SENZA CENSURA N.18
NOVEMBRE 2005
Privatizzazioni a fin di guerra
Fincantieri tra giungle di appalti e mari militarizzati…
La ristrutturazione dei cantieri navali ha visto
negli ultimi anni una forte accelerazione in Europa: il conseguente
ridimensionamento, l’esternalizzazione sfrenata, una decisa virata della
produzione e dell’organizzazione della logistica a fini militari sembrano
avvalorare quanto affermato a proposito del trasporto via mare in un articolo
del numero 11 di SC ( “Alla deriva…”). Alla luce delle recenti lotte dei
marittimi Corsi e Marsigliesi, in questo numero facciamo il punto sugli effetti
della privatizzazione alla Fincantieri e, attraverso una breve cronistoria,
sulla ristrutturazione dei cantieri navali in Spagna.
LA SITUAZIONE DELLA CANTIERISTICA EUROPEA
La cantieristica europea ha conosciuto grandi cambiamenti a partire dalla metà
degli anni ‘70.
Due cantieri su tre sono scomparsi e l’occupazione è scesa dai circa 400.000
lavoratori del 1975 ai circa 85.000 di oggi, per quanto la produzione in realtà
sia rimasta stabile, a riprova degli enormi aumenti di produttività raggiunti
dall’industria europea.
Sul mercato internazionale si sono confermati come protagonisti i cantieri della
Corea del Sud, del Giappone e della Cina, mettendo in evidente difficoltà
numerosi cantieri europei che, nonostante gli effetti positivi della ripresa
internazionale con conseguente valore record della domanda di nuove navi, sono
riusciti ad acquisire commesse per nuove navi con sempre maggiori difficoltà a
causa della concorrenza messa in atto dai cantieri coreani.
L’incremento della domanda che ha caratterizzato il mercato delle costruzioni
mercantili, ha confermato lo stato di precarietà o situazioni di crisi aziendale
in cui si trovano numerosi operatori europei che hanno denunciato situazioni
finanziarie compromesse o sono entrati in fallimento, facendo registrare un
ulteriore forte ridimensionamento della cantieristica europea (chiusura per
fallimento del cantiere tedesco Flender Werft, chiusura del cantiere svedese
Bruces Shipyard, del cantiere olandese Van der Giessen, del cantiere inglese
Appledore Shipbuilders) e evidente riduzione dell’occupazione complessiva del
settore, a seguito di chiusure e interventi di
ristrutturazione/ridimensionamento della capacità produttiva.
In Germania, il cantiere HDW ha programmato una riduzione dell’occupazione da
febbraio da 3210 a 2470 unità, e il cantiere Meyer Werft ha programmato un
taglio della forza lavoro di circa il 30%, da 2600 a 2000 unità. Il cantiere
Flender Werft – come si è detto - è fallito, con una perdita occupazionale di
800 unità lavorative.
In Finlandia, il Cantiere Kvaerner Masa Yards, ha annunciato la concentrazione
delle proprie attività relative alle lavorazioni di scafo nel solo cantiere di
Turku, prevedendo un taglio della manodopera di 986 unità.
In Italia, il Cantiere Navale Fratelli Orlando di Livorno, in amministrazione
controllata, è uscito dal comparto delle costruzioni navali mercantili,
prevedendo un notevole ridimensionamento dell’organico di circa 215 unità su un
totale di 390. Il Cantiere è stato acquistato dal gruppo Azimut-Benetti che
opera nel comparto della costruzione di imbarcazioni da diporto; il Cantiere
Navale Mario Morini di Ancona, acquistato dal gruppo Ferretti, è uscito dal
comparto delle costruzioni mercantili, riconvertendosi alla costruzione di unità
da diporto (maxi yachts).
I Nuovi Cantieri Apuania, con un’occupazione di circa 260 addetti ed un indotto
intorno alle 1000 unità, stanno attraversando un periodo di grave crisi, che
potrebbe portare ad un ulteriore ridimensionamento occupazionale.
In conclusione, circa 8300 posti sono andati persi in Europa a seguito di
interventi di ristrutturazione, di riconversione e ridimensionamento della
capacità produttiva.
