SENZA CENSURA N.18
NOVEMBRE 2005
Mumia Abu-Jamal: aggiornamenti
Vi è una costante negli ultimi 5 anni di
campagne ed iniziative (e manifestazioni, ed incontri internazionali, e
cittadinanze onorarie, ...) a sostegno di Mumia Abu-Jamal, per la sua
liberazione dal braccio della morte del super carcere SCI-Green, perso e
disperso nello stato della Pennsylvania, Stati Uniti d’America. La costante in
questione è rappresentata dalla lentezza con cui ogni azione in progress, e
sono svariate, condotte sul piano legale, subiscono punti a favore oppure
rimbalzano sui muri di gomma della (in)giustizia a stelle e strisce, razzista
e antiproletaria. Nel mentre, il prigioniero politico e giornalista
afro-americano Mumia Abu-Jamal langue dietro le sbarre. E sono già 23 anni.
Con lui e come lui, altri centinaia di prigionieri afro-americani,
antimperialisti, musulmani.
Vi è stato certamente un abbassamento generale della campagna internazionale,
dovuta in parte al lungo periodo di attività che fin qui l’ha contraddistinta
(almeno 10 anni senza sosta) e in parte a scelte politiche che hanno
sbilanciato la campagna stessa verso il piano prettamente giudiziario,
sminuendo in questo, almeno in parte, la connotazione politica e collettiva
dell’agire, negli Stati Uniti, in Europa, nel resto del mondo. Tuttavia le
motivazioni della campagna rimango tutte, soprattutto oggi che le condizioni
generali di controllo e repressione, dietro e fuori le sbarre, nei confronti
dei prigionieri sociali e politici, si sono radicalmente aggravate. E con la
tendenza ad un peggioramento continuo.
Nel corso dei mesi estivi, tra giugno ed agosto, abbiamo assistito, in Corti
differenti, a novità che riguardano più o meno direttamente l’attuale status
giudiziario di Mumia.
Il 13 giugno la Corte Suprema degli Stati Uniti, nel caso Thomas Miller-El v.
Dretke, ha riaperto una porta (per Mumia e per tutti i prigionieri nelle sue
condizioni) che pareva essere definitivamente chiusa grazie all’Anti-terrorism
and Effective Death Penalty Act (AEDPA), decretato nel 1996 dall’allora
“progressista” amministrazione Clinton.
Nei fatti, col suddetto caso, è stata rigettata l’impossibilità a presentare
petizioni di habeas corpus, come stabiliva (e stabilisce) l’AEDPA, la quale
era diretta a bloccare in modo pressoché totale la possibilità di presentare
appelli nei casi di condanna a morte. E sempre con l’utilizzo dell’AEDPA, il
giudice William H. Yohn Jr., della Corte Federale, aveva negato la possibilità
al collegio difensivo di Mumia di presentare la documentazione prodotta con i
29 punti anticostituzionali messi in atto nel procedimento giudiziario che nel
1982 portò alla condanna capitale Mumia.
Per altro, le questioni fondamentali del processo in Texas vanno in parallelo
con quelli legate al caso di Mumia: utilizzo razzista delle legge, utilizzo
arbitrario e coatto dei giurati con esclusione di giurati di colore, etc... La
Corte Suprema degli Stati Uniti ha di fatto rovesciato la sentenza capitale di
Miller-El sentenziando a favore di una sua scarcerazione immediata oppure di
un nuovo processo.
Ma per una notizia buona se ne registra una pessima.
In sede separata, il giudice Pamela Dembe, del Philadelphia Court of Common
Pleas, ha deciso di escludere le evidenti prove a supporto dell’innocenza di
Mumia dal procedimento da lei seguito. Il giudice Dembe ha rifiutato di
prendere in considerazione le deposizioni scritte e giurate di Yvette Williams
e Kenneth Pate.
