SENZA CENSURA N.16
FEBBRAIO 2005
L’apparato militare industriale al servizio dei massacri neo-coloniali
Le esperienze maturate nella repressione della
popolazione locale dal contingente italiano, in veste di esercito occupante,
vengono incorporate nello sviluppo tecnologico degli armamenti, dove i teatri di
guerra costituiscono, tra l’altro, gli allestimenti di questo particolare road
show dell’industria bellica.
In Iraq, ogni attacco di una certa rilevanza da parte della resistenza irachena,
rappresenta al contempo uno strumento di pressione per rafforzare l’arsenale
bellico italiano.
Tutto ciò viene contornato da operazioni di creazione di consenso nei confronti
della cosiddetta “opinione pubblica” miranti a giustificare l’escalation
militare, additando per questo motivazioni legate alla maggiore tutela dei
“Nostri Ragazzi”, il tutto con il silenzio/assenso della Sinistra che si limita
timidamente a far rilevare come sia totalmente falsificante la dizione di
“missione di pace” nei confronti dell’impresa bellica italiana.
Se c’è una spirale perversa non è tanto quella data dal binomio
guerra/terrorismo, che è al centro della riflessione dell’ala bertinottiana di
Rif. Comunista, quanto piuttosto nel rapporto fra l’intensificazione
dell’attività della resistenza e la timidezza della Sinistra nostrana, insieme
all’incapacità del “movimento contro la guerra”, tra cui noi, di chiedere, come
minimo e a gran voce, il ritiro delle truppe.
Bisogna brevemente ricordare un caso paradigmatico di massacro coloniale: la
cosiddetta “battaglia dei ponti” a Nassiriya il 6 aprile 2004.
Per tre giorni i combattenti iracheni hanno preso possesso dei ponti di accesso
a Nassiriya. Centinaia di persone si radunarono sui ponti, manifestando contro
le truppe di occupazione. I soldati italiani aprirono il fuoco sulla folla: fu
un massacro. Dieci ore di battaglia in cui vennero impiegati gli autoblindo
Centauro (veri e propri carri armati su ruote che montano un cannone da 105 mm)
e vennero sparati fra i 30.000 e i 100.000 colpi, 4 missili anticarro e 15 razzi
del tipo “Panzerfaust”, in grado di scagliare proiettili calibro 110 mm a una
distanza che varia dai 18 ai 400 metri.
Le autorità militari italiane sostennero che i morti iracheni fossero quindici,
fra i quali donne e bambini che i combattenti avrebbero usato come scudo. Dopo
50 giorni venne fuori che la verità era un’altra: le vittime irachene erano fra
le 150 e le 300; donne e bambini erano morti perché i cannoni dei “nostri
ragazzi” avevano sparato sulla case per sloggiare i combattenti iracheni e per
terrorizzare la gente.
Ai giornalisti venne impedito di raccogliere informazioni. L’inviato di
Repubblica, Attilio Bolzoni, venne interrogato e denunciato dalle autorità
militari per aver chiesto copia del rapporto di quanto accaduto.
Rispetto all’accaduto è interessante riportare una citazione del paragrafo Lotta
al terrorismo: Iraq, all’interno della 3° dispensa sul G.O.I. apparsa sul n.206
di RAIDS del novembre 2004, in cui si parla proprio dell’operato del Gruppo
Operativo Incursori: “Le forze speciali appoggiarono l’azione delle tre colonne
attaccanti, in particolare facendo ricorso ai tiratori scelti, per eliminare i
terroristi senza esporre la cittadinanza ai rischi connessi con un ricorso più
esteso alle armi pesanti del contingente. Non sono filtrate molte informazioni
ma i tiratori di precisione italiani ottennero ottimi risultati
nell’eliminazione degli elementi più pericolosi, dimostrando grande
professionalità...” nel massacrare la popolazione locale, aggiungiamo noi!
Predator
L’Italia ha inviato a Gennaio 4 Predator in Iraq.
Lo scorso 31 gennaio il primo velivolo UAV (Unmanned Aerial Vehicle)
dell’Aeronautica Militare ha effettuato un volo sotto il controllo del t.col.
Antonio Gentile, Comandante del Gruppo Velivoli Teleguidati (GVT) del 32° Stormo
di Amendola.
