SENZA CENSURA N.17
LUGLIO 2005
Progressisti: toccata e fuga!
Avanza il PCMLE in Ecuador mentre si
scontrano borghesia nazionale vecchia e nuova
Seguendo la traccia indicata nello scorso numero, nel quale si è concluso un
ciclo di approfondimento sulle trasformazioni in atto in America Latina e si è
parlato di Mercosur e di quanto esso rappresenti principalmente la proiezione
del capitale brasiliano e argentino in sudamerica, in questo numero verranno
presentati due materiali, il primo relativo alla situazione in Ecuador e il
secondo che riguarda il fallimento del Plan Patriota in Colombia.
Degno di nota comunque, l’incontro tra Mercosur e Lega Araba del mese scorso.
Il presidente del Venezuela Hugo Chavez, in uno degli interventi di apertura
del summit, oltre a ribadire l’importanza politico/economico/strategica
dell’avvenimento, che si colloca nell’ambito della costruzione di relazioni
economiche politiche e culturali sud-sud e tra i paesi maggiormente produttori
di petrolio al mondo, ha voluto sottolineare la sua solidarietà “alla
legittima lotta di liberazione nazionale condotta dalla resistenza arabo
islamica in Iraq”.
Durante tutti i lavori e nella dichiarazione finale del summit, non è rimasta
traccia di queste dichiarazioni e Chavez, anche se isolato, ha comunque voluto
ribadire che “se un giorno il Venezuela fosse attaccato sarebbe legittima la
resistenza contro un esercito invasore come quello nordamericano in Iraq”. Il
presidente venezuelano ha a che fare con la posizione più marcatamente
borghese e opportunista (anche se nazionalista e progressista) dei governi di
Argentina e Brasile di fronte alla politica dell’amministrazione Bush e al
presentarsi di una situazione in cui c’è un summit con Lega Araba al cui
interno (questo è ovviamente dovuto ai governi arabi moderati), con gli altri
paesi, siedono i rappresentanti del governo fantoccio iracheno posto dagli USA
a Bagdad.
Il Venezuela con il governo bolivariano sta cercando in ogni modo di muoversi
autonomamente sul piano internazionale con scambi di esperienze e di
macchinari con l’Iran (gipponi militari, trattori e macchinari vari), con la
Russia (100000 Kalashnikov acquistati e 20 tecnici venezuelani in Russia ad
apprendere le tecniche di produzione dei futuri modelli che si vuole produrre
localmente, in più con l’acquisto di decine di elicotteri) e con i paesi
orientali con la Cina in testa.
Questo segna l’accelerazione della proiezione del Venezuela sul piano
internazionale che si relaziona non solo con i paesi della zona caraibica (ad
esempio rinsaldando con Cuba gli accordi che, in ambito di petrolio nel mese
scorso, portano l’avvio della costruzione nuovi impianti di produzione
nell’isola caraibica) e del cono sud, ma anche con quei paesi con cui possa
sviluppare rapporti proficui che conducano questo paese ad accumulare le
risorse tecnologiche e i mezzi di produzione avanzati necessari ad alimentare
il “piano di sviluppo endogeno”.
Questo è di recente istituzione e si aggiunge ai programmi di alfabetizzazione
e scolarizzazione, sanità e formazione, riorganizzazione delle forze armate e
riserva militare popolare, giunte civico militari, avviamento al lavoro
cooperativo che il petrolio venezuelano finanzia: quello che Chavez
pomposamente (rispetto al processo reale, discontinuo e dalle mille facce)
chiama “la costruzione del socialismo del nuovo millennio”.
Anche sul piano più prettamente politico internazionale il Venezuela
bolivariano, oltre alla partecipazione al Mercosur, nel suo coinvolgimento
autonomo non trova il sostegno dai paesi membri del Mercosur.
Il riferimento è alla vicenda dell’agente anticastrista Posada Carriles che
nel ’62 entrò nell’esercito nordamericano, poi nella CIA (i riferimenti si
trovano nella documentazione de-segretata degli USA), per poi trasferirsi in
Venezuela dove si rende protagonista di sparizioni e torture fino al 1976
quando è responsabile (e reo confesso) dell’attentato in cui morirono 73
atleti cubani che esplodono nel volo di ritorno dal Venezuela.
