SENZA CENSURA N.18
NOVEMBRE 2005
Bolivia: mai in ginocchio!
Contributo delle organizzazioni popolari di El Alto, Bolivia
Il numero scorso è stato il primo in cui abbiamo
iniziato a dare spazio più specificatamente alle soggettività in America Latina
con il bilancio dei compagni del PCMLE dell’Ecuador circa la cacciata del
progressista Lucio Gutierrez dalla presidenza del paese. In questo numero
riteniamo sia importante mettere ancora una volta in rilievo le lotte nella
regione boliviana, con un comunicato di alcune organizzazioni popolari di El
Alto che sono sicuramente le più combattive e determinate, e che rappresentano
largamente, anche per quanto accaduto negli ultimi anni, l’avanguardia di lotta
popolare del paese.
La messa in fuga dell’oligarca Sanchez de Lozada a Miami ha visto un larghissimo
tributo di sangue da parte dei giovani e degli abitanti della zona di questa
area urbana di due milioni di proletari e molto vicina alla capitale La Paz. Ma
l’interesse per quanto accade in Bolivia scaturisce da diversi motivi.
Innanzitutto da alcuni anni in cui in questo paese, e specialmente nella regione
andina, vi è un susseguirsi continuo di iniziative e mobilitazioni di massa di
proletari - con i picchi di Maggio/Giugno 2005 - in cui Mesa, l’ex
vicepresidente “progressista” di de Lozada, ha abbandonato la presidenza del
paese.
E’ importante mettere in evidenza quanto accade in Bolivia oggi perché questo
paese in America Latina si trova ad essere punto di accumulazione di diverse
contraddizioni a livello nazionale, regionale, nonché al centro degli interessi
strategici sia nordamericani che europei. La significativa simpatia verso la
politichetta di Carlos Mesa prima, e la crescente incertezza dopo il suo
abbandono da parte dei giganti locali come il Brasile di Lula e l’Argentina di
Kirchner, testimoniano il tipico atteggiamento capitalista di chi vorrebbe
beneficiare all’infinito della subalternità e delle debolezze del vicino per
sfruttare le sue ricchezze e la sua posizione strategica nel subcontinente
sudamericano.
Ma sono proprio la debolezza e la subalternità che portano la Bolivia ad essere
travolta dalle dinamiche regionali e internazionali (quanto nel numero 16 in
“America del Sud, la periferia ha un centro” è stato chiamato “periferia delle
periferie”, in America del Sud) e a mettere in discussione Mesa che è investito
dalle lotte popolari e dalle pesantissime ricadute della crisi sul suo paese:
sul finire della primavera e a inizio estate dalle diverse località
dell’altipiano andino boliviano arrivano a La Paz migliaia di persone
determinate a cacciare Mesa, con il caso di due autobus di minatori a cui la
polizia sequestra viveri e soldi per due settimane, oltre cento chili di
esplosivo e diversi fucili.
Alla grande determinazione e combattività si accompagna però una grande
frammentazione nelle organizzazioni popolari con inoltre zone di maggiore e
minore concentrazione delle lotte e della partecipazione di massa. Per quanto
riguarda la frammentazione e nel caso delle prossime presidenziali a Dicembre
2005 “… anche la Central Obrera Boliviana (COB), la Federación de Mineros, la
Confederación de fabriles e la poderosa Federación de Juntas Vecinales di El
Alto (federazione delle assemblee popolari territoriali di El Alto, ndt)
rifiutano la via elettorale e hanno bloccato le intenzioni dei loro principali
dirigenti come Jaime Solares (la più alta carica della COB, ndt) e Abel Mamani
(della federazione delle assemblee popolari di El Alto, ndt). Il primo voleva
essere il candidato alla vicepresidenza per il Movimiento Indígena Pachakuti del
“Mallku Felipe Quispe e il secondo avrebbe voluto essere candidato a prefetto
(governatore) di La Paz per il MAS di Evo Morales.” [tratto da
econoticiasbolivia.com]
Per quanto riguarda la diversa concentrazione
delle lotte e della forza della mobilitazione popolare nel paese, nel settore
orientale, nella zona della selva, ai piedi dell’altipiano andino e
principalmente nel distretto di Santa Cruz, dove vengono investiti molti
capitali stranieri, da cui provengono molti ricchi imprenditori, politici
nazionali di destra nuovi e vecchi come il dittatore anticomunista del plan
condor Hugo Banzer, sono comparse formazioni neofasciste come la Nacion Camba.
Queste bande attaccano le manifestazioni popolari locali, chiedono maggiore
rappresentatività nel governo nazionale, coltivano istanze separatiste e che
rappresentano il brodo di cultura per il paramilitarismo e la balcanizzazione
del conflitto.
