Un rapporto del National
Energy Policy Development Group stima che nel 2015 un quarto
dell’importazioni di petrolio verso gli USA deriveranno dall’Africa
occidentale.
L’intensa attività guerrigliera nel Delta del Niger contro strutture
petrolifere, finita recentemente nel cono di luce dei media, testimonia
come il dominio di questa parte del pianeta stia divenendo sempre più
centrale, e allo stesso tempo impegnativa, per il gendarme del capitalismo
mondiale.
Il il Trans Sahara Counter Terrorism Initiative (TSCTI) rappresenta
l’ultimo programma in ordine di tempo, avviato dagli USA per rafforzarvi
la sua presenza militare.
il 23 e 24 marzo 2004 i più alti responsabili militari di Algeria,
Marocco, Mauritania, Tunisia, Chad, Mali, Nigeria e Senegal si incontrano
presso il comando americano per l’Europa, per contrastare l’attività del
“terrorismo islamico” in particolare della “cellula saheliana-sahriana”
del “Gruppo Salafista di Predicazione e di Combattimento” attiva nella
regione.
La TSCTI ha iniziato ad essere operativa in Giugno, con 2100 soldati delle
Special Forces che hanno addestrato 3.000 soldati dai vari paesi dell’
“Iniziativa”, operazioni simulate progettate per un miglior controllo
coordinato dei confini tra questi stati.
Rispetto ai 7 milioni di dollari investiti nel Pan-Sahel Initiative, una
dei nomi cangianti per la definizione della politica americana nell’area,
i 100 milioni di dollari spesi annualmente, e in previsione di spesa,
costituiscono un vero e proprio “salto di qualità” per la politica
africana degli USA.
Come abbiamo detto questa “iniziativa” ha importanti tappe pregresse nella
regione.
Nel 1996 il Dipartimento di Stato propose la African Crisis Response Force
(ACRF), idea nata sull’onda del disastro di Mogadiscio e dal rifiuto di
impiegare truppe USA in operazioni di “peace- keeping”. Presto l’ACRF
viene sostituita dalla African Crisis Response Initiative(ACRI) e passa
sotto l’egida del Pentagono. Questo programma si occupa specialmente
dell’addestramento in loco degli eserciti autoctoni in gran parte condotti
dalle Special Forces e della fornitura di moderni più moderni. Dall’estate
del 1997 all’estate del 2000 sono stati addestrati 8 battaglioni (uno per
ciascuno degli eserciti di Ruanda, Uganda, Malawi, Mali, Ghana, Benin,
Costa d’Avorio), per un totale di 10.000 uomini addestrati e la fornitura
di materiali per 30 milioni di dollari.
L’ACRI, si coordina con gli analoghi programmi dei paesi europei con una
passato coloniale in Africa come: Francia, Gran Bretagna, Portogallo,
Belgio, su base multilaterale o bilaterale e integra i programmi di
assistenza militare (IMET) estesi negli anni ‘90 anche al continente
africano e l’ African Regional Peace Program.
Nel 2001 l’ACRI estende le sue competenze alle operazioni psicologiche e
ai corsi di Stato Maggiore e per completare, La National Defense Unit, il
più importante ‘polo’ dottrinale statunitense, istituisce l’African Center
for Strategic Studies.
Il progetto cambia nome nel corso del tempo mantenendo, per
l’addestramento, i concetti dottrinali e operativi della NATO, assumendo
un profilo sempre più marcatamente aggressivo e connotati sempre più
anti-insurrezionali, con la costituzione in Mali, Mauritania, Chad e Niger
di una compagnia di intervento “anti-terrorismo”, di cui il Niger è un
banco di prova e terreno di penetrazione verso altre zone quali Sao Tomé &
Principe e il Congo-Brazville..
Chiaramente l’azione statunitense si è concentrata negli spot di maggiore
interesse, come tra l’altro i paesi che si affacciano sul Golfo di Guinea,
che detiene il 10% delle riserve petrolifere mondiali.
- Il Sahara e altre vicende africane, Vilmo Pagani, «Rivista Italiana di
Difesa», settembre 2005
- The Trans Sahara Counter-Terrorism Initiative: U.S. takes terror fight
to Africa’s ‘Wild West’, Jason Motlagh, San Francisco Chronicle, December
30, 2005 |