Viene arrestato, processato e condannato. Scappa dal carcere dopo 7 anni di
detenzione per riparare in centro america. Da lì nel 2004, dopo aver
continuato a dirigere e ispirare l’attività controrivoluzionaria in america
latina, passa negli USA dove entra clandestinamente. Cuba e Venezuela, insieme
il mese scorso, dichiarano sempre più insistentemente che Posada Carriles è
negli Stati Uniti. All’Havana e a Caracas manifestazioni oceaniche per la sua
estradizione.
Gli USA erano certamente al corrente della sua presenza nel territorio
nazionale ma negano fino a quando Posada Carriles non indice una conferenza
stampa. In breve quindi c’e’ il trattato di estradizione tra Venezuela e USA,
Posada Carriles è (anche) venezuelano e condannato e in più reo confesso. Gli
Stati Uniti intervengono subito sulla macchina informativa occidentale e
vengono messe in primo piano le conferenze stampa e gli incontri degli
anticastristi in cui denunciano una presunta mancanza di diritti umani e
libertà politiche a Cuba, con le vicende che tutti sappiamo dei due
giornalisti italiani espulsi.
Questo per ingolfare la macchina informativa con la propria campagna
ideologica e politica contro Cuba e Venezuela e per nascondere l’imbarazzo che
possono provocare due piccoli paesi che ricordano a Bush quanto sia “falsa,
interessata e immorale la guerra in Iraq e in Afghanistan visto che poi sono
loro a difendere i terroristi - Chavez” (anticastristi che va ricordato hanno
un peso enorme in USA come lo ha la Florida nell’elezione del presidente).
Davanti alla minaccia di rompere i rapporti con gli USA da parte del
Venezuela, il silenzio imbarazzato e pavido soprattutto di Argentina e Brasile
(come nel summit tra Lega Araba e Mercosur – Mercosur in cui per di più Cuba
non è presente-) testimonia ancora una volta come dal punto di vista della
politica internazionale Cuba e Venezuela siano isolati nella loro lotta aperta
contro la borghesia imperialista USA.
Come veniva affermato nel numero scorso, con l’ultimo giro di adesioni e con
gli investimenti di capitali e le grandi opere infrastrutturali che si stanno
realizzando nel subcontinente, e con il moltiplicarsi dei rapporti
internazionali, il Mercosur si sta ritagliando uno spazio nel quale i capitali
principalmente di Brasile e Argentina vengono valorizzati a danno oltre che
dei proletari delle città e delle campagne dei due rispettivi paesi, anche e
soprattutto delle città e delle campagne di paesi in continua e combattiva
mobilitazione popolare antimperialista come la Bolivia, il Perù e l’Ecuador.
D’altra parte ad ogni ciclo di valorizzazione di capitali (anche se piccoli e
subalterni come quelli sudamericani) si genera uno sviluppo capitalistico che
si sa essere diseguale.
In un paese della periferia tra le periferie quale è l’Ecuador oggi (ma anche
Perù e Bolivia) vediamo come continua ad esserci un ricambio continuo di
attori che recitano a soggetto (borghese) in uno scenario in cui ci sono cicli
di crisi economica spaventosi, manifestazioni popolari prolungate e combattive
indette fino alla cacciata dei governi in carica. I vecchi presidenti
bananeros ecuadoriani lasciano il passo ad una stagione di ‘progressisti’ che
inizia con Gutierrez (scappato non negli USA ma in Brasile) che ha fatto parte
di quell’arco di paesi che si sono opposti all’ALCA nella sua prima
formulazione.
Come Senza Censura pensiamo sia importante valorizzare ogni sensibilità e ogni
passo avanti verso la costituzione di un’avanguardia cosciente e forte che
sappia condurre la grande combattività popolare e indirizzarla verso la presa
del potere. Il contributo dei compagni del Partito Comunista Marxista
Leninista dell’Ecuador, come analisi della cacciata/fuga di Gutierrez e
dell’avanzamento delle lotte popolari in Ecuador, è per noi preziosa perché è
un’organizzazione di massa, dal crescente radicamento nelle principali città
di un paese in cui gli USA hanno una delle più grandi e importanti basi
nordamericane della regione.