L’inizio dell’attività di volo – che ha visto interessato personale navigante e
specialista di manutenzione per un periodo formativo di circa quattro mesi da
metà gennaio 2004 – ha rappresentato anche l’inizio di una “nuova era”
aeronautica, quella dei velivoli a controllo remoto, che pone l’Italia
all’avanguardia, in termini di capacità operative di intelligence e
sorveglianza, a livello mondiale.
Al completamento dell’iter formativo, infatti, l’Italia è stata tra i primi
Paesi al mondo, dopo gli Stati Uniti, ad essere dotato di tali velivoli.
Per garantire la prossima entrata in servizio del Predator, il training in corso
ha previsto l’indottrinamento di tutto il personale, piloti e tecnici, del GVT
del “32°”, di unità del 3° Reparto Manutenzione Velivoli di Treviso (a cui
spetterà la Direzione tecnica e logistica del Sistema d’Arma, su delega del
Comando Logistico) nonché di una componente della Marina Militare.
A-129 Mangusta
Il 2004 si è concluso con autorevoli anticipazioni e relative smentite
riguardo l’invio di 4 quattro elicotteri A-129 Mangusta, possibile strumento
aereo delle operazioni anti-guerriglia del contingente Italiano in Irak.
La morte di un Colonnello dell’Aereonautica, durante un’operazione in
Elicottero, questo gennaio, è servita per legittimare l’ennesimo implemento
dell’arsenale militare italiano.
La necessità di disporre di queste macchine è emersa nella primavera-estate
scorsa, in occasione dei violenti scontri di Nassiryah tra le truppe italiane ed
i resistenti iracheni; già in estate il contingente italiano si rinforzò con i
carri armati Ariete e i blindati Dardo inizialmente lasciati in Italia (di cui
parleremo più avanti).
I Mangusta avrebbero dovuto costituire il principale rinforzo del contingente
italiano in vista delle passate elezioni generali in Iraq del 30 gennaio per le
quali britannici e statunitensi hanno rafforzando i loro dispositivi militari.
I quattro elicotteri erano stati predisposti sulla base di Rimini per l’impiego
in quel particolare teatro operativo e, se rischierati in Iraq, sarebbero stati
assegnati a Tallil al 48° Gruppo “Pavone” guidato dal tenente colonnello pilota
Marco Centritto (1).
“Superfluo aggiungere che i sistemi e le armi dei Mangusta”, ci informa
Gianandrea Gaiani su ANALISI DIFESA (www.analisidifesa.it),
“sono in grado di individuare e colpire con precisione, restando a distanza,
veicoli, bunker e postazioni nemiche. La presenza dei Mangusta, garantirebbe
inoltre maggiore sicurezza anche alle altre componenti elicotteristiche italiane
(che comprendono HH-3F dell’Aeronautica e un mix di AB-412 e CH-47 dell’AVES) e
più in generale assicurerebbe maggiori capacità all’intera Divisione
Multinazionale Sud Est”.
Come scrive Gian Luca Fortunato, tenente pilota 48° gruppo squadroni “Pavone”,
sempre su AD: “L’elicottero A129C (release software G-13), sviluppato e prodotto
dalla Agusta, è un velivolo nato per far fronte agli scenari operativi attuali.
Frutto delle esperienze maturate in Somalia dal 1993 al 1995, in Albania nel
1997 e in Macedonia e Kosovo nel1999 e nel 2000, il Mangusta di oggi dimostra di
aver incrementato notevolmente la sua agilità e potenza grazie ad una nuova
trasmissione con rotore pentapala. I conflitti asimmetrici che hanno visto in
questi ultimi anni impegnate le nostre Forze Armate, hanno permesso di
realizzare sul Mangusta una revisione diretta a conferire maggiore flessibilità
all’ armamento di bordo”.
In servizio dall’inizio degli anni ‘90 è stato utilizzato nelle seguenti
missioni: dal gennaio del ‘93 al marzo del ‘94 nell’operazione “Ibis” in Somalia
e dal gennaio al marzo del ‘95 nell’operazione “Ibis II”; dal 21 aprile al 3
agosto del ‘97 in seguito all’operazione “Alba Neo” schierati sul campo di
Tirana-Rinas in Albania; dal giugno del 1999 sono stati schierati in Macedonia e
Kossovo.
