SENZA CENSURA N.16
FEBBRAIO 2005
“Questa è la nostra offerta, prendere o lasciare”
Rassegna stampa ragionata su America Latina e Mercosur
Il riflesso della tendenza al cambiamento in America Latina, nonché del ruolo di
alcuni paesi della stessa nel panorama internazionale e della tenuta del blocco
del Mercosur ha un risalto sulla stampa finanziaria (e non) in UE e USA, oltre
che essere presente nelle dichiarazioni agli ultimi incontri di Porto Alegre e
tra i movimenti sociali. A volte il tema nella stampa ufficiale viene percepito
e presentato come una tendenza alla colorazione progressista nel governo di un
numero crescente di paesi. Dal punto di vista europeo viene riconosciuta una
certa (paternalistica) simpatia al progetto di integrazione regionale ispirato
dal Mercosur. Diversi articoli, di giornali finanziari e non, riportano
considerazioni che contengono elementi che danno riscontro specifico o vanno ad
arricchire quanto si diceva negli articoli dei precedenti numeri della rivista
nonché quanto veniva considerato nelle pagine immediatamente precedenti a
questa.
Il 16 Dicembre 2004 nell’articolo tratto dal “Financial Times” e tradotto per
“Il Sole24-ore” dal titolo “Enormi guadagni in vista per l’America Latina mentre
le economie avanzano con decisione”, l’attacco recita: “L’economia
latino-americana sta crescendo al ritmo più rapido mai registrato dal periodo
immediatamente precedente alla crisi del debito degli anni ’80, agevolata in
questo dalla forza dei prezzi all’ingrosso per categorie di prodotto e
dall’esuberanza della domanda proveniente dalla Cina”. Viene valorizzata poche
righe più avanti una crescita dei profitti al di là delle più ottimistiche
previsioni e che sarebbe un fenomeno importante in quanto in grado di compensare
abbondantemente il deflusso di capitali (tendenza questa di lungo percorso e
caratterizzata dalla sfiducia negli investimenti nella regione latino-americana
in materia finanziaria e di investimenti diretti). Più in fondo l’articolo
afferma:“..all’inizio del decennio scorso, quando l’America Latina veniva
colpita da paralizzanti crisi finanziarie e sembrava tormentata da un cronico
disordine politico. Soltanto due anni fa, molti prevedevano che il Brasile, che
è la maggiore economia sudamericana, avrebbe seguito l’Argentina sulla strada
della inadempienza del debito.”
Invece questa situazione, nel caso del Brasile, sembrerebbe ampiamente
migliorata e il fenomeno che sembra indurla dovrebbe effettivamente essere
dovuto dalle politiche di svalutazione del dollaro di questo periodo che
indurrebbero i recenti campioni orientali della crescita per produttività a
giocare su più tavoli e sulle diverse economie mondiali tra cui i paesi
dell’area del Mercosur.
Brasile che sempre coltiva rapporti in ambito Wto e bilaterali con Cina verso
cui esporta una quantità crescente di prodotti agricoli, e diventa fattore
chiave del rilancio nella regione se si considerano anche alleanza come quelle
stipulate nel 2003 con il Venezuela che abbiamo riportato nel numero 14 di
questa stessa rivista.
In questo quadro vanno infatti anche visti i recuperi rapidi dell’Argentina in
termini di crescita di profitto (Argentina +8%, Uruguay+12%,Venezuela+18% -la
ripresa è avvenuta dopo la fine del paro padronale di oppositori a Chavez + USA
che aveva buttato giù la produzione-fonte “La Stampa pagina 23, In Sud America
torna la bella stagione”). Un fatto è certo, guardando a quanto si diceva per
IIRSA, il Mercosur oggi necessita di concentrare più che mai capitale
finanziario (magari cercando di sottrarsi il più possibile dalla subalternità di
quello Usa e Ue), combattere la sfiducia negli investimenti, aumentare i prezzi
relativi delle esportazioni e dei volumi delle stesse, magari agganciando la
propria crescita a quella cinese (paese con cui il Brasile stringe alleanze
piuttosto forti per quanto riguarda i luoghi di mediazione capitalistica come il
WTO relativamente alle questioni dei prodotti agricoli e del protezionismo dei
paesi di capitalismo maturo). Come recita una citazione contenuta nello stesso
articolo dall’ex ministro dell’economia argentina:”…dipendere da un economia
<<che cresce tra l’8 e il 9% all’anno non è un brutto affare>>”.
