SENZA CENSURA N.16

FEBBRAIO 2005

 

Capitalism and Crisis: Creating a Jailhouse Nation

 

David Gilbert è un prigioniero politico nelle carceri USA, detenuto, da più di vent’anni, per la sua lunga attività di militante rivoluzionario.
Sin dai primi anni Sessanta era attivista prima del movimento per i diritti civili all’interno del Congress of Racial Equity e poi militante del movimento contro la guerra in Vietnam alla Columbia University.
É stato uno dei fondatori della più importante organizzazione studentesca degli anni Sessanta negli USA, la SDS (Students for Democratic Society), nonché l’estensore del primo opuscolo dell’organizzazione in cui si parlava di “imperialismo americano”, contribuendo al processo di maturazione internazionalista del Movement.
Il movimento di liberazione nero, la radicalizzazione del movimento contro l’aggressione imperialista al Vietnam, così come l’affermarsi del movimento di liberazione femminile saranno fondamentali per il percorso politico di questo compagno come di altri esponenti di primo piano del movimento nelle università americane.
Da una costola dell’SDS nascono i Weather Underground che in dieci anni di attività clandestina compiono numerosi attentati contro i centri del potere politico ed economico statunitense, in appoggio alle lotte di liberazione nazionale in Asia, Africa e Sud-America, così come in sostegno del proletariato metropolitano negli USA, in particolar modo delle lotte dei detenuti.
Arrestato nell’ottobre del 1981, insieme ad altri compagni, in seguito ad un esproprio compiuto da alcuni militanti del Black Liberation Army e da alcuni rivoluzionari bianchi, è stato condannato ad una pena detentiva di 75 anni ed attualmente recluso nel carcere di massima sicurezza di Attica.

Informazioni su David Gilbert e suoi scritti si possono trovare in Inglese su: http://www.prisonactivist.org/

Quando fui catturato, nel 1981, avevo già alle spalle ben 20 anni di esperienza di movimento, clandestino e non. Per questo motivo ero convinto di avere una buona conoscenza e comprensione delle dinamiche classiste e razziste del sistema carcerario. Ma, una volta entrato effettivamente in quella realtà, fui sorpreso da quanto fosse profondamente razzista il sistema carcerario, e dalle incessanti umiliazioni e degrado che ne sono elementi integranti.
Come ampiamente notato dal prigioniero politico Mumia Abu Jamal nel suo “Live From Death Row”, esiste un “orrore profondo anche negli eventi banali di ogni giorno…il continuo ed incessante assalto dell’anima”. Gli anni ottanta rappresentarono il culmine di una esplosione di incarcerazioni che non aveva precedenti. Dal 1972, il numero di prigionieri in questo paese è moltiplicato giorno dopo giorno fino ad arrivare ai 2 milioni di persone dietro le sbarre ad oggi. Altri 4 milioni sono fuori sulla parola. Gli Stati Uniti sono il paese con il più alto numero di incarcerazioni e di sentenze. Con solo il 5% della popolazione mondiale, abbiamo il 25% di detenuti.
Il cambiamento politico qualitativo è stato sorprendente quanto lo sono i numeri: nessun politico che spera di essere eletto può mettere in pericolo la propria carriera attuando una politica “soft” sul crimine. Centinaia di nuove leggi repressive sono state approvate, e la legge e l’ordine sono diventati il cavallo di battaglia dell’offensiva di estrema destra. L’importanza politica della giustizia criminale è quindi ovvia. Ciò che invece non è affatto ovvio – ed anzi opportunamente oscurato – sono le reali ragioni di questi sviluppi drammatici e dannosi. Naturalmente essi non rappresentano una risposta razionale al problema del crimine. Consideriamo un paio dei fatti menzionati: L’Europa Occidentale ed il Giappone, che hanno 1/7 del nostro tasso di incarcerazione, hanno un numero minore di crimini violenti. In venti anni di incarcerazioni qui negli Stati Uniti, la criminalità continua ad aumentare. Il chiaro declino dei crimini violenti non è iniziato che nel 1993 – insieme alla diminuzione della disoccupazione e la minore percentuale di ragazzi in età ad alto rischio tra i 15 ed i 24 anni. La repressione totale e l’incarcerazione non rappresentano una vera e propria soluzione. Comunque, il ruolo politico di tali temi li rende scottanti per chiunque sia coinvolto nel cambiamento sociale.
Lockdown America di Christian Parenti è una gemma analitica, con molte facce luccicanti sugli sviluppi chiave – dalla dotazione della polizia dei file computerizzati, alle torrette di guardia dalle quali si sparava a prigionieri disarmati in California. Quest’opera non tratta la complessa questione delle cause e delle cure del crimine. Il punto di partenza dell’autore potrebbe sembrare molto lontano da polizia e prigioni, ma alza questioni in merito ad esse. Ad esempio la seria crisi strutturale che coinvolse gli Stati Uniti ed in generale il capitalismo mondiale alla fine degli anni sessanta.
Le straordinarie opportunità di investimenti nella ricostruzione postbellica rinvigorirono le economie europee e giapponesi, e si tramutarono in una grande concorrenza per le industrie statunitensi. Questi sviluppi culminarono in un periodo di sovrapproduzione cronica, nel quale il capitalismo tese a produrre più merci e servizi di quanti non potessero essere venduti effettivamente (data la limitata capacità di acquisto della maggior parte delle persone).
Allo stesso tempo, il capitale fu colpito da cambiamenti politici all’interno degli Stati Uniti. Gli esempi di diritti civili ed attivismo politico contro la guerra, ispirarono una militanza dei lavoratori che portò ad un aumento del costo del lavoro, ed i nuovi attivisti ambientali portarono a nuovi costi per mantenere sotto controllo i livelli di inquinamento. Per riassumere una complessa situazione interna ed estera, i tassi di profitto caddero da un 10% del 1965 al 4.5% nel 1974. E non si vedeva alcuna prospettiva per un possibile miglioramento. Parenti descrive due maggiori fasi di controffensiva del capitale. La prima fu l’impressionante attacco ai movimenti radicali ed alle comunità che insorgevano, includendo un programma di contro-intelligence che portò all’uccisione di una trentina di membri del Black Panther Party. Il reale motivo che si celava dietro alla richiesta di leggi ed il controllo dell’ordine è presto rilevato da una citazione dal diario del capo dello staff del presidente Nixon H.R. Haldeman.: [President Nixon] Enfatizza il fatto che il reale problema siano i neri.. Il punto è organizzare un sistema che riconosca questo pur fingendo di non farlo.
Il secondo passo riguardava la ristrutturazione economica iniziata dal primo ministro inglese Margareth Tatcher nel 1979. Essa divenne il cuore della rivoluzione reaganiana che va ancora avanti oggi. Ecco come il primo ministro dell’economia della Tacher, Alan Budd, la descrisse:
“Innalzare i livelli di disoccupazione era un metodo per ridurre la forza del proletariato. Ciò che fu messo a punto – in termini Marxisti - fu una crisi nel capitalismo che ricreò una riserva di lavoratori e che permise ai capitalisti di riottenere alti profitti.”
A ciò fece seguito una serie di misure atte ad unire e tenere compatti la Great Society ed il New Deal, ponendo i lavoratori in una posizione contrattuale estremamente debole anche nelle successive espansioni economiche.
Tali cambiamenti pesarono gravemente sulle periferie più povere. Per prima cosa, il capitale, ora più globalmente mobile, spostò alcune manifatture verso paesi con costi minori, eliminando molti posti di lavoro che apportavano un po’ di sicurezza a neri e latini. I nuovi posti di lavoro pagati poveramente vennero offerti ad immigrati clandestini che poterono così essere ricattati e sottopagati . Dal punto di vista della produzione capitalistica, le persone dei ghetti e dei barrios divennero “popolazione in surplus” o “immondizia sociale “. Allo stesso tempo, queste comunità stressate con una storia di militanza, erano potenziali “dinamite sociali” – una seria minaccia posizionata vicino ai centri delle città, quartier generali dei più facoltosi settori dell’economia come finanza, assicurazioni, immobiliari, e comunicazioni Parenti individua il centro della crociata anti crimine nel grande bisogno per il capitale di controllare e contenere i ghetti ed i barrios e di creare cordoni sanitari intorno ai centri di più grande interesse economico.
La campagna del capitale per portare via la maggior parte dei guadagni dell’ultima generazione di lavoratori statunitensi poneva un pressante problema politico: il bisogno di eliminare la crescente frustrazione nei governanti. Per fare ciò, essi rispolverarono i loro metodi soliti: questioni di razza che passano attraverso i codici di crimine e welfare. C’è una totale relazione tra i passaggi di denaro e benessere dai poveri verso i ricchi e la nostra percentuale di persone incarcerate. Il bisogno duale di contenimento e di capri espiatori, è chiaramente espresso dalla caratteristica prettamente razzista della giustizia americana. Per esempio, gli afroamericani sono il 13% dei tossicodipendenti ma il 74% dei detenuti per droga. Il rapporto tra incarcerazione di neri e bianchi è 7 a 1. Gli Stati Uniti ora imprigionano i maschi di colore 4 volte di più di quanto non accadesse in Sud Africa durante l’Apartheid..
Lockdown America descrive gli aspetti chiave della spettacolare espansione dei poteri repressivi di quel periodo, in uno stile di scrittura che combina la chiarezza analitica con incisivi esempi. Ecco alcuni argomenti presi in esame:
Police Special Weapons and Tactics (SWAT) teams. Los Angeles creò il primo SWAT team inel 1966. Ci sono trentamila unità ad oggi. SWAT è un’avanguardia per quanto riguarda la militarizzazione della polizia, con armi come pistole d’assalto, veicoli armati, cani d’attacco, elicotteri – a tutto questo si accompagna troppo spesso una mentalità che fa dei neri e dei latini dei nemici. Parenti enfatizza la funzione intimidatoria nei confronti dell’ intera comunità.
Anti-crime legislation. Lockdown America esamina alcune nuove leggi federali, un piccolo campione della moltitudine di atti federali e statali, presentandoli come un fiume di misure autoritarie che espandono ulteriormente il potere della polizia ed acuisce le pene.
La criminalizzazione dell’immigrazione. Parenti definisce i nuovi livelli di cooperazione tra le nuove agenzie di rinforzo leggi, ed a volte l’esercito ai confini statunitensi con il Messico “il più aggressivo e totalizzante rinforzo di polizia che il paese abbia mai visto.” Il razzismo è sperimentabile da chiunque si avvicini ad un check point dell’immigrazione. I bianchi sono fatti passare tranquillamente, mentre le persone di colore sono costantemente fermate. La grande crescita di detenzioni, dove le persone sono spesso tenute nelle peggiori condizioni, non può fermare l’ondata migratoria, che è favorita dalla stessa globalizzazione. Ma la effettiva minaccia di deportazione è utilizzata per impedire che i lavoratori si organizzino e protestino, ed allo stesso tempo queste vittime del sistema delle multinazionali sono accusate di essere la causa della disoccupazione statunitense. In questo modo “..i politici hanno facili capri espiatori, e gli imprenditori hanno forza lavoro docile…”
