SENZA CENSURA N.20
luglio 2006
Solidarietà alla Palestina
Due comunicati del Coordinamento di lotta per la Palestina di Milano
Bilancio
della manifestazione del 18/02 a Roma
La manifestazione di sabato 18 febbraio a Roma ci ha visto non solo come
semplici aderenti, ma abbiamo contribuito attivamente affinché la sua
partecipazione fosse più ampia possibile, coordinandoci, tra l’altro, insieme ad
altri compagni di altre città per la propaganda e la messa a disposizione di
vettori (treno, Pullman) in grado di permettere a tutti di manifestare a Roma,
perché, lo ripeteremo fino alla nausea, è centrale e prioritario nell’agenda
politica dei comunisti dare il proprio indispensabile contributo al movimento
contro la guerra e in appoggio alla resistenza palestinese e irachena.
Chi è venuto ha Roma, ha senz’altro colto questa priorità...
Posizioni più sfumate, o addirittura più ambigue, corrono il rischio di essere
l’ancora di salvezza per l’opportunismo politico di chi si dice contro la guerra
ma teme la resistenza là come qui.
Questo opportunismo politico sta caratterizzando la propria pratica nella
direzione di “blindare” la discussione e l’iniziativa sulla guerra e la
resistenza, boicottando attivamente – come è il caso di sabato – le
mobilitazioni generose che riescono grazie allo sforzo dei compagni, qualunque
sia la loro collocazione soggettiva, e non grazie al contributo mobilitante
degli apparati della sinistra istituzionale.
Sabato abbiamo avuto un assaggio di cosa sarà il futuro governo del
centro-sinistra, con le gran parte della sinistra allineata su posizioni
smaccatamente filo-imperialiste e filo-sioniste.
Se la manifestazione ha contribuito a smascherare la vera natura di queste forze
e ad inasprire le contraddizioni all’interno del futuro ceto politico di
governo, ben venga!
L’anti-berlusconismo non può e non deve essere l’altare su cui sacrificare ogni
critica ai pericolosi progetti del centro-sinistra, soprattutto rispetto alla
guerra, alla devastazione ambientale, alle politiche anti-popolari, ai diritti
civili...
Per noi Roma è stata e rimane un passaggio, utile se si crea un circolo virtuoso
di iniziative in grado tra l’altro di denunciare sui nostri territori la
presenza militare, come quegli interessi politico-economici che trovano linfa
vitale nella continuazione e nell’ampliamento dell’escalation bellica: le
aziende del complesso militare – industriale, così come coloro che speculano e
traggono profitto dalla ricostruzione (post-distruzione) di un paese fatto
oggetto di una aggressione imperialista.
Per questo abbiamo cercato e cerchiamo, tra l’altro, di creare relazioni
virtuose con quella fascia di proletariato migrante; così come abbiamo cercato e
cerchiamo di avere un rapporto positivo con tutte quelle esperienze del
movimento studentesco desiderose di conoscere, confrontarsi e mobilitarsi contro
la guerra; ci adoperiamo poi per far si che i lavoratori più sensibili e le
esperienze a cui fanno riferimento cooperino per dare il loro indispensabile
contributo contro le politiche belliciste e si percepiscano come parte
integrante di un movimento di resistenza all’imperialismo, di cui i proletari
palestinesi e iracheni tra gli altri sono una porzione attiva ed esemplare.
In questo senso cooperiamo con tutti i compagni non intossicati dalla propaganda
di guerra che cercano di mettere in discussione il nefasto portato euro-centrico
e, gratta-gratta, filo-imperialista di buona parte della sinistra occidentale e
di cogliere le spinte soggettive di quelle esperienze del proletariato
metropolitano che mettono in discussione i progetti dell’imperialismo nel
“ventre della bestia.”
Il fatto che esista un movimento contro la guerra qua, non è attribuibile tanto
alle capacità organizzative di compagni con un coerente orientamento
internazionalista e men che meno alle direzioni dei partiti dalla sinistra, ma
principalmente dalla capacità di tenuta della resistenza in Iraq, come in
Palestina e della sua forza impattante nei confronti degli occupanti.
Questi “attributi” fanno paura ai governanti nostrani attuali e futuri, che
avranno come eredità non solo le imprese belliche fin qui affrontante, ma uno
stato imperialista, come quello italiano, ormai sempre più orientato ad essere
una macchina da guerra che interviene attivamente in ogni scenario di crisi
internazionale.