In materia di politiche agricole e dei riflessi alle politiche di esportazione
dei prodotti agricoli va fatta una lunga ma chiarificatrice citazione di un
passo di un intervista del Gennaio 2005 a un dirigente del Movimento Sem Terra
brasiliano: “Per quanto riguarda la questione della riforma agraria,
immaginavamo che ci saremmo scontrati contro il latifondo tenendo il nuovo
governo come alleato. Il governo è un alleato però il latifondo non è solo. La
lotta che oggi c’è nelle campagne è tra due modelli agricoli. Da un lato il
modello chiamato del agronegocio che rappresenta l’alleanza tra il neoliberismo,
le sue organizzazioni trasnazionali con la proprietà terriera moderna che dà
priorità alla tecnologia e alle esportazioni. Questa porzione ha l’egemonia nel
governo attraverso il Ministero dell’Agricoltura, e ha l’illusione che con il
libero commercio si possa andare a vendere più prodotti agli Stati Uniti e
all’Unione Europea e di conseguenza hanno fatto una trasformazione del latifondo
adattandolo per l’agronegocio ed espandendo la frontiera agricola. Per questo
motivo cominciarono ad attaccarci”. E continuando nella stessa intervista
ribadiscono che “Lula fu eletto dal popolo per cambiare il neoliberismo. Fu un
voto contro il neoliberismo. In questo momento vediamo un periodo di riflusso
dei movimenti di massa, e il PT (ndt Partito dei Lavoratori del Brasile, il
partito di Lula) per vincere le elezioni ha fatto un alleanza con settori della
classe dominante, che sono neoliberisti. Il risultato è un governo di centro e
ministri di sinistra. E come sempre succede con queste alleanze la parte destra
è rimasta a gestire la politica economica e l’agricoltura. Mentre la sinistra
senza portafoglio a gestire sempre i ministeri sociali.”
Anche al recente incontro a Porto Alegre l’intervento di Chavez , ha ripreso il
tema della produzione agricola e oltre a parlare dei risultati raggiunti dal suo
governo in materia di autosufficienza ha ribadito la sua simpatia per il
movimento: “…nella guerra al latifondo, riconosciamo l’esempio dei lavoratori
del Movimento Sem Terra che sono esempio per noi e per tutti i contadini di
questo continente, nella lotta per la terra, la giustizia in campagna e la
sovranità alimentare”. E Chavez poi sottolinea l’importanza dell’ingresso del
Venezuela nel Mercosur ma contemporaneamente chiarisce la sua posizione critica
nei confronti della recente nascita della Comunidad Suramericana de Naciones e
ispirata dal Mercosur. Nel contempo comunque si entusiasma per il processo
aggregativo in atto in America del Sud e rilancia sul cartello produttivo
sudamericano: “Fortunatamente è arrivato il 2005 e l’Alca non esiste [ndt dal
Gennaio entrava in vigore] e questo è una grande vittoria per i popoli di questo
continente. L’Alca non esiste. Invece cresce una proposta alternativa che
riguarda TV-Sud, include PetroSud e questa è una proposta nostra. Un alleanza
sul petrolio e sul gas e energetica in generale dei paesi come Venezuela,
Brasile, Argentina, Bolivia e altri paesi ancora…” e continua “e potrebbe
esserci anche il Messico, il Messico è di questa America, ci potrebbe essere
qualcuno che ci ricorda che il Messico è del Nord America, invece il Messico è
del Sud America, è dell’America Latina e del Caribe e sempre dobbiamo dire ‘Viva
il Messico’”.