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LA CRISI POLITICA CHE E’ TERMINATA CON IL GOVERNO DI LUCIO GUTIÉRREZ
Estratto dall’articolo del Giornale En Marcha, Organo Centrale del Partito
Comunista Marxista Leninista dell’Ecuador (Maggio di 2005)
Introduzione
I popoli dell’Ecuador affermano la loro tradizione di ribellione, il
loro spirito combattivo e la loro dignità. Questi giorni sono stati
protagonisti di una nuova giornata di lotta che entra nella storia e ci
consegna insegnamenti che il movimento popolare e rivoluzionario devono
valorizzare e studiare, come si deve fare con tutte le esperienze politiche
che alimentano il patrimonio e la prassi politica della classe operaia e con
la quale abbiamo l’impegno di portare al successo la rivoluzione ecuadoriana.
Il movimento di massa che ha messo fine al governo corrotto di Lucio Gutiérrez
ha caratteristiche particolari e ha potuto prepararsi in una circostanza
politica specifica che ha mobilitato settori che, nel passato, non hanno
giocato ruoli di primo piano nella lotta di masse e, meno ancora, sono stati
forze determinanti per rompere con il governo e far sfociare la situazione
nazionale in una crisi politica caratterizzata questa per la sua durata e
l’acuto confronto tra i gruppi economici di potere.
Ognuna delle azioni popolari che hanno messo fine ai governi di Bucaram,
Mahuad ed ora Gutiérrez, hanno tante differenze e tanti elementi in comune.
Bucaram e Mahuad soccomberono davanti a sollevamenti popolari, nei quali
giocarono ruoli attivi le organizzazioni sindacali, contadine, studentesche,
del popolo, etc. e partiti e movimenti politici di sinistra. Nel sollevamento
contro Mahuad, i gruppi indigeni ebbero una eccezionale partecipazione di
massa, quello che permise loro di proiettare un’immagine di forza fondamentale
del movimento popolare ecuadoriano. Per certo, in questa ultima giornata di
lotta, e durante tutta la gestione di Lucio Gutiérrez, il movimento indio
attorniato nella CONAIE e FENOCIN fu assente. A Gutiérrez, invece, non l’ha
deposto un sollevamento popolare, bensì una gran mobilitazione delle masse con
anche settori della piccola borghesia (ma anche media e alta), le cui file
sono anche state nutrite dai settori popolari, ma soprattutto con la
particolarità che, fondamentalmente, la mobilitazione non è stata su base
sindacale o corporativa.
In tutti e tre questi avvenimenti, le Forze Armate hanno svolto un ruolo
determinante, orientando la bilancia a beneficio della mobilitazione sociale;
l’ambasciata nordamericana, ugualmente, una volta assicurata la continuità
della sua politica, ha dato il nulla osta affinché si producesse il cambio; e,
allo stesso modo, settori dell’opposizione borghese hanno scommesso per
mettere fine a chi, in qualche modo, si era trasformato in concorrente
politico diretto, benché abbiano interessi di classe comuni.
In questi tre avvenimenti, il movimento popolare e la sinistra rivoluzionaria
hanno partecipato attivamente, con importanti interventi. Tuttavia, i limiti e
principalmente la mancanza di coesione organica, non hanno reso possibile che
queste crisi politiche siano sfociate in un’uscita rivoluzionaria e hanno
assistito più che altro alle rese dei conti tra le fazioni borghesi, cedendo
passo al cambio borghese, evitando di porre ostacoli alla dominazione
dell’imperialismo e la borghesia.
La crisi politica.
La crisi politica [ndt del Governo Gutiérrez] nacque con le misure
adottate per il Congresso Nazionale tra novembre e dicembre dell’anno scorso
che riorganizzarono la Corte Suprema di Giustizia [ndt CSJ], la Corte suprema
Elettorale [ndt TSE] ed il Tribunale Costituzionale [ndt TC]. Tali cambiamenti
sono tipici delle lotte tra borghesi che si presentano nello scenario politico
generale e si materializzano in maniera viva nel Parlamento, e in cui le
diverse fazioni cercano mettere in discussione o conquistare spazi, espellere
alcuni settori del controllo dell’amministrazione statale per rimpiazzarli con
chi, al momento, ha maggiore forza o possibilità di manovrare nella
congiuntura politica.
La sinistra rivoluzionaria ha approfittato di detta circostanza e ha votato
inizialmente a beneficio del cambiamento nella composizione degli organismi
menzionati. Non lo ha fatto con l’idea (e meno ancora nell’interesse di creare
false aspettative tra i lavoratori ed il paese) che la natura di dette
istituzioni cambierebbe per la sola presenza di uno o un altro magistrato con
posizioni democratiche o di sinistra. Abbiamo sempre detto insistentemente che
la natura di questi ultimi è data dalla loro condizione di appartenenza alle
istituzioni dello stato borghese e come strumenti sui quali esso si fonda. Ad
ogni modo il proposito di democratizzare la sua composizione è una cosa da
rigettare.
Anche se gli strumenti adottati [ndt per la riforma] erano legali (e
sicuramente è stato così), la riorganizzazione del CSJ, del TC e del TSE ha
significato un duro colpo politico al Partito Social Cristiano [ndt PSC], alla
Sinistra Democratica [ndt ID]e alla Democrazia Popolare che in forma illegale
cercavano di ottenere il controllo di queste istituzioni, facendone centri di
corruzione, di frode e ricatto, e dove le sentenze e le risoluzioni venivano
definite in base a chi pagava di più oppure erano utilizzate per fare
pressioni o per favorire un altro settore.
Prima dell’ultimo processo elettorale, il PSC ed ID apparvero come le
principali forze politiche del paese (ma in realtà si tratta di partiti
regionali) che lavoravano per proiettarsi come opzioni vincitrici per le
elezioni presidenziali del 2006 vicino al PRIAN. Il PSC ed l’ID hanno lavorato
da tempo per costituire un sistema bipartitico, nel quale essi avrebbero
voluto essere i pilastri. Queste due strutture borghesi furono battute con le
risoluzioni del Congresso. Per questo motivo la loro risposta fu immediata e
rabbiosa.
In due momenti consecutivi la composizione della Corte suprema Elettorale fu
illegale, dunque, non rispondeva allo statuto giuridico che obbliga la
rappresentazione delle sette forze politiche con maggiore rappresentanza
elettorale nel paese. In quelle due occasioni si attentò il diritto del
Movimento Popolare Democratico a fare parte di questa istituzione, ad essere
cioè la quinta forza politica. Al suo posto si insediarono Democrazia Popolare
ed il Partito Conservatore, questo ultimo poi estinto.
Una cosa simile accadde col Tribunale Costituzionale, dominato allo stesso
modo dal socialcristianismo, per il quale non si prese in considerazione la
terna designata dal collegio elettorale dei sindacati di lavoratori e
contadini capeggiati dal Dr. Lenín Rosero. In questo modo quando la sinistra
rivoluzionaria votò per la ristrutturazione di detti organismi, non solo si
stava appellando ad un diritto che le sarebbe dovuto corrispondere, ma
soprattutto ad un obbligo che doveva essere compiuto dagli altri. La
riorganizzazione della CSJ, a sua volta, fu in concordanza con una norma
transitoria stabilita nella Costituzione che autorizzava al Congresso la sua
riorganizzazione.
La corruzione era la cosa in cui eccelleva la CSJ controllata dal PSC e dall’ID
ad un punto tale che, iniziata la crisi loro stessi si resero conto che non
potevano contendersi il loro stesso spazio chiedendo il ritorno dei
“defenestrati”, e quindi optarono per fare il discorso della difesa della
legalità, della moralità e della difesa delle istituzioni, come se avessero
riflettuto su quello quando assaltarono questi organismi. Alcune ONG, che
partecipavano all’Assemblea di Quito, non ebbero l’imbarazzo di chiedere fino
all’ultimo che la CSJ fosse presieduta da Hugo Quintana [ndt corrotto nel 2002
non indicò, come da obbligo di legge, i redditi e i propri conti correnti].
La politica assunta in questa congiuntura dal blocco parlamentare del
Movimento Popolare Democratico (e dalle organizzazioni che appoggiamo) fu
nitida ed in relazione ad una politica di indipendenza di classe, a beneficio
della democrazia ed in difesa degli interessi popolari. La coincidenza
politica che si produsse col Blocco Parlamentare Istituzionale non ha
compromesso la politica del MPD né delle organizzazioni integranti il Fronte
Popolare, non ha significato scendere e ammainare le sue bandiere, e così si è
osservato durante questa crisi, nella quale l’opposizione popolare ha avuto
espressioni diverse, per le strade ed all’interno dello stesso Parlamento,
essendo precisamente le organizzazioni della Fronte Popolare e la militanza
del MPD che hanno svolto il ruolo ma dinamico nella lotta antigovernativa,
come è successo dal momento in cui Lucio Gutiérrez ha tradito il progetto
popolare che lo ha portato al potere.
L’opposizione popolare
Dal momento in cui Lucio Gutiérrez ha tradito il progetto politico che
lo aveva portato al potere, la sinistra rivoluzionaria ha definito una
politica di opposizione che si è espressa inizialmente nella formulazione di
obiettivi- mentre Pachakutik [ndt una delle organizzazioni-partito degli
indios dell’Ecuador] continuava a stare nel governo - e che prese la forma di
opposizione aperta quando Pachakutik fu cacciata da Gutiérrez.
Le azioni e le iniziative contro la politica antipopolare ed antipatriottica
del governo sono state una costante da allora. La ricerca dell’unità popolare
per lottare contro il governo è stata una costante da parte della Fronte
Popolare, per quello che ha preso forma a momenti e che ha saputo dimostrare
forza. Un esempio di ciò fu l’Assemblea dei Lavoratori ed i paesi
dell’Ecuador, gennaio di 2004 che approvò il Programma di Governo per un Nuovo
Ecuador e lanciò lo slogan Fuori Gutiérrez!, Governo Popolare! Quella bandiera
fu agitata con maggiore o minore intensità da quel momento poi.
In realtà, sono state le organizzazioni del Fronte Popolare che hanno impresso
maggiore dinamismo alla lotta delle masse. Gli studenti degli istituti
secondari uniti nella FESE, con due anni alle spalle di lotte ed un successo
nello sciopero nazionale, riuscirono a conquistare il ‘carné estudiantil’; i
commercianti al dettaglio si sollevarono contro la ‘facturación’; dalle
università, e con la FEUE in testa, l’esigenza per il ‘presupuesto
universitario’ ha mobilitato la gioventù; i soci alla Previdenza sociale
contatine, diretti dalla FEUNASSC, non hanno affievolito la lotta contro la
privatizzazione del previdenza sociale, per la dotazione di medicine e risorse
per i dispensari medici ed altre rivendicazioni particolari dei contadini;
l’UNE piegò il governo con uno sciopero nazionale e ha continuato la sua lotta
per il ‘presupuesto para la educación’; i lavoratori organizzati nell’UGTE
hanno affrontato la nefasta politica salariale e il mancato rispetto degli
accordi e dei diritti sindacali. Lo hanno sottolineato anche le azioni
sviluppate dai pensionati, i lavoratori ed i professionisti della salute, le
mobilitazioni di organizzazioni di popolazione e di altri settori.
Durante questi mesi, da diversi settori - e nel blocco popolare è stato
unanime - si è alzata la voce e l’azione contro l’Alca ed il TCL [ndt trattato
di libero commercio]; condannando la partecipazione del paese nel Plan
Colombia e al suo successore Plan Patriota; perchè se ne vadano i soldati
yankee della base di Manta; contro la sottomissione del governo ai dettati del
Fondo Monetario Internazionale; condannando la corruzione e le menzogne che
caratterizzarono la politica precedente governo. Nelle ultime settimane emerge
la lotta contro il pacchettaccio di provvedimenti neoliberali contenuti nella
‘Ley Topo’ che il Congresso si vide obbligato a respingere per la pressione
popolare. Tuttavia, non mancarono settori che, ubriacati dalla “difesa” delle
istituzioni, persero di vista la necessità di affrontare gli impegni che
Gutiérrez aveva preso col capitale straniero e l’oligarchia creola.
In questo caso devono anche essere prese in considerazione le difficoltà che
si sono presentate in una parte del movimento popolare: il movimento indigeno
attorniato nella CONAIE e nella FENOCIN che caddero nell’immobilità, nella
ricerca di rappresentazioni in istituzioni statali come PRODEPINE, CODEMPE o
il sottosegretariato di Educazione Interculturale Bilingue, mentre Gutiérrez
alimentava con risorse ed appoggi la FEINE [ndt altra organizzazione indigena]
che cresceva e che poi ha svolto il ruolo di forza autonoma e di scontro con
il governo. La giornata di lotta che ebbe il suo apice il 20 di Aprile non può
essere vista né essere considerata separata da tutto questo processo politico
che si è operato nel paese e tra i settori popolari, al margine di tutta
quell’azione che ha fatto da incubatrice per le condizioni dell’esplosione
sociale di Quito. Quella è l’espressione e risultato dell’accumulazione dello
scontento popolare, del rifiuto di un governo che ha giocato col paese e ha
voluto sottometterlo con misure dittatoriali.
Ma l’opposizione popolare ha avuto anche espressioni nell’azione parlamentare.
Il blocco del MPD, vicino al popolo, è stata la voce delle proposte e
rivendicazioni dei lavoratori e ha dato loro la forma di disegni di legge; ha
affrontato le pretese che muoveva il governo e gli altri settori
dell’oligarchia. E’ stato il blocco del MPD quello che ha preso l’iniziativa
di richiamare al giudizio politico Lucio Gutiérrez, progetto che non fu
attuato perché non fu possibile ottenere i voti sufficienti per intraprendere
questa azione parlamentare. Allo stesso modo, il MPD chiese al Congresso di
risolvere la convocazione a consultazione popolare circa l’abbono o meno del
Trattato di Libero Commercio, per fare qualche esempio unicamente con due
aspetti ma di somma importanza.
Un nuovo cambio borghese.
Più sopra abbiamo citato le linee e le debolezze esistenti nel movimento
popolare che hanno facilitato che la destra [ndt il movimento dei ‘fuorilegge’]
e l’imperialismo determinino la sorte dello sbocco della crisi in un ricambio
borghese, così come accadde in occasioni precedenti.
Ma questo non significa che la crisi in sé ed i problemi politici siano stati
risolti. Il nuovo governo nasce con difficoltà, ci sono settori che hanno
aspettative in lui, ma maggiore è lo scetticismo, soprattutto nella
popolazione povera, per l’esperienza del passato e per la designazione del suo
gabinetto ed altri funzionari. A differenza dei processi che abbatterono a
Bucaram e Mahuad, nelle province amazzoniche ed in alcuni posti di Manabí ed
Los Rìos si sono articolate azioni che esprimono il disaccordo con l’uscita di
scena di Gutiérrez. Questa è una dimostrazione che il governo borghese nasce
indebolito e a questo deve aggiungersi il comportamento delle Forze armate e
della Polizia il mercoledì 20, che tardò alcune ore nel riconoscere questa
situazione e prendere le misure per proteggere a Palazzo quando, spaventato [ndt
Gutiérrez], chiedeva che lo soccorrano telefonando dalla cantina di CIESPAL.
C’è chi dice che Palacio [ndt l’ex vicepresidente e presidente attuale
dell’Ecuador] instaurerà un governo progressista, e che a questo si dovrebbero
le osservazioni formulate dagli Stati Uniti e dall’OEA commentando la sua
designazione come presidente. Tale comportamento risponde - alla nostra
maniera di vedere - al tentativo di fare da subito forti pressioni sul nuovo
governo ed assicurare che questo non si allontani dai piani economici,
politici e militari che gli Stati Uniti hanno in mente per la regione; e, a
sua volta, come misura preventiva [ndt spauracchio] verso altri governi della
regione, nel timore che l’azione dei popoli li cacci.
Un altro argomento a favore delle tendenze progressiste di Palacio è la
posizione assunta dal nuovo ministro di Economia, Rafael Correa, che nelle sue
iniziali dichiarazioni ha insistito in adottare un programma economico che
privilegi la questione del “debito sociale” prima di qualunque altra cosa. Se
così fosse, sicuramente il popolo appoggerà il ministro nella sua gestione. Ma
prima delle promesse del governo di garantire le necessità popolari ed
applicare riforme di contenuto progressista ci sono le azioni, per ciò
chiediamo che dia concretezza alle sue dichiarazioni, esigiamo una politica di
indipendenza e sovranità nazionale e di attenzione ai settori popolari,
mettere fine alle negoziazioni del Trattato di Libero Commercio con gli Stati
Uniti; sopprimere qualunque impegno di attuazione del Plan Colombia;
l’espulsione delle truppe yankee della Base di Manta e l’opposizione al
conferimento dell’immunità ai soldati nordamericani; l’eliminazione del FEIREP
che obbliga destinare le risorse petroliere per il pagamento del debito
estero; imprigionare i banchieri corrotti che si sono rubati il denaro degli
ecuadoriani; abbandonare le misure e le politiche avviate circa la
privatizzazione della previdenza sociale, ed i settori elettrico e delle
telecomunicazioni; servire con le risorse indispensabili la salute,
l’educazione, stimolare la produzione agricola, aiutare i piccoli produttori
contadini, artigiani ed della piccola industria, tra altri aspetti. I fatti
diranno a chi serve questo nuovo governo.