LA RISTRUTTURAZIONE DI FINCANTIERI
Fincantieri, sorta a fine 1959 come “Società Finanziaria Cantieri Navali -
Fincantieri S.p.A.”, nel corso del 1984 si è trasformata in società operativa, a
seguito della fusione per incorporazione di otto società da essa controllate
operanti nel campo della costruzione navale, della riparazione navale e della
costruzione di apparati motori.
Fincantieri oggi si presenta come un gruppo controllato da Fintecna S.p.A., che
detiene l’83% del capitale sociale, mentre la rimanente quota del 17% fa capo a
nove istituti finanziari: Capitalia, Banca Nazionale del Lavoro, Unicredito
Italiano, Banca Carige Cassa di Risparmio di Genova e Imperia, Banca Intesa,
Citibank International, SANPAOLO IMI, IMI Investimenti e Banca Antoniana
Popolare Veneta.
L’avvio dell’attività di Fintecna, società interamente controllata dal ministero
dell’economia e delle finanze, é collegato al piano di ristrutturazione
(novembre 1993) dei settori delle costruzioni, dell’ingegneria civile e
dell’impiantistica facenti capo al Gruppo IRI, attivato con la liquidazione
dell’Iritecna SpA.
Fintecna ha realizzato il “risanamento” in circa cinque anni, trascorsi i quali
il mandato si è esteso al coordinamento, gestione e controllo di tutti i
processi di liquidazione, ristrutturazione e smobilizzo facenti capo al Gruppo
IRI (Ilva, Iritecna, Finsider, Italsanità, ...).
Nell’ambito di tali attività è proseguito il processo di concentrazione delle
liquidazioni che ha portato alla fusione per incorporazione dell’IRI in Fintecna,
che ne ha così acquisito il relativo residuo portafoglio di attività costituito
principalmente dalle partecipazioni in Fincantieri, Tirrenia e Edindustria. (1)
Dopo la dismissione dei cantieri operanti nel settore delle riparazioni navali -
oggi concentrate nel cantiere di Palermo - e lo scorporo delle attività
motoristiche cedute alla Wartsila Corporation, la produzione è svolta in otto
stabilimenti, ripartiti in tre Direzioni: la Direzione Navi a Crociera, cui
fanno capo i cantieri di Monfalcone (Gorizia), Marghera (Venezia) e quello di
Sestri Ponente (Genova), la Direzione Navi da Trasporto, con i cantieri di
Ancona, Castellammare di Stabia (Napoli) e Palermo e la Direzione Navi Militari,
con i cantieri di Riva Trigoso (Genova) e di Muggiano (La Spezia).
A Fincantieri inoltre fanno capo alcune società collegate e controllate, tra le
quali:
• la Orizzonte Sistemi Navali, società di sistemistica navale con sede a Genova,
recentemente creata per la definizione, progettazione, integrazione e
commercializzazione dei sistemi di navi di superficie ad elevato contenuto
tecnologico e sistemistico, quali corvette, fregate, caccia e portaerei, di
dislocamento superiore a 1.000 tonnellate, sia per il mercato nazionale che per
quello estero;
• l’Isotta Fraschini Motori, con sede a Bari, che opera nel campo della
progettazione, costruzione, vendita e assistenza di motori diesel veloci di
media potenza;
• il CETENA - Centro per gli Studi di Tecnica Navale di Genova, che promuove e
svolge attività di ricerca fondamentale, di base e applicata nel settore della
costruzione e propulsione navale, nonché nel comparto marino in generale. Il
CETENA, autorizzato dal Ministero della Ricerca, assicura anche prove di
laboratorio per piccole e medie imprese e agisce come coordinatore e/o partner
all’interno di consorzi europei, anche in collaborazione con le Università,
altre istituzioni scientifiche e centri di ricerca, sia in Italia che
all’estero.
Due sono le linee strategiche portate avanti da Fincantieri come risposta alla
crisi del settore, ed entrambe fanno riferimento a scelte condivise in tutta
l’area UE: il potenziamento del sistema dei trasporti via mare, e l’incremento
della produzione navale militare in funzione del rafforzamento del famigerato
spazio di difesa europeo. (2)
LE AUTOSTRADE DEL MARE
Il Centro per gli Studi di Tecnica Navale del Gruppo Fincantieri, ha messo a
fuoco le potenzialità e gli interventi necessari per rilanciare il cabotaggio
come alternativa, o quanto meno come supporto, alle altre due modalità di
trasporto delle merci, ovvero il trasporto su rotaia e su gomma.
