Nabil Benattia, uno dei
tunisini a rischio di espulsione ha finito “di pagare la sua pena” ed è
stato trasferito dal carcere di opera, in cui è sempre stato detenuto, al
carcere dell’Ucciardone di Palermo, molto probabilmente per essere espulso a
giorni, come già successo ai suoi connazionali. era stato arrestato in
Italia, come circa trecento altri stranieri, durante “la caccia alle streghe
islamiche” dell’Italia bellica.
Le gigantesche accuse si erano poi svuotate nell’ennesima storia di
documenti contraffatti ma questo non gli ha concesso un’assoluzione.
Il magistrato Dambruoso non era ancora all’apice della sua carriera, se la
stava giocando sulle loro teste e non si è fatto fermare da nessuno
scrupolo.
A lui Benattia Nabil aveva scritto una lettera aperta che noi e altri
avevamo diffuso e che è ancora possibile trovare in rete.
Aggiungiamo, sotto, una lettera della moglie che rivolge a tutti il suo
grido d’aiuto e chiediamo la massima solidarietà.
Contro repressione e deportazioni
APPELLO URGENTE
Rivolgo questo appello alle persone di buona volontà, a coloro che credono
che la vita umana sia un valore. Mi chiamo Iman, ed ho ragione di credere
che mio marito Nabil Benattia, di origine tunisina, stia per essere espulso
– spero non lo sia già – verso il suo paese d’origine dove rischia di essere
incarcerato e torturato. Abbiamo tre figli, e dal novembre 2001 la nostra
vita famigliare è stata sconvolta da una grave accusa di terrorismo, che pur
non basandosi su alcun fatto concreto, ha portato ad una condanna per
associazione a delinquere, e non per terrorismo. In tutto questo tempo Nabil
ha mantenuto un atteggiamento coerente con le sue prime dichiarazioni, ha
cercato di lottare contro l’ingiustizia della quale è vittima, ed ha avuto
un comportamento corretto e costruttivo. In carcere, ultimamente si trovava
ad Opera, ha anche completato i suoi studi. Più volte, in questi anni gli
avvocati hanno presentato la richiesta di arresti domiciliari, anche con
l’intento di consentirgli di provvedere all’educazione dei nostri figli, ma
gli sono sempre stati negati. Gli è stato rifiutato anche il rinnovo del
permesso di soggiorno, cosa che è automatica per chi come lui è sposato con
una cittadina italiana, ed ha figli italiani. Mercoledì 17 nostro figlio più
grande è stato dal papà, stamattina quando mi sono presentata in carcere per
vederlo mi è stato comunicato che sarebbe stato trasferito a Palermo. Ho già
chiamato lì senza ottenere alcuna informazione. Mio marito è privo del
permesso di soggiorno, la sua pena sta per finire e Palermo è ad un passo
dalla Tunisia, che debbo pensare? In Tunisia chiunque sia un musulmano
praticante, emigrato all’estero, viene sottoposto ad interrogatori violenti,
ad intimidazioni, minacce, non oso pensare ciò che toccherebbe a Nabil che
ha subito una condanna in Italia! I rapporti delle organizzazioni dei
diritti umani parlano chiarissimo su questo. Inoltre, nemmeno gli anziani
genitori di mio marito si sono potuti sottrarre alla durezza e alla violenza
del regime tunisino. Non esagero affermando che la vita di Nabil è in
pericolo! Ho molto lottato per lui e per crescere i nostri figli, fiduciosa
che questa brutta situazione avrebbe avuto termine con il ritorno di Nabil
in famiglia, ora ci viene sottratta anche questa speranza, mio marito ha
pagato e duramente, non voglio sollevare la questione se a ragione o a
torto, voglio solo affermare che l’espulsione sarebbe una vendetta verso un
uomo che chiede di riprendere la vita che è stata così dolorosamente
interrotta per adempiere ai suoi doveri di padre e marito. Chiedo a chi ha i
mezzi per farlo di far conoscere questa situazione, nel più breve tempo
possibile, il tempo è veramente poco, forse, già lunedì un giudice di pace
dovrà esprimersi sul futuro di mio marito, sempre che non sia già successo.
Conto sulla Vostra solidarietà, comprensione ed aiuto, grazie
Milano, 20 maggio 2006
Anna Iman Benattia
[slim.benatia@virgilio.it] |