SENZA CENSURA N.14
GIUGNO 2004
La Cina è vicina?
Per una sezione sull’Asia.
In questo numero di SC inizieremo una sezione sull’Asia, seguendo, nei vari
interventi che pubblicheremo sui numeri della rivista, queste due direttrici:
1) Sviluppo del capitalismo in Asia e l’emergente proletariato industriale
2) Processi di rivoluzione e resistenza in Asia.
Cercheremo di non cadere nell’errore di occidentalizzare i processi che
descriviamo. La crescita produttiva asiatica, che spaventa e alletta la
borghesia imperialista occidentale, va vista come un processo di sviluppo del
capitalismo: che si traduce in una maggiore turbolenza nell’imperialismo. Lo
sviluppo delle industrie, delle megalopoli, in Asia non sono per forza una
riproposizione di un fenomeno di 100 anni fa rispetto all’Europa. Cosi come la
costituzione in classe delle masse lavoratrici avviene seguendo tradizioni,
metodologie e problemi differenti. La rapidità dello sviluppo asiatico, il suo
essere ed essere stato in una situazione di sudditanza “colonialista”, la massa
umana che raccoglie, non hanno precedenti nella storia del mondo.
Parlare della lotta di classe in Asia vuol dire considerare mille situazioni di
resistenza nei più differenti contesti: dalle foreste e sui monti dove opera la
guerriglia nepalese e filippina, alla lotta operaia nelle grandi fabbriche
cinesi e sud coreane, con l’impiccagione dei dirigenti e crumiri sulle travi dei
capannoni. Analizzeremo l’intreccio che esiste tra la lotta antimperialista e lo
sviluppo impetuoso del capitalismo in Asia, non con gli occhi di chi vuol
giudicare, ma di chi cerca di raccontare la resistenza popolare contro
l’imperialismo.
1) Sviluppo del capitalismo
in Asia e l’emergente
proletariato industriale
Lo sviluppo impetuoso del capitalismo in Asia vede affacciarsi una nuova
oceanica fascia di operai industriali accanto a questo vi è un parallelo
processo di urbanizzazione che per dimensione e per velocità rappresenta un
cambiamento demografico senza precedenti, e sta avvenendo più rapidamente in
Asia che in ogni parte del mondo.
Due terzi della popolazione attiva nel globo risiede in Asia, e la metà è in
Cina e in India. Nei paesi industrializzati dell’Europa, del Nord America e in
Giappone ve ne è circa un quarto. Al mondo v’è ancora quasi la metà degli attivi
(praticamente tutti non salariati) nelle campagne; e sono le campagne dell’Asia,
della Cina e dell’Africa, dove l’espulsione dei contadini, le migrazioni verso
le zone industriali e la formazione di lavoro salariato, pur di dimensioni già
grandi (si pensi ai 150 milioni della Cina), sono appena agli inizi. Se
osserviamo tuttavia le percentuali di crescita annue possiamo affermare che tra
brevissimo tempo Cina, India e Sud est asiatico avranno la più imponente massa
di lavoratori salariati al mondo. Lo sviluppo industriale che l’occidente ha
prodotto in quasi 100 anni, in Asia si sta manifestando nell’arco di 10.
L’incremento della popolazione attiva in Cina ha un tasso di crescita di circa
10 milioni l’anno, e in particolare nei lavoratori dell’industria (dai 2-4
milioni in più ogni anno).
All’inizio degli anni 50 la popolazione attiva nel mondo contava poco più di un
miliardo di uomini: adesso abbiamo superato i due miliardi e mezzo. E quella
industriale che era intorno ai 200 milioni , è oggi superiore al mezzo miliardo.
Con un ritmo molto minore è cresciuta la forza lavoro agricola, passata da 700
milioni a un miliardo e cento milioni. L’Asia è il continente che maggiormente
ha prodotto questi cambiamenti, che possono essere sintetizzati nello specifico
asiatico nei seguenti punti (qui si considera anche il Giappone e la Corea del
Sud):
- forte crescita della popolazione attiva
- altrettanto consistente incremento di quella dedita ad attività industriali
(in maggioranza sono salariati);
- lieve aumento-che si traduce quindi in calo relativo rispetto ai lavoratori
dell’industria- di quella occupata nelle campagne, che scende dal 89 al 52% del
totale e che è in maggioranza composta da lavoratori indipendenti e da
collaboratori famigliari
- sviluppo delle aree urbane
Questi tumultuosi cambiamenti hanno prodotto maggiori contraddizioni quali un
aumento della migrazione interna (dalle campagne verso la città) e una
extra-nazionale. Dall’abbandono delle zone ad ovest della Cina per la costa ad
est, linea produttiva della Cina, alla costituzione di megalopoli in India (vi
sono città passate in pochissimi anni, da 100.000 a due milioni e mezzo di
abitanti),
cosi come il forte aumento del lavoro dei minori. Le nazioni che ricorrono
maggiormente in Asia al lavoro minorile sono l’India dove vi sono più di 11
milioni di bambine e bambini fra i 5 e 14 anni (il 5% della relativa fascia di
età), il Bangladesh con un tasso d’attività del 33% nella fascia tra i 10 e 14
anni (ben 6 milioni, un decimo della forza-lavoro totale), il Pakistan (2
milioni, tasso del 12%).
