SENZA CENSURA N.14

GIUGNO 2004

 

Editoriale

 

“Un popolo che vuole conquistare la sua indipendenza non può limitarsi ai mezzi ordinari di guerra. L’insurrezione in massa, la guerra rivoluzionaria e soprattutto la guerriglia dovunque, questi sono i mezzi che permettono ad un piccolo popolo di aver ragione di uno grande, è solo così che un esercito più debole può far fronte ad un esercito più forte e meglio organizzato”
Marx ed Engels, Neue Reinische Zeitung

Dalla pubblicazione dell’ultimo numero di Senza Censura lo spettacolo della politica messo in scena dalla Borghesia Imperialista ed i suoi alleati si è arricchito di una nutrita serie di tragiche “novità”, eventi “inaspettati” ed inevitabili appuntamenti “mancati”.
Così ad esempio, e per iniziativa dello stesso regista, gli spettatori della pubblica opinione internazionale hanno “scoperto” che gli eserciti di occupazione si comportano da occupanti e spesso ricorrono ad “armamentari” poco convenzionali per mantenere soggiogati gli occupati!
Brevemente, due esempi: la questione delle torture e quella delle truppe occupanti “irregolari” in Iraq. E’ evidente come entrambe le questioni siano state sollevate dai Governi dei Paesi occupanti (“spontaneamente” o perché costretti dall’azione della resistenza irakena) per favorire un intervento “comune e condiviso” delle Potenze democratiche e per ricondurre il processo di occupazione/ricostruzione dell’Iraq nell’alveo di politiche di intervento “umanitarie e democraticamente corrette”.
Tuttavia, sotto un diverso profilo, questi “eventi eccezionali” agitati dalla propaganda della Borghesia Imperialista e dei suoi alleati servono proprio a nascondere il carattere naturalmente terroristico delle guerre di aggressione imperialista (specie di quelle più recenti). Tanto per essere chiari: nelle recenti guerre balcaniche gli eserciti occupanti hanno limitato i “trattamenti inumani” dei prigionieri semplicemente perché avevano degli “ascari” locali a cui delegarli; ma nella “piccola guerra” afgana o in quella contro l’Iraq il “principio giuridico” agito dalle Potenze democratiche era ed è sempre stato lo stesso: ai combattenti della resistenza, a Guantanamo o in qualsiasi altro luogo del mondo, non si applicano le convenzioni internazionali sui prigionieri di guerra perché non sono dei militari di eserciti “convenzionali” (esattamente lo stesso “principio” per cui nei lager nazisti non si applicavano queste convenzioni ai resistenti dei diversi Paesi d’Europa o ai soldati della Russia Sovietica - Stato non firmatario della Convenzione di Ginevra).
E ciò anche a tacere le ripetute stragi di civili, magari festanti - come le decine di invitati ad una cerimonia nuziale recentemente trucidati dall’aviazione alleata in Iraq, operate da un non meglio precisato “fuoco amico”.
Così come, la massiccia presenza di mercenari irregolari tra le truppe di occupazione (già tristemente nota ai popoli della Jugoslavia) è la diretta conseguenza dell’accentuato carattere di guerra di rapina imperialista degli interventi bellici seguiti alla fine del cosiddetto mondo bipolare e che hanno visto una immediata e diretta presenza di “personale civile” già durante l’esecuzione delle operazioni belliche di occupazione del territorio “da pacificare”.
E ovviamente il “clima” creato dalla propaganda neomilitarista delle Potenze democratiche per “assolvere preventivamente” le proprie iniziative criminali nei confronti di interi popoli del pianeta sotto la bandiera della “guerra mondiale al terrorismo” serve ed ha delle dirette ricadute sugli stessi “fronti interni” delle Borghesie Imperialiste dei diversi Paesi. E’ nota, per fare un esempio, la vergognosa vicenda del dibattito parlamentare che ha caratterizzato in Italia l’iter legislativo relativo all’introduzione del reato di “tortura” e che si è incaricato di cristallizzare in forme giuridiche definite i rapporti di forza “militari” stabiliti sul campo dagli apparati repressivi dello Stato nel premeditato e criminale intervento contro i manifestanti di Genova nel luglio del 2001.
Il 9 giugno scorso poi, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU (in barba alle pie aspirazioni democratiche della sinistra borghese) ha fornito l’ultima concreta applicazione del “nuovo concetto strategico” elaborato in sede NATO con l’approvazione all’unanimità - in tempi utili per lo svolgimento del G8 a Sea Island (8-10 giugno 2004) - della risoluzione n° 1546.
