Riforma del mercato del lavoro in Germania
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La riforma del mercato del lavoro in Germania è
parte di un processo che interessa tutti i paesi del polo imperialista
europeo in formazione. Abbiamo cercato di fornire un breve quadro delle
manovre governative in una delle nazioni punto di riferimento. Alleghiamo
poi tre brevi scritti come approccio di ricerca di un punto di vista della
sinistra di classe: i primi due provengono dalla sinistra autonoma dell'area
di Berlino, mentre il terzo è un'intervista fatta ad un compagno
comunista.
In Germania è stata fino ad ora dominante una
concezione del mercato del lavoro caratterizzata da una forte densità
legislativa con un ruolo importante dato alla contrattazione sia a livello
nazionale che di settore ed una rilevante incidenza dello stato sociale.
E' questa una delle due linee principali che si confrontano oggi nel polo
imperialista europeo in formazione sulla concezione del mercato del lavoro:
quella di concezione socialdemocratica, che ha appunto come riferimento
l'economia tedesca, e quella del liberalismo economico. La differenza
fra le due visioni non sta essenzialmente negli scopi, ma nei mezzi da
mettere in pratica per ottenerli. Ma anche in questo paese le cose stanno
cambiando e punto di riferimento come per ogni nazione diventa sempre
più la forma di regolamentazione di tipico stampo liberista che
esiste negli USA. In un capitolo dell'outlook di primavera del Fmi si
consiglia una "cura" Usa per il lavoro Ue. Se il mercato del
lavoro europeo riuscisse a convergere verso gli standard di competitività
di quello Usa la disoccupazione all'interno di Eurolandia diminuirebbe
e l'effetto benefico dell'adozione di un mercato all'americana si farebbe
sentire anche sul Pil, sul livello dei consumi e degli investimenti. E
se accanto alla flessibilità e alla competitività del mercato
del lavoro, si riuscisse a ottenere anche una maggiore concorrenzialità
del mercato dei prodotti, il guadagno in termini di maggior prodotto aumenterebbe.
In un economia mondiale caratterizzata dalla stagnazione e dalla recessione
l'indice su cui tutti i paesi puntano è quello dell'abbassamento
del costo del lavoro e del taglio dello stato sociale. Anche in Germania,
la più forte economia d'Europa, la crisi si fa sentire. Il Fondo
monetario internazionale a fine aprile ribadiva che la crisi economica
tedesca è grave e l'elevato costo del lavoro ne è una delle
cause. Per il secondo anno consecutivo si avrà nel 2003 un deficit
di bilancio in rapporto al Pil superiore al 3% previsto dal Patto di stabilità
dell'Euro, con una crescita del prodotto interno lordo praticamente zero.
Nello stesso tempo si assiste ad un costante incremento della disoccupazione
che nelle previsioni arriverà entro la fine dell'anno alla soglia
dei 5 milioni di senza lavoro con una contemporanea esplosione dei costi
del Welfare. E' di fronte a tale situazione che le risposte, come accade
in tutti i paesi a capitalismo avanzato, sono quelle indicate dagli organismi
internazionali (FMI, Banca Mondiale, OCSE), cioè flessibilità
del lavoro su tutti i fronti (salario, orario, contratti), riduzione netta
degli ammortizzatori sociali e privatizzazione dei sistemi pensionistici.
In Germania si è assistito ad un patto sociale interno ai rapporti
capitalistici che ha permesso all'economia tedesca di divenire una delle
principali economie a livello mondiale e la necessità delle riforme
diventa oggi terreno di forti contraddizioni e di resistenze anche all'interno
delle forze socialdemocratiche. E' dal 1948 che prese il via un'economia
sociale di mercato che dopo 60 anni continua ad essere pilastro della
società tedesca. La soziale Marktwirtschaft è la perenne
ricerca di un equilibrio tra le forze del mercato e il ruolo regolatore
dello Stato e nella quale vengono premiati l'individualismo, la solidarietà
e la sussidiarietà. Con la vittoria dei democristiani nelle elezioni
del dopo guerra, favorevoli all'economia di mercato, ha preso piede il
miracolo economico che consentì alla Germania di diventare la terza
potenza economica mondiale e si definirono le regole dell'economia sociale
di mercato la cui idea principale è che il mercato per funzionare
correttamente ha bisogno di un quadro di norme entro il quale agire liberamente.
