SENZA CENSURA N.14

GIUGNO 2004

 

Chi prova il gusto della libertà…

Estratti da un dossier su Marco Camenisch.

 

La breve cronologia ragionata che segue è parte di un più ampio dossier che ricostruisce più organicamente il percorso politico di Marco Camenisch e sviluppa alcune considerazioni sulla pratica della solidarietà. La criminalizzazione della solidarietà a Marco è un fatto evidente. L’attività di sostegno, proprio perché è stata costante, attiva e diffusa ha seriamente minato la strategia dell’isolamento. Certamente il fatto che l’azione diretta, connaturata alla lotta ecologista-radicale, non sia mai stata soggetta ad una delegittimazione politica, ha contribuito alla continuità e alla compattezza della “campagna” di partigiana complicità con Marco, senza che questa catena di solidarietà si spezzasse.

LA SOLIDARIETA’ E’ LA LOTTA
Con il 1991, con l’arresto di Marco a Montagnoso, di Giancarlo Sergiampietri e degli altri compagni vicini a Martino, ha inizio una catena di solidarietà fra chi si sente spossessato della propria umanità, cioè della propria libertà e delle proprie capacità, ma non accetta questa condizione perchè ha fatto sua la consapevolezza che rassegnazione è complicità con gli sfruttatori. E’ una ricerca della complicità con questo individuo ribelle, che si respira tra il “dentro” ed il “fuori”.
Nel Dicembre 1991 si ha il primo attentato alla linea elettrica La Spezia-Acciaolo con 2kg di polvere da cava che causa 600 milioni di danno. La Acciaiolo-La Spezia è un vecchio progetto di trasporto dell’energia nucleare dalla Francia, disattivata e usata solo in caso di necessità. E’ quindi una linea di trasporto fuori tensione che può produrre fino a 330mila volt ed è considerata una delle linee a più elevato rischio da esposizione elettromagnetica.Questa stessa linea viene colpita con due cariche di dinamite il 17 Aprile del 1992; nel 1995, il 5 luglio a Lucca nei boschi in località Saettella causando 800 milioni di lire di danno; ed ancora il 12 Febbraio del 1996 con una potente carica esplosiva a lenta combustione tirando giù un traliccio di 20 metri, causando più di mezzo milardo di lire di danno; e ancora l’8 Novembre nella zona dei Boschi il “botto” si è sentito a Bargeggia, Corsanico,Camaiore, Montemagno e Pontemazzori dove gli abitanti sono presto tornati a mangiare abituati e non più di tanto infastiditi da questi fuochi. Il 16 Agosto dello stesso anno, a Molina di Quosa (PI), un volantino inneggiante ai nativi d’America e contro i festeggiamenti per la “scoperta” del continente americano da parte degli occidentali, contro le nocività ed in solidarietà a Marco Camenisch accompagna l’attentato ad un traliccio. Appena dieci giorni dopo, un’altra azione in solidarità a Camenisch abbatte un traliccio a Posterla Fosdinovo. La notte tra il 4 ed il 5 settembre a Pisa Bisentina Le Fontine viene abbattuto un traliccio: i giornali parleranno del ventiseiesimo attentato nella sola regione toscana. La rivendicazione dei “Figli della Terra” è contro «il progresso a rischio dei padroni della Terra che hanno come obiettivo la sopraffazione dei popoli liberi che vivono in pace con la Natura». Per questi attentati saranno arrestate sei persone: a Massa e Carrara durante i primi dieci giorni di Ottobre si svolgono presidi di solidarietà e la repressione non fa calare il fermento delle attività: l’8 Novembre a Vittoria Apuana, una centrale radiomobile della SIP esplode con la cheddite, stesso materiale usato per numerosi altri attentati: un volantino rinnova la solidarietà al «l’aquila in gabbia con l’attrazione per l’insubordinazione»! Anche il 1993 non disattende alla lotta, dall’attentato dell’8 Febbraio a Pontey (AO), in cui viene segato un traliccio causando 10 milioni di danno, ai presidi sotto il carcere come quello sotto S.Vittore, il 16 Maggio.
