SENZA CENSURA N.18

NOVEMBRE 2005

 

Operazione Nilo

L’Italia mette un piede in Sudan

 

L’ONU e L’OPERAZIONE NILO
Il 7 luglio del 2005 il Consiglio dei Ministri ha deliberato un ulteriore intervento militare all’estero, si tratta dell’invio di un contingente di 220 soldati italiani, che prenderanno parte alla missione di Peace Keeping che le Nazioni Unite hanno allestito per garantire la tenuta degli accordi di pace di Nairobi, stipulati il 9 gennaio, con i quali si è cercato di porre fine al conflitto in Sudan.
Secondo l’Onu l’operazione contemplerebbe 10mila caschi blu.
Questa missione denominata UNIMIS (United Nations Mission in Sudan) è stata deliberata dal Palazzo di Vetro il 24 marzo scorso con la Risoluzione n°1590 del Consiglio di Sicurezza. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite è intervenuto a seguito del mancato rispetto dell’accordo di pace firmato il 9 gennaio 2005 tra il governo sudanese e il Sudan People’s Liberation Movement/Army (Splm/A) dopo 22 anni di guerra civile. L’accordo, firmato a Nairobi in Kenia dal vice presidente del Sudan Al Osman Taha e dal leader dello Splm/A John Garang (morto lo scorso 30 luglio in un incidente a bordo di un elicottero ugandese), prende il nome di Comprehensive Peace Agreement (Cpa).
Il contingente italiano opererà nel quadro della SHIR-BRIG, una brigata multinazionale ad elevata prontezza operativa creata nel 1997 proprio in funzione di un impiego al servizio dell’ONU e basata a Copenhagen.
Si tratterà, per l’Italia, di 220 uomini, in massima parte provenienti dal 183° Reggimento Paracadutisti della Folgore, che saliranno a 270 nella fase di avvio dell’intervento.
A fine giugno, si sono schierati a Khartoum 220 oltre ai paracadutisti del 183° reggimento Nembo di stanza a Pistoia, il personale dei Carabinieri, il 7° reggimento trasmissioni e del 9° reggimento Col Moschin.
La denominata task force Leone, è comandata dal tenente colonnello Marco Tuzzolino.
La missione è stata chiamata OPERAZIONE NILO.
I compiti dei militari italiani si esplicano nelle attività di difesa del quartier generale dell’Onu nella capitale Khartoum e dei due alberghi dove alloggiano i funzionari delle Nazioni Unite, oltre che nella protezione ravvicinata del comandante e delle persone da lui stesso designate. E’ prevista la costituzione di una forza di reazione rapida (Quick Reaction Force) in grado di far fronte a eventuali minacce nell’area di Khartoum.
I caschi blu dovranno collaborare al disarmo delle diverse milizie anti-governative del sud, favorire il ritorno dei profughi - che a centinaia di migliaia popolano i campi di raccolta dei paesi vicini - e contribuire a organizzare le prossime elezioni. A tal fine, il Fondo delle Nazioni Unite per le Popolazioni ha già avviato i lavori per lo svolgimento di un censimento, il primo dopo vent’anni, previsto dagli accordi di pace di Nairobi e indispensabile per procedere alla compilazione delle liste elettorali. Il censimento da solo costerà non meno di 60 milioni di dollari, che saranno offerti dai circa 60 donors internazionali aderenti alla «Conferenza per la ricostruzione del Sudan». I loro rappresentanti si sono riuniti l’11 e il 12 aprile a Oslo, Norvegia, per valutare la richiesta ONU di 2,6 miliardi di dollari come primo contributo alla ricostruzione, ma alla fine, considerata l’entità dei danni causati in Sudan dalla guerra, si sono impegnati a versare 4,5 miliardi di dollari nel biennio 2005-2007.
I costi della nuova missione saranno sostenuti direttamente dalle Nazioni Unite.
All’Italia è stata garantita la presenza nell’organismo che assicurerà la direzione politica della missione: la Commissione di Valutazione e Monitoraggio, con sede a Khartoum.

