SENZA CENSURA N.14

GIUGNO 2004

 

Sugli autoferrotranvieri in lotta

Intervista ad un delegato Slai dell’ATM di Milano.

 

Ci puoi aggiornare in merito alle sanzioni a carico degli autoferrotranvieri di Milano e delle altre città?
A Milano siamo un po’ ad un punto morto, nel senso che c’è la parte relativa all’agitazione del 1° dicembre 2003 dove l’ATM ha comminato una sanzione di 40 euro a circa 2.000 lavoratori. Questo per quanto riguarda le sanzioni interne aziendali relative alla sola giornata del 1° dicembre. Invece per quanto riguarda le sanzioni disposte dalla Prefettura, a Milano, in febbraio, sono state recapitate circa 2.000 contestazioni per illecito amministrativo a carico di altrettanti lavoratori ai quali viene contestata “l’astensione dal lavoro nel turno di servizio senza idonea giustificazione” per lo sciopero del 13 gennaio 2004, quello dove è stata inviata la celere davanti ai depositi, e dunque l’inottemperanza all’ordinanza Prefettizia mediante la quale “il Prefetto di Milano ha ordinato al personale ATM di prestare servizio nei giorni 13/14/15/16 e 17 gennaio 2004, violando in tal modo gli artt. 8 e 9 della L.146/90 così come modificata dalla L.11.04.00, n.83”. Inoltre viene specificato che “la violazione non è stata contestata immediatamente al trasgressore, in quanto la personale individuazione dei responsabili è stata possibile solo successivamente al verificarsi dei fatti, mediante l’acquisizione di idoneo elenco fornito dalla Società Trasporti Milanesi SpA”.
Ma per adesso è tutto fermo, sia rispetto alle contestazioni della Prefettura che non si sono ancora tradotte in sanzioni e sia per i 40 euro di sanzione disposte dall’azienda che, per ora, nessuno ha pagato.
In generale, si stanno muovendo su tre livelli: penale, civile e aziendale.
Infine, per quanto riguarda l’aspetto penale, anche lì la situazione è ferma; sembrerebbe che i giudici incaricati della vicenda non abbiano intenzione di procedere penalmente anche se ci sono pesanti spinte da parte dei partiti: Albertini, in primis, che non può far finta che non sia successo niente, e quindi spinge affinché vi si proceda penalmente contro i lavoratori.
Rispetto alle sanzioni in altre città, per il momento sappiamo solo di Venezia che gli avevano dato una multa forfettaria di circa 40 euro per tutti i giorni di sciopero.
A Brescia, invece, sono stati recapitati un centinaio di avvisi di garanzia per “rifiuto a fornire le generalità” e “false generalità” relativi ad un picchetto davanti ai depositi credo nella giornata del 13 gennaio. Ma anche li è tutto fermo.

Che tipo di reazione c’è stata alle sanzioni da parte dei sindacati confederali, degli autorganizzato e dei lavoratori?
Non c’è stato alcun tipo di mobilitazione da parte di nessuno, nonostante dall’assemblea nazionale del coordinamento degli autoferrotranvieri, tenutasi a Firenze, fosse emersa la volontà di lanciare alcune mobilitazioni contro le sanzioni, in particolare in solidarietà con i lavoratori di Brescia colpiti dagli avvisi di garanzia.
Invece c’è da notare un recupero, se non di consenso quantomeno di tessere, da parte dei sindacati confederali nonostante durante le agitazioni molti lavoratori avessero strappato le loro tessere e bruciato le loro bandiere. Sicuramente è scattato un meccanismo di difesa clientelare da parte del sindacato confederale perché il singolo lavoratore colpito dalle sanzioni ha bisogno di sentirsi tutelato perché magari ha la moglie, il figlio e come sindacato autorganizzato non gli puoi dare tutto quello che un sindacato confederale gli può dare. Guarda, c’è proprio sul Corriere di oggi, non so chi ha fatto l’indagine, ma risulta che in Italia un lavoratore su due trova lavoro grazie agli amici, cioè se devi sistemare uno vai da CGIL, CISL e UIL.
Come risulta dai prospetti che l’azienda ci manda tutti i mesi, c’è stato un netto calo di tesseramenti ai confederali nei mesi di dicembre, gennaio, febbraio e poi si è verificata una ripresa nei mesi successivi. E questo nonostante che, ad esempio a Venezia, per poter beneficiare della difesa del sindacato confederale, sia stata richiesta una formale dissociazione dalle forme di lotta praticate e l’adesione alla “missione aziendale” che è stata, purtroppo, sottoscritta da circa la metà dei lavoratori.