Potere che già da tempo è teso ad instaurare un clima di militarizzazione delle
contraddizioni sociali e che si traduce tra l’altro nel tentativo di
schiacciamento di ogni voce non conforme rispetto alla guerra, che parli di
resistenza.
Questo tentativo di accerchiamento, in tutte le sue espressioni, andrebbe
denunciato costantemente, e non bisognerebbe cedere al tentativo fatto dalla
parte avversa di farsi carico di stigmatizzare negativamente alcune espressioni
del movimento contro la guerra, prestando ancora di più il fianco alle
strumentalizzazioni dei fautori guerrafondai di destra e sinistra dello “scontro
di civiltà” e preparando un terreno fertile affinché la repressione faccia il
suo sporco lavoro.
Se ci sono state delle provocazioni sabato, sono state quelle di coloro che
prima, durante e dopo hanno cercato di impedire che una mobilitazione riuscisse
e che il suo contenuto fosse colto dai più, come di coloro che nella solita
variazione sul tema degli “opposti estremismi” hanno paragonato alcune
componenti della manifestazione alla merda nazi-fascista.
Chiaramente in un paese occupante con un vergognoso passato coloniale ed un
presente non meno schifoso, chi combatte per i suoi interessi economici
individuali al soldo delle truppe d’occupazione e degli interessi che esportano
è un “eroe”, mentre chi si batte contro l’occupante con i mezzi che ritiene
necessari, è un “terrorista”.
Ma non era proprio la propaganda nazi-fascista a chiamare “Banditen” i
partigiani?
Guai poi a maltrattare le icone delle potenze che “esportano” democrazia in
tutto il mondo, così come fanno gli sfruttati in ogni parte del globo.
Ci vuole coraggio a bollare di imbecillità propria di una sparuta minoranza un
atto che è prassi dei popoli che lottano contro il gendarme del capitalismo
mondiale...
Noi ci auguriamo la sconfitta politico-militare degli eserciti occupanti sul
campo e l’acutizzarsi delle contraddizioni sul fronte interno, senza le quali
non è pensabile uno sbocco vittorioso del movimento contro la guerra e una seria
messa in discussione dell’aumento della spesa di bilancio per fini bellici e di
“sicurezza” interna e il rilancio delle spese sociali.
Rilanciamo perciò la mobilitazione contro la guerra:
Sabato 25 febbraio parteciperemo al Presidio davanti al Consolato Francese a
Milano, per la liberazione di Georges Ibrahim Abdallah e i compagni di AD.
Sabato 4 marzo alle 10 a Parma (in luogo da definirsi) ci incontreremo per la
seconda volta con alcune realtà che hanno promosso le iniziative con il compagno
iracheno Ahmed Karim a dicembre e hanno contribuito alla riuscita della
manifestazione dello scorso sabato a Roma, per discutere come continuare il
percorso intrapreso, in un assemblea aperta alle realtà interessate
Lunedì 13 febbraio nell’ambito delle giornate di mobilitazione in ricordo di
Davide Cesari (Dax), stiamo promuovendo insieme ad altri compagni di Dax un
incontro con un compagno comunista iracheno
Sabato 18 marzo a Milano daremo il nostro contributo alla manifestazione in
ricordo di Dax che dalle Colonne di S.Lorenzo arriverà fino al carcere di
S.Vittore in concomitanza con le altre manifestazioni mondiali contro la guerra
e in appoggio alla resistenza irachena
27/02/2006
Coordinamento di lotta per la Palestina - Milano
[coordpalestina@yahoo.it tratto da:
http://www.autprol.org/]
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COMUNICATO sul 25 aprile a Milano
Il Coordinamento di lotta per la Palestina di Milano esprime la sua piena
soddisfazione per la riuscita della partecipazione alla manifestazione del 25
aprile.
Siamo scesi in piazza per tenere legato il filo storico che unisce la Resistenza
antifascista di ieri con le Resistenze attuali dei popoli oppressi, come in
Iraq, Palestina, America Latina, Nepal, e per affermare l’attualità
dell’antifascismo vero, quello sceso in piazza l’11 marzo a Milano, quello per
cui ancora 25 nostri compagni sono detenuti dallo Stato e per i quali
continueremo la mobilitazione fino alla loro liberazione.
Una partecipazione costruita avendo come obiettivo la mobilitazione di un
settore del proletariato della metropoli che nei propri paesi di origine ha
vissuto e vive tuttora la guerra, l’occupazione coloniale, il razzismo, e che
nel nostro paese lavora ed è sfruttato dai padroni italiani per pochi soldi.
