SENZA CENSURA N.15
NOVEMBRE 2004
Acerra: piovono pietre!!
Un primo ragionamento su alcuni snodi politici che la vicenda sociale di Acerra segnala all’intero movimento. Dai compagni di Red Link.
Le note che seguono sono state scritte prima della
grande Manifestazione di domenica 29 agosto ad Acerra. La straordinaria riuscita
di questo appuntamento di lotta (oltre 20.000 persone) è un nuovo punto di
partenza - e non di arrivo come auspicavano alcuni “necrofori” che allignano ai
margini del movimento - per una battaglia che, sempre più, per strappare
risultati concreti deve rafforzarsi e generalizzarsi oltre il ridotto
territoriale acerrano.
La pesante repressione scatenata contro il corteo, ed in particolare contro la
sua composizione popolare, ha avuto il dichiarato scopo (al momento non
riuscito) di terrorizzare questa interessante insorgenza sociale. La stessa
categoria dei “facinorosi/teppisti” che avrebbero snaturato la
“democratica/protesta” è stata coniata - ed utilizzata dai mezzi di dis/informazione
tra cui, purtroppo, spesso anche dalle corrispondenze de “il Manifesto” - per
inquinare ed infamare le ragioni sociali di questa protesta di massa al fine di
ricondurla nel recinto delle compatibilità politiche istituzionali.
Questo scoperto tentativo di cancellare la lotta di Acerra è stato metabolizzato
dal movimento il quale - nonostante la criminalizzazione ed i palesi tentativi
di annientarlo - sta preparando la prossima tornata di iniziative. Già l’area
del Pantano, ad immediato ridosso del cantiere è di nuovo presidiata dal
Comitato di Lotta mentre, quotidianamente, si svolgono assemblee ed incontri
anche con i lavoratori del comprensorio di Pomigliano d’Arco. Inoltre per il
prossimo Venerdì 10 Settembre una Manifestazione investirà le strade di Napoli
per portare la rabbia di Acerra (e delle altre popolazioni) sotto il Palazzo
Regionale di Via Santa Lucia dove siedono i mandanti della repressione del 17 e
del 29 Agosto e dove sono insediati i pianificatori del Piano Regionale dei
Rifiuti.
Napoli, 2 settembre, 2004
Acerra: piovono pietre!!
La vicenda del Termovalorizzatore da installare nell’area acerrana ha
avuto una accelerazione verso un esito che è opposto a quanto auspicato dai
movimenti di lotta nel corso di questi ultimi mesi di lotte e di conflitto.
Come qualche gola profonda aveva già fatto circolare, nelle settimane
precedenti, la polizia all’alba del 17 agosto con un grosso blitz ha occupato i
terreni interessati all’insediamento per consegnarlo - manu militari - alla
Società FIBE ed avviare, speditamente, i lavori di costruzione.
La FIBE è una società, consociata con la FIAT, diretta dal generale Carlo Jean
ex addetto alla sicurezza della Presidenza della Repubblica e noto sostenitore
dell’interventismo bellico tricolore in ogni parte del mondo. Il generale Jean è
lo stesso che programmò la localizzazione a Scanzano del maxi-deposito di scorie
nucleari e radioattive.
Molti episodi avevano già segnalato che questa, o qualcosa simile a questa,
sarebbe stata la linea di condotta che le Istituzioni Regionali ed il
Commissariato Straordinario per i Rifiuti intendevano perseguire per piegare -
definitivamente - uno dei punti di resistenza popolare più importanti con cui si
è configurata la vasta ed eterogenea protesta di massa, in Campania, contro il
Piano Regionale dei Rifiuti ed il complesso delle produzioni di morte.
La risposta di lotta degli abitanti di Acerra non si è fatta attendere.
Nonostante il periodo festivo e la capillare militarizzazione dell’intero
territorio le iniziative di mobilitazione e di blocco crescono quotidianamente e
culmineranno nella Manifestazione Nazionale del 29 agosto la quale dovrà porsi
il problema/obiettivo di cancellare/oltrepassare la Zona Rossa che le
istituzioni e i loro apparati repressivi hanno imposto restituendo il territorio
del Pantano alla comunità locale ed ai suoi usi sociali.