L’importanza attuale o in prospettiva per le nazioni asiatiche legate alla
produzione a al mercato sono enormi. L’incapacità e l’inferiorità geo-politica
degli stati emergenti (se si esclude la Cina) sono dovute a decenni di
sottomissione forzata all’imperialismo occidentale. Il dibattito sull’atomica
tra India e Pakistan, e le relative preoccupazioni occidentali, se paragonati
agli arsenali statunitensi, inglesi, russi e francesi risultano ridicoli. La
borghesia asiatica (compresa quella cinese) è stata storicamente incapace di
erigersi a dirigente reale dei processi di liberazione, schiava così come in
passato dell’imperialismo, non rappresenta attualmente una minaccia per gli
interessi imperialisti USA. La stessa Cina, pur rappresentando una forte massa
d’urto, non è capace di agire in modo cosi spregiudicato come gli USA nel suo
stesso continente.
2) Processi di rivoluzione
e resistenza in Asia
Da un punto di vista storico il continente asiatico ha visto, dopo la
rivoluzione bolscevica, la seconda grande rivoluzione popolare nel mondo quella
cinese diretta da Mao, la lotta anticoloniale e per il socialismo in Viet-nam,
Cambogia e Corea. Attualmente molte di quelle esperienze si sono arenate o sono
finite, l’unica che tenacemente resiste e con orgoglio si batte per
l’indipendenza totale del paese è la Corea del Nord, divisa in due dagli USA sul
ben noto 38° parallelo.
Attualmente vi sono paesi dove si sono aperti veri e propri processi
rivoluzionari. In Nepal l’esercito popolare diretto dal partito comunista ha
liberato intere zone del paese, e cerca di sperimentare sul modello maoista
comuni di nuova democrazia. L’esperienza nepalese ricorda per molti versi quella
del partito comunista peruviano-Sendero Luminoso e molto spesso nei bollettini e
giornali del partito compaiono interviste e documenti dell’organizzazione
peruviana (1).
Sono presenti anche in India, Bangladesh e nelle Filippine grandi partiti
comunisti che sviluppano la guerriglia. Nelle filippine il partito comunista è
da oltre 30 anni che combatte contro il regime, attraverso un’organizzazione
guerrigliera: Bagong Hukbong Bayan. Inoltre è presente una associazione legale
denominata Fronte Nazionale Democratico delle Filippine. Tutte queste formazioni
hanno obiettivi minimi, inseriti dentro un processo rivoluzionario più generale.
Se nel Nepal i compagni chiedono una repubblica costituzionale (in Nepal c’è un
regime monarchico dittatoriale), nelle Filippine e in India si chiede al regime
una riforma agraria. Questi obiettivi acquisiscono un importanza rivoluzionaria
per le implicazioni politiche che assumono nei rispettivi paesi, inoltre sono un
passaggio obbligato per il movimento comunista, per fare avanzare una coscienza
di classe nelle masse che sperimentano nella guerriglia e nelle zone rosse
liberate una forma di nuovo potere.
Nel recente incontro internazionale a Mumbai in India, queste organizzazioni
hanno organizzato il meeting alternativo al Social Forum Mondiale, denominandolo
Mumbai Resistence (2). Le delegazioni politiche e sindacali presenti a questo
incontro alternativo sono state superiori a quelle del meeting ufficiale. La
stampa e i mezzi di informazione alternativi in occidente non si sono capacitati
di questo fenomeno e di come tuttora Mao e il maoismo siano popolari in Asia. Se
avessero abbandonato i classici pregiudizi occidentali avrebbero sicuramente
capito che per i popoli asiatici l’esperienza cinese ha rappresentato la più
importante lotta contro l’imperialismo e una forma di riscatto dal colonialismo
subito. In India, dove la sinistra è al governo, con un partito comunista
revisionista, non è mutato l’atteggiamento delle formazioni comuniste
rivoluzionarie che continuano la lotta armata. Esiste una notevole produzione
teorica da parte della sinistra rivoluzionaria indiana, segnaliamo l’ottima
rivista (in lingua inglese): People’s March, rivista teorica vicina alle
posizioni del partito comunista indiano marxista leninista-guerra di popolo (3).