L’italia e il petrolio del Sudan
Bisogna ricordare che lo sviluppo dell’industria petrolifera locale, nella quale ha già significativamente investito la Cina, è uno dei motori degli interessi italiani nella regione.
L’Italia i risulta essere il terzo cliente della produzione petrolifera sudanese.
Con l’Eni, fu tra i primi paesi ad effettuare ricerche nel paese, negli anni ’50. Si trovarono i primi giacimenti, che però non riuscivano neanche a soddisfare il mercato interno. Il Sudan appare come paese esportatore solo dal 1999, anno del decollo della produzione grazie allo sfruttamento del più importante bacino estrattivo, quello di El Muglad, 800 km a sud-ovest di Khartoum. Nasce la prima aggregazione di interessi in mano al consorzio cinese-malaysiano Greater Nile Petroleum Operating Company (Gnpoc), che detiene complessivamente il 70% del capitale. La compagnia statunitense Chevron, così come l’italiana Eni, abbandona, lasciando spazio ad una società privata canadese, la Talisman Energy - che subentra con il 25% -, mentre il restante 5% è della Sudapet, in mano al governo. L’Italia è stata, come detto, tra i primi paesi ad effettuare prospezioni in Sudan. Dopo quelle negli anni ’30 della Shell e negli anni ’50 di Mobil e Total, fu l’italiana Agip ad avviare le ricerche nella seconda metà degli anni ’50. L’Agip Sudan proprio nel 1999, quando cominciavano a emergere i primi risultati, è stata venduta a compagnie private dell’Africa orientale. Appare appunto paradossale che l’Eni, tra le prime compagnie a cercare il petrolio in Sudan nella seconda metà degli anni ’50, si sia sfilata dalla partita proprio quando stavano arrivando i risultati: nel 1999 l’Agip Sudan è stata ceduta alla Gapco, Gulf Africa Petroleum Corporation, una società di Mauritius controllata da due uomini d’affari tanzaniani, i fratelli Kotak. Apparentemente, perché negli anni successivi l’Italia è diventato il terzo cliente della produzione petrolifera sudanese.
Secondo i dati Istat sul commercio con l’estero, l’Italia ha acquistato tra il 1999 e il 2003 petrolio da Khartoum per oltre 144 milioni di euro: 24,6 milioni nel ’99, 14,4 milioni nel 2000, 13,2 milioni nel 2001, 54,8 milioni nel 2002 e 37,1 milioni nel 2003. Il Sudan è entrato tra i primi venti fornitori del nostro paese. Ma. Secondo le statistiche doganali Onu (Comtrade), le entrate sudanesi da esportazioni di petrolio superano ormai il miliardo di dollari. Nel 2002, ultimo dato disponibile, il primo cliente è stata la Cina per quasi 940 milioni di dollari, seguita da Singapore con 65 milioni mentre gli acquisti italiani sono valutati 52 milioni di dollari e il partner successivo, gli Emirati Arabi Uniti, è a 45 milioni di dollari.

Alenia Marconi Systems in Sudan
Alenia Marconi Systems, joint venture paritetica tra la britannica Bae Systems e l’italiana Finmeccanica, ha fornito all’autorità di aviazione civile sudanese attrezzatura radar nell’ambito di un programma di implementazione del sistema radar civile. Dopo la fornitura della strumentazione per l’aeroporto civile della capitale, la seconda fase prevede ora l’installazione di radar di sorveglianza e controllo del traffico aereo in aeroporti del nord, del centro e del sud come Port Sudan, El Obeid, Juba. Quest’ultima località, ad esempio, che ospita un aeroporto internazionale, è in piena zona di conflitto - anche se ora nel sud vige il cessate-il-fuoco - quindi con un traffico prevalentemente commerciale e di aiuti internazionali ma, soprattutto, militare.