L’attenzione è posta sul tema, già al centro di dibattito per quello che
concerne il sistema dei trasporti europeo, delle cosiddette“autostrade del
mare”, due delle quali - l’Autostrada del mare dell'Europa sud-orientale e
quella dell'Europa sud-occidentale - riguardano direttamente l’Italia. Si tratta
di una rete marittima di trasporto di mezzi gommati e di merci integrata con
strade e ferrovie.
Due gli elementi chiave messi a fuoco dallo studio sul possibile futuro panorama
delle autostrade del mare: le navi e gli snodi portuali. Un adeguamento della
flotta esistente in vista ed in funzione dello sviluppo di una fitta rete di
trasporti sul mare, dovrebbe essere improntato all’acquisizione di unità
specifiche per velocità, capacità di procedere con condizioni meteo-marine
difficili, flessibilità operativa e costi di gestione.
Sul fronte dei terminal portuali, secondo sempre le indicazioni fornite dallo
studio, l’impegno dovrebbe essere mirato alla ricerca di maggiore efficienza,
passando ad una operatività degli scali continua nelle 24 ore, per arrivare fino
allo sviluppo ed al potenziamento dei collegamenti diretti.
E’ anche vero che, già nella presente situazione, il cabotaggio risulta essere
un anello fondamentale nella catena della logistica integrata. Si tenga presente
come solo sui traffici regolari già assimilabili ad autostrade del mare, ogni
settimana le navi italiane effettuano oltre 150 collegamenti. (3)
Posizioni simili sono emerse anche nell’ambito dell’Unione europea. Nello scorso
mese di dicembre, la Ue ha varato un programma per la liberalizzazione dei
servizi portuali e a favore di un maggiore impegno per l’intermodalità. Il
progetto, che è stato denominato “Marco Polo” e che sostituisce il precedente
progetto PACT (Pilot Actions for Combinated Transport), apre importanti
prospettive per lo sviluppo dell’intermodalità e del cabotaggio mediterraneo
collegato alle autostrade del mare.
La proposta di un secondo Programma Marco Polo (2007-2013) non altera
sostanzialmente la natura e le procedure del programma. il prossimo programma
Marco Polo deve accelerare la sua azione in vista di una riduzione generale del
trasporto internazionale di merci su gomma.
In sintonia con le strategie generali in materia di intermodalità si propone di
considerare con particolare attenzione tutte le azioni nel settore del trasporto
ferroviario di merci tese a un miglior utilizzo delle infrastrutture esistenti.
Come esempio può essere citata la creazione di reti per il traffico
internazionale di merci con treni merci ad alta velocità e tratte riservate per
beni di consumo o corrieri espressi.
L’AUMENTO DELLA PRODUZIONE MILITARE ITALIANA
Il 2004 e’ stato un anno particolarmente significativo per la cantieristica
italiana del comparto militare. Alla presenza del Capo dello Stato è stata
varata la portaerei “Cavour”, destinata a diventare l’ammiraglia della flotta
della Marina Italiana. E’ arrivata ad una fase avanzata la costruzione sia delle
due fregate della classe “Orizzonte”, sia dei due sommergibili U212A, frutto,
rispettivamente, di progetti multinazionali con le Marine - e le industrie - di
Francia e Germania.
A ottobre è stato siglato il Memorandum di intesa tra il Governo francese e
quello italiano (che solo di recente ha potuto avviare a soluzione il problema
di una prima tranche della copertura finanziaria) per la realizzazione di una
nuova generazione di 27 fregate multi-missione, 10 delle quali per la Marina
italiana, in sostituzione via via dal 2010 delle classi “Lupo” e “Maestrale”.
Si tratta, per tutte le unità citate, di produzioni dall’elevata qualificazione
tecnologica ed operativa, costituendo il nucleo centrale del programma di
rinnovamento della flotta italiana, concepito, pur nelle ristrettezze del
bilancio, in funzione dei compiti di sorveglianza delle coste ma anche di
prolungate missioni in teatri operativi lontani. (4)
Il 2004 ha visto anche il riaffacciarsi dell’industria italiana sui mercati
all’esportazione, con le commesse acquisite per Malta (un pattugliatore del tipo
in dotazione alla Guardia Costiera), per la Marina Indiana (partecipazione alla
costruzione di una portaerei) e per la US Navy (fornitura di componentistica e
progettazione per un prototipo della Littoral Combat Ship nella versione
monoscafo, realizzata dalla Lockheed-Martin).
Quanto al futuro del settore, sembra che l’evoluzione a livello politico e
industriale sia, a breve, nel senso dello sviluppo in chiave cooperativa dei
principali programmi, piuttosto che verso concentrazioni tra industrie di
diversi paesi, almeno fintanto che non prenderà corpo una politica comune del
procurement, cioè dei fabbisogni in equipaggiamenti: un obbiettivo programmatico
che è stato assegnato alla nuova Agenzia Europea per la Difesa e che anche
LeaderSHIP 2015 ha incluso tra i temi più impegnativi da trattare. (5)
Per quanto riguarda Fincantieri, oltre alle già citate cooperazioni con la DCN
francese per le fregate Horizon, e con l’HDW(Germania) per i sommergibili U 212,
va ricordata la partnership con la Azimut-Benetti in base alla quale Benetti
aiuta Fincantieri a entrare al meglio nel segmento delle navi da diporto oltre i
70 metri. In cambio, Fincantieri aiuta Benetti a entrare nel settore delle
costruzioni paramilitari, nei pattugliatori sotto ai 45 metri di lunghezza.
LE CONDIZIONI DI LAVORO NEGLI STABILIMENTI DI MONFALCONE E MARGHERA
Dalla fine degli anni 90 Fincantieri è l’unica azienda al mondo a gestire
contemporaneamente, nei due stabilimenti chiave di Monfalcone e Marghera, la
costruzione di fino a 4 navi da crociera. Tutte costruzioni con un alto grado di
complessità.
Con il boom delle commesse per la crocieristica di lusso, a Marghera, le linee
di lavoro sono diventate 4: la linea in cui lavorano prevalentemente i
dipendenti Fincantieri, quella delle imprese d’appalto, la mista -dove lavorano
operai interni ed esterni all’azienda-, la linea adibita a deposito e stoccaggio
di materiali. Più che mai a Marghera e Monfalcone si sta sperimentando il
modello di organizzazione del lavoro che si sta generalizzando ovunque: appalto,
subappalto, lavoro nero.
Ormai Fincantieri affida a terzi tutte le fasi di lavorazione: progettazione,
costruzione dello scafo, allestimento e ancor più impiantistica per l’aerazione
dei locali, pulizie.
Sono presenti 200 imprese con un regolare contratto d’appalto (vinto con la
regola del maggior ribasso), e altre 700 che operano in regime di subappalto. Il
tutto con ritmi e condizioni di lavoro propri della giungla degli appalti: orari
di 50, 60, 70 e più ore a settimana, salari bassissimi e spesso pagati con mesi
di ritardo. Le protezioni antinfortunistiche non esistono, mense e servizi
igienici sono insufficienti, i diritti sindacali sotto zero.
Una miriade di cooperative e aziende gestiscono il servizio delle pulizie (250
persone a tempo pieno, 10 ore al giorno, nessun rispetto per le norme
contrattuali e paga che non supera i 500 euro al mese).
Negli ultimi mesi i dipendenti diretti della Fincantieri a Marghera erano 1300,
i lavoratori del subappalto 3500. Per gran parte di essi il contratto è a tempo
determinato, da 30 giorni a un massimo di tre mesi. Molti lavoratori,
soprattutto immigrati, sono costretti a vivere in spelonche e a lavorare come
schiavi per un salario mensile irrisorio (il caso degli operai bulgari o rumeni
dei cantieri navali “Ceaucescu”). Spesso il tutto è, almeno formalmente,
“legale”. Infatti, mentre per le aziende italiane che “importano” manodopera
straniera esiste l’“obbligo” di applicare i contratti italiani, qualsiasi
impresa straniera che vince un appalto in Italia può limitarsi al rispetto delle
norme in vigore nel proprio paese.
È facile, dunque, servirsi di manodopera a bassissimo costo: la Fincantieri dà
un segmento di lavoro in appalto a un’azienda di medie dimensioni, la quale a
sua volta la subappalta a una più piccola, questa la spezzetta ulteriormente; al
fondo della rete ci sono le aziende straniere (o presunte tali). Queste ultime
importano dai rispettivi paesi forza-lavoro a basso costo, in moltissimi casi si
tratta di manodopera qualificata.
