperativa più antica ora
non partecipa più alla lotta politica.» (articolo «Quattro paesi, tanta
esperienza» bilancio dell’incontro tra i rappresentanti ufficiali delle
fabbriche recuperate di diversi paesi sudamericani in Venezuela - tratto da
«America XXI – Desde Venezuela para todo el continente», Anno III N°12 di
Gennaio del 2006).
La sigla che rappresenta il punto più alto del mimetismo riformista è quella del
Movimento delle Imprese Recuperate (MNER). Il 10 Giugno del 2005 a Torino
(serata sponsorizzata dalla coop. Stranaidea), a Udine ad Agosto di quest’anno
(serata sponsorizzata dalla regione Friuli) e in diverse altre parti d’Italia
vengono organizzate dibattiti e proiezioni del film «The Take», contestato da
destra dal MNFRT di Luis Caro.
In questi incontri uno degli ospiti è il vice presidente del movimento MNER,
Josè Abelli, che mette in evidenza la necessità di riattivare la produzione
delle fabbriche abbandonate per contenere la disoccupazione e la perdita di
capacità produttiva scherzando sulle critiche da sinistra che riceve: «filocapitalista,
borghese, riformista» (tratto da: http://www.dweb.repubblica.it). Nel sito
ufficiale del MNER (www.mnerweb.com.ar) ogni pagina web ha in primo piano la
pubblicità del Banco Nacional de Argentina che pubblicizza prodotti finanziari
specifici per il recupero di piccole unità produttive. Nella sezione ‘Circa il
MNER’ si legge: «Il MNER reclama la necessità di sviluppare e consolidare
l’industria Argentina nel quadro di un progetto nazionale che metta l’economia
al servizio della felicità del popolo, tenendo l’uomo come origine attore e
punto finale dell’attività economica».
Addirittura succede che questi due consorzi MNER e MNRFT, rivali nella
quotidianità, si alleino tra loro in alcune situazioni di fabbrica contro i
lavoratori. La pagina web www.aporrea.org
con un articolo dal titolo «Eduardo Murùa e la scomposizione nelle imprese
recuperate in Argentina», del Maggio 2006, ritrae i leader rispettivamente di
MNFR (Luis Caro) e MNER (Eduardo Murùa, uscito nel 2005 ma ambasciatore
informale del movimento) come a capo di organizzazioni in stile mafioso.
«Quello che sembrava essere la routine elettorale della fabbrica, ha finito per
essere un’occupazione violenta per mano delle due liste perdenti: una
rappresentata da Eduardo Murùa e l’altra da Luis Caro. L’assalto a IMPA è grave
per il suo carattere antidemocratico e mafioso. Quello che sorprende è che i
settori che hanno assaltato la fabbrica IMPA sono stati nemici acerrimi tra loro
fino al 14 di Maggio, anche se hanno la stessa impronta ideologica peronista.
Caro e Murùa si sono uniti davanti allo «spavento» di una sconfitta elettorale
sindacale, di fronte alla quale hanno reagito con i metodi del sindacalismo
giallo mafioso. In realtà è perché non possono sopportare la democrazia operaia,
l’associazione con libertà, la diversità, la varietà delle cose e niente che non
sia come loro dicono debba essere.» L’articolo prosegue: «Poco prima delle
elezioni per il risultato delle quali Murúa e Caro hanno dato l’assalto a IMPA,
il governo della città di Buenos Aires aveva promesso un apporto finanziario per
aiutare IMPA. Ma dopo l’assalto i lavoratori di IMPA hanno denunciato il fatto
all’Istituto Nazionale dell’Associazionismo e dell’Economia Sociale e una delle
conseguenze è stato il congelamento del finanziamento che colloca i lavoratori
di IMPA in una situazione molto difficile. Un altro aspetto della degenerazione
del cooperativismo … è quello che si può definire la «gerentizaciòn» (questa
perversa tendenza a convertirsi in dirigenti di azienda di nuovo tipo) di alcuni
capi cooperativisti e il ritorno parziale alle condizioni precedenti per
riallineamento passando per altre strade.»