In queste zone del paese il grande predatore dell’emisfero porta avanti la sua
iniziativa per spegnere, reprimere e ricattare la protesta popolare e nel
contempo, dopo il fallimento dell’Alca, riposizionarsi per rovinare i giochi al
Mercosur e mettere i bastoni tra le ruote a Venezuela e Cuba. Questo con i
capitali cileni e con iniziative “diplomatiche” come quella di Rumsfield nella
regione del Chaco del Paraguay (zona che sta a sud dei territori boliviani
citati): “La visita del Segretario della Difesa di George W. Bush in Paraguay ha
generato più di una preoccupazione in questa parte di Sud America, dato che la
presenza di truppe nordamericane nel Chaco del Paraguay, in piena frontiera
boliviana, vede la “casualità” del fatto di operare nella zona più ricca della
regione per quanto riguarda giacimenti di petrolio e gas naturale, con nel
dipartimento di Santa Cruz 12 compagnie petrolifere multinazionali che hanno
300.000 ettari di terreni a sfruttamento petrolifero in quella che viene
chiamata la “mezza luna” boliviana (che oltre a Santa Cruz vede i dipartimenti
di Tarija e di Chuquisaca). La organizzazione neofascista “Nación Camba” ha la
pretesa di separare questo territorio dalla Bolivia attraverso un progetto
autonomista che si dovrebbe definire nell’assemblea costituente prevista per
Luglio 2006.” (tratto da www.rebelion.org).
Ma oltre alle mire politco strategiche, gli interessi internazionali e in
particolare europei in Bolivia sono molteplici e di diverso tipo. Naturalmente
ci sono le compagnie statunitensi e anche la Petrobras (Brasile), ma vi sono
sostanziosi investimenti della Repsol (Spagna) e Total (Francia) per il settore
petrolifero e per lo sfruttamento delle miniere; nell’industria dell’acciaio c’è
il caso italiano della Dalmine che ha uno stabilimento nella regione orientale.
El Alto continuerà nella lotta per la
nazionalizzazione degli idrocarburi e la dignità dei boliviani.
I lavoratori della città ribelle di El Alto dopo aver portato avanti una
delle principali lotte del popolo boliviano contro le logge e l’oligarchia
riarmata e riarticolata nel Parlamento Nazionale e di fronte ai costanti
sgambetti che ci hanno fatto i traditori della cupola del Movimento Al
Socialismo (MAS) e del sindaco cittadino del partito Plan Progresso (PP), nello
scenario elettorale che si apre come manovra dell’imperialismo nordamericano per
frenare l’impeto rivoluzionario che nasce nel profondo dei boliviani, abbiamo il
semplice dovere di tracciare la nostra rotta rivoluzionaria che ci porti alla
capitolazione dello stato.
Giuramento di sangue per i nostri
martiri
Noi lavoratori di El Alto insieme alle juntas vecinales (assemblee
territoriali popolari, ndt), abbiamo giurato nell’Ottobre del 2003, davanti
delle bare dei nostri martiri vittime dei proiettili assassini del neoliberismo,
non solo di lottare senza sosta fino a mettere in carcere il genocida Gonzalo
Sánchez de Lozada e i suoi collaboratori, ma anche di intraprendere una lotta
fino all’ultimo respiro contro il neoliberismo ed i suoi strumenti esecutivi,
come i suoi partiti politici, i suoi mezzi di comunicazione e contro quelli che
pretendono di sottrarci le nostre risorse naturali.
Per questo noi lavoratori abbiamo chiaro che le elezioni non potranno mai
esaudire le principali necessità dei lavoratori e del popolo boliviano. Per
questo noi lavoratori di El Alto fedeli al giuramento che abbiamo fatto con i
martiri della Guerra del Gas siamo coscienti che l’unica cosa che abbiamo come
compagni che lottano sono gli strumenti di lotta organizzata e pianificata dalle
nostre organizzazioni, come la COR (Centrale Operaia Regionale, ndt), la
Federación de Gremiales (federazione dei mestieri, ndt) e altre organizzazioni.
Per questo in nessun caso e per nessun motivo intendiamo subordinare la nostra
lotta alle elezioni.
La lotta inarrestabile per la
nazionalizzazione
Senza dubbio, la Central Obrera Regional (COR) di El Alto e le
mobilitazioni che iniziarono a partire dal 2 Maggio con l’occupazione simbolica
della parte padronale dell’impianto Yacimientos Petrolíferos Fiscales Bolivianos
(YPFB) a Senkata (vicino a El Alto, ndt) non ha fatto altro che articolare la
lotta che continua con quella che è stata chiamata Guerra del Gas e che si
concretizza nella lotta inarrestabile per la nazionalizzazione il recupero e
l’industrializzazione degli idrocarburi.
