SENZA CENSURA N.17

LUGLIO 2005

 

Paese Basco, prigionieri in lotta

Intervista a quattro ex-prigioniere politiche basche sulle lotte di prigioniere e prigionieri politici in Euskal Herria, fra attacco repressivo e iniziativa indipendentista


Nel gennaio 2005 il Collettivo dei Prigionieri Politici Baschi, EPPK, ha iniziato una nuova dinamica di lotta dentro le carceri, che prosegue tuttora.
Pubblichiamo di seguito un’intervisa ad alcune ex prigioniere basche in merito a questa lotta e più in generale alla complessa situazione che sta vivendo il loro paese, Euskal Herria.
Pubblichiamo anche il comunicato che ha dato il via alla nuova dinamica dell’EPPK contro la dispersione e l’isolamento politico dei prigionieri.
Infine Pubblichiamo lo statuto dell’EPPK, che ci dà un quadro preciso di come è strutturato, di che obiettivi e di quale agire caratterizzano il collettivo.


Nelle carceri spagnole e francesi si trovano più di 700 prigioniere e prigionieri politici baschi. Qual è la situazione carceraria in cui vivono?
Le prigioniere e i prigionieri politici baschi vivono in una situazione di RESISTENZA E LOTTA contro l’isolamento e la dispersione, e contro il sistema penitenziario. La negazione della condizione di prigioniere e prigionieri politici (ISOLAMENTO POLITICO) è il modo in cui gli stati francese e spagnolo negano l’esistenza di un conflitto politico e armato, che non vogliono risolvere con parametri democratici.
Il riconoscimento della condizione di prigioniere e prigionieri politici porterebbe a un riconoscimento del conflitto politico e rifletterebbe una volontà politica di superarlo.
Per tutto questo, nelle carceri la cosa essenziale è resistere e lottare perché si riconosca lo status politico delle prigioniere e prigionieri politici baschi, ciò che implicitamente significherebbe il riconoscimento di tutti i loro diritti, dal più elementare a quelli politici, che sono violati e negati continuamente.

Contro questa situazione il Collettivo delle Prigioniere e Prigionieri Politici Baschi, EPPK, ha avviato da gennaio scorso una battaglia di tutti i prigionieri politici; in cosa consiste e a che punto si trova? Quali sono le principali rivendicazioni?
Le rivendicazioni principali del Collettivo EPPK (Euskal Preso Politikoen Kolectiboa), fino a quando non si otterrà la Amnistia, saranno: il riconoscimento del loro STATUS POLITICO, la scomparsa della TORTURA, DEI MALTRATTAMENTI, DELLE AGGRESSIONI, DELL’ISOLAMENTO, DELLA DISPERSIONE…Inoltre: il diritto alla salute (scarcerazione delle prigioniere e prigionieri malati), diritto alla comunicazione (visite ridotte a 10 amici,…), diritto ad utilizzare la propria lingua (euskera), diritto di stare in Euskal Herria (raggruppamento-rimpatrio), diritto di organizzarsi, riconoscimento dei propri portavoce, diritto ad avere relazioni con altre realtà sociali, diritto di partecipare in tutti gli ambiti di dibattito e decisione.
Nell’esigere il riconoscimento del proprio status politico, a partire dal 3 gennaio fino alla vigilia di Aberri Eguna (Giorno della Patria Basca), ossia per più di tre mesi, il Collettivo ha realizzato diverse azioni, sciopero dell’aria a turno fino a culminare con uno sciopero della fame di 12 giorni. A tutto ciò le carceri hanno risposto con misure punitive e manipolazioni delle informazioni nei mezzi di comunicazione.
Attualmente, da aprile, in tutte le carceri degli stati spagnolo e francese in cui è disperso, il Collettivo si è unito alle mobilitazioni che in tutti i paesi di Euskal Herria si organizzano ogni ultimo venerdì del mese, per chiedere il loro rimpatrio e il riconoscimento dello status politico.