Fino ad ora abbiamo fornito contributi e spunti circa situazioni nazionali di
Argentina e Brasile. Il Mercosur come sintesi politica delle tensioni nazionali
di questi due governi ha dimostrato un ampio interesse per il fenomeno delle
fabbriche recuperate e ha commissionato ad un’università argentina uno studio
dal titolo «La guida delle imprese recuperate del MERCOSUR» che ha vinto il
premio del Ministero dell’Educazione nel 2004. Era presente all’incontro della
fine di Ottobre 2005 a Caracas delle fabbriche recuperate principalmente di
quattro paesi: Argentina, Brasile, Uruguay e Venezuela di cui si può trovare il
resoconto ufficiale alla pagina web:
www.alternativabolivariana.org/pdf/compromiso_de_caracas.pdf.
Nei paesi del Mercosur si estende il fenomeno delle fabbriche recuperate
attraverso investimenti di capitali continentali e con una organizzazione del
lavoro basata su ‘cooperative’ che mascherano una dirigenza padronale. L’inizio
si è avuto cercando di interpretare le istanze sociali per contenere l’alto
grado di conflittualità operaia di questi anni che si è mossa fuori da ogni
forma di controllo sindacale. La tendenza sembra essere che il Mercosur metta in
pratica progetti sempre più grandi per il recupero e la riconfigurazione di
migliaia di unità produttive grandi e piccole da mettere sul piatto della
bilancia degli intensi rapporti economici che sta sviluppando con i paesi del
cosiddetto asse «sud-sud» per cercare di divincolarsi dalla subalternità con
Stati Uniti e Unione Europea.
Concludiamo con dei brani estratti da un intervista a 3 lavoratori di Gatic, una
fabbrica del settore tessile di 4/5 mila operai, situata nella zona di Buenos
Aires che ha espresso in questi ultimi 3 anni diversi momenti di alta
combattività, come quello che sta vivendo ora a settembre ottobre 2006.
«Siamo pieni di peronisti che praticamente sono quasi tutti traditori. Non i
peronisti come mio padre che è stato peronista ma non ha mai militato. Io ho
cominciato cercando lavoro e sono arrivato a fare una cooperativa perché i
padroni si sono rubati tutti i soldi. Penso che l’unica cosa da fare sia unirci
con altri lavoratori e organizzazioni popolari e possiamo guidare da soli un
paese senza avere corrotti e senza niente di quello che vediamo ora. Lottiamo
dal 2001 e poi è arrivato il MNER con la questione delle imprese recuperate e il
risultato è che sono peronisti. Il nostro grande desiderio è arrivare a fare
come fa la Zanon che è l’opposto di quello che fa il MNER.» Un altro lavoratore
continua: «La Zanon è il nostro modello, non vogliamo capi, non vogliamo che si
eleggano dirigenti, e così come si eleggono li si devono poter revocare,
toglierli quando fanno le cose male, quando sono corrotti, quando non soddisfano
le aspettative della maggioranza dei compagni». «Bisogna lottare perché le
necessità di reddito familiare stanno tra i 1500 e i 1600 pesos. Perché i nostri
figli si meritano un’ educazione migliore. Questa fabbrica, e pensare che è una
delle fabbriche cosiddette recuperate, non ci garantisce un salario fisso, alla
fine prenderemo 50 pesos per settimana e in questo ultimo mese abbiamo preso
solo 50 pesos. Questo è il salario che abbiamo per l’attuale dirigenza della
cooperativa. La lotta degli autoferrotranvieri aprirà gli occhi a molti. E’ una
grande lotta e speriamo che questo smuova le coscienze a tutti i compagni che
sono sfruttati come quelli che non guadagnano neanche per il sostentamento
minimo, e quindi mi voglio proprio congratulare con i lavoratori dei trasporti
per questa grande lotta.»
PER UN’ASSEMBLEA NAZIONALE DI SOLIDARIETA’ CON LA RESISTENZA DEI POPOLI LATINOAMERICANI Da alcuni anni registriamo,
in tutta Italia, una crescita dell'interesse verso i processi di
trasformazione politica ed economico-sociale sprigionatisi in America
Latina, così come il moltiplicarsi di iniziative di solidarietà e
contro-informazione, relative alla resistenza dei popoli di quel continente,
da parte di associazioni, comitati, collettivi, centri sociali, media
alternativi, ecc. |