In nessun momento i lavoratori di El Alto che hanno costruito l’unità degli
sfruttati del paese intorno alla lotta per le nostre risorse naturali,
l’Assemblea Costituente, l’incarcerazione del genocida Sanchez de Lozada e dei
suoi complici, dimenticano il giuramento di sangue che abbiamo fatto con i
caduti di Ottobre (Ottobre 2003, ndt) per lottare per l’Agenda di Ottobre e
farla finita con il governo delle logge e dell’oligarchia formata da croati,
yugoslavi, arabi, libanesi della Nazione Separatista Camba.
Senza dubbio la battaglia a cui abbiamo partecipato nelle giornate di Maggio e
Giugno denominata battaglia per la dignità dei boliviani e la costruzione del
potere degli sfruttati, ha ratificato una volta ancora che El Alto si è
convertito nel ventunesimo secolo nel quartiere della rivoluzione boliviana e le
organizzazioni presenti in questo territorio come la COR (Centrale Operaia
Regionale, ndt), la Federación de Juntas Vecinales (Fejuve) (la Federazione
delle Assemblee popolari territoriali, ndt) e la Federación de Gremiales
(federazione dei mestieri, ndt) nelle avanguardie del movimento sociale degli
sfruttati e dei poveri del paese.
Lotta fino a sconfiggere le logge e
l’oligarchia straniera
Nella nostra analisi non possiamo non considerare che nella nostra
battaglia della Guerra del Gas, che a costo di morti e feriti ha fatto scappare
il tiranno massacratore superbo Sanchez de Lozada, da soli abbiamo messo da
parte i parlamentari che hanno venduto la patria, come il Movimiento
Nacionalista Revolucionario (MNR), il Movimiento de la Izquierda Revolucionaria
(MIR), Unidad Cívica Solidaridad (UCS), la Nueva Fuerza Republicana (NFR) e la
Acción Democrática Nacionalista (ADN), che dal parlamento nazionale hanno
ricominciato a riattivarsi per porre in pericolo l’unità del paese e a
subordinare l’Agenda di Ottobre alle esigenze delle logge e dell’oligarchia -
che ha il suo quartier generale nella città di Santa Cruz - e che si impossessò
delle terre che sono dei popoli originari dell’oriente.
La lotta per la dignità e la difesa delle risorse naturali che abbiamo fatto
come alteños (popolazione di El Alto vicino a La Paz, ndt) attraverso la COR, le
juntas vecinales e la Federación de Gremiales è l’inizio di una guerra fino alla
morte contro le logge e l’oligarchia, che ostentano la loro ricchezza che hanno
accumulato accaparrandosi le terre, il sacco delle nostre risorse naturali e lo
sfruttamento de los cambas originarios (zona degli indigeni di oriente del
paese, ndt), pretendono di regalare i nostri idrocarburi alle multinazionali
petroliere.
La nostra lotta che ha unito i lavoratori agli indigeni di tutto il paese ha
messo allo scoperto tutti i giochi nascosti degli oligarchi che pretendevano di
prendere il potere con il rappresentante del MIR (Movimento Izquierda
Rivoluzionaria, ndt) Hormando Vaca Diez (già uomo di Sanchez de Lozada e
sostenitore dell’autonomismo separatista reazionario della borghesia compradora
di Santa Cruz, ndt), che dovette macchiarsi di sangue per rinunciare a questo
privilegio che fu destinato ai croati, yugoslavi, arabi e libanesi. Infatti la
nostra lotta inarrestabile che si è irradiata in tutto il paese ha provocato la
caduta di Vaca Diez, che con l’appoggio dell’Ambasciata degli Stati Uniti e
degli oligarchi e delle logge era predestinato ad essere il prossimo presidente
della repubblica.
Le nostre richieste sono più importanti
delle elezioni
Per prima cosa i lavoratori di El Alto abbiamo stabilito che, in nessun
caso la nazionalizzazione, il recupero completo della industria degli
idrocarburi e quindi l’Agenda di Ottobre devono essere subordinate alle elezioni
nazionali, alle elezioni dei prefetti e al referendum per le autonomie. Una
volta per tutte l’oligarchia e i suoi mezzi di comunicazione devono comprendere
che noi di El Alto non abbiamo lottato per un nuovo presidente della repubblica
perché convochi semplicemente nuove elezioni e perché il prossimo parlamento
prenda in considerazione le richieste delle organizzazioni sociali del paese.
