Appello
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Il detenuto tunisino Jelassi Riadh, in carcere dal giugno 2001 nell'ambito delle "indagini" contro cittadini arabi accusati di appartenere alla rete di appoggio di Al Qaeda, si trova detenuto qui a Spoleto da un anno, nella sezione EIV, il potere giudiziario (Corte di appello di Milano, IVa sezione) gli ha negato il gratuito patrocinio per il difensore, l'avv. Clementi di Milano, che ha dato la sua disposizione alla difesa. Nonostante lo abbia nominato per ben tre volte tramite la matricola, a tutt'oggi, a soli 20 giorni dal processo di appello, non hanno ancora comunicato ufficialmente al difensore la nomina, sicchè Riadh non ha potuto vederlo nei giorni scorsi quando è stato in altre carceri a vedere i suoi coimputati. E' possibile, dato che comunque Riadh farà la nomina anche in aula, che tale manovra abbia lo scopo di ottenere un rinvio dei termini a difesa per dare la possibilità di prepararla, il che significherebbe per Riadh, che a Spoleto può lavorare, dopo aver passato un terribile anno a Busto Arsizio in 41 bis, tra isolamento totale, torture psicologiche e pestaggi, una permanenza maggiore a San Vittore all'isolamento, e la probabile perdita del lavoro qui, in caso di conferma della condanna. Inoltre, Riadh, che a Spoleto ha potuto avere una corrispondenza quasi normale per alcuni mesi, da gennaio, come accade anche a me, subisce delle forti limitazioni al diritto alla corrispondenza, non ricevendo neppure le cartoline di ritorno delle raccomandate che spedisce all'avvocato difensore. Il tutto dopo un anno e mezzo di negazione del diritto a telefonare ai suoi familiari, sbloccato solo dopo uno sciopero della fame e della sete durato nemmeno una giornata. Tali tipi di limitazioni ancora applicati agli altri suoi coimputati, uno è ancora in 41 bis a Sulmona (Kammoun Mehdi) dopo 2 anni, l'altro è a Palmi (Essid Semi), nonostante le accuse non abbiano contemplato alcun tipo di reati specifici, da "spiegare" in qualche modo la "pericolosità".
La criminalizzazione dello stesso diritto di difesa, è espressione delle necessità del regime di continuare a produrre "allarmismo da guerra", e non solo da oggi (guerra contro l'Irak da parte degli USA in atto). Tale situazione ha degli effetti su di noi compagni in carcere per reati associativi e su questi proletari arabi detenuti.
Ma è soprattutto una criminalizzazione necessaria ad un progressivo restringimento delle libertà residue e dei residui diritti, che il regime, negando di essere tale, produce con una crescente paranoia.
E questo ha degli effetti anche sulla popolazione detenuta comune, bene o male zittitita ed umiliata da questa guerra imperialista dopo mesi di mobilitazioni civili in tutte le carceri e più mesi ancora di balletti politici su questo indulto mancato, inesistente, e strumento di umiliazione della popolazione carceraria.
Esprimere solidarietà ai detenuti arabi e non solo a noi prigionieri politici rivoluzionari, colpiti più o meno specificamente da mezzi di tortura tecnologici e dalla dispersione, può significare allora un elemento di coscienza per quanti lottano per diritti ancora più importanti e diffusamente negati.


Paolo Dorigo
Militante comunista prigioniero
Spoleto 31.3.2003



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