Nel 2000 viene trasferito nel carcere di Biella dove rimarrà fino alla estradizione in Svizzera allo scadere della condanna italiana, ovvero 12 anni,nel 2002. Sono molte le iniziative di solidarietà che vengono organizzate, dai presidi sotto il carcere come quello del giugno 2001 a cui partecipano più di 150 persone, alle molte azioni contro le nocività, dai ripetitori al Tav, dalla Benetton a Mc Donald’s... Ma è forse con l’estradizione in Svizzera avvenuta nell’Aprile 2002 verso il carcere di Pfaffikon, che le azioni di solidarietà diventano davvero innumerevoli e si estendono a compagnie come Credit Swiss ( che il 13 settembre ricevono vari “trattamenti” in diverse città: vetrine in frantumi a Torino e muri imbrattati a Bergamo...) e ai consolati svizzeri; o rimangono su obiettivi “tradizionali” quali i ripetitori( come quello di Vidigulfo (PV), il 16 settembre) e Benetton. E’ interessante notare come la solidarietà al detenuto Camenisch sia sempre strettamente collegata ad una campagna di lotta, e che ciò è il frutto della consapevolezza che un concreto supporto sia possibile portando avanti la lotta intrapresa dal nostro compagno. E allora è possibile affermare che gli sgherri non hanno “arrestato” Marco, ma che la sua lotta va avanti nelle mille azioni in giro per il mondo ed in Italia,nell’opposizione agli impianti di morte come l’inceneritore di Pollino(Pietrasanta), nelle liberazioni animali e negli attacchi a tutte le strutture repressive.
Nel frattempo, il 12 dicembre 2003 Marco viene trasferito al carcere di Thorberg (Berna), tristemente famoso per le condizioni di assoluto isolamento inflitte ai detenuti: questa è la risposta dell’autorità svizzera e del pm Wilderkehr, titolare dell’inchiesta nonchè figlia del presidente della NOK (!), alla richiesta di un avvicinamento alla famiglia presso il carcere di Lugano e alla indizione di un presidio sotto il carcere di Pfaffikon.
All’interno di Thorberg, Marco si trova nel braccio speciale al livello più alto di isolamento dove non può tenere libri in cella ed ha facoltà di leggere solo il giornale di zona; ha un rigido controllo della corrispondenza con censura di quella con i compagni ed i gruppi di appoggio. Marco rinuncerà ai colloqui con il suo avvocato in quanto questi dovrebbero avvenire attraverso il vetro divisorio e all’ora d’aria in quanto è obbligato a spogliarsi all’entrata ed all’uscita dalla cella e a tenere le manette. La situazione è peggiore di quella vissuta in Italia, checchè ne dica l’autorità della democratica Svizzera (che in passato gli aveva negato una carcerazione nel suo paese d’origine asserendo che voleva approfittare della comodità delle carceri elvetiche!): Marco deciderà di intraprendere uno sciopero della fame a partire dal 18 Gennaio 2003. Il 22 gennaio sarà ritrasferito a Pfaffikon ma continua lo sciopero che durerà venti giorni.
Il 20 Gennaio 2003, all’Abetone sull’Appennino tosco-emiliano, un incendio distrugge la stazione di partenza e la cabinovia; il 22 dello stesso mese a Marina di Pietrasanta (Lucca) va a fuoco un ripetitore di telefonia mobile ed il 30 a Bergamo uno della Rai. Tutte le azioni sono accompagnate da scritte sui muri: «MARCO LIBERO!» .Il 23 Settembre 2003 il pm Wiederker chiude le indagini e fissa il processo per il 10 maggio 2004. Nella notte tra il 5 e il 6 Novembre a Parigi vengono lanciate due molotov contro l’agenzia interinale Adia. Sul posto viene rinvenuto un testo che dice: «contro gli sfruttatori ed i carcerieri di tutti i generi: FUOCO! Solidarietà con Marco Camenisch e tutti i prigionieri in lotta!». Il 16 Novembre a Bruxelles viene bloccata la porta della Camera di Commercio svizzera in solidarietà con Marco Camenisch.

