SENZA CENSURA N.15

NOVEMBRE 2004

 

Una campagna per Abdallah

Dopo vent'anni di carcere, in Francia è in corso una campagna per la sua liberazione

 

Georges Ibrahim Abdallah è nato a Kobayath – Akkar nel sud del Libano il 2 Aprile 1951. Militante del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina, partecipa attivamente alla resistenza all’invasione israeliana del sud del Libano nel ‘78, dove viene ferito.
La guerra civile in Libano voluta dai sionisti porta morte, carcerazioni di massa, distruzione: il bilancio dell’operazione “Pace in Galilea” è di 25.000 morti e 45.000 feriti.
Questa invasione fu perpetrata con la complicità generale delle potenze occidentali. In risposta, dei combattenti arabi e libanesi decisero di portare la guerra contro il sionismo e l’imperialismo nella metropoli imperialista.
Questo fu il caso delle Frazioni Armate Rivoluzionarie Libanesi (FARL), che agirono in Francia durante la prima metà degli anni ottanta contro responsabili diplomatici americani e dirigenti dei servizi segreti israeliani.
Il 24 ottobre del ‘84 Georges, pedinato da un gruppo del Mossad e dei servizi segreti libanesi, viene arrestato.
L’incarcerazione non è motivata che per la detenzione di un vero passaporto algerino con delle false generalità.
La Francia sembra voler rilasciarlo, scambiandolo - attraverso l’intermediazione dell’Algeria - con un responsabile militare dell’ambasciata francese in Libano sequestrato.
Ma sotto le pressioni statunitensi, tra cui quelle del presidente Reagan in persona, e israeliane, nel luglio del ‘86 viene portato di fronte al tribunale per detenzione di armi ed esplosivi e condannato ad una pena di quattro anni di incarcerazione: Georges rifiuta il processo.
Successivamente, all’inizio della seconda metà degli anni ottanta, la Francia è soggetta a una serie di attentati rivendicati dal Comitato di Solidarietà con i Prigionieri Politici Arabi (CSPPA), una gruppo vicino all’Iran che esigeva la liberazione di G.I.A., Anis Naccache, un libanese legato ai servizi segreti iraniani, e Varoudjian Garbidjian, militante dell’Esercito Segreto Armeno per la Liberazione dell’Armenia (ASALA).
IL CSPPA agisce come gruppo di pressione nei confronti della Francia che aveva dato il suo appoggio all’Iraq nella guerra contro l’Iran uscito dalla “rivoluzione islamica”. Trattative segrete si svolgono tra i committenti del CSPPA e le autorità francesi – che sapevano (senza avere individuati i responsabili materiali) l’ambiente da cui provenivano gli attentatori - e si concludono con il rilascio di alcuni agenti iraniani detenuti in Francia.
Per coprire le trattative le autorità francesi, su informative del Mossad e dell’avvocato di Abdallah, divenuto informatore e agente dei servizi segreti, e costruttore delle successive prove contro Georges, accusano i suoi fratelli di essere gli autori degli attentati, e costruiscono una caccia all’uomo su vasta scala e una campagna mass-mediatica contro la resistenza popolare araba.
Nel marzo dell’ ‘87 le autorità francesi giudicano una seconda volta Georges, sulla base delle scoperte miracolose fabbricate dai servizi.
Accusato di essere fondatore delle FARL e di avere pianificato le sue azioni, viene condannato all’ergastolo da un tribunale speciale anti-terrorismo, potendo pronunciare i propri verdetti sulla base di informazioni fornite dai servizi segreti, senza nessuna valida prova processuale o testimone alcuno.
Nella sua dichiarazione al processo, scaricabile dal sito di Senza Censura, dichiarerà: «Signore, signori, che un combattente arabo sia giudicato da una corte speciale in Occidente, niente di più normale; che sia trattato da criminale e malfattore, niente di particolarmente nuovo; già i ‘banditi’ dell’Aurés (nome dato dalla Francia ai combattenti dell’FLN algerino e in seguito a tutta la popolazione della regione degli Aurés - ndt), i ‘terroristi’ della Palestina, così come i ‘fanatici lebbrosi’ di Ansar e di Khiam ( Ansar, Askalom e Khiam, prigioni sioniste - ndt) sono stati oggetto di onorevoli appellativi. Essi ricordano a tutti coloro che hanno la memoria corta, il patrimonio della vostra giustizia occidentale così come quello della vostra civiltà giudeo-cristiana. Ma che il criminale yankee, carnefice di tutti i diseredati della terra, sia in più il rappresentante delle pretese vittime davanti a voi, rende superfluo ogni commento sulla natura della vostra corte così come sul compito ad essa assegnato. Se a prima vista, il rappresentante dell’entità sionista sembra non esserci in scena, non è certo per pudore o discrezione da parte vostra, ma per la semplice ragione che questa entità non è che una testa di ponte occidentale, è una base operativa dei cani da guardia imperialisti, è un modello in miniatura di ciò che ci riservano i vostri padroni attraverso la loro strategia di annientamento e di balcanizzazione. Va da sé che davanti alla vostra corte, questa entità è già rappresentata: se non è attraverso il padrone yankee, lo sarà attraverso l’avvocato generale. Non fare commenti sulla natura della vostra corte certo non significa affatto garantire la sua illegittimità. La sua ‘perfetta legalità’ illustra a giusto titolo l’abisso che separa il vostro mondo legale dal nostro mondo reale, è la rappresentazione autentica della pace instaurata dal vostro sistema, mantenuto sull’annientamento di milioni di uomini nelle nostre regioni della Periferia. A dispetto delle sofferenze di tutti i popoli della terra, i vostri padroni impongono la pace e la legalità del loro sistema criminale di cui la guerra è parte integrante; ma vi sbagliate se sperate che la guerra non superi mai i confini della Periferia.»
Questo combattente ha intrapreso numerose iniziative in carcere, aderendo, insieme ad un centinaio di altri prigionieri, alla “Piattaforma del 19 Giugno 1999”, e intraprendendo azioni in solidarietà con le lotte dei detenuti in Turchia e in Palestina, scendendo in sciopero della fame, subendo trasferimenti e isolamento.
Recentemente la scarcerazione che sarebbe ottenibile con una semplice ordinanza amministrativa, era stata concessa dalla giurisdizione regionale per la libertà condizionata di Pau, è stata rigettata dalla giurisdizione nazionale, con la motivazione che: «Il condannato non rimette in discussione il suo comportamento nel passato».
Attualmente è in atto una campagna per la sua liberazione in Francia.



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