Lo Stato divenne attraverso il Welfare State un cuscinetto sociale con
un ampia presenza nell'economia: nel 1969 il Governo era proprietario
in 650 aziende di quote di capitale di almeno il 25%. Questa tendenza
andò aumentando con la nascita della grosse Koalition tra Spd e
Cdu a partire dagli anni '60, arrivando agli inizi degli anni '80 dove
il settore pubblico rappresentava oltre il 50% dell'economia. In seguito
la spesa statale salì di nuovo con l'unificazione del 1990. "Ma
la perdurante stagnazione degli ultimi anni ha messo in discussione il
modello tedesco di politica economica. L'equilibrio tra la forza del mercato
e il ruolo dello stato è saltato: la mano pubblica ha assunto progressivamente
un peso eccessivo, rendendo l'economia sempre meno competitiva, sempre
meno flessibile, sempre meno liberale". Così si esprime Hans
Tietmeyer, ex presidente della Bundesbank ed ora presidente di una fondazione
che propone una nuova politica economica nella quale il peso dello Stato
verrebbe ridotto; una politica dell'occupazione basata non tanto sui sussidi
di disoccupazione, quanto sugli aiuti finanziari per la riconversione
professionale; una politica sociale che premi l'individualismo e la responsabilità
piuttosto che la semplice solidarietà; una politica di contrattazione
collettiva fondata sulla flessibilità; e una nuova politica dell'istruzione.
Questa fondazione "Initiative neue soziale Marktwirtschaft"
raggruppa uomini politici di entrambi gli schieramenti: nel consiglio
di amministrazione siedono sia l'attuale ministro dell'Economia e del
Lavoro, il socialdemocratico W. Clement, che il premier cristiano-sociale
della Baviera E. Stoiber.
Da mesi ormai la Germania in crisi discute animatamente di una riforma
del modello economico ed il governo ha preso posizione lanciando una serie
di iniziative.
Verso la fine del 2002 il governo dà l'incarico ad una commissione
alla cui testa mise il capo del personale VolksWagen (Vw) Peter Hartz
di preparare una possibile riforma del mercato del lavoro. In tal modo
l'intero piano ha assunto il suo nome e fungerà da piattaforma
da tradurre successivamente nelle leggi per regolare il mercato del lavoro
nei prossimi anni nella Rft.
I principali strumenti che vengono proposti sono: 1) La creazione di "agenzie
di personal service", aggregate a ogni Ufficio del lavoro, a cui
assegnare il servizio di collocamento dei senza lavoro e che opereranno
come vere e proprie agenzie di lavoro temporaneo. 2) Lo sviluppo di un
sistema di segnalazione tempestiva delle oscillazioni occupazionali in
ogni singola impresa. 3) L'offerta di incentivi, come per esempio la riduzione
degli oneri sociali ai datori di lavoro, che eviteranno di procedere a
licenziamenti. 4) La riduzione del sussidio per coloro che, dopo un periodo
di disoccupazione - che può andare dai tre ai sei mesi - non accettassero
un'offerta di lavoro presentata dalle agenzie incaricate. Inoltre si tenderà
ad una semplificazione del calcolo del sussidio, passando da un sistema
individuale all'introduzione di un sistema forfettario su tre livelli.
5) Lo stesso sussidio di disoccupazione sarà garantito solo per
un più ridotto periodo di tempo rispetto a quello attuale, per
essere poi sostituito dall'"aiuto sociale". 6) La fusione degli
Uffici del lavoro e di assistenza nella struttura dei Job Center. 7) L'allargamento
del lavoro autonomo, quale sostegno per combattere l'occupazione illegale
(lavoro nero). 8) L'introduzione di nuove regole nei confronti della "accettabilità"
del posto di lavoro offerto. Queste regole hanno lo scopo di spingere
i disoccupati giovani ad accettare una maggiore mobilità geografica
e lavori che prevedono anche una retribuzione ridotta. In generale sarà
il disoccupato a dover dimostrare che il posto di lavoro che gli viene
offerto non è accettabile, mentre prima era il contrario.
Peter Hartz è capo del personale alla Vw ed è stato uno
degli artefici, a metà degli anni '90, della turnazione in Vw con
riduzione dell'orario a 28 ore con relativa riduzione salariale, ma senza
nessun licenziamento. Questa operazione era stata pianificata dalla multinazionale
dell'auto insieme al sindacato Ig Metall. Dunque Hartz non solo conosce
la materia, ma è in grado di affrontarla alla maniera "codeterminata",
mediata, limitando così i colpi repentini e grossi, cercando insomma
sempre di accordare la classe operaia al capitale e viceversa, ma tutto
questo nella prevalenza del capitale. Il rapporto che prende il suo nome
rientra appieno in questo approccio. Obiettivo dichiarato di questo piano
è riuscire a dimezzare la disoccupazione creando nuove possibilità
occupazionali e una maggiore flessibilità in modo da avviare quelle
riforme strutturali che consentiranno alla Germania di "costruire
una base più solida e durevole per la crescita e l'occupazione";
obiettivi che si possono raggiungere grazie "alla riconfigurazione
degli orari di lavoro, la promozione di attività autonome e il
riordino del lavoro precario".