Tornando agli altri della stampa italiana viene registrata la tendenza
progressista in atto in America del Sud documentando la vittoria della
coalizione progressista in Uruguay. Nel quotidiano “La Stampa” del 2 novembre
del 2004, nell’articolo dal titolo “L’Uruguay nella mappa del Sud America
«progressista»” si legge che l’osservazione della “...mappa del subcontinente
non può che non spingere a una qualche riflessione ‘trans-nazionale’ su quanto
ora...” il presidente dell’Uruguay appena eletto “...si vada ad aggiungere a
quello del presidente progressista del Brasile, Ignacio ‘Lula’ da Silva, del
presidente progressista del Cile, del presidente progressista dell’Argentina e
del presidente del Venezuela”. Più avanti nell’articolo si legge: “...alcuni
giorni fa, il potente ministro della programmazione brasiliana, Giulio Mantega,
durante un dialogo pubblico di fronte al pubblico di Genova, che lo premiava per
la sua lontana origine ‘zeneise’, esortava a considerare con ottimismo questo
‘filo rosso’ che va legando sempre più ampie latitudini del continente, dalla
Terra del Fuoco al bacino petrolifero di Maracaibo [ndr città principale dello
stato venezuelano dello Zulia, stato confinante con la Colombia orientale].”
L’articolo prosegue affermando che mentre i cinque paesi dell’America Latina, di
cui si sono citati i presidenti di tendenza progressista (ma forse se ne
potrebbero aggiungere altri), avrebbero come comune denominatore il rilancio
dello sviluppo con le necessarie politiche sociali ma possono esserci interessi
specifici “nazionali”. E dice: “E l’esempio che vale per tutti è quello del
Cile, che pur muovendosi in un contesto regionale di forte segno unitario (il
Mercosur è una realtà forte e significativa delle nuove relazioni
intra-nazionali del Cono Sur), si sgancia però da qualsiasi identificazione
costrittiva con le regole che i suoi vicini si sono imposti e,
contemporaneamente, tratta un accordo bilaterale con Washington”. Questa
osservazione sul rapporto Cile-Washington e Cile-Mercosur da quanto dicevamo
nell’articolo precedente comincia ad essere valida anche per Colombia e Messico
che ora si sono avvicinati al Mercosur come membri associati.
In un altro articolo de “Il sole 24 ore” pubblicato il 2 Novembre 2004 dal
titolo “Sudamerica, le urne confermano l’orientamento progressista” si
approfitta delle elezioni amministrative e di quelle in Uruguay e fare un
bilancio sull’orientamento politico in America del Sud ai giorni nostri. Unica
nota stonata è la flessione del partito di Lula in brasile: “Il presidente
brasiliano Lula da Silva esce ridimensionato dal secondo turno delle elezioni
amministrative: il suo partito, il Pt, ha perso in città simbolo come San Paolo
e Porto Alegre [ndt dove Lula ha iniziato con il Pt]”. E continua: “Ma la
sconfitta di Lula, paradossalmente è una vittoria della sinistra: il Pt, infatti
è stato sconfitto per aver seguito politiche economiche definite troppo vicine a
quelle neoliberiste.”
Come ultima citazione ci occupiamo della questione dei bond argentini.
Nell’articolo del 22 Novembre 2004 del “Financial Times” dal titolo “L’Argentina
mette in guardia i creditori: la sofferenza del debito rischia di essere
infinita” l’attacco recita: “L’Argentina ha messo in guardia gli investitori che
detengono il ‘debito in sofferenza’ del paese: coloro che rifiuteranno
l’imminente offerta di ristrutturazione di tale debito «potrebbero forse
trovarsi in una situazione di sofferenza a tempo indefinito»”. La Repubblica del
18 Gennaio 2004 in un articolo della sezione “Economia, imprese & mercati”
spiega la natura e i termini dell’offerta del governo Kirchner per risolvere la
questione: “ai risparmiatori verrà rimborsato (e a lunghissimo termine) solo il
30% circa dell’investimento iniziale”. In conclusione, il tono e i contenuti
della dichiarazione del sottosegretario alle finanza argentino riflettono il
cambiamento dei tempi rispetto a quando si pensava che il Brasile l’Argentina
nel crack finanziario. Ora con risolutezza l’Argentina è nella posizione per
dire sulla questione del debito: “Ve lo dico chiaramente. Quest’offerta non
piace a nessuno, nemmeno a noi. Avremmo voluto fare di più ma non è possibile.
Non ci saranno ritocchi: o gli investitori italiani [ndr che hanno in mano circa
il 15% dei bond in questione] accettano la nostra proposta o dovete avere il
coraggio di dir loro che perderanno tutto”.