Questo appuntamento di lotta è una scommessa forte che il Comitato contro il
Termovalorizzatore di Acerra ha assunto in una situazione politica e sociale -
oggettivamente difficile - dove, con il passare dei giorni, aumentano le
demagogiche esche avvelenate che le istituzioni lanciano per disgregare la
lotta. Come interpretare, altrimenti, le promesse fatte dal Commissario
Catenacci circa la possibilità di creare, attraverso l’insediamento del
Termovalorizzatore, 1500 posti di lavoro? E come interpretare le lusinghe verso
alcuni proprietari di terreni di valutare, con prezzi totalmente fuori mercato,
alcuni lotti di terra che potrebbero essere coinvolti dai cantieri?
Per questo - e per un insieme di altre questioni - quello che si profila è uno
scontro che non può e non deve chiudersi nell’arco di qualche settimana
(..magari con una fiammata di lotta generosa ma disperata!!) ma deve attestarsi
attorno ad una soglia politica-organizzativa capace di fare fronte all’intero
arco di contraddizioni che questa vicenda sociale sta squadernando, in forme
anche laceranti, nel territorio acerrano…ed oltre!!
Il movimento: quel che si avanza è uno
strano soldato!!
Sono anni che la Campania è attraversata da un sommovimento sociale il
quale, a vario titolo, ha espresso una diffusa indisponibilità sociale ad
accettare, supinamente, un ulteriore peggioramento delle proprie condizioni di
vita ed una ancora più grave devastazione dell’ambiente circostante.
(Tali manifestazioni hanno avuto una modalità di configurazione che ad una prima
osservazione può apparire spuria rispetto alla modellistica classica con cui
negli anni passati abbiamo analizzato e classificato le lotte sociali ma - nelle
reali dinamiche di coinvolgimento ed attivizzazione diretta del protagonismo -
queste lotte hanno anticipato e/o riprodotto gli episodi “più noti” di Terlizzi,
di Scanzano e di Rapolla
Tutto ciò è stato registrato ed assunto, almeno nelle intenzioni politiche
prospettiche, dai vari aggregati di movimento, ma ancora tanti sono i “buchi
neri” analitici che occorrerebbe riempire per poter definire una linea d’azione
che punti, risolutamente, ad una possibile ricomposizione in senso antagonistico
oltre il permanere di una impostazione localistica e la angusta vigenza di un
“ambientalismo da strapazzo” utile, esclusivamente a questa o quella lobby che,
provvisoriamente, si candida alla “rappresentazione” di quella “particolare”
forma di disagio sociale nelle istituzioni e nei vari micro/sotto poteri che la
forma-stato del capitalismo maturo riproduce ovunque…) Ma queste considerazioni
già sono un altro discorso e riguardano altri aspetti della discussione tra/nel
movimento che pure bisognerà iniziare a fare!!
Questo dato oggettivo, forte e non occultabile, costringe tutti ad osservare le
lotte con una predisposizione nuova e più attenta ai processi veri e profondi,
che in determinati frangenti ed in occasione di alcune contraddizioni immediate,
possono maturare ed esplodere coinvolgendo non più limitate fasce politiche e/o
sindacali ma consistenti settori di popolazione che vivono nelle località
investite da tali politiche.
Del resto, volendo fare degli esempi concreti, quale è la differenza tra il
rifiuto degli abitanti di Scanzano verso l’imposizione coatta di un deposito di
scorie radioattive nel proprio territorio e la protesta di Ariano Irpino, di
Giugliano o di qualsiasi altro posto contro la riapertura di una vecchia
discarica che già ha, abbondantemente, manomesso ed avvelenato il territorio
circostante?
Si tratta di entrambi i casi (come quelli visti in tutto il Meridione negli
ultimi due anni) in cui attorno ad un obiettivo - comune ed unificante - si sono
saldate una molteplicità di rivendicazioni, spesso latenti o espresse in forma
di mugugni, le quali hanno prodotto un, benefico, effetto moltiplicatore nei
caratteri aggregativi della lotta determinando quelle caratteristiche di massa
ben al di là della dichiarata volontà di questo o quel soggetto che,
provvisoriamente, si trova ad essere colpito e coinvolto dai nefasti effetti di
queste politiche del capitale.