Per questo come lavoratori di El Alto abbiamo stabilito di non dare mai tregua
in nessun momento all’attuale governo di Edoardo Rodriguez; casomai abbiamo
ripiegato un momento ma solo per mettere a punto i nostri metodi e strumenti di
lotta per essere maggiormente incisivi, conseguenti e per una lotta che sia
inarrestabile.
Alla luce delle nostre esperienze siamo coscienti che né Evo Morales, né il
nuovo strumento imperialista Tuto Quiroga (candidato presidenziale degli USA ex
delfino del dittatore del plan condor Hugo Banzer, ndt), né Samuel Doria Medina
(uno degli uomini più ricchi del paese, ndt), oseranno nazionalizzare e
recuperare la totalità delle nostre risorse naturali (idrocarburi, acqua,
miniere, ecc…) per dare seguito ai loro impegni (con le imprese multinazionali,
ndt), bensì lo faranno solo costretti dall’inizitiva di un poderoso movimento
del popolo boliviano; per questo ci dobbiamo preparare come lavoratori di El
Alto, per questo non dobbiamo essere docili, e che non ci utilizzino per
arrivare al potere né i partiti indi-populisti (riferito al MAS di Morales, ndt)
né i partiti neoliberisti.
Dignità e lotta contro i neoliberisti.
Che non si rallegrino ne’ si strofinino le mani i neoliberisti come Tuto
Quiroga, il sindaco Paredes (sindaco di El Alto, ndt), Doria Medina e altri
servi dell’imperialismo, la nostra posizione non cambierà in nessun momento né
retrocederemo di un millimetro dal territorio di El Alto per permettere che i
partiti neoliberisti facciano la loro campagna proselitista che mira a comprare
le coscienze del popolo di El Alto. Per questo avvertiamo i partiti (MNR, NFR,
MIR, UCS e ADN) che hanno appoggiato il massacro degli alteños nell’Ottobre del
2003 che non facciano un passo dentro El Alto. Se oseranno farlo in nome della
loro decantata democrazia sono avvisati e sono coscienti delle conseguenze.
Avvisiamo anche i dirigenti sindacali di non prestarsi ai neoliberisti per
rispetto ai principi e alla dignità: un dirigente collaboratore dei partiti
neoliberisti sarà un dirigente espulso con ignominia dal sindacalismo.
Avvertiamo i partiti neoliberisti e populisti che in nessuna condizione facciano
giochi di ‘esportazione’ dei candidati. I partiti che lo faranno saranno vittime
della nostra furia.
Ai nostri compagni che ancora hanno dubbi sugli obiettivi rivoluzionari dei
lavoratori di El Alto diciamo di mantenere alta la dignità che abbiamo raggiunto
con la lotta degna e coraggiosa dell’Ottobre 2003 e del maggio-giugno di quest’anno,
e per questo la coscienza degli alteños non ha prezzo se non per la volontà di
dare la morte al sistema neoliberista che ci vuole costringere una volta in più
alla miseria assoluta.
La nostra lotta irrinunciabile per il
potere.
A quelli che sottovalutano l’intelligenza degli alteños diciamo che
dall’Ottobre 2003 alla luce delle ricche esperienze delle nostre lotte abbiamo
constatato che come sfruttati di questo paese abbiamo l’obbligo elementare di
formare e forgiare un nostro strumento politico che ci permetta come sfruttati
di prendere il potere. Per questo come lavoratori di El Alto abbiamo pianificato
la creazione della Asamblea Popular Nacional Originaria a capo della Central
Obrera Regional (COR), della Federación de Juntas Vecinales (Fejuve), della
Central Obrera Boliviana (COB), della Federación Sindical de Trabajadores
Mineros de Bolivia (FSTMB) e di altre organizzazioni.
Samuel Doria Medina e Jorge Tuto Quiroga, che sono strumenti politici nelle mani
delle logge, dell’oligarchia di Santa Cruz e dell’imperialismo nordamericano,
siano avvisati di non fregarsi le mani, perché succeda quel che succeda noi di
El Alto non rinunceremo al nostro obiettivo di avere un governo dei popoli
originari (indigeni, ndt), di operai e dei poveri delle città.
Noi inarrestabili combattenti per la sovranità e la difesa delle risorse
naturali (gas, acqua, minerali e terra) anche se ci accusano di essere selvaggi
e vandali sappiamo che abbiamo la responsabilità di portare avanti il movimento
rivoluzionario che è nato a El Alto. I poveri e gli sfruttati di questo paese
non hanno niente da perdere in questa lotta per la dignità dei boliviani se non
le catene di subalternità e sfruttamento!
El Alto in piedi, mai in ginocchio.
El Alto 29 di Agosto 2005.