In questi ultimi 7 anni il tribunale speciale spagnolo, “Audiencia Nacional”, ha portato un vasto attacco alle lotte e alle associazioni delle e dei militanti baschi; in questi mesi si sono aperti una serie di processi contro di loro. Come stanno andando, e qual è il progetto e l’obiettivo che ha generato e ora porta alla celebrazione di questi processi?
C’è una tesi del giudice Garzon dell’Audiencia Nacional, il quale dice che “tutto è ETA”, ed in base a quella si rendono illegali organizzazioni, si incarcerano i loro dirigenti, si chiudono giornali e radio, e con tutto questo montano il maxiprocesso 18/98, nel quale più di 200 cittadine e cittadini baschi sono processati, perseguitati, arrestati, torturati e rinchiusi in carcere, e in molti casi rimessi in libertà con cauzioni spropositate.
Con la tesi di Garzon che “tutto è ETA” quello che cercano di fare è di disgregare le varie lotte, come abbiamo già detto si chiudono i mezzi di comunicazione, si rendono illegali organizzazioni che difendono le prigioniere e i prigionieri politici baschi, le organizzazioni di giovani, quelle politiche, sociali, culturali,…con l’unico obiettivo principale di far sparire dalla società attiva tutte e tutti quelli che possono offrire una soluzione democratica al conflitto che vive Euskal Herria.
Non bisogna dimenticare che tutto questo attacco è lanciato dall’Audiencia Nacional, un tribunale speciale creato contro la dissidenza basca, ciò che si è reso evidente con il primo giudizio contro i giovani. In esso si è dimostrato che i giudizi sono giudizi politici senza nessuna base giuridica, e così tutti i giovani accusati hanno riavuto la libertà in attesa della sentenza.
In questo nuovo attacco contro Euskal Herria, la Francia non rimane senza colpa. Il ruolo repressivo del governo francese e dei suoi giudici, che hanno accettato e fatto propria la tesi di Garzon, si è accresciuto e di conseguenza 6 cittadine e cittadini baschi, processati in diverse inchieste del maxiprocesso 18/98, sono stati arrestati, incarcerati e in 4 casi consegnati alla Spagna: uno con il procedimento di estradizione e gli altri tre con l’applicazione del mandato di cattura europeo, sebbene non siano state ancora eseguite l’estradizione e uno dei mandati di cattura.
I mandati di cattura europei contro altri 4 cittadini baschi sono stati respinti dai giudici francesi, considerando che i delitti attribuiti loro non erano stati commessi in territorio spagnolo.