Queste forme di lotta radicali che, correttamente e senza indugiare in retaggi
ideologistici, potremmo definire di autorganizzazione e di azione diretta
iniziano a diffondersi e diventare socialmente praticabili con una disinvoltura
che - spesso - sorprende gli stessi promotori delle Vertenze e dei vari Comitati
di Lotta.
Segno, questo, che in determinate situazioni sociali e di massa - fortunatamente
- l’esplosività conflittuale non pone limiti alle sue molteplici forme di
espressione e di rappresentazione.
La svolta decisionista ed autoritaria
delle istituzioni: nessuna mediazione con le comunità locali e con le loro
esigenze sociali!!
La repressione di ferragosto ad Acerra non è stato un fulmine a cielo
sereno o una anomalia.
Già a giugno a Giugliano i picchetti della popolazione sono stati,
quotidianamente, caricati dalla polizia ma è con il grosso blocco ferroviario di
Montecorvino-Rovella, in provincia di Salerno, che si è prodotto un mutamento di
rotta nel modus operandi del Governo e della Regione Campania.
La protesta ed il blocco della stazione organizzato a Montecorvino la quale ha
fermato per alcuni giorni i collegamenti ed il traffico ferroviario tra Nord e
Sud lungo la dorsale tirrenica ha - indubbiamente - realizzato una
amplificazione, ben oltre i confini regionali, di una protesta che le
istituzioni tutte (sia il Governo Berlusconi e sia l’Amministrazione Regionale
del governatore Bassolino) hanno interesse ad inibire e soffocare dentro i
singoli ridotti territoriali.
I giorni 25, 26 e 27 giugno in cui l’Italia è stata separata in due, dalla lotta
popolare, hanno fatto suonare nelle orecchie dei vari poteri forti il campanello
d’allarme che questo malessere - presente in almeno ogni provincia della
Campania ed in generale in tutto il territorio meridionale da tempo destinato ed
utilizzato come luogo privilegiato in cui localizzare discariche “legali”,
“illegali”, “civili” e “militari” - potesse generalizzarsi e diffondersi
ulteriormente rendendo, nei fatti, inapplicabile e vano ogni tentativo
governativo di disseminare il territorio di nuovi insediamenti nocivi ed
inquinanti.
Infatti, con una tempistica degna di un collaudato copione teatrale, abbiamo
assistito alle severe bacchettate del Ciampi-nazionale contro gli “egoismi
locali che suscitano l’insubordinazione verso le leggi vigenti” e agli aperti e
volgari inviti all’azione, rivolti dal “compagno Bassolino” nei confronti degli
apparati repressivi dello stato, affinché si ripristinasse immediatamente
l’ordine turbato dai manifestanti.
Non è un caso che attorno alla lotta di questo piccolo comune del salernitano è
stata prodotta, nell’arco di pochi giorni, una incredibile azione intimidatoria
attraverso un articolato mix di minacce contro i delegati che si recavano agli
incontri in Prefettura, di denunce poliziesche contro oltre 90 cittadini
accusati di blocco ferroviario e di aperte e volgari calunnie verso le ragioni
sociali della lotta accostandole a non ben definiti interessi della criminalità
organizzata.
Ed a proposito della “criminalità organizzata” è bene fare un piccolo inciso:
non da oggi quando le lotte sociali nel meridione hanno assunto i toni della
rivolta sociale (da Reggio Calabria negli anni ’70 ai tanti episodi in cui
attorno ad alcuni casi simbolo intere comunità hanno dato vita a lotte
esemplari, ricordiamoci delle barricate di fuoco fatte dagli operai della
Enichem di Crotone a metà degli anni ’90 oppure, in forme nuove, Melfi e
Scanzano) i commentatori borghesi hanno dipinto queste manifestazioni o con i
toni della sollevazione arretrata di tipo Vandeano o come frutto di una accurata
regia di cui la camorra e la mafia avrebbero la direzione per affermare i loro
sporchi interessi. Questa lettura, fantasiosa e di comodo, è sempre stata
sponsorizzata ed alimentata dal riformismo e dai suoi apologeti i quali hanno,
costantemente, incasellato qualsiasi espressione di emancipazione sociale dentro
gli angusti limiti delle compatibilità con le esigenze del capitale nazionale.