IL PROCESSO SVIZZERO
Come Marco stesso dice in un documento della fine di marzo di quest’anno da Flughafengefanngnis, ovvero il “carcere dell’aereoporto” usato in Svizzera per i migranti prima della loro deportazione,dove arriva dopo il quinto trasferimento nel giro di due anni, i toni usati contro di lui dall’accusa sono da Inquisizione. Sono continuamente usati termini come “esecuzione”, “disprezzo”, “egoismo”; la lettura dei fatti imputatigli segue, ovviamente , la logica secondo la quale il ribelle è l’aggressore e lo sbirro l’aggredito, logica che deriva dal preteso monopolio della violenza da parte dello Stato, e dipinge il primo come un farabutto senza scrupoli, che “spara a sangue freddo degli onesti lavoratori nell’esercizio delle loro funzioni”, ovvero controllo e repressione......I reati imputatigli sono tentato omicidio per Regensdorf e omicidio volontario per Brusio.
A Brusio, il 3 dicembre1989, una guardia di confine viene uccisa, secondo uno dei due testimoni chiave, da un uomo barbuto; l’altro testimone ricorderà di aver visto da lontano una figura che spara verso il basso come se stesse uccidendo un animale. La presenza di Marco nella zona era data per certa dalle autorità, dato che un paio di mesi prima suo padre era venuto a mancare ed egli non aveva potuto partecipare ai funerali per l’enorme spiegamento di forze di polizia che attendevano l’evaso.Marco in quel momento si trova nascosto a Campascio, dove abitano sua madre e suo fratello, a casa di amici di famiglia che venuti a conoscenza della morte della guardia lo accompagnano in località La Presse da dove potrà fuggire in Italia.
Per dimostrare la “brutalità” di Marco Camenisch, la figlia di uno dei peggiori distruttori della Terra, il presidente di una delle grandi industrie produttrici dell’energia nucleare in Svizzera, chiama a testimoniare uno dei carabinieri che nel lontano 1991partecipano all’arresto a Montagnoso. Questi, rimasto illeso all’epoca dei fatti, in tribunale davanti alla giuria popolare, ha interpretato ad hoc il ruolo della vittima, lamentando uno shock che dura tutt’oggi per il terrore provato mentre gli veniva puntata una pistola alla tempia.
Per Regensdorf, dove fu uccisa una guardia e ferita un’altra, il pm non può accusare Marco di essere a conoscenza dell’impiego di armi viste le dichiarazioni degli altri evasi, tutti sfortunatamente riacciuffati, che lo scagionano. Così, decide che il reato sta nell’essersi reso conto, dall’esterno, di una sparatoria in atto, e di non essere ritornato nella sua cella, approvando dunque quello che era avvenuto... In sintesi, l’accusa del pm svizzero può ricordare l’”italiana” accusa di compartecipazione psichica e come questa è caduta.
Durante tutto il processo durato dal 10 al 28 Maggio, non sono mancate iniziative e azioni di solidarietà in Italia e in Svizzera e presidi davanti al tribunale di Zurigo.
Da tempo la Val Chiavenna tenta di liberarsi di uno dei mezzi con cui il capitale danneggia il territorio, l’energia elettrica, che nella zona è particolarmente vissuta come un’aggressione: qui l’energia viene trasportata attraverso un numero spropositato di tralicci esponendo la popolazione ad alti rischi da inquinamento elettromagnetico. Il 30 Marzo a Gordona ed il 1° e l’11 Aprile a Samolaco in provincia di Sondrio vengono fatti saltare dei tralicci dell’ENEL : la popolazione non si fa manipolare dalla solita propaganda sull”ecoterrorismo” e considera gli attentati come l’unico mezzo che abbia messo “in luce” la loro situazione; qualcuno addirittura ne auspica di nuovi...
Il 18 Aprile a Tre Ponti-Babucce (PS), va a fuoco un ripetitore della TIM: é il quinto attentato ad antenne mobili della TIM nella zona, l’ultimo risaliva a 13 giorni prima.
Il 1° Maggio, la tradizionale manifestazione viene caratterizzata a Zurigo in solidarietà a Marco Camenisch: questa subisce diverse cariche della polizia che scheda quasi tutti i partecipanti.
Il 6 Maggio a Sergano (CR) va a fuoco la cabina di un traliccio di trasmissione dati nel complesso della SNAM: sui muri compaiono scritte in solidarietà a Camenisch.
Il 7 Maggio a Milano si tiene, come il 13 settembre dell’anno precedente, un presidio davanti al consolato svizzero: l’iniziativa prosegue nel pomeriggio con un volantinaggio davanti al più grande negozio milanese della Benetton, quello di Corso Buenos Aires, dove il gruppo ne possiede vari ( Sisley, Undercolors, Calzedonia, Spizzico...) e numerosi.
L’8 Maggio, a Zurigo, la manifestazione internazionale di solidarietà a Marco, organizzata dal gruppo di supporto nato all’epoca dell’estradizione del 18 Aprile 2002, di cui fa parte il revolutionaren Aufbau, è nuovamente caricata dalla polizia che effettua 98 fermi, di cui 2 di 48 ore, ed un arresto, quello di Andi Stauffacher, del gruppo Aufbau motivato come preventivo inpossibilità di disordini nel periodo del processo a Camenisch. Andi comincia subito uno sciopero della fame.
Nel frattempo a Sergnano(CR) con Kerosene e olio viene incendiata una cabina di trasmissione ponteradio Albacom: la scritta ritrovata dice: «LIBERTA’ PER MARCO CAMENISCH!».
Il 10 Maggio in un comunicato dal carcere, Andi esprime solidarietà a Marco, ai detenuti di Action DIrecte ancora nelle mani dello Stato francese che è il responsabile della loro agonia,alle lotte dei prigionieri in Turchia, in Cile e di tutti gli altri paesi: “LA SOLIDARIETA’ E’ LA NOSTRA ARMA!”. Sarà rilasciata cinque giorni dopo.
Il 24 Maggio un attentato incendiario alla torre televisiva sull’Uetliberg a Zurigo, in solidarietà a Marco, sospende le trasmissioni per quasi 48 ore e provoca un danno di svariati milioni di franchi.