Oggi siamo arrivati a quote del 70% del ciclo produttivo, con subappalti di
secondo e terzo livello, mentre i dipendenti Fincantieri non arrivano a fare
neanche un terzo delle lavorazioni di una nave.
L’esternalizzazione d’attività è così accentuata che non riguarda solo gli
interni delle navi, ma anche parti dello scafo, lavorazioni ad alta tecnologia e
ricerca. Fincantieri agisce ormai da capocommessa, ha rapporti commerciali con
fornitori di impianti “chiavi in mano”, affidati, spesso, a padroni di aziende
messe in piedi all’occorrenza, che accettano la commessa senza avere un
capitale.
In questo contesto proliferano le occasioni di ricatto come la pratica della
liberatoria, in auge fino all’anno scorso, per impedire il passaggio di
lavoratori da un’impresa all’altra, tenendoli sempre sotto controllo: Se non
ottieni questo documento dal tuo “vecchio” datore di lavoro nessuno vorrà
assumerti. Non meno intollerabile è la cosiddetta “paga globale”, un foglio di
carta sottobanco che in pratica reintroduce il lavoro a cottimo: ti pago un tot
e tu rinunci a qualsiasi diritto, niente ferie né tredicesima, niente festivi né
straordinari. E all’Inps, intanto, arrivano buste paga impeccabili, ben più
magre, spesso sotto forma di diarie: in media, per ogni lavoratore, 230 ore di
prestazioni al mese scompaiono nel nulla, insieme agli oneri sociali spettanti
all’impresa. Ma le vessazioni operate su chi opera negli appalti sono di ogni
tipo.
Soprattutto verso i più giovani, assunti ai gradini più bassi, ma chiamati a
svolgere mansioni professionalmente elevate, fino al sesto livello. Negli ultimi
anni, ad affollare l’indotto, sono arrivati molti immigrati, per lo più al nero.
“Eseguono le attività più pericolose sulle parti più difficili della nave,
spesso sono operai specializzati, quasi tutti croati, con una tradizione
cantieristica alle spalle”. I benefici per le ditte in appalto sono molteplici,
perché si tratta di manodopera qualificata, a basso costo e facilmente
ricattabile sul piano dei diritti.
Stando così le cose, è quasi inevitabile che sia basso il livello di sicurezza
nei cantieri. Ciò è dovuto alla nocività delle lavorazioni, o a causa di orari
incontrollati. A Monfalcone, I lavoratori del Bangladesh, ma ci sono anche
Croati e Arabi, vengono impiegati nelle lavorazioni più pericolose.
Come la coibentazione, per esempio. E’ qui che vengono impiegati materiali come
la lana di vetro, altamente tossica. Ritmi di lavoro e orari non hanno limiti.
Senza parlare degli utensili necessari. Manca tutto, dalle mascherine ai caschi,
dalle scale ai guanti. Una casistica precisa degli incidenti è impossibile, dato
che molti sfuggono a ogni tipo di controllo.
La difficoltà maggiore consiste proprio nel riuscire a individuare gli infortuni
avvenuti nell’indotto. A Venezia, inoltre, pende un procedimento penale contro
alcuni dirigenti della società Fincantieri in relazione a 14 morti di operai, di
cui 12 per mesotelioma da amianto. Nello stabilimento di Marghera non solo vi
erano strumenti di amianto e dispositivi di protezione individuale costruiti in
amianto (basti pensare a tutti i guanti o i grembiuli per saldatori) ma
semplicemente l’amianto era il materiale con cui erano coibentati tutti i tubi
delle navi che venivano installati e che avessero bisogno di coibentazione
termica».
Situazioni oltre il limite, insomma: materassini coibentati, anch’essi di
amianto, sui quali si stendevano gli operai nelle lavorazioni che richiedevano
la posizione distesa, e strati di fibra visibile sul pavimento dei cantieri e
delle stive.
NOTE
1) Più in particolare l’azione di Fintecna si caratterizza nelle seguenti linee
di attività: gestione delle partecipazioni, attraverso una costante azione di
indirizzo, coordinamento e controllo sia delle società con prospettive di uscita
dal portafoglio (privatizzazioni-liquidazioni), sia delle partecipazioni
destinate ad una permanenza più duratura nel contesto societario Fintecna,
nell’ottica di valorizzare le relative attività, precostituendo - anche
attraverso impegnativi interventi di razionalizzazione industriale e di
ristrutturazione economico finanziaria delle imprese - i presupposti e le
migliori condizioni per il loro conveniente collocamento sul mercato; gestione
“specializzata” di complessi processi di liquidazione, finalizzata a perseguire
economie di tempi, nonchè ad ottimizzare risorse e risultanze delle relative
attività liquidatorie assicurando al contempo il più conveniente realizzo del
patrimonio e l’attenta cura delle problematiche occupazionali. A tale contesto
operativo fa riferimento l’avvenuto affidamento del mandato a gestire le
attività facenti capo all’Ispettorato della Ragioneria Generale dello Stato in
ordine ai cosiddetti Enti Soppressi; supporto progettuale, operativo e
gestionale (Property, Project, Agency, Facility, Asset) nell’attività di
valorizzazione e cessione di patrimoni immobiliari (propri o di terzi) oltre che
di fornitura di servizi immobiliari specialistici a terzi (service provider)
appartenenti sia al settore pubblico che privato; gestione articolata e
flessibile del rilevante contenzioso, prevalentemente proveniente dalle società
incorporate, orientata alla accurata ricerca di percorsi transattivi che, in
presenza dei necessari presupposti giuridici e di convenienza economica,
assicurino una positiva e rapida composizione delle vertenze in corso.
2) Ci siamo concentrati sulle cause del deterioramento finanziario. Abbiamo
chiamato il piano «sfida per il successo». Le perdite che il nostro gruppo ha
accusato nel 1999 sono state determinate per 150 miliardi dai ritardi nelle
consegne. Per questo abbiamo reso più flessibile il lavoro nei cantieri e ci
siamo impegnati in un continuo miglioramento gestionale e tecnologico nei
settori civile e militare. Abbiamo razionalizzato soprattutto il lavoro dei
fornitori, che sono stati organizzati in consorzi, considerato che per le grandi
navi da crociera ci affidiamo per circa il 70 per cento al lavoro esterno. (Guarguaglini,
AD Fincantieri nel 2001)
3) Lo studio Cetena-Cofir ipotizza al riguardo che entro il 2010 sarebbe
possibile dirottare via mare un volume di traffico delle merci adatte ad essere
imbarcate non inferiore ai 10 -12 milioni di tonnellate. Questo spostamento
permetterebbe di sgravare la rete terrestre di circa 600.000 veicoli commerciali
l’anno, con una immediata diminuzione del 25% del traffico pesante sulle
autostrade.
4) Un altro passo verso “l’Europa della difesa” l’Italia lo ha compiuto quest’anno
con la ratifica del Trattato di Farnborough del 2000. Tra gli effetti vi è anche
una modifica di alcuni punti della legge 185/1990 che disciplina i controlli di
esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento. Con gli
emendamenti in questione la normativa è stata adeguata alle esigenze di
cooperazione, in senso lato, tra tutti i paesi della UE e della NATO.
5) Finalità dell’iniziativa Leadership 2015 è quella di attuare sul piano
industriale forme di cooperazione trasnazionale, con un approccio quanto più
possibile integrato e sinergico, allo scopo di sfruttare la complementarità
delle specializzazioni dei singoli cantieri e la possibilità di suddividere fra
più soggetti i costi di sviluppo dei nuovi prototipi. L’industria quindi ha
sviluppato una strategia per il 2015 allo scopo di accrescere la leadership nei
segmenti di mercato prescelti, concentrandosi principalmente su navi mercantili
a tecnologia avanzata e ad elevato valore aggiunto e sulla produzione di navi
militari, mantenendo comunque una presenza qualificata, ancorché ridottissima,
nel settore del naviglio standard; di accrescere il proprio impegno
nell’attività di ricerca, sviluppo ed innovazione, nell’intento di anticipare
l’evoluzione del mercato, di focalizzare maggiormente l’attenzione sulla
clientela, con un differente approccio finalizzato al recepimento delle
necessità del cliente nella progettazione e nella realizzazione delle navi, di
ottimizzare i sistemi produttivi ricorrendo ad una maggiore automazione dei
processi (con l’utilizzo sempre più spinto di robots) ed una più qualificata
attività di “project management” mirata ad una riduzione dei costi di produzione
della nave.