In base a questa risoluzione le truppe di occupazione sono autorizzate a restare sul territorio irakeno fino al 2006 in piena autonomia di comando; l’amministrazione locale viene trasferita ad un governo fantoccio (presieduto da un ex-dirigente baathista ed agente della CIA e dell’MI6 britannico) il 30 giugno 2004; ma lo “strumento-chiave” del processo di “pacificazione” viene individuato in un nuovo organismo che verrà insiedato a Baghdad: il “Comitato ministeriale per la sicurezza nazionale”, dove lavoreranno insieme i vertici del governo iracheno, delle forze di polizia dell’Iraq, dell’intelligence di Baghdad e il comando anglo-americano.
L’iniziativa, come è noto, era stata preceduta dalla visita ai Capi di Stato e di Governo alleati da parte del Presidente Federale USA ed era finalizzata a favorire un tavolo di trattativa tra le Potenze democratiche sulle concrete modalità di realizzazione della politica di costituzione di un Grande Medio Oriente sostenuta da Bush: un piano di riforme democratiche ed economiche che va dalla Mauritania al Pakistan (come recita la propaganda della Borghesia Imperialista).
Un’iniziativa politica che, nello stesso tempo, viene pressoché universalmente riconosciuta come strumento di contenimento del processo di costituzione della Grande Europa o Europa Allargata e che sembrerebbe confermata dalle conclusioni dello stesso G8.
In particolare: in primo luogo la Russia, anche se ha dichiarato di sostenere in via di principio l’iniziativa, non parteciperà per il momento al fondo per il Grande Medio Oriente; in secondo luogo, l’originario progetto di dichiarazione sul Grande Medio Oriente si è “ridotto” alla pubblicazione di un documento politico comune, intitolato “Partnership per il progresso e un comune futuro nella regione del Medio Oriente allargato e del Nordafrica”, e di un piano d’azione del G8 a sostegno delle riforme articolato in sette punti; in terzo luogo e soprattutto, non è stato ufficialmente accolto il principio di sostituire le truppe alleate con truppe NATO, così come auspicato dall’Amministrazione USA e della Gran Bretagna.
Ma, come Senza Censura si sforza di ribadire ormai da anni, è proprio un’istituzione multinazionale quale la NATO a proporsi come principale stanza di compensazione degli interessi generali della Borghesia Imperialista e quale più efficace strumento di anticipazione delle sue strategie ed iniziative politiche su scala globale.
Ora, malgrado le azioni umane diano spesso luogo a risultati non voluti, le teorie che sottolineano in queste vicende il potenziale conflitto interimperialista tra le due sponde dell’atlantico non considerano che, di fatto ed esclusa la Francia, le principali forze armate della NATO sono già impegnate da un anno sul fronte irakeno e che un coinvolgimento in tal senso di altri Paesi comporta soluzioni finanziare e “tecniche” di non facile ed immediata soluzione. Inoltre, da questo punto di vista, non può non rilevarsi la preordinata coincidenza temporale fra il previsto passaggio della “sovranità” al governo fantoccio irakeno e l’apertura del prossimo Vertice NATO ad Istanbul (sede in cui, probabilmente, si definiranno i dettagli di eventuali nuovi impegni).
Intanto la guerra continua e con essa continua quell’oggettivo processo di accumulazione di forze e di esperienze di lungo periodo e nel campo proletario, sia sul fronte esterno che su quello interno, che Senza Censura si era sforzata di sottolineare già nell’ottobre 2001 (cfr. Senza censura n. 6).
Sotto questo aspetto, la stessa manifestazione di Roma del 4 giugno scorso, malgrado gli imbelli “cappelli politici” di improbabili leaders pacifisti, testimonia la crescente consistenza numerica del movimento contro la guerra, il militarismo e l’Europa Potenza.
Sicché, invece di continuare a “stupirsi ed indignarsi” di fronte a simili avvenimenti (esercizio moralistico di riformisti vecchi e nuovi), si conferma la necessità e l’urgenza di una più esatta comprensione della profondità del processo storico di riallineamento delle gerarchie del sistema degli Stati imperialisti e delle sue concrete ricadute, sul piano della lotta di classe, nei diversi poli imperialisti e nella cosiddetta periferia nella prospettiva della riconquista dell’autonomia proletaria e dei suoi percorsi di liberazione.



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