La Williams ha affermato che il teste principale utilizzato nel 1982 contro
Mumia, Cynthia White, mentì durante il processo. Mentre erano entrambe
incarcerate, la White ammise alla Williams di essere stata obbligata a
rilasciare le deposizioni che hanno contribuito alla condanna di Mumia, dopo
essere stata minacciata e pressata a più riprese da parte della polizia di
Philadelphia. Deposizioni che, tra l’altro, arrivarono solo dopo che la White
ottenne tutta una serie di benefici rispetto ai suoi problemi con la legge per
le svariate condanne legate alla prostituzione e allo spaccio di stupefacenti.
La sorellastra di Kenneth Pate, Priscilla Durham, della sicurezza del
Jefferson Hospotal, disse di aver sentito Mumia confessare l’uccisione del
poliziotto Faulkner (mentre lì si trovava in fin di vita dopo essere stato
ferito in maniera grave da colpi di arma da fuoco di agenti di polizia). Pate
ha affermato che la Durham gli avrebbe confessato di aver mentito sotto le
pressioni della polizia.
Il giudice Dembe, così come tutti i giudici che si sono susseguita dal
processo del 1982 al 2001, ha rigettato l’accettazione degli elementi, chiari
e palesi, che proverebbe la totale estraneità di Mumia nel caso di assassinio
dell’agente Faulkner.
E se non bastassero i giudici, ci sono i sindaci (che giocano a fare i
giudici).
Il 20 giugno, durante un incontro con Pam Africa, leader dell’nternational
Concerned Family and Friends of Mumia Abu-Jamal, il sindaco di Philadelphia,
John Street, ha negato di aver mai affermato durante una conversazione
telefonica con Maureen Faulkner, moglie di Daniel Faulkner, le parole per cui
“Mumia ha ucciso Daniel Faulkner e si trova nel luogo che merita”. Tuttavia la
seguente confidenza sarebbe stata riportata dal Philadelphia Inquirer e dal
Philadelphia Daily News, su informazioni a loro arrivate direttamente da
Maureen Faulkner. Risulta quindi chiaro il rinnovato interesse da parte del
sindaco di Philadelphia e della amministrazione cittadina affinché non si
arrivi alla riapertura del processo di Mumia. Tra giochi e giochetti, tra
pressioni e impressioni, le lobby del potere, sia esso
politico/amministrativo, sia esso giudiziario o poliziesco, si muovono
compatte per impedire che la verità (giudiziaria e politica) venga a galla.
“From Attica to Abu Ghraib”
Si tratta di una campagna che si sviluppa attraverso una serie di
conferenze itineranti negli Stati Uniti, coordinata dall’International Human
Rights Initiative (IHRI). Gli obiettivi sono fondamentalmente quattro e li
andiamo ad elencare:
1. Organizzare una Giornata di Solidarietà Internazionale per la liberazione
dei Prigionieri Politici, dentro e fuori gli Stati Uniti.
2. Attivare un network per coordinare le azioni di solidarietà tra le
organizzazioni e i collettivi.
3. Iniziare una campagna internazionale per stoppare il sistematico utilizzo
della tortura, della detenzione coatta, dei grand juries, delle attività
illegali da parte delle forze di controllo, dei raids contro gli immigrati.
4. Documentare tutte queste violazioni per eventuali azioni sul piano
giudiziario.
Sul sito ufficiale della campagna, è possibile seguirne le attività iniziativa
per iniziativa e sono scaricabili materiali prodotti appositamente per le
conferenze. Tra questi, segnaliamo:
- Attica to Abu Ghraib: Reflections of U.S. Political Prisoners (dossier con
interventi di 14 prigionieri politici afro-americani e antimperialisti)
- Human Rights in the United States : The Unfinished Story. Current Political
Prisoners – Victims of COINTELPRO. Proceedings of the Issue Forum convened by
Congresswoman Cynthia McKinney, September 14, 2000, Rayburn House Office
Building, Washington, D.C.
- The Jericho Movement, “Resolution for Recognition and Release of All U.S.
Political Prisoners, POWS, and Return of Exiles”
- The Jericho Movement (S.F. Bay Area) and Prison Art News, “US-held Political
Prisoners”
[Info: www.attica2abughraib.com]