AD non dimentica di ricordare che “impiegare l’A-129C in Iraq rappresenterebbe
inoltre un ottimo affare sul piano industriale e commerciale promuovendo ‘sul
campo’ una macchina che avrebbe molte chanches sul mercato internazionale degli
elicotteri da combattimento grazie alle elevate prestazioni e al costo contenuto
rispetto ai concorrenti” (2).
l’HH-3F
Elicottero biturbina con capacità anfibie, dotato di moderni sistemi di
navigazione e comunicazione, di verricello e di ampio vano di carico, provvisto
di rampa caudale, l’HH-3F è una macchina espressamente concepita per le
operazioni SAR, ossia il recupero di equipaggi caduti in zone ostili.
L’Aeronautica Militare ha acquisito complessivamente 35 HH-3F, consegnati a
partire dal 1977.
Rispetto alle prime 20 macchine (standard “Alpha”), gli ultimi 15 HH-3F
(standard “Bravo”) dispongono di equipaggiamenti Combat SAR (avionica
migliorata, sistemi di autoprotezione e per la visione notturna, blindatura
dell’abitacolo, mitragliatrici MINIMI, ecc.). Di recente sono stati acquisiti
ulteriori equipaggiamenti per il ruolo SMI (Slow Mover Interceptor).
Gli elicotteri HH-3F sono impiegati, in Iraq, nelle operazioni speciali e Combat
SAR (C-SAR). Vengono utilizzati in Italia anche nelle operazioni di soccorso
aereo (SAR) nei casi di emergenza o calamità. Sono dotati di radar, di
contromisure elettroniche e di una telecamera ad intensificazione di luce per le
missioni notturne. E’ dotato di un’elevata versatilità d’impiego con un buon
connubio tra capacità di carico, maneggevolezza e velocità.
AB-412
E’ un elicottero multiruolo. Com’è tradizione dell’Agusta Elicotteri,
anche il Bell 412 Griffon è stato oggetto di costruzione su licenza e proposto
ai tradizionali operatori di stato, che lo hanno acquistato in numerosi
esemplari.
Attualmente esso milita presso la Guardia di Finanza, il Corpo Forestale, i
Vigili del Fuoco, nei Carabinieri e, più in generale, nell’Esercito che, oltre
ai ruoli istituzionali, lo ha assegnato alle numerose missioni oltremare legate
alla cooperazione internazionale per conto di ONU, UE e NATO, in compiti di
monitoraggio in aree “calde”, come Somalia, Madagascar ed ex-Yugoslavia.
CH-47
I CH-47 sono degli elicotteri da trasporto molto capienti capaci di muovere un
gran numero di soldati e materiali.
Centauro, Ariete e Dardo
Filippo Cappellano, dalle pagine del n.10 del gen ‘05 di Tecnologia e
difesa, fa notare che “nonostante gli anni successivi alla guerra fredda si
siano moltiplicati gli esempi di coinvolgimento di formazioni corazzate in
combattimenti urbani, come nel caso della battaglia di Grozny, della repressione
della seconda intifada palestinese e dell’attuale conflitto in Iraq, non risulta
che siano in progetto mezzi corazzati specificatamente studiati per l’impiego in
contesti urbanizzati. [...] Il combattimento nei centri urbani non sarà più una
condizione saltuaria di impiego ma potrà divenire una situazione di normalità,
come previsto da molti analisti militari, sia in operazioni di guerra sia in
quelle di mantenimento o imposizione della pace”.
Proprio l’esercito israeliano, disponendo dei carri Merkava, sembra avere il
mezzo attualmente più ideo a tale combattimento: si tratta di un carro armato
utilizzato durante le incursioni insieme agli enormi Caterpillar corazzati, agli
elicotteri e gli UAV, facendo per così dire scuola nello schieramento dei mezzi
corazzati nei contesti di guerriglia urbana.
Per ciò che concerne l’Italia “l’utilità dei tank in ambiente urbano è stata
ampiamente dimostrata anche nelle operazioni ‘di pace’ o a bassa intensità”,
argomenta G. Gaiani in Forze troppo leggere e regole di ingaggio poco
aggressive, su AD. “A Mogadiscio”, continua l’autore di questo contributo, “il
generale Bruno Loi circondava con i tank i quartieri da rastrellare e la sola
presenza di questi mezzi scoraggiava la gran parte dei potenziali avversari.