“Qualità della vita”. Il più recente capitolo politico è quello inerente alla campagna “qualità della vita” e “tolleranza Zero”. In teoria, la diminuzione di reati minori come graffiti, lattine di birra mostrate apertamente, multe non pagate dissuaderebbero potenziali criminali e creerebbero un clima di compiacenza nei confronti della polizia. In pratica, invece, si è assistito ad un aumento di proteste nei confronti della violenza della polizia ed un aumento di arresti nei confronti di giovani di colore. Le esperienze di violenza ed arresti in un individuo sono elementi capaci di determinare i suoi futuri reati. Perciò queste misure possono generare un aumento di crimini sul lungo tempo, ma sono molto utili per creare una zona franca per coloro i quali appartengono ai più alti livelli delle autorità centrali.
Ognuna di queste nuove politiche porta molte più persone dietro le sbarre. Parenti fornisce un capitolo di grande spessore sul crescente sistema carcerario industriale. Con circa 40 bilioni di dollari all’anno spesi per edifici e mantenimento di carceri, e più di 500.000 dipendenti, si può decisamente affermare che il crimine sia una fonte di reddito per certi settori. L’esempio più lampante è forse quello dell’unione degli ufficiali di correzione della California. Questa organizzazione è diventata la seconda lobby più grande e potente e spende milioni nelle campagne elettorali. Era la forza che stava dietro a “three strikes” e a più di 1.000 altre misure anti-crimine passate in California dalla fine degli anni 80.. Ma parenti evita intelligentemente riduzionismi economici. I “correction budgets” sono tuttora vicini come spesa ai budget militari pur non svolgendo la stessa funzione strategica per l’industria tecnologica. Inoltre, benché l’impressionante incentivo dei settori profit delle prigioni private, e dell’uso corporativistico del lavoro carcerario, questi sono solo una piccola parte del complesso carcerario e sono tuttora in crescita.
Nonostante non dia una dettagliata descrizione della vita in carcere, Lockdown America illustra alcuni dei suoi aspetti più disarmanti, come le rivalità delle gangs e gli stupri. Sommato alla terribile violenza diretta, i pericoli sempre presenti e gli antagonismi impediscono ai carcerati di unirsi contro le terribili condizioni di vita, andando così ad aumentare la frustrazione e la violenza interna. Il grande caos creato dalle istituzioni è utilizzato per giustificare l’aumento di budget e di repressione. La riprova di questo è la proliferazione di carceri di massima sicurezza e di speciali unità di isolamento. La scusa ufficiale è che esse siano per i supercriminali, ma in realtà sono utilizzati contro agitatori politici, ribelli, avvocati. Queste prigioni all’interno delle prigioni sono caratterizzate da 23 ore al giorno di isolamento, una intensa sorveglianza elettronica, nessun programma di reinserimento o integrazione e brutali rappresaglie contro i prigionieri che si ribellano.Le condizioni ottimali affinché disturbi mentali e comportamenti antisociali e violenti si sviluppino nei prigionieri.
Molto di più si potrebbe aggiungere a proposito dei danni provocati: virus HIV, epatite C, alta percentuale di detenute i cui problemi sono cominciati con abusi di natura sessuale o psichica e che vengono poi messe sotto controllo di carcerieri maschi, l’impatto delle sentenze sui bambini nati in carcere, la cui probabilità di finire a loro volta in carcere è stato dimostrato essere 5 volte maggiore rispetto ad altri. Allo stesso tempo, i programmi di “correzione” che riducono la reiterazione dei reati – l’educazione scolastica ad esempio – sono smantellati dietro la propaganda che le nostre carceri stanno diventando dei “country clubs”. Nel frattempo, la polizia continua ad incarcerare molti giovani, che a causa di uso di droghe o di condizioni sociali disastrose finiscono all’interno di sistemi nati per distruggere esseri umani e trasformarli in persone violente. Pur essendo controproducente nei confronti del crimine nel lungo tempo, questo sistema è al contrario molto utile per il capitale. La chiave, secondo il mio punto di vista, è il ruolo politico del capro espiatorio su base razzista.
Così come le contraddizioni economiche aumentano, la classe dell’ “altro”- l’immigrato, il mendicante, il truffatore, il ladro – è sempre più presenti nelle menti delle classi medie e più povere sempre più vessate economicamente. Siccome il sistema corporativistico non può e non vuole favorire i bisogni dei lavoratori più poveri, i politici usano il crimine come un’arma demagogica per incitare, immobilizzare ed indirizzare le ansie dei lavoratori verso nemici irrilevanti.
Gli Stati Uniti stanno criminalizzando i problemi sociali. Il governo preferisce militarizzare la polizia e costruire prigioni piuttosto che fornire educazione scolastica, lavori ben pagati ed un sistema sanitario adeguato per osteggiare l’abuso di droghe. Queste soluzioni, oltre ad essere inefficaci contro il crimine, servono ad aumentare il potere della polizia. La mania per la legge e l’ordine è diventata una arena politica essenziale di lotta per la sinistra.