Si tratta per l'attuale governo della più grande riforma del mercato
del lavoro nella storia della Repubblica. Il progetto per la riconversione
in legge di alcune sezioni del rapporto della "commissione Hartz"
è diviso in due parti. La prima prevede la riforma della formazione
professionale e l'allargamento del numero delle imprese di lavoro interinale.
La seconda riguarda l'introduzione di "mini jobs" per servizi
di assistenza familiare, la promozione di imprese individuali create da
disoccupati e condizioni più flessibili per l'uscita dal mercato
del lavoro dei lavoratori anziani. Viene stabilito che i lavoratori appena
licenziati debbano segnalare immediatamente all'Ufficio del lavoro il
loro stato di disoccupazione pena la riduzione dell'indennità di
disoccupazione (tra i 7 e i 50 euro a seconda dell'ammontare del sussidio).
Inoltre sono obbligati, durante il periodo in cui sono ancora nella vecchia
azienda, di farsi parte attiva nella ricerca di un nuovo posto.
Gli Uffici del lavoro sono sollecitati a istituire Agenzie di Personal
Service (Aps) che, in collaborazione con aziende di lavoro temporaneo
già esistenti, o in assenza di queste fondando imprese proprie,
dovranno collocare i disoccupati di lungo periodo. La retribuzione e l'orario
di lavoro degli occupati nelle Aps si orienteranno alle condizioni vigenti
nell'azienda in cui lavoreranno. L'intenzione è di collegare a
ognuno dei 181 Uffici del lavoro sparsi nel paese un'agenzia di lavoro
interinale allo scopo di "parcheggiarvi" i disoccupati per il
minor tempo possibile.
La prima agenzia è stata inaugurata a Duisburg. E' stato sottoscritto
un accordo tra l'Ufficio del lavoro e la società privata di lavoro
temporaneo Start (fondata nel 1995 su iniziativa del governo regionale,
dei sindacati e delle organizzazioni padronali) che prevede che l'ente
pubblico invii disoccupati alla Start pagando un contributo salariale
decrescente a seconda del tipo di "senza lavoro". In caso di
collocamento successivo stabile, Start otterrà un premio supplementare
fino a un massimo di 2.500 euro a persona. L'atteggiamento sindacale rispetto
a questa prima applicazione non è stato univoco. Dgb (confederazione
sindacale a cui fanno capo otto organizzazioni) aveva valutato abbastanza
positivamente l'iniziativa chiedendo però che nel futuro valgano
per gli interinali gli stessi salari pagati nell'azienda che li occupa;
Ver.di (il sindacato dei servizi) è stato più critico chiedendo
per gli interinali una retribuzione autonoma, evidenziando che l'occupazione
presso la Start è garantita per un solo anno e che la retribuzione
di base viene fissata arbitrariamente dell'azienda. Occorre precisare
come il lavoro temporaneo in Germania sia una palude con migliaia di piccole
agenzie di intermediazione che non pagano tasse né contributi,
non osservano la normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro
e pagano ben al di sotto di quanto prevedano i contratti collettivi. In
Germania orientale la paga di un manovale spesso non supera i 4,50 Euro
l'ora e un operaio specializzato temporaneo guadagna fino al 30 per cento
in meno rispetto a chi è impiegato in pianta stabile. Così
ad esempio i grandi gruppi industriali risparmiano occupando personale
provvisorio o mediatori assumono addetti nei Lander orientali per "affittarli",
coi più bassi salari dell'est, a committenti che così si
aggiudicano appalti a ovest.
Oltre alle agenzie va segnalata l'introduzione di un programma promozionale
dell'Istituto di credito per la ricostruzione (Kfw). Si tratta di concessioni
di crediti a condizioni agevolate a piccole e medie imprese per incentivare
l'occupazione (100 mila euro di prestito per ogni disoccupato assunto).
Tale programma viene denominato "Capitale per il lavoro" ed
è una forma utilizzata principalmente per combattere l'occupazione
"illegale" che negli ultimi 12 anni è cresciuta di quasi
il 40 per cento, interessando una produzione di merci di circa 350 miliardi
di euro, circa il 16,5 per cento del Pil. Altra misura inserita nel pacchetto
Hartz diventata dal 1 gennaio 2003 norma di legge e con lo scopo di promuovere
l'avviamento di attività imprenditoriali individuali da parte dei
senza lavoro è la "Ich-Ag" (considerato l'obbrobrio linguistico
dell'anno: Ag sta per "Spa" e Ich per "Io"). I futuri
"imprenditori" potranno usufruire di sovvenzionamenti e di agevolazioni
fiscali. I disoccupati che osano la strada dell'autonomia imprenditoriale
e fondano l'Io-spa, fino ad un limite di guadagno annuale di 25.000 euro
devono versare soltanto un imposta forfettaria del 10% e ricevono supplementi
sui contributi previdenziali. Queste regole valgono per i primi 3 anni
di lavoro autonomo. Chi già riceve il sussidio o l'indennità
di disoccupazione dovrà soltanto avanzare domanda e dichiarare
un mestiere o un attività professionale per ricevere una sovvenzione
esentasse di 600 euro al mese per il primo anno, 360 nel secondo e 240
nel terzo. Il motto del governo è: chi è disoccupato può
rendersi autonomo.
Questo piano di lavoro, drastico piano di riforme economico-sociali, è
stato ribadito dal Cancelliere Schroeder nel documento programmatico "Agenda
2010" presentato il 14 marzo scorso al Bundestag. Questa proposta
ha ricevuto segnali positivi da parte dei partiti di opposizione (centro
destra) e dal padronato mentre qualche ostacolo viene posto dalla sinistra
sindacale del suo gruppo parlamentare socialdemocratico in cui circa il
75% dei suoi 251 membri è sindacalmente impegnato. Un esempio di
questi contrasti sono state le celebrazioni del 1 maggio che per decenni
hanno rafforzato i legami tra i capi sindacali e i leader socialdemocratici,
mentre quest'anno, invece, Schroeder è stato fischiato in occasione
di un raduno nei pressi di Francoforte.
Occorre anche dire che negli ultimi tempi il grande sindacato tedesco
tende verso una funzione per alcuni aspetti politica, con mire più
ampie rispetto alle tradizionali rivendicazioni sindacali; nel senso che
il sindacato sarebbe propenso ad avocare a sé la funzione di una
generale rappresentanza degli interessi delle categorie lavoratrici, svolgendo
la funzione di un partito. E' comunque in corso un forte lavoro di mediazione
tra le parti sociali, che vede protagonista il "superministro"
Wolfgang Clement (al quale é stata assegnata la guida congiunta
del dicastero federale dell'economia e di quello del lavoro).
Il ministro ribadisce la assoluta necessità di grandi riforme come
unica possibilità di uscita dalla crisi e di rimessa nella produzione
dei 7 milioni di tedeschi ora disoccupati o semidisoccupati. Questo per
Clement serve anche per evitare che la Germania debba continuare a sopportare
un mercato del lavoro che assorbe la quota più alta di entrate
tributarie rispetto agli altri paesi industrializzati.
Lo stesso indica quali potranno essere le riforme più difficili
da attuare: l'attenuazione sulla norma sul "Kundigungsschutz"
(analoga a quella del nostro art.18) che riguarda le piccole imprese con
cinque dipendenti, le quali potranno assumere e licenziare senza limiti
d'organico, in deroga alla norma di tutela; la riduzione a 18 mesi del
pagamento dell'indennità di disoccupazione in modo che il fenomeno
non diventi una comoda abitudine; la limitazione al vincolo del "Meisterbrief",
cioè del diploma di professionalità necessario per esercitare
un lavoro autonomo o per addestrare i tirocinanti; la soppressione del
sussidio per malattia che comporta un calo dei contributi malattia dal
14,3 al 13%, per consentire al lavoratore la stipula di una corrispondente
assicurazione privata.
Inutile dire che tutte queste riforme stentano a decollare ed a dimostrarsi
efficaci. Nel frattempo la situazione di crisi economica diventa sempre
più evidente e guardando all'anno passato la realtà delle
cifre parla delle seguenti perdite di lavoro: alla Siemens meno 20 mila,
alla Hypovereinsbank meno 10 mila, alla Deutsche Bank meno 8 mila, nel
settore edilizio circa 100 mila lavoratori in meno e anche nello Stato
si cancellano posti di lavoro nella scuola, negli asili nido e così
via. La presunta rigidità del mercato del lavoro sempre sottolineata
dalle organizzazioni padronali è solo un luogo comune. L'aumento
del numero di disoccupati in questi mesi, avvenuto così rapidamente,
dimostra che il mercato non è affatto rigido, che esiste un ricorso
crescente ai contratti a tempo determinato per assumere nuovo personale,
che questo tipo di rapporto di lavoro interessa ormai un occupato su cinque
sotto i trent'anni. La nuova normativa prevede che per tali contratti
la durata massima di due anni possa essere prolungata se sussiste un motivo
oggettivo o se lo prevede il contratto collettivo e che l'occupazione
a tempo determinato per le persone con più di 58 anni possa costituire
la regola, a prescindere dalle motivazioni e senza i limiti di tempo.
"Il governo federale ha capito quanto siano
urgenti le riforme. Ci si augura che alle buone intenzioni seguano i fatti"
Michael Rogowski, presidente della Confindustria tedesca.
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