In questi decenni a livello europeo si è andato costruendo un sistema repressivo e preventivo comune agli stati dell’UE; Spagna e Francia stanno sperimentando ora alcuni aspetti di questo sistema, in particolare riguardo alle estradizioni, proprio sulle e sui militanti baschi. Qual è la situazione in questo senso, e quanto si riflette sulla condizione carceraria delle prigioniere e dei prigionieri politici baschi?
Tutto ciò succede in un contesto in cui la Sinistra Abertzale (1) ha un progetto di costruzione nazionale. Lo stato spagnolo utilizza l’Audiencia Nacional non solo contro i militanti dell’organizzazione armata ma, applicando la tesi che “tutto è ETA”, agendo anche contro ogni persona compromessa nella costruzione della nazione di Euskal Herria. Questo ha provocato un accrescimento del Colectivo a più di 700 prigioniere e prigionieri politici baschi.
D’altra parte la condizione carceraria delle prigioniere e dei prigionieri politici baschi è peggiorata, poiché si sono adottate nuove misure repressive con l’unico obiettivo di annientarli fisicamente e psichicamente; la dispersione e l’isolamento sono aumentati (nello stato francese il numero di prigioniere e prigionieri politi baschi è raddoppiato in meno di due anni, essi sono dispersi in più carceri e isolati e soli nella maggioranza dei nuovi arresti realizzati); le bastonate e la mancanza di assistenza sanitaria sono una costante; nell’applicare nuove leggi si aumentano le pene (fino a 40 anni di compimento totale della pena nello stato spagnolo e 20 in quello francese); la libertà condizionale sparisce,…Nuove leggi e misure repressive basate sull’odio e sulla vendetta, create esclusivamente contro le prigioniere e i prigionieri politici baschi.
La globalizzazione ha permesso che certe azioni di vari stati, che prima si sarebbero criticate per il loro carattere illegale e antidemocratico (estradizioni, espulsioni-prima illegali, per le quali la Francia era stata già condannata essendosi verificati casi di TORTURA contro cittadini e cittadine basche, e ora legali), oggi abbiano la copertura totale europea e mondiale per non dover vergognarsi davanti alla violazione dei diritti umani fondamentali delle persone. Hanno creato l’Europa poliziesca e repressiva con tutti i suoi ordinamenti Europol, Eurojust,…
Qualunque prigioniera e prigioniero politico basco nelle carceri dello stato francese, vive sotto la pressione di essere espulso o estradato (ora il mandato di cattura europeo) nello stato spagnolo, con tutto ciò che questo significa (TORTURA,…).
Sotto questa pressione le condizioni carcerarie si inaspriscono, non ti resta che appoggiarti e riconfermarti nella condizione delle prigioniere e prigionieri politici baschi, sentendoti parte attiva del processo di lotta di Euskal Herria; sono proprio le loro brutalità quelle che ti ricordano quel che sei e ciò che rappresenti, cioè il tuo status politico.
A livello europeo e internazionale si utilizza la criminalizzazione politica: illegalità dei partiti, creazione di liste nere,… in nome della “sicurezza” tutto è valido nel momento di combattere il cosiddetto “terrorismo internazionale”.
Per ciò che riguarda il lavoro in comune dello stato francese con quello spagnolo contro militanti politici baschi, è sempre esistito, sono solo cambiate le forme. Ora sono cadute le maschere e ciò che era “illegale” lo hanno reso legale nei vari summit che ci sono stati negli ultimi anni (Carcassonne, Saragozza), così che il numero di prigioniere e prigionieri politici baschi è aumentato e si sono indurite le condizioni carcerarie a cui sono sottomessi.

In questo contesto, con Spagna e Francia grandemente impegnate nella costruzione dell’UE e del suo sistema repressivo, che risposte avete avuto o pensate si possano avere dallo stato spagnolo rispetto alle legittime rivendicazioni delle prigioniere e dei prigionieri politici baschi?
Lo stato spagnolo ha trovato completa copertura nella sua politica antidemocratica, infischiandosene delle legittime rivendicazioni delle prigioniere e dei prigionieri politici baschi. Ma non c’è solo questo. Come dicevamo prima, ha creato nuove misure e leggi contro di essi, condannandoli all’ergastolo, nuove misure che, per esempio, ora stanno applicando a prigionieri che dovrebbero essere già in libertà, cui hanno ritirato le riduzioni di pena che erano state applicate per legge da altri giudici. Dunque l’Audiencia Nacional applica questa misura che non è stata approvata da nessuna parte, e attualmente due prigionieri la stanno subendo (ma da indiscrezioni ai mezzi di comunicazione si sa di una lista di più di 20 persone in queste condizioni), Iñaki de Juana (dovrebbe essere in libertà da febbraio e hanno inventato un nuovo delitto per lui, per due articoli d’opinione pubblicati in un giornale) e Unai Parot (al quale hanno raddoppiato la condanna per una decisione imposta dalla Audiencia Nacional).
I governi francese e spagnolo tengono sequestrati come ostaggi politici le prigioniere e i prigionieri politici baschi.

Lo stato francese invece, che atteggiamento sta tenendo rispetto alle e ai militanti baschi? Ci sono stati cambiamenti al riguardo in quest’ultimo periodo?
Come abbiamo già detto lo stato francese segue lo stesso modello dello stato spagnolo, in sintonia totale con la politica repressiva disegnata contro la cittadinanza basca e, con più accanimento, contro le prigioniere e i prigionieri politici baschi. Come la Spagna anche la Francia mette in campo tutti i mezzi repressivi per cercare di sconfiggere la forza delle prigioniere e prigionieri politici baschi e delle loro rivendicazioni, li disperde, isola, bastona,...Non c’è stato nessun cambiamento positivo, piuttosto il contrario, una recrudescenza di tutte queste misure e, come abbiamo già detto, un aumento di prigioniere e prigionieri politici baschi nelle loro carceri come conseguenza di questa repressione.