Il 4 giugno Marco viene condannato a 17 anni di carcere. Questa condanna sommata agli anni che ha scontato e dovrà scontare equivale ad un ergastolo.
Egli si considera un “prigioniero di guerra”: “... un pastore, contadino e cacciatore delle Alpi Retiche, residuo di un genocidio consumato dallo stesso nemico che nel corso dei secoli, ha distrutto quasi del tutto la... Terra. Nelle vesti delle multinazionali dell’atomo e dello sfruttamento idroelettrico, turistico, del militarismo e dei suoi poligoni, con l’inquinamento radioattivo, chimico, da carburazione industriale e metropolitana,...l’ipersfruttamento agricolo e boschivo... assistiamo ad un attacco “globale” alla vita.
Lotta antinucleare è anche lotta di classe, è anche critica radicale contro questo modello patriarcale di civilizzazione. Le centrali nucleari sono solo un aspetto di uno sviluppo del dominio dilagante, delle sue ingiustizie, dello sfruttamento e delle sue guerre.
La lotta contro le centrali nucleari in fondo è lotta di liberazione”.
Non è più in gioco “solo” la giustizia sociale ma l’esistenza stessa e, che ci piaccia o no siamo coinvolti in questa guerra: la rassegnazione è di per sè una mano al “più forte”.



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