Il partito comunista delle filippine e quello nepalese sono inseriti dentro la
lista nera “terroristica” stilata dagli Usa, che aiuta i regimi a combattere la
guerriglia comunista attraverso mercenari e insegnanti di antiguerriglia.
Vi è molta attenzione in occidente in alcune aree della sinistra antagonista a
queste formazioni, tuttavia proprio per la loro collocazione in zone rurali
risulta difficile ipotizzare un’esportazione del loro metodo organizzativo. Lo
schema è quello della campagna che accerchia la città, attraverso un esercito
popolare diretto dal partito.. E’ importante dare voce a queste formazioni, che
lottano con ogni mezzo necessario contro l’imperialismo, che portano avanti un
programma comunista, l’appoggio è incondizionato, ma automaticamente cercare di
ricreare artificialmente un simile schema organizzativo nella metropoli
imperialista ci sembra un’ennesima forma di esotismo politico, tara comune a
molti settori della sinistra antagonista italiana.
In Cina e in Corea del Sud, pur essendo due realtà molto differenti tra loro, vi
è una parallela resistenza operaia di notevole intensità. Scandalizzato, un
giornalista del Sole 24 Ore riportava in un articolo di qualche mese l’esistenza
di un gioco che i bambini del nord della Cina fanno abitualmente: “Kill the
boss”, riproponendo in modo farsesco quello che i loro genitori facevano
realmente. Vi è stato un numero altissimo di dirigenti, capi reparto, sindaci
uccisi dagli operai in modo spontaneo nelle lotte di protesta contro le disumane
condizioni di lavoro.
In Corea del Sud le lotte operaie sono continue, e spesso vi è una
sovrapposizione nelle rivendicazioni operaie alle rivendicazioni di piena
indipendenza e di riunificazione della Corea, in quanto tuttora le truppe
statunitensi sono presenti in modo massiccio.
Vi è in fine la questione islamica, che trova in numerosi paesi, primi fra
tutti, l’India, l’Indonesia e le Filippine formazioni combattenti confessionali.
Il movimento comunista asiatico ha tessuto alterni rapporti con l’islam
politico. Fin dal II congresso dell’Internazionale Comunista (15 dicembre 1920)
molteplici delegazioni di comunisti asiatici si fecero partigiani della tesi
leninista che considera la rivoluzione in Asia come momento
dell’internazionalismo antimperialista. Il dibattito vivace vedrà nel delegato
indiano M.N. Roy, la punta più avanzata rispetto alla collaborazione tra
comunisti e nazionalisti islamici (4). La collaborazione tra il movimento comunista
e le forze islamiche è stata alterna, e non priva di sanguinose tensioni in
alcuni casi, tuttavia la questione identitaria dell’islam in Asia rappresenta un
elemento centrale per ogni prospettiva di resistenza antimperialista di massa.
Riportiamo nella serie dei materiali sull’Asia un documento di gruppi islamici
partecipanti all’incontro alternativo di Mumbai, dove è interessante notare come
la possibile collaborazione in chiave antimperialista è posta dagli stessi
islamici.
Note:
1) La rivoluzione sul tetto del Mondo, uno sguardo sugli otto anni di Guerra
popolare, Li Honesto, Revolutionary Workers n.1230, 22 febbraio 2004, tradotto
sul Bollettino di informazione antimperialista, aprile-marzo 2004. Intervista a
Prachanda, segretario del partito comunista del nepal (maoista), quaderni di
Rivoluzione.
2) la dichiarazione finale si può trovare sul Bollettino di informazione
antimperialista, aprile-maggio 2004
3) www.peoplesmarch.com
4) Alessadro Aruffo, Il mondo islamico, movimenti, Stati e rivoluzioni da
Maometto ad oggi, Datanews.
Siti utilizzati:
www.peoplesmarch.com
Organizzazioni islamiche in solidarietà con Mumbai Resistance 2004
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Resistere all’intensificazione dell’oppressione dei mussulmani
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