Complessivamente il Paese Basco sta vivendo una fase di sempre maggiore restrizione degli stessi diritti democratici; le formazioni indipendentiste messe fuori legge e tutta la sinistra indipendentista sotto accusa di terrorismo, è di fatto abolita la libertà di associazione. Qual’è l’effetto di questa situazione sulla società basca? Al riguardo, sta mutando la percezione che la popolazione ha delle prigioniere e dei prigionieri politici?
La società basca vive la repressione a partire dal timore legittimo di essere criminalizzata e incarcerata. Questo non è, come potrebbe sembrare, un freno ma piuttosto un impulso per rilanciarsi con forza nelle proprie convinzioni e rivendicazioni legittime, che le sono negate in quanto popolo ; ed è l’esempio della resistenza delle prigioniere e dei prigionieri politici baschi, nonostante tutta la terribile brutalità esercitata contro di loro nelle carceri francesi e spagnole, quello che da più forza per continuare. Le prigioniere e i prigionieri politici baschi sono soprattutto un punto di riferimento esemplare, parte attiva nel processo politico e questo si vede nelle piazze con forza e animo ; soprattutto nei settori più minacciati della società.

In questi mesi la sinistra indipendentista basca sta sostenendo la “Proposta di Anoeta” per una soluzione politica al conflitto nel Paese Basco. Ci sono stati cambiamenti negli equilibri politici in seguito a questa proposta? Si avverte il riflesso di ciò sulla situazione delle e dei prigionieri politici?
Sono già passati 6 lunghi mesi dal 14 novembre, quando si presentò la proposta di Anoeta per mano di Batasuna e possiamo parlare di un prima e un dopo. La stessa rappresentazione dell’evento segnò un punto d’arrivo in quel che è stata l’illegalità di Batasuna-pur essendo una organizzazione illegale ha riunito più di 15.000 persone.
Il secondo momento culminante è stato quello delle votazioni al Parlamento di Gasteiz (2) con la proposta del Piano Ibarretxe (3), dove la sinistra abertzale ha di nuovo dimostrato la sua iniziativa politica distribuendo i suoi voti (3 al Piano Ibarretxe a favore del dialogo e della negoziazione, rendendo possibile questo piano, e 3 contro una possibile nuova frode del PNV come nel1979 (4)).
Il terzo momento importante sono state le elezioni del 17 aprile dove Batasuna non si è potuta presentare, poichè ancora illegale, dove si rende illegale anche la nuova piattaforma Aukera Gutziak (5) ed entra in scena EHAK (6) che ottiene 9 rappresentanti. Questo risultato ha fatto si che il parlamento spagnolo abiliti il suo presidente ad aprire un dialogo di negoziazione con l’organizzazione armata ETA, la quale è riconosciuta direttamente o indirettamente come interlocutore politico riguardo alla risoluzione del conflitto e si riconoscono i suoi militanti -prigionieri inclusi- come attori politici.
Tutto questo dovrà, prima o poi, portare a una soluzione per le prigioniere e i prigionieri politici baschi e per la loro situazione carceraria.
Il quarto momento clou è in marzo quando sul tema della risoluzione del conflitto partecipano più di 40 organizzazioni politiche, sindacali e sociali di Euskal Herria. In questa occasione si propone che la risoluzione del conflitto debba passare attraverso la consultazione della società basca, in tutto Euskal Herria. Prima di Aberri Eguna del prossimo anno questa commissione ha in programma la creazione di una tavola di risoluzione del conflitto, che potrebbe essere come quella che si è stabilita ad Anoeta, ossia sarebbe la seconda tavola di partiti politici.
In tutto questo l’organizzazione armata ETA ha reso pubblica la ricerca di vie di interlocuzione con il governo spagnolo.