Cos’è cambiato, in termini di organizzazione del lavoro, con l’accordo nazionale siglato a Roma e con l’accordo integrativo territoriale?
Diciamo che l’accordo nazionale prevede sicuramente la liberalizzazione del trasporto pubblico.
L’accordo integrativo, invece, è stato penalizzante per il personale viaggiante perché gli ha aumentato i cambi in linea da due a quattro che significa che se prima avevi due posti di cambio fissi, adesso puoi cambiare mezzo in quattro punti e ti devi arrangiare per raggiungerli. Per il personale operaio c’era in ballo la questione del cambio di orario, nel senso che volevano cambiare l’orario adeguandolo soprattutto alla situazione del rientro dei mezzi nei depositi, perché i mezzi rientrano nei depositi verso le 21 e il personale addetto alla manutenzione c’è dalle 20 e, dunque, alla direzione ATM risulta un’ora vuota. La trattativa sull’orario si è un po’ arenata anche perché l’azienda col sindacato interno nostro non vuole trattare, ma vuole trattare solo con i sindacati confederali a livello territoriale perché sono i firmatari dell’accordo integrativo del 14 gennaio che noi non abbiamo voluto firmare.

Cosa hanno sedimentato tra i lavoratori le agitazioni di quest’inverno?
In parte se ne è già parlato prima a proposito del recupero dei confederali. Cioè, una parte di questa lotta è andata un po’ perdendosi. Che reazione potrà esserci in futuro è difficile a dirsi. Adesso ci si ritrova un po’ fra l’incudine e il martello nel senso che quando indici uno sciopero una parte di lavoratori ti chiede che senso ha scioperare nel rispetto delle fasce di garanzia quando è stato dimostrato che per ottenere qualcosa devi fare una lotta diversa.
D’altro canto c’è anche chi ha paura ad andare un’altra volta contro la legge, contro il Prefetto perché questa volta non sa cosa può capitare. Però non è assolutamente detto che la cosa non si possa ripetere. Ad esempio, è scaduto il nuovo contratto, noi abbiamo fatto già uno sciopero come coordinamento nazionale dei sindacati di base che è andato abbastanza bene, circa un 35% di adesione allo sciopero, un’adesione che noi non ci aspettavamo anche tenendo conto del fatto che non siamo presenti in tutti i depositi.

C’è stata un’attenzione rispetto alle mobilitazioni degli operai di Melfi?
Sicuramente come Slai Cobas abbiamo guardato a tutte quelle lotte che sono scoppiate dopo quello che è successo a Milano, anche perché ci hanno dato la dimostrazione che effettivamente è cambiato un po’ il modo di lottare almeno nelle situazioni dove c’è la possibilità di farlo. Molto probabilmente la lotta dei tranvieri ha dato un input. A suo tempo abbiamo ricevuto valanghe di comunicati e fax di solidarietà da parte di lavoratori di altre categorie ed aziende, anche se la solidarietà che ci è arrivata non si è concretizzata in altro che non fosse una dichiarazione di solidarietà; quello invece era un buon momento soprattutto da parte di quelle categorie che oggi sono toccate dalla legge 146… invece non c’è stato niente di tutto questo. Però sicuramente le lotte che sono venute dopo, dagli aeroportuali, dalla sanità, alla scuola stessa, la lotta di Melfi hanno dato la dimostrazione, sull’onda del facciamo come l’ATM, che effettivamente c’è stato un cambio rispetto alle lotte che ormai erano attraversate da rassegnazione… Il problema è quello di riuscire a capitalizzare queste cose nel senso che le lotte sono partite ognuna per i cavoli suoi, invece di farle diventare un momento di coagulo sulla questione economica visto che ormai è sotto gli occhi di tutti che la gente non ce la fa ad arrivare a fine mese. Sicuramente il sindacato confederale ha buon gioco nel mantenere divise le lotte e noi siamo troppo piccoli per riuscire ad arrivare ad uno sciopero unico intercategoriale che vada veramente ad incidere su quella che è la visione sindacale confederale e sulla politica governativa.

Che tipo di dibattito c’è all’interno del coordinamento nazionale autoferrotranvieri?
Diciamo che ultimamente il coordinamento nazionale si è un po’ allentato nel senso che l’ultimo sciopero che abbiamo indetto è un po’ piovuto dall’alto, non c’è stata una reale discussione tra noi come coordinamento. Adesso ne abbiamo indetto un altro di 8 ore per il 6 luglio. CGIL, CISL e UIL hanno avuto un incontro con le controparti per il contratto nazionale e hanno dichiarato lo stato di agitazione e da Roma e da Venezia, che al momento rappresentano le situazioni più forti, c’è stata una spinta a dire non lasciamogli lo sciopero in mano ai confederali, anche se però, secondo noi, questo è un po’ un rincorrere…
La critica che si fa al coordinamento è un po’ questa, che stanno piovendo le cose un po’ dall’alto, non c’è più la discussione che c’era prima quando ancora non era scoppiato quello che poi è scoppiato. Questo è anche un nodo centrale dell’assemblea che ci sarà a Firenze domenica 20 giugno, proprio sull’onda di semplici lavoratori o delegati di base che sono stufi di questo andazzo, dove dall’alto ti cala lo sciopero nazionale, ma dove in realtà non c’è la discussione reale. Nella prossima assemblea del coordinamento prevista per il 24 giugno a Bologna di questa cosa ne parleremo. Noi abbiamo chiesto di farla proprio il 24 per vedere cosa esce da Firenze.