Anche in Bosnia e Kosovo le compagnie di Leopard schierate a protezione di
obiettivi fissi e incroci stradali hanno indotto alla calma anche i più
facinorosi grazie all’impatto deterrente di questi mezzi che potrebbe essere
determinante anche a Nassiryah dove il nemico non dispone di armi in grado di
fermare un moderno carro armato”.
É utile a questo punto avere un quadro dell’evoluzione storica recente dei mezzi
corazzati Italiani e del loro utilizzo. Nell’archivio del Forum di Pagine di
Difesa (http://www.paginedidifesa.it/)
si trova una sintesi di tale sviluppo.
“Il Dardo e l’Ariete furono concepiti negli anni ‘80 in piena guerra fredda per
far parte della componente ‘pesante’ delle nostre forze armate. Ora questi mezzi
furono creati in via autarchica al fine di adeguare il livello del nostro
esercito a quello degli altri eserciti nostri alleati. Significativo risulta
infatti che, in un primo tempo, il nostro stato maggiore emise una richiesta per
l’acquisizione di circa 300 carri Leopard 2 e che successivamente tale richiesta
venne trasformata come requisito per un nuovo carro (l’Ariete viene infatti da
alcuni considerato un Leopard 2 modificato). Il Dardo invece venne concepito per
accompagnare le truppe di fanteria al seguito dei nuovi carri poiché i vecchi e
gloriosi 113 e Vcc non ce la facevano più (senza contare che l’armamento
principale è costituito da una mitragliatrice da 12.7 contro un cannone da 25mm
dei dardo) sia come mobilità che come armamento. L’unico problema dei nostri
prodotti risulta essere la gestazione. Ci sono voluti quasi 25 anni per vederli
ai reparti operativi. Un discorso a parte merita la B1 Centauro. Tale mezzo
nacque per la sentita esigenza dello stato maggiore italiano di disporre di una
componente ‘pesante’ facilmente e rapidamente trasferibile da un punto all’altro
della penisola in caso di uno sbarco nemico lungo le nostre coste nazionali (non
dimentichiamo che la Jugoslavia di allora era di ideologia comunista). I
progettisti pensarono bene di dotare il mezzo di un cannone potente che
adottasse lo stesso munizionamento dei carri da battaglia in servizio ma su un
mezzo gommato. Si pensava infatti che tali forze composte da blindati dovessero
intervenire rapidamente per bloccare le eventuali avanzate nemiche in attesa di
forze più pesanti; in pratica dovevano operare ‘a scafo sotto’. Tale blindo
dette ottima prova di sé durante le operazioni in Somalia nel 1992/93 ma
dovettero essere adottate delle corazzature spaziate per proteggerle da armi a
carica cava spalleggiabili tipo RPG (stessa cosa hanno fatto pure con i 113 e i
Vcc). Dato per assodato che nelle operazioni di Peacekeeping la componente
blindata risulta essere sempre preferibile in quanto rapidamente rischierabile e
fornendo la nostra amatissima blindo una potenza di fuoco da carro su scafo
blindato, questo nostro mezzo venne a trovasi perfetto per tutte le operazioni
post-guerra fredda e non a caso gli Usa e la Spagna hanno deciso di
acquistarne…”.
L’Ariete
Lorenzo Mangia, tenente ventiseienne di Lecce, comandante del plotone dei
carri Ariete a Nassiriya, si entusiasma per le caratteristiche di questo carro
pioniere delle operazioni con le truppe corazzate. “Si guida sdraiati, come una
macchina da Formula 1. E’ la Ferrari dei mezzi corrazzati... L’Ariete è la prima
volta che esce dall’Italia per una missione. E il fatto che sia capitato a noi,
al mio plotone, ci rende orgogliosi, fieri e onorati...”.