La lotta dei lavoratori ed i paesi dell’Ecuador continua. Benché un’altra
volta l’oligarchia e l’imperialismo siano stati capaci determinare le sorti
della crisi a proprio favore, questo non cancella la validità della lotta. Se
è necessario fare un altro governo dovremo farlo, avendo presente che non c’è
cambiamento senza rivoluzione, senza trasformazione economica e sociale, senza
mettere fine al dominio del capitale e dei suoi padroni: la borghesia e
l’imperialismo. Varie volte l’abbiamo detto e lo ripetiamo: Solo la
rivoluzione è cambiamento! ed i comunisti ecuadoriani, insieme con i
lavoratori e le popolazioni indigene lottiamo per raggiungere questo
proposito.
L’anelito di cambiamento persiste tra la classe operaia e nel popolo e per ciò
lottano e continueremo a farlo. In questa stessa giornata, si stanno muovendo
importanti cose verso la costituzione di un governo popolare, proposta che
guadagna simpatia tra i lavoratori, i giovani, i contadini, tra gli abitanti
dei quartieri popolari, etc. Con certezza diciamo che, più presto che tardi,
questa bandiera proteggerà la lotta di tutto il movimento popolare
ecuadoriano, ed in queste condizioni sarà effettiva e possibile la vittoria!
Che se ne vadano tutti!
Per iniziare a rendere
l’idea del riposizionamento dei punti strategici nel quadro del Comando
Sud degli USA dopo Panama 1999 riportiamo alcuni dati significativi
relativi alla base di Manta in Ecuador. L’Accordo di Cooperazione del 25 di Novembre 1999, concede agli Stati Uniti: - L’uso della Base aerea di Manta, del porto marittimo di Manta e quello che possa aggiungersi nel concetto di “installazioni relazionate con la base e la sua vicinanza”, senza costo. - Cede la sovranità sullo spazio aereo ecuadoriano: autorizza alle aeronavi operate per o ferma gli Stati Uniti in relazione con l’Accordo, a sorvolare il territorio del paese. - Stabilisce una condizione giuridica di eccezione al personale che operi nell’accordo ed ai suoi parenti, concedendo loro immunità e la stessa condizione giuridica del personale tecnico ed amministrativo dell’Ambasciata degli Stati Uniti. Perfino nei casi nei quali autorità ecuadoriane fermassero membri di questo personale, hanno l’obbligo di notificare immediatamente e consegnare alle autorità degli Stati Uniti. - Tutto il personale non permanente potrà entrare ed uscire non solo dalla Base, bensì della Repubblica con l’identificazione statunitense, senza passaporti né visti e è esente di imposte di entrata ed uscita, come di imposte sui redditi ricevuti, proprietà, possesso, uso o cessione, sui beni che si trovino nell’Ecuador, relazionati con la sua presenza. - L’accordo esonera da tutti i procedimenti di importazione, esportazione, dazi, imposte dirette o indirette, ai prodotti, squadre, materiali, provviste e tutti i beni che entrino o escano dal paese a nome dell’accordo. Ed ugualmente relativamente ai permessi e tassi di costruzione che prevede la legislazione ecuadoriana. - Autorizza agli Stati Uniti a stabilire servizi postali militari, una stazione di satellite per radio, tv, ed altre telecomunicazioni, quelle che saranno esenti di ispezione, congeda, regolazione, diritti, imposte dirette o indirette ed ogni tipo di carichi o tariffe. - L’Ecuador, mediante l’Accordo rinuncia ad ogni causa per lesioni, morti di persone o per danni, perdite o distruzione di beni governativi. L’Accordo Operativo del 2 di Giugno 2000, autorizza agli Stati Uniti: - L’amministrazione del FOL o COA [ndt uno dei recenti Centros Operativos de Avanzada]. - L’operazione di 4 aeroplani grandi E03 Awacs e KC135. - L’operazione di 4 aeroplani medi. - Il dispiegamento tra i 250 e i 300 effettivi militari dell’USA durante operazioni normali. - Il numero di militari si potrà elevare a 475. - Proibire ad ufficiali ecuadoriani di volare in aeroplani degli USA. - Gli aeroplani degli USA avranno lo stesso trattamento che gli aeroplani militari dell’Ecuador. - In casi di emergenza agirà come Capo il Capo del Distaccamento VII degli ’USA. - Il governo dell’USA potrà costruire nuove installazioni, carrozzabili e servizi pubblici. |