C’è anche, da parte di componenti del sindacalismo di base, la tendenza a capitalizzare le lotte in termini di rappresentanza formale volta ad erodere spazi di trattativa ai sindacati confederali?
Questa è la storia antica delle varie sigle sindacali. Adesso non è per mettere sul piedistallo lo Slai Cobas, ma noi partiamo da una logica completamente diversa. Per altri l’ obiettivo è quello di arrivare al tavolo della trattativa. A noi il tavolo della trattativa non è che ci frega più di tanto, ma non perché lo rifiutiamo, come sindacato il tuo ruolo è quello di andare anche a trattare, ma un conto è se tu arrivi al tavolo della trattativa spinto dalla lotta dei lavoratori che ti dicono vai a trattare su questo, un altro conto è qualcuno che dice: “io ho tante tessere o tanti numeri” e a questo punto viene riconosciuto come interlocutore per la trattativa. Questo genera anche lo scontro fra le varie sigle sindacali. Si paga anche un po’ a livello di coordinamento nazionale questo aspetto.


Prendo spunto dal recente sgombero della palazzina occupata da rumeni in via Adda a Milano per chiederti se avete fatto qualche riflessione circa il fatto che i mezzi e il personale utilizzato per il trasporto dei rumeni sgomberati al centro di permanenza temporanea di via Corelli e all’aeroporto per l’espulsione fossero dell’ATM. In alcuni casi i vigili del fuoco, certamente più sensibili alla questione della militarizzazione, hanno manifestato il proprio rifiuto a compiere attività di questo tipo.
Noi avevamo fatto un comunicato stampa di condanna rispetto a questa cosa. Non sapevamo che avrebbero usato i mezzi dell’ATM anche se sicuramente hanno cercato gli autisti più lecchini. Il nostro settore però un passaggio di militarizzazione non l’ha ancora fatto, sicuramente i pompieri sono molto più sotto pressione per questa cosa.
Comunque un limite del sindacalismo, anche di base, è proprio quello di non avere una visione complessiva di tutti i vari problemi e la lotta diventa un po’ solo una lotta solamente sotto l’aspetto salariale, che è sicuramente un aspetto centrale visto che la questione economica è quella che ti fa girare tutta una serie di altre questioni. Però sicuramente è un grosso limite perché è anche dimostrato che quando tu riesci a portare ad una lotta dura e forte, questi ti buttano una manciata di soldi…
Noi abbiamo puntato molto sulla questione della lotta contro la legge antisciopero, la 146, però effettivamente non c’è stata nessuna risposta.
Se ti poni come sindacato di classe devi cominciare a portare all’interno dei lavoratori i discorsi che anche esulano dallo specifico aziendale altrimenti la visione diventa veramente ristretta. Su questo il sindacato di base ha delle carenza grossissime, dovrebbe riuscire a fare un salto di qualità su queste questioni.

 

Dove non arriva la repressione arrivano i confederali

Per poter usufruire della loro difesa legale, a Venezia, i confederali, hanno preteso che si firmasse questo…

Alla cortese attenzione del
Consiglio di Amministrazione A.C.T.V.

Oggetto: ricorso gerarchico

In riferimento alla Vs R.R. protocollo n………………… del ……………………… 2004, con la quale mi infliggete la sanzione disciplinare di ore n. due di multa per essere stato assente nel/i giorni di ……………….. dicembre 2003 dichiaro quanto segue:

Il giorno in questione era intervenuto un blocco del servizio per cui, nonostante mi sia presentato regolarmente al funzionario di servizio, questi non è stato in grado di fornirmi opportune istruzioni e concreta assistenza onde poter consentirmi di effettuare il programma delle corse previsto dal mio turno salvaguardando la mia incolumità fisica. Infatti nemmeno gli agenti di Polizia furono in grado di intervenire per proteggermi fisicamente salvo provocare eventuali risse, nonostante io mi sia prodigato per cercare di effettuare il mio turno.
Chiedo per tanto al C.d.A. di rivedere la punizione inflittami, anche in considerazione del fatto che tale situazione mi ha visto per la prima volta coinvolto, mio malgrado, in un frangente di questo genere senza avere la possibilità effettiva di poter reagire poiché costretto fisicamente e dagli eventi a seguire il comportamento generale, ma soprattutto a causa dell’impotenza dell’organizzazione aziendale di fronte a quella situazione di tensione, e della cattiva informazione ricevuta.
Assicuro comunque che per il futuro, dato il mio attaccamento alla missione aziendale, e all’Azienda stessa, che non permetterò che situazioni del genere interferiscano con il mio lavoro.
Nella speranza di un Vostro favorevole riscontro.

Venezia, data del protocollo.

In fede

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