I carri armati Ariete sono arrivati a Nassiriya in due scaglioni, il 19 e il 21
giugno. Erano partiti circa due settimane e mezzo prima dal porto di Monfalcone,
dove erano stati imbarcati e avevano raggiunto il Kuwait. Poi, via terra, su
mezzi gommati, hanno raggiunto Camp Mittica, il quartier generale dell’Italian
task force. Il plotone di Ariete proveniente dal 32° Reggimento carri di
Tauriano (Pordenone). Proprio il 32° Reggimento è stato il primo ad avere questo
tipo di carro armato nel 1997. E’ la prima volta che l’Esercito impiega l’Ariete
in un’operazione all’estero. Prodotto interamente in Italia, l’Ariete viene
considerato un carro armato all’avanguardia ed è il mezzo più pesante a
disposizione dell’EI. Prodotto dalla OTO Melara, è mezzo più corazzato del
contingente in servizio dal ‘98, un carro armato di 3° generazione ordinato in
200 esemplari dall’EI e provato oltre che su un grande poligono nei pressi di
Nassiriya, in un rischieramento in Egitto in ambito delle grandi esercitazioni
della serie BRIGHT STAR3. L’ariete Monta un 120/44 Rehinmental, un arma in grado
di mettere fuori servizio tutti i carri attualmente in servizio, e due MM
scudate; può subire comunque grandi danni da colpi di RPG-7 sparati sul vano
motore e da cariche superiori ai 100 kg posti sotto il piano stradale.
Il Dardo
L’altro mezzo corazzato di combattimento per la fanteria, il Dardo, è
sempre prodotto dalla OTO-Melara. Di peso notevolmente inferiore, circa la metà,
monta un cannoncino da 25 mm a tiro rapido della Oerlikon e due mitragliatrici
calibro 7,62 mm e un lancia-fumogeni. Le sue caratteristiche quale l’aumentata
potenza dell’armamento primario, il precedente VCC-1 montava un cannoncino
da12,7 mm, dove il mitragliere doveva esporsi non poco, la capacità di
proiezione e la mobilità complessiva lo rendono adatto per il combattimento
urbano.
Il Centauro
In La cavalleria nel dopo guerra, L’Associazione Nazionale Arma dei
Carabinieri traccia una breve sintesi dell’impiego del Centauro: “Anche in tempi
più recenti nel 1992-94 la cavalleria con le blindo è tornata in Somalia con la
missione Restor Hope nel contingente Ibis. I ‘Cavalleggeri Guide’ hanno inviato
quattro plotoni blindo, due pesanti (Centauro) e due leggeri (Fiat 6614) in
Somalia. E’ seguito, quindi, lo squadrone dei ‘Lancieri di Montebello’ che ha
avuto il Sottotenente Andrea Millevoi (MOVM) caduto nell’adempimento del dovere.
Sono seguiti gli squadroni dei ‘Lancieri di Firenze’ e di ‘Novara’ (che accomuna
nel suo nome anche contingenti di ‘Piemonte’ e ‘Genova’) tutti armati con le
nuove blindo Centauro e le Iveco Fiat.
Dal gennaio 1996 è presente in Bosnia nel contingente multinazionale uno
squadrone blindato ‘Guide’, rinforzato successivamente con aliquote di ‘Savoia’.
Nel 1997 nel contingente europeo di “pace” in Albania vi sono due squadroni
blindati di ‘Guide’ e di ‘Savoia’ e dal 1999 uno squadrone ‘Guide’ è presente in
Macedonia, al confine con il Kosovo, nella forza di estrazione europea. Essi
svolgono un importante mandato anche perché i mezzi blindati nella specifica
missione si sono dimostrati i più adatti alle necessità di ambiente e di
impiego”.
Il Blindo B-1 Centauro è usato per la scorta ad i convogli, con una velocità che
può raggiungere e andare oltre i 100 km/h e per i combattimenti nei centri
abitati, soprattutto come supporto a distanza, per la mobilità e la potenza di
fuoco che può sprigionare, grazie al cannone 105/52 e alle due mitragliatrici.
Note:
1 L’unità dell’AVES è parte integrante del
7° Reggimento “Vega” inquadrato nella Brigata Aeromobile “Friuli” ed è giunta in
Iraq nell’ottobre scorso (dove è alle dipendenze del 6° Reparto Operativo
Autonomo dell’Aeronautica) con tutti i materiali necessari a sostenere anche gli
A-129.
2 Per una storia dello sviluppo del Mangusta e una descrizione approfondita dei
suoi armamenti: “A.129 Mangusta” in “Coccarde Tricolori 2004”.
3 L’esercitazione Bright Star, che venne condotta nell’autunno del 2001 in
Egitto, costituì il più grande concentramento di forze multinazionali con
compiti non operativi di questi ultimi anni. 70.000 uomini provenienti da dieci
nazioni misero in atto le procedure per il combattimento e verificano l’interoperabilità
dei comandi.