Insomma, da parte dello stato e delle sue istituzioni, con il palese sostegno di
tutto il compiacente apparato propagandistico della cosiddetta informazione
indipendente, stampata e radiotelevisiva, si è sparato - ad alzo zero - contro
le manifestazioni di lotta popolari con il dichiarato obiettivo di annegare
queste esperienze in una coltre di opacizzazione mediatica per meglio
criminalizzarle ed isolarle.
Infatti proprio la piega che aveva assunto la lotta in provincia di Montecorvino
Rovella ha preoccupato tutto il ceto politico di comando il quale non poteva
consentire che tale Vertenza rappresentasse un esempio di lotta possibile,
vincente e suscettibile di generalizzazione.
Tutto ciò alla vigilia di importanti decisioni tecniche indispensabili per la
completa operatività non solo del Piano dei Rifiuti Regionali ma di tutto il
colossale “affaire-munnezza” con le sue propaggini affaristiche e speculative
fuori regione ed anche oltre i confini nazionali
Ed in questo contesto che va inquadrato e denunciato il particolare livore
antiproletario vomitato, da più parti, addosso a questa lotta ed ai suoi diretti
protagonisti.
Evidentemente per il governo nazionale, per le trasversali camarille locali e
per il collaudato meccanismo di gestione criminale che sovrintende, da decenni,
il ciclo dei rifiuti, in Campania come in tutto il Sud, non era tollerabile una
nuova affermazione vincente della lotta popolare sul modello sociale di Scanzano.
Una vittoria che poteva mettere in serio pericolo questo dispositivo di
altissima valorizzazione per le imprese, per le loro filiere e per le “nuove” e
“vecchie” mafie che sguazzano e si arricchiscono in questo settore. Con buona
pace di tutta la ridondante retorica delle inchieste sulle “eco-mafie” le quali
- volutamente - hanno colpito, esclusivamente, i cartelli criminali ed i gruppi
affaristici già perdenti ed in declino e mai lo stabile
intreccio/compenetrazione tra potere politico ed affarismo speculativo tuttora
stabilmente insediato ed operativo.
Connubio, questo, che è andato avanti - almeno in Campania - anche durante il
decennio amministrativo (il cosiddetto Rinascimento Napoletano) del governatore
Bassolino e del “Laboratorio Campano” ossia dell’alleanza politica ed
amministrativa da Mastella a Bertinotti….passando per De Mita!!
Prima, durante e dopo le giornate di lotta del salernitano - soprattutto quando
si è delineato con nettezza l’articolato intreccio di interessi politici ed
economici che si addensano attorno all’infernale circuito della
produzione/distruzione/riciclaggio dei rifiuti - è stato indicativo il silenzio
di tutto il presunto arcipelago verde e/o ambientalista ufficiale il quale, pur
di non inimicarsi il potere e le prebende di Bassolino, ha taciuto su questa e
sulle altre proteste, gettando alle ortiche le chiacchiere, in difesa della
piena sovranità delle popolazioni, spese, disinvoltamente, durante le campagne
elettorali.
Anche in questo caso il carattere compatibilista (con le esigenze del
capitalismo) dei Verdi è stato il fattore determinante delle scelte dei Pecoraro
Scanio e dei vari accoliti che siedono nelle maggioranze amministrative
istituzionali i quali - nei tornanti decisivi delle vertenze in atto - si sono
sempre schierati, apertamente, con le scelte antipopolari perpetrate dalle
istituzioni e dai vari potentati economici.
A tutt’oggi questi vip dell’ambientalismo, nonostante il loro irrefrenabile
narcisismo mediatico, hanno pensato bene di disertare i picchetti e le
iniziative di lotta popolari preoccupati di offrire il loro imprimatur politico
a forme di lotta non condivise.
Ciò che si appresta, dunque, è una fase dello scontro in cui le istituzioni, pur
di realizzare i loro proponimenti, scateneranno il massimo di pressione per
distruggere ogni espressione di opposizione verso ciò che si annuncia come una
scelta obbligata non solo della Regione Campania, ma di tutto il sistema vigente
di produzione e sfruttamento, di parte capitalistica, della “risorsa rifiuti”.