Note:
La maggior parte dei dati forniti in questo articolo provengono da Lockdown America. Sono stati aggiunti dati basati su ricerche del dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti e dal Bureau of Justice Statistics e dal Sentencing Project.
Due milioni è il numero di persone dietro le sbarre in un giorno medio. Siccome molte persone entrano ed escono dalle carceri ogni mese ed anche ogni giorno, questo numero è destinato a crescere ulteriormente nel corso dell’anno.
Ann McDiermert, “Programming for Women Offenders and Their Children,” International Association of Residential and Community Alternatvies Journal 3:4 (September 1990) 5.
Christian Parenti, Lockdown America: Police and Prisons in The Age of Crisis (Verso,1999), 320 pages, $25 hardcover, $15 paper.

Abu Ghraib and the Logic on Conquest
by David Gilbert, 16-7-04

Le menzogne per giustificare la guerra in Iraq sono ormai cosa nota. Non ci sono armi di distruzione di massa, Saddam Hussein non collaborò con Al-Quaeda nell’attentato dell’11 Settembre (al contrario, c’era una considerabile ostilità tra Saddam e Bin Laden a causa della lotta di quest’ultimo per distruggere i regimi arabi secolari come quello di Saddam). I piani di Bush pre-11 Settembre per attaccare l’Iraq sono facilmente documentabili. Tali rivelazioni hanno scalfito la popolarità di Bush ma non lo hanno screditato a sufficienza. Tra le corporazioni dei mass media, i codardi Democratici, ed un ancora troppo dormiente movimento contro la guerra, non abbiamo visto le proteste e le ribellioni di massa che sarebbero servite.
Lo scandalo sulle vergognose torture inflitte ai prigionieri nelle prigioni di Abu Ghraib sono state rivelate, e non sembra che la teoria di Bush delle “poche mele marce” regga. C’è almeno un po’ di attenzione sulle decisioni politiche che hanno portato a queste pratiche, anche se non è abbastanza. Ma non vedo nulla nei mass media importanti a proposito della realtà che sta alla base di tutto questo: queste brutture sono la conseguenza della politica militarista e di occupazione degli stati Uniti. Non si parla mai dei 10.000 iracheni che sono stati uccisi fino ad oggi. Né delle torture e delle violenze che avvennero in Vietnam, anche senza le esigenze di investigazione post 11 Settembre. Nessun commento sui latinoamericani torturati per un decennio nelle U.S. School of the Americas. Mentre i neoconservatori statunitensi disprezzano la storia, gli iracheni non hanno certo dimenticato che nello scorso secolo i colonialisti inglesi dichiaravano di voler liberare l’Iraq, né che la Legue of Nations provvedeva alla copertura legale dei mandati coloniali inglesi e francesi in medioriente (vedi Rashid Khalidi, Resurrecting Empire). Per vedere le implicazioni delle conquiste e delle occupazioni, di come le violenza e le umiliazioni diventino fenomeni quotidiani, basta guardare i soprusi inferti da Israele ogni giorno al popolo palestinese.
Può sembrare duro, se paragonato al 1960, marciare per chiedere il ritiro delle truppe, quando anche la maggior parte della resistenza militare è a sua volta reazionaria e repressiva. Ma occorre ricordare che gli Stati Uniti, un tempo, aiutarono e sovvenzionarono i regimi di Saddam e di bin Laden. La richiesta di base di autodeterminazione è più urgente e rilevante che mai. E occorre cercare di non farsi confondere da discorsi di “democrazia” da parte del governo statunitense che ha appena rovesciato un presidente eletto democraticamente ad Haiti e che sta portando avanti una sistematica campagna destabilizzante verso un altro, in Venezuela. Gli Stati Uniti sono intervenuti violentemente contro la democrazia parecchie volte, così come documanta l’opera di William Blum Killing Hope.
Le popolazioni di Iraq, Palestina, Haiti e Venezuela meritano il nostro grande supporto contro l’attacco attuato dal nostro governo alla loro integrità ed al loro benessere. Può sembrare difficile affrontare ben 4 fronti di lotta. Ma c’è un modo in cui essi possono dare alla lotta una forma più unita e coerente: mostrando le menzogne di Bush sulla sua ipotetica lotta per la democrazia. Noi che supportiamo realmente la democrazia dobbiamo sottolineare che le conquiste, le occupazioni, le truppe e le campagne di destabilizzazione sono l’antitesi della prima regola della democrazia: l’autodeterminazione dei popoli. L’urgenza ed il valore della sfida all’intero sistema sottolinea il bisogno incondizionato della costruzione di un fronte di lotta antimperialista.



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