Se la realtà del Paese Basco risulta essere terreno privilegiato della sperimentazione della nuova “legalità” europea, tutte le situazioni di lotta in Europa si confrontano con questo piano internazionale della repressione, sotto la minaccia delle liste nere e delle accuse di terrorismo. Pensate ci siano possibilità di coordinare a livello internazionale una pratica di resistenza o almeno di informazione contro questo livello internazionale della repressione?
Più che possibilità sarebbe meglio che questo esistesse, poichè qualunque risoluzione del conflitto nelle diverse nazioni d’Europa passa attraverso l’unità di fronte ai totalitarismi antidemocratici degli stati. Sarà la prova palpabile che resistere è vincere, che le rivendicazioni legittime dei popoli possano essere realtà nonostante le grandi potenze e i loro interessi potenti.
Un esempio del fatto che è possibile è la Conferenza Internazionale di Prigioniere e Prigionieri politici che si è celebrata l’anno scorso nel Palacio Miramar di Donostia, dove si è venuti a conoscenza dell’esistenza di conflitti politici in tutto il mondo, in conseguenza dei quali esistono prigioniere e prigionieri politici, ai quali si nega questa condizione, poichè gli stati non accettano l’esistenza del conflitto politico. Forum di dibattito e informazione, lavoro in comune di resistenza e lotta che aiuteranno a porre le basi per le risoluzioni dei diversi conflitti politici che ci sono nel mondo, ognuno con le sue caratteristiche ma con un denominatore comune: l’imposizione sofferta per mano degli stati.

Concludendo, ci sono appuntamenti o passaggi significativi da segnalare nei prossimi mesi? C’è qualcosa di importante che abbiamo tralasciato, avete questioni che volete aggiungere?
In questo momento, nalla nostra condizione di cittadine basche, ex-prigioniere politiche basche, compromesse nella lotta che combatte il nostro popolo perchè sia riconosciuta la sua esistenza e che si sia noi, le basche e i baschi, a decidere quale futuro vogliamo per il nostro popolo ; in questo momento pensiamo che si debba dare una soluzione politica alla situazione cui è sottomesso il Collettivo di Prigioniere e Prigionieri Politici Baschi, raggruppandoli in Euskal Herria e riconoscendo il loro status politico perchè possano essere rappresentati legittimamente nel futuro processo di risoluzione democratica del conflitto, compagne e compagni di viaggio, propulsori dello stesso, sono parte attiva di Euskal Herria e così bisogna riconoscerli.

Note

(1) La sinistra indipendentista, o sinistra patriota.
(2) Il parlamento della “Comunità Autonoma Basca”, alias la “autonomia” in grado di garantire gli interessi dello stato spagnolo in terra basca.
(3) E’una proposta presentata dal presidente della Comunità Autonoma Basca Ibarretxe, del Partito Nazionale Basco (PNV), che affronta il problema basco, ancora riferendosi solo a 3 dei 7 territori baschi (4 occupati dallo stato spagnolo, 3 da quello francese), col risultato chiaramente voluto di confondere le acque e ostacolare il lavoro e il consenso per la sinistra indipendentista, nel tentativo di catalizzarne i voti.
(4) Nel 1979 si istituì la Comunità Autonoma Basca. Come con il Piano Ibarretxe, anche allora il PNV giocò il ruolo di garante degli interessi dello stato spagnolo e pompiere delle esigenze di reale indipendenza della nazione basca, instaurando la “autonomia” in solo 3 dei 7 territori baschi.
(5) La coalizione popolare che si è formata per partecipare alle recenti elezioni basche, e che raccoglieva anche il consenso dell’elettorato di Batasuna, illegalizzata come tutte le precedenti liste a favore dell’indipendenza, con l’accusa di essere espressione di ETA.
(6) Il Partito Comunista delle Terre Basche, EHAK, si è presentato alle ultime elezioni rinunciando al suo programma e assumendo il programma di Batasuna, dopo l’illegalizzazione di questa e di tutte le liste per l’indipendenza.



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