La lotta, quale lotta: no al Piano Rifiuti senza se e senza ma, nessuna
contrapposizione tra le popolazioni, la salute non si monetizza in alcun modo,
per migliorare le nostra vita e cambiare la società!!
Il Piano Rifiuti della Campania - fondato sulla funzione centrale e decisiva
dell’incenerimento della monnezza - non può essere emendato o modificato in
qualche suo aspetto ritenuto, particolarmente, foriero di pericoli o di nocività
per il territorio.
Dispiace per i “riformatori dell’ultima ora” ma tale Piano Rifiuti, essendo
seriamente articolato ed intrecciato nei suoi vari segmenti, non consente
significative modifiche o stravolgimenti sostanziali.
Questo Piano, oltre ad essere scatenante di una nuova e più profonda
devastazione ambientale che non risparmierà nessuna provincia della Regione, è
concepito sulla base di un articolato legislativo che azzera e calpesta tutti i
“poteri decisionali locali” rendendo nulle le deliberazioni dei vari consigli
comunali i quali, di volta in volta, sotto la pressione delle popolazioni, hanno
respinto l’imposizione dall’alto di queste scellerate decisioni.
(Su questo aspetto sarebbe necessario aprire una discussione sull’istituto del
Commissariato Straordinario di Governo.Questo mostro giuridico istituzionale fu
testato la prima volta, in Campania, durante l’emergenza del post-terremoto in
maniera concertativa tra i vari poli politici della borghesia. Per quanto
riguarda la questione-rifiuti tali poteri eccezionali sono racchiusi in una
struttura “autonoma” ad hoc la quale ha retto ai vari cambi di maggioranza nel
corso degli oltre 9 anni di vigenza. Questo Commissariato Straordinario, in
definitiva, fonda ed opera su una sperimentazione concreta di quella torsione
autoritaria del diritto denominata correntemente da alcuni giuristi “stato
d’eccezione”. Tale questione, però, non deve farci nutrire inutili aspettative
sui meccanismi di “tutela democratica” che dovremmo rivendicare nel corso delle
lotte. In particolare - dopo il blitz di Acerra - abbiamo registrato alcune
prese di posizione che lamentano su un “principio democratico” calpestato
appellandosi, ancora una volta ma fuori tempo massimo, ad una presunta
Magistratura indipendente che dovrebbe/potrebbe ripristinare il diritto violato
dai “provvedimenti antidemocratici” del governo!!)
Rispetto ad una compiuta e complessa progettualità di questo tipo non è
possibile scorporare i termovalorizzatori dal resto del Piano Rifiuti (come
vorrebbe fare qualche astuto militante ammalato di realpolitik) il quale và
rigettato in ogni sua parte anche in quelle che - apparentemente - sembrano
configurarsi come un passo in avanti rispetto al precedente regime legislativo
che prevedeva la totale deregolamentazione delle discariche abusive.
La scelta dei termovalorizzatori, presentati come il superamento delle vecchie
discariche disseminate sul territorio, prospetta una scelta di campo definitiva
e senza ritorno.
(Anche su questo aspetto la mistificazione è forte. Infatti le discariche
abusive ed illegali fruttano ai proprietari dei terreni una grande rendita che
nessuna coltivazione agricola, neanche quella più pregiata, sarebbe in grado di
produrre. Quindi pur utilizzando, per forza di cose, superficie ridotte, in una
situazione dove l’unico dato certo è il continuo aumento della produzione di
rifiuti, il regime delle discariche continuerà a proliferare, in maniera
incontrollata ed incontrollabile, in tutti i territori.)
I Termovalorizzatori - questi mostri ammantati da una presunta patina ecologica
- hanno bisogno di funzionare 24 ore su 24 ed a pieno regime di utilizzo per
essere convenienti dal punto di vista economico. I loro enormi costi di
realizzazione e di gestione impongono l’utilizzo intensivo degli impianti con un
rifornimento continuo di grandi quantità di rifiuti (sia civili che industriali.