- «Rivista Italiana Difesa», maggio, giugno, agosto 2005
- www.paginedidifesa.it, del 3/10/2005
- Italia in affari con il regime di Khartoum, di Francesco Terreri, 12/8/2004 su
- http://unimondo.oneworld.net/article/view/91689/
- «Operazione Nilo», un contingente di caschi blu italiani in Sudan, Anna Bono, 13/ 4/ 2005 su www.ragionpolitica.it

 

Esercitazione “West African Training Cruise 2005” (Watc-05)

«...Il 2 ottobre una unità dell’Esercito Italiano appartenente alla specialità Lagunari si è imbarcata dal molo Pisacane, assieme ai Marines Usa, per una serie di esercitazioni anfibie sulle coste occidentali dell’Africa denominate “West African Training Cruise 2005” (Watc-05).
La Watc-05 è una esercitazione che i Marines degli Stati Uniti svolgeranno fino al 7 dicembre 2005 lungo le coste occidentali dell’Africa, allo scopo di condurre attività addestrative anfibie con le forze armate della Guinea, del Ghana e del Senegal per migliorarne le capacità operative. L’esercitazione è concepita e condotta dal comando europeo dei Marines di Stoccarda.
Il Reggimento Lagunari “Serenissima” parteciperà con un’unità anfibia a livello plotone rinforzato come componente della forza da sbarco (costituita da un plotone dei Marines Usa e da un plotone della fanteria di marina spagnola), per un periodo d’imbarco totale di 68 giorni. Le unità dei Marines Usa e fanteria di marina spagnola, durante la crociera addestrativa, utilizzeranno per le attività anfibie i mezzi da sbarco e i natanti forniti dal Reggimento Lagunari. Il rientro è previsto per il giorno 7 dicembre nel porto di Venezia.
La partecipazione dei lagunari dell’esercito alla WATC prevede l’impiego da bordo di navi da sbarco in operazioni anfibie condotte territori non usuali che vanno dalla savana del Senegal alla giungla del Ghana e della Guinea...»

Fonte Comando Rfc, Napoli tratto da: www.associazionelagunari.it

La Missione UNOWA in Africa Occidentale
L’Africa occidentale “ospita” un grande numero di operazioni di pace delle Nazioni Unite, nonché attività di sviluppo ed a carattere umanitario. In particolare, il Segretario Generale delle Nazioni Unite - d’accordo con il Consiglio di Sicurezza - ha costituito UNOWA (United Nations Office for West Africa - vds. http://www.un.org/Depts/dpa/prev_dip/africa/office_for_srsg/fst_office_for_srsg.htm). Questa iniziativa rappresenta un primo tentativo delle Nazioni Unite di decentralizzare le sue attività politiche regionali, e di avviare un’azione nel campo della “prevenzione dei conflitti” e della “costruzione della pace”, in modo più ravvicinato alle realtà ed alle esigenze locali. Nel luglio 2002, il Segretario Generale ha nominato Mr. Ahmedou Ould-Abdallah quale suo Rappresentante Speciale. Nel febbraio 2003, UNOWA si è insediato a Dakar (Senegal), con lo scopo di sviluppare un approccio regionale integrato delle Nazioni Unite relativamente alla prevenzione e gestione dei conflitti, nonché per promuovere la pace, la sicurezza e lo sviluppo nell’Africa occidentale.
Le funzioni di UNOWA sono state delineate dal Segretario Generale delle Nazioni Unite nel modo seguente:
- intensificare i collegamenti nell’ambito dei lavori condotti nella regione dalle Nazioni Unite e dai Partner, promuovendo un approccio regionale integrato e favorendone il coordinamento e lo scambio informativo, tenendo in debita considerazione gli specifici mandati delle organizzazioni delle Nazioni Unite e degli uffici di supporto alle operazioni di peacekeeping e di peace-building;
- relazionarsi ed assistere, come opportuno, gli ECOWAS e la Mano River Union, in coordinamento con le altre organizzazioni regionali ed i partner internazionali;
- condurre un ruolo di buoni uffici ed attribuzioni speciali nei paesi della regione, a nome del Segretario Generale, compresi gli sforzi nel campo della “prevenzione dei conflitti” e di “costruzione della pace”;
L’Italia partecipa alla missione dal mese di novembre 2004 con un Ufficiale dell’Esercito che ricopre l’incarico di Deputy Military Advisor del Consigliere Militare del Rappresentante Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite.

Fonte: www.difesa.it



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