Poche settimane fa, uno di questi immigrati era stato ucciso da un vigilantes
assoldato dai rapinatori in doppiopetto delle immobiliari, che fanno profitti da
capogiro imponendo affitti stellari ai proletari immigrati ma anche italiani. Un
episodio che per noi rappresenta bene la guerra quotidiana che il Capitale
impone agli sfruttati, con tanto di “contractor” privati utilizzati in Italia
come in Iraq per il “lavoro sporco”. A questo ragazzo assassinato, gli immigrati
del quartiere hanno voluto simbolicamente dedicare un funerale all’interno della
manifestazione, per esprimere la rabbia e il dolore di vedersi usati come forza
lavoro da spremere, come affittuari da salassare, e poi liquidare con
un’espulsione o peggio con l’assassinio.
Il corteo, con una partecipazione di circa 300 persone, si è immediatamente
colorato dei vessilli della resistenza araba, cui faceva da contraltare la
bandiera dello stato razzista e di Apartheid di Israele, trascinata e calpestata
per tutto il corteo. Questo gesto, assolutamente legittimo e doveroso nei
confronti di uno stato che sta praticando da decenni un genocidio nei confronti
del popolo palestinese e arabo tutto, ha causato la solita levata di scudi da
parte della stampa, che ha iniziato la solita campagna terroristica e di
diffamazione; in particolare nello stesso giorno in cui elicotteri israeliani,
per l’ennesima volta, lanciano missili contro auto palestinesi a Gaza, uccidendo
4 persone, l’ambasciatore israeliano in Italia e la cricca sionista gridano allo
scandalo per le “offese alla bandiera”, nascondendosi furbescamente dietro la
partecipazione della “Brigata ebraica” alla manifestazione del 25 aprile. Una
partecipazione che guarda caso è iniziata dopo lo scoppio dell’Intifada nel 2000
ed è stata sempre utilizzata dai sionisti in chiave propagandistica, cosa che
non onora né i partigiani ebrei che hanno combattuto il nazifascismo (a loro
tempo criticati proprio dai circoli sionisti!), né le vittime dell’Olocausto
nazista. Di nuovo si sono levate le accuse di antisemitismo e tutta la classica
operazione di confusione utile ai sionisti per mettere lo stato di Israele al
riparo da ogni critica, accuse che non ci toccano minimamente.
Anche i futuri sinistri governanti si sono sbracciati a fare professione di fede
sionista, cosa che ha fatto oggettivamente il paio con il tentativo di tenerci
distanti dal corteo “ufficiale” e comunque separati da esso prima dai cordoni
della polizia, poi da quelli del PRC.
Un trattamento, quest’ultimo, che denota tra le altre cose anche un certo
razzismo nei confronti delle decine e decine di immigrati arabi, forse per
qualcuno troppo scomodi in questi “tempi di guerra” in cui è bene marcare le
distanze con i “nemici”, interni ed esterni.
Dopo l’arrivo in San Babila, abbiamo raggiunto il carcere di San Vittore per
unirci al presidio in solidarietà coi compagni arrestati, animandolo con la
presenza di molti immigrati che hanno voluto così esprimere un legame
riconosciuto con chi ha lottato contro quei fascisti che li accoltellano, li
picchiano, li vorrebbero deportare.
Riteniamo sia stata corretta la scelta di scendere in piazza e di sfilare in
corteo, senza fare sconti nei contenuti e senza accontentarci di recitarli al di
fuori di quella piazza che è e sarà sempre la piazza degli antifascisti, di chi
lotta contro la guerra imperialista, di chi è al fianco dei resistenti.
Facciamo appello a tutti i compagni e le realtà affinché non si facciano
intimidire dalla repressione o dalle campagne stampa e impediscano l'obiettivo
di criminalizzare, per tentare di isolarle, esperienze di aggregazione e di
lotta coerentemete antimperialiste e di classe. Al tempo stesso invitiamo alla
vigilanza contro le possibili ritorsioni ai danni in particolare degli immigrati
che hanno coraggiosamente sfidato gli sgherri in divisa e partecipato al corteo,
nonostante i tentativi di intimidirli operati durante tutta la sfilata.
Rilanciamo la solidarietà con i 25 compagni arrestati l’11marzo!
A fianco dei popoli in lotta e della Resistenza araba!
Morte al fascismo e all’imperialismo!
Ora e sempre Resistenza!
29/04/2006
Coordinamento di lotta
per la Palestina – Milano
[coordpalestina@yahoo.it tratto da:
http://www.autprol.org/]