Ed a questo proposito molte industrie già si stanno facendo avanti nel
richiedere la distruzione di grandi quantità di scorie e scarti di lavorazione
da anni stoccate nei vari stabilimenti non sapendo come eliminarle. Una evidente
manna dal cielo risolutrice per alcune aziende che hanno prodotto milioni di
tonnellate di rifiuti tossici).
Nessuna, eventuale, Raccolta Differenziata (la quale porterebbe, da subito, ad
un abbassamento della mole e degli stoccaggi di rifiuti da destinare
all’incenerimento) potrà integrarsi o interagire con questi impianti e con la
filosofia produttivistica ed affaristica che li sottende.
Una scelta in direzione della Raccolta Differenziata invaliderebbe - di fatto -
l’intero ciclo fondato sui CDR, sugli Inceneritori e sulla produzione di un
nuovo business che già si sta alimentando sullo smaltimento dei residui
dell’incenerimento (alcuni studi stimano questi residui attorno al 30% anche nei
termovalorizzatori di cosiddetta ultima generazione).
Da ciò né deriva che una seria ed articolata Raccolta Differenziata (se mai si
riuscisse ad organizzarla considerando le forti resistenze che si oppongono a
tale scelta) unita ad una politica tendente sempre più ad una riduzione
strutturale dei rifiuti (solo gli imballaggi costituiscono una percentuale
elevata della produzione totale di rifiuti…) non è compatibile con questa forma
dello sviluppo del capitale, con le sue ferree regole di mercato e con il suo
continuo business il quale non disdegna di colorarsi di “verde” o di
“arcobaleno” quando fiuta affari lucrosi da realizzare.
E’ evidente che ci troviamo di fronte ad una scelta che esula dal mero dato
locale o dalla volontà di questa o quella amministrazione paesana. Già su tale
terreno il lavorio istituzionale, teso alla continua contrapposizione tra le
popolazioni ed ad alimentare il banale campanilismo, ha segnato, recentemente,
qualche punto a suo favore.
Proprio nelle ultime settimane il sindaco di Giffoni Valle Piana (un ridente
paesino in provincia di Salerno noto per essere la sede di una importante
rassegna internazionale di cinema per ragazzi. Un paese simbolo, insomma!!), in
contrapposizione con altre amministrazioni della propria zona ha chiesto al
Commissariato Straordinario per i Rifiuti di impiantare un Termovalorizzatore
sul proprio territorio. Naturalmente tale proposta dovrà essere ripagata
attraverso una significativa monetizzazione del rischio salute ed una manciata
di assunzioni negli impianti da costruire.
Scelte di queste tipo potranno diffondersi anche in altre zone in particolare
dove le difficili condizioni di degrado socio-economico rendono urgente la
realizzazione di interventi strutturali contro la disoccupazione e dove le
amministrazioni locali sono impotenti rispetto all’enorme mole di problemi
sociali che sono costrette, quotidianamente, ad affrontare senza risolverle.
Nei confronti di tale snodo, per poterlo, correttamente, superare -
salvaguardando gli obiettivi della lotta e la piena autonomia politica del
movimento - non esistono ricette tautologiche o miracolose da applicare
salvificamente.
Anzi più l’iniziativa del capitale si articolerà, si concentrerà e si accanirà
su una singola zona più potranno svilupparsi derive dissolventi e disgregatrici
dell’unità del fronte di lotta e di vero e proprio snaturamento degli obiettivi
dispiegati dalla battaglia sociale.
Si tratta, allora, anche in forme attitudinali e/o propedeutiche possibili, di
iniziare una discussione - nei Comitati, nei vari Organismi di Lotta attivizzati
fino ad ora - che, necessariamente, superi in avanti i problemi specifici e
contingenti delle singole Vertenze delineando una prospettazione d’insieme
dell’intera vicenda politica.
Una battaglia di questo tipo non può essere vinta da una unica popolazione o da
un Comune più o meno ribelle ma deve riuscire ad aggredire, unitariamente,
l’enorme mole di problemi e di interessi che richiama. Occorre avere la
consapevolezza, fin da subito, che le istituzioni - a vario livello - stanno
mettendo in campo tutti i coefficienti politici e di uso della forza
indispensabili per scoraggiare e colpire qualsiasi insorgenza popolare e di
classe.
Quella che abbiamo di fronte non è una questione settoriale o specifica di
questa o quella zona ma un problema politico di rilievo generale e come tale
dovrà essere affrontato dalle mobilitazioni in corso e da quelle future.
La questione degli Inceneritori, dei Termovalorizzatori, il Piano Regionale dei
Rifiuti, l’insieme di quelle che definiamo Produzioni di Morte (compreso il
sistema dei depositi e basi militari indispensabili per la dottrina della guerra
preventiva e per le aggressioni imperialistiche in giro per il mondo) non sono
questioni riguardanti esclusivamente le popolazioni interessate alle varie
localizzazioni ma sono temi di carattere universale e fondante per il movimento
tutto, per la sua vocazione espansiva verso l’indispensabile radicamento sociale
e conflittuale.
Il/i movimento/i No Global e No War devono assumere, con la dovuta maturità e
senso di responsabilità a larga scala, questa questione che, sempre più, è
diretta conseguenza dell’attuale fase della globalizzazione e dei suoi micidiali
effetti antisociali a tutto campo nell’intera società..
Questo passaggio politico deve essere ascritto nell’agenda politica del
movimento tra le priorità più importanti di questo periodo intrecciandolo con la
costruzione della campagna di lotta contro le basi nocive e militari e contro il
complesso delle politiche di devastazione/manomissione del territorio
e…dell’intera vita!!
Le popolazioni di Acerra, di Giugliano, di Parapuoti, di Ariano, di Sparanise…tutte
le comunità in lotta non vanno isolate e lasciate sole di fronte al moloch
istituzionale ed alla macchina repressiva dello stato. Anche utilizzando, come
fattore di aggregazione, episodi come la repressione ad Acerra occorre favorire
il confronto, la reciproca conoscenza e l’interazione tra i vari Comitati di
Lotta. Le diverse Vertenze abbisognano di un dato unificante e centralizzatore
che, oltre a moltiplicare la forza d’urto delle singole lotte, può diventare un
utile antidoto sociale contro la nefasta politica della “competizione tra
campanili o di esplosione degli egoismi locali” la quale è capitalizzabile,
esclusivamente, agli interessi dei nostri avversari di classe ed ai tentativi di
dividere e disperdere, lungo vari rivoli, l’opposizione sociale.
In queste lotte può e deve, concretamente, innestarsi ed iniziare un dibattito
che alluda - fuori da ogni evanescente metafora o inapplicabile ed utopico libro
dei sogni - ad una idea di società, di sviluppo economico e sociale, di rapporti
tra gli uomini e tra questi e la natura profondamente antitetica ed
antagonistica con il capitalismo e le sue parossistiche regole di valorizzazione
e di imbarbarimento totale e generale.
In questi decisivi passaggi di movimento la socializzazione ed il bilancio
politico delle esperienze di lotta e la discussione collettiva che può derivarne
valgono più di migliaia di volantini e di astratte dissertazioni su funamboliche
alternative sociali che possiamo prefigurare e/o immaginare nei nostri discorsi
e nelle nostre riunioni senza avere, poi, la capacità di interagire con il
movimento reale che si svolge attorno ed indipendentemente da noi.
Mai come in questi casi è utile richiamare il concetto politico che, in
determinate situazioni ad un certo punto della dinamica dello scontro in atto -
per il movimento reale - ci sono giorni che valgono anni!!
Le lotte contro la “monnezza” per quanto minuscole o inadeguate (se rapportate
all’entità della posta in gioco complessiva) possono essere una sorta di esempio
- una traccia ed un buon corroborante - per il lavorio di scavo che, nonostante
tutto, la Vecchia Talpa della contraddizione reale sta continuando a svolgere
nei meandri e nelle pieghe della formazione economico sociale del capitale.
In questo scorcio della mondializzazione e della accresciuta competizione
globale interimperialistica anche singole Vertenze, quando rompono gli argini e
gli steccati delle compatibilità, possono, da subito, prospettare ed indicare
l’urgenza e l’attualità politica programmatica del superamento dei rapporti
sociali vigenti.
Napoli, 20 agosto, 2004
Red LinK
[Info: redlink@virgilio.it]