SENZA CENSURA N.20
luglio 2006
…Fino alla Vittoria!
La lotta del popolo palestinese e la criminalizzazione del suo sostegno
L’evoluzione della situazione in Palestina,
inserita nel quadro più ampio del contesto “Medio Orientale”, avrebbe bisogno di
maggiore approfondimento. Dedicheremo uno spazio al riguardo nel prossimo numero
della rivista.
L’”evacuazione” dei coloni e il “ritiro unilaterale” delle forze dell’esercito
israeliano nell’estate scorsa, la vittoria elettorale di Hamas alle legislative
di questo gennaio, l’assedio e la cattura di numerosi prigionieri palestinesi
nel carcere di Gerico, e tra l’altro del Segretario Generale del Fronte Popolare
di Liberazione della Palestina, nel marzo di quest’anno, oltre alle elezioni
legislative del dopo-Sharon, sono alcuni passaggi politici fondamentali, che non
cambiano il contesto di occupazione della Striscia di Gaza e dei Territori
Occupati della Cisgiordania.
La conclusione del “muro di sicurezza” eretto da “Israele” tra sé e la
Cisgiordania e l’attuale isolamento politico e l’embargo decretato ai danni
della popolazione palestinese dai governi occidentali sono poi fattori che
inaspriscono ancora più marcatamente l’occupazione israeliana e le danno
maggiore legittimazione internazionale.
La rottura dell’isolamento della resistenza e la riaffermazione delle ragioni
storiche della lotta palestinese devono essere al centro dell’agenda politica
internazionalista in un momento in cui l’imperialismo italiano ha un peso sempre
maggiore nella politica “Medio Orientale”, come vettore di subordinazione della
Nazione Araba ai dettami imperialistici, in cui le forze politiche della
sinistra istituzionale hanno abbracciato pienamente tale co-progetto di dominio
sulle popolazioni interessate.
Il cosiddetto “conflitto israeliano-palestinese”, concetto che nasconde la
realtà di una situazione in cui l’entità sionista occupa la Palestina e i
palestinesi lottano per le loro rivendicazioni storiche, è infatti sempre più al
centro anche del dibattito politico italiano, sia che si tratti degli
avvenimenti in “Israele” e Palestina, sia che si tratti della solidarietà
internazionalista con la resistenza di questo popolo e con tutta la Nazione
Araba.
Certamente vi è una innegabile asimmetria tra la criminalizzazione delle azioni
della resistenza e del suo sostegno sul “fronte interno”, che diventano
argomento di battage mediatico, e il centro dell’agenda politica di tutte le
forze istituzionali schiacciate sempre più su posizioni non solo smaccatamente
sioniste, ma subordinate alle scelte governative di Israele.
La propaganda di guerra dei media meanstream e le forze politiche istituzionali
a ruota condannano anche un gesto come il bruciare un simbolo riconosciuto
internazionalmente di oppressione coloniale e di Apartheid, e ignorano l’inferno
sulla terra dell’occupazione israeliana, salvo poi occuparsene quando la
resistenza si difende attaccando l’aggressore: mentre le notizie delle uccisioni
di palestinesi appaiono e scompaiono nel veloce susseguirsi delle notizie
scritte e non lette dei maggiori TG nazionali, le immagini dei corpi straziati e
del dolore degli israeliani riempie i servizi principali su tutte le reti.
Una strategia di gestione dell’informazione sulla guerra differente da quella
riservata all’Iraq in cui gli unici fatti citati servono a sedimentare la
convinzione di una guerra fratricida tra iracheni in una situazione sull’orlo
della guerra civile, omettendo le azioni della resistenza e le sue denunce e
rivendicazioni, così come i mandanti e gli attori della strategia di divisione
dell’Iraq in patrie etnico-confessionali e di una “irachizzazione” del
conflitto, perno delle strategie di Usa e Israele, che dal Vietnam ai Balcani,
passando per il Libano e l’America Latina, si rinnova ancora oggi.
Anche per ciò che concerne la Palestina, non bisogna sottovalutare la strategia
di creare delle fratture nel corpo politico-sociale della Palestina, alimentando
divisioni funzionali all’occupante, contrapponendo un interlocutore minoritario
sul campo (Al-Fatah) ma che gode della fiducia dell’Occidente, alle reali forze
che resistono all’esercito israeliano.
Abbiamo deciso di pubblicare l’intervento in diretta dal carcere di Gerico in
Palestina di Ahmed Saadat, tradotto dal palco alla fine della manifestazione di
Roma del 18 febbraio in solidarietà al popolo palestinese e iracheno,
particolarmente interessante per il suo taglio internazionalista e la lettura
dei risultati elettorali di gennaio, e la traduzione di una intervista di metà
marzo fatta poco prima della sua cattura da parte delle forze dell’IDF.
Inoltre diamo ampio spazio alla mobilitazione in Sardinia contro l’esercitazione
militare “Spring Flag 2006”, - congiunta a cui ha partecipato anche l’esercito
sionista - che ha visto una ampia partecipazione popolare, e ai comunicati del
Coordinamento di Lotta per la Palestina di Milano successivi alla sovracitata
manifestazione di Febbraio a Roma, e sulla recente mobilitazione a Milano.
Quest’ultima ha assunto per la durata e la nettezza delle reazioni che ha
suscitato una valenza nazionale di preciso attacco da parte dell’attuale
maggioranza governativa all’ipotesi di legare l’opposizione alla guerra e
l’appoggio della resistenza nel mondo arabo alla lotta contro le condizioni di
vita imposte al proletariato.
In questo senso l’attacco politico e il tentativo di isolamento non sono solo
probabilmente i prodromi di una azione repressiva contro i compagni che compongo
questa esperienza specifica e dei soggetti a cui sono riusciti a legarsi, come
le veline poliziesche del Corsera inducono a pensare, ma un preciso monito al
movimento contro la guerra in generale e a tutti quei proletari che subiscono e
resistono alla guerra guerreggiata nei paesi della periferia integrata, e
reagiscono alla guerra a bassa intensità condotta nei quartieri ghetto e nei
posti di lavoro nei paesi del centro imperialista.