Baschi: un popolo illegale nella "democratica"
Europa
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Riportiamo di seguito una conversazione con Inaki Gil
de San Vicente, compagno della sinistra indipendentista basca, che abbiamo
avuto modo di incontrare nel suo recente giro di informazione in Italia.
Inaki, quale è la situazione attuale in Euskadi
dopo le recenti leggi che hanno permesso la messa fuori legge di gran
parte delle organizzazioni patriottiche e popolari basche?
L'obiettivo di mettere fuori legge la sinistra indipendentista basca e
le organizzazioni popolari è precedente alla costituzione della
democrazia spagnola. Dopo la fine di Franco le istituzioni democratiche
spagnole hanno fatto di tutto per impedire la partecipazione politica
dei patrioti baschi e solo nel 1987 le istituzioni giuridiche hanno dovuto
accettare l'esistenza ufficiale dei partiti indipendentisti baschi. Ma
subito dopo, con Barrio Nuevo, ex allievo di Franco, il PSOE ha tentato
continuamente di mettere fuori legge Herri Batasuna, appoggiandosi alla
lotta armata.
Adesso hanno fatto una legge, la legge dei partiti politici, appositamente
per mettere fuori legge le organizzazioni indipendentiste e popolari,
sociali e sindacali non solo del popolo basco, con l'accusa non di praticare
la lotta armata, ma di non condannarla, una sorta di silenzio sufficiente
ad un'azione penale. Si è introdotto un principio ben accetto in
Europa e ben inserito nella odierna strategia di guerra preventiva al
terrorismo, in cui la Spagna cerca di ritagliarsi un suo spazio. Il comportamento
di Aznar è tipicamente fascista: impone delle misure senza pensare
alle ragioni. Aznar sta dirigendo l'odio, che storicamente esprime la
destra spagnola, contro il popolo basco che non è stato vinto né
militarmente né politicamente. Si prova adesso con l'arma giuridica.
Quindi da una parte è fuori legge la seconda forza politica nei
Paesi Baschi ed inoltre sono fuori legge vari giornali, radio, associazioni
di difesa della lingua nazionale Euskera, associazioni di appoggio ai
prigionieri politici, ass. popolari di disoccupati, è stata messa
fuori legge tutta la società popolare basca. E questo è
ovviamente un fatto politico generale, in cui il Partito Socialista spagnolo
ha portato una solidarietà attiva.
Questo è un processo di illegalizzazione di tutto un popolo. Vorrei
fare una similitudine tra baschi e Cuba. Sono stato a Cuba prima di venire
qui, ho riconosciuto quale è il sentimento nazionale del popolo
cubano. Il castigo che sta ricevendo è per non rinunciare ad essere
cubani. Una parte dei legami che ci uniscono a Cuba è perché
noi, che abbiamo un forte senso identitario, non lo vediamo riconosciuto.
Inaki, quale credi sia il sentimento della sinistra basca
di fronte agli attacchi che gli stati occidentali hanno di recente portato
a Cuba?
Ci sono vari motivi, come dicevo, che ci legano a Cuba: la relazione storica
del processo indipendentista basco con Cuba dal 1898 quando i primi difensori
dell'indipendenza basca recapitarono un telegramma ai cubani per avere
raggiunto l'indipendenza dalla Spagna. Essi furono successivamente incarcerati.
Nel 1984, mentre i rifugiati baschi erano espulsi o non potevano fare
ritorno in Spagna ed in Francia, né erano accettati da nessun governo
a causa delle pressioni imperialiste, ci fu un accordo per cui i baschi
espulsi dallo stato spagnolo e francese poterono rifugiarsi a Cuba, e
questo ovviamente non piacque alla Spagna.
Rispetto alla situazione attuale: l'esecuzione dei tre controrivoluzionari
cubani dopo un regolare processo e le condanne di diversi servitori degli
interessi nordamericani, nonostante noi non siamo per la pena capitale
nel futuro stato basco, sappiamo che in questo contesto la situazione
di Cuba è grave ed appoggiamo Cuba, in questa fase di autodifesa
è necessario usare queste misure. Noi non rinunceremmo: se il nostro
popolo fosse in pericolo di vita o di morte faremmo lo stesso.
C'è una sorta di contratto tra Usa e Spagna, che ha l'assenso degli
Usa contro Batasuna. Aznar riceve l'appoggio in cambio della sudditanza
internazionale.
Se gli Usa possono decidere chi è illegale e chi no saranno fuorilegge
tutti in Europa tranne Berlusconi, Blair ed Aznar.
Oltre a ciò come spieghi la presenza della Spagna
in prima fila nella guerra preventiva?
Quello che sta succedendo nello stato spagnolo ha una connessione diretta
con ciò che sta succedendo in Italia. La sinistra indipendentista
basca sta da anni studiando forme e conseguenze della trasformazione dello
stato spagnolo dalla dominazione del capitale industriale in capitale
finanziario, e ciò è fondamentale per la sinistra oggi a
livello strategico.
Non è un caso che i maggiori aggressori internazionali siano Usa,
Gb e Spagna che hanno i maggiori debiti pubblici nel mondo.
La riflessione che facciamo sulla necessità dello stato spagnolo
di porsi alla coda di Usa e Gb è per due motivi: la caduta del
capitale industriale e la scelta della borghesia spagnola di appoggiarsi
al capitale finanziario, fin da quando governava il PSOE.
La necessità strategica del capitalismo finanziario è quella
dell'aumento dello sfruttamento delle risorse e del controllo dei territori
del terzo mondo, ovunque esse siano localizzate.
Anche se l'industria spagnola è in ritardo rispetto al contesto
europeo ed anche all'Italia, pensiamo che il blocco criminale e mafioso
che difende Aznar è lo stesso che difende Berlusconi.
Quello dei governi spagnoli ed italiano è un tentativo delle borghesie
deboli del sud Europa di trovare un protettore che gli consenta di pesare
contro l'asse franco-tedesco, e facendo ciò permettono agli Usa
di mantenere la sua presenza imperialista in Europa
In questo contesto il capitalismo spagnolo ha uno svantaggio rispetto
al capitalismo italiano, gli mancano 30, 40 anni di sviluppo industriale.
Per questo quando Aznar ha proposto di appoggiare l'attacco genocida in
Iraq tutta la borghesia spagnola lo ha seguito mentre quando Berlusconi
ha appoggiato Bush una parte della borghesia italiana era contraria.
Cosa pensi dell'Europa e dei movimenti contro la globalizzazione
che si stanno sviluppando, quali i suoi legami con la questione basca?
In Europa rimangono ancora alcuni movimenti democratici che permettono
la non messa in pratica dell'illegalizzazione contro Batasuna e possiamo
ancora avere un appoggio politico, mentre sappiamo che quella che si sta
costruendo è l'Europa del capitalismo, che svilupperà maggiormente
lo sfruttamento contro la classe lavoratrice ed i popoli oppressi, ed
i cui governi saranno al fianco dello stato spagnolo.
In questa situazione noi cerchiamo di procedere con le lotte in Europa.
Sappiamo che i nostri compagni sono torturati, sappiamo che si usano mezzi
di tortura come in Israele. Sappiamo che la nostra classe di lavoratori
è destrutturata dal lavoro precario ed è qualcosa che sta
avvenendo in tutta Europa. Credo che rispetto al movimento no global ci
sia una questione: per noi il grosso della lotta contro la globalizzazione
è qualcosa di quotidiano, che tocchiamo tutti i giorni, passa dalla
difesa del lavoro, della nostra terra, alla solidarietà internazionale.
E' qualcosa che cerchiamo di riportare nella realtà locale, mentre
il dibattito all'interno dei movimenti è spesso e volutamente astratto.
Inoltre rispetto a questo nel mio paese c'è sempre in ballo la
questione della proprietà : il popolo basco è proprietario
del nostro paese, i lavoratori della loro fabbrica, gli studenti della
loro scuola, i consumatori dei prodotti che consumano?
Il mio paese è un paese dove esiste una minoranza della società
che si appropria della maggior parte della ricchezza appoggiandosi ad
una potenza occupante.
La nostra esperienza nel movimento no global è che tre cose centrali
per la lotta e cioè, proprietà, sfruttamento e ruolo dello
stato, sono state rimosse perché esistono interessi riformista
in seno alla dirigenza del movimento. Tutto ciò non vuol dire che
non partecipiamo, anche se spesso non ce lo permettono, alle manifestazioni
internazionali anche perché ci sono altri settori con cui confrontarsi,
dibattere, convincere.
In questo sforzo stiamo cercando di mettere insieme le forze della sinistra
in Europa per stendere un programma comune contro l'Europa del capitale,
che sarebbe bene fosse pronto per l'approvazione della nuova costituzione
europea, che dovrebbe essere un'importante occasione di dibattito e di
unione delle forze contrarie a questa Europa. Se tutto ciò riuscisse
saremmo allora passati da una lotta contro la globalizzazione ad una lotta
antimperialista in favore dell'Europa dei popoli.
Il popolo basco porta avanti la sua lotta per la libertà
ed il socialismo da oltre 30 anni. Quali sono a vostro parere i principi
e le basi per una lotta rivoluzionaria?
I principi cui noi facciamo riferimento e che crediamo necessari per una
lotta vincente sono quattro:
l'autorganizzazione: noi applichiamo la pratica dell'autorganizzazione
di ogni soggetto interessato da un'ingiustizia, lavoratori, studenti,
collettivi sociali.
Noi non crediamo che sia utile che vi sia una sorta di obbedienza verso
un'organizzazione più grande e che quindi ogni collettivo deve
essere organizzazione;
l'autogestione: ogni collettivo di persone che si organizzano per lottare
deve saper pianificare la propria autogestione. Nessun collettivo, anche
un gruppo rock radicale che non sia capace di esprimere un autogestione
della propria musica, propaganda, critica, in realtà poi non sopravvive.
Per un sindacato, un gruppo di donne, di giovani, per ogni gruppo è
vitale che non si debba rendere conto ad un livello esterno;
l'autodeterminazione: sia di collettivi che singoli. Questo significa
una gestione del proprio futuro in base alle proprie esigenze. Non c'è
nessun gruppo, popolo, classe, che chieda a chi lo opprime di decidere
per se stessa. E' il contrario del meccanismo di delega tipico delle democrazie
liberali e che esclude la partecipazione popolare.
Ma questi principi non servono se non c'è il quarto principio,
l'autodifesa: chi non ha capacità di autodifesa non può
esistere. Tutti, immigrati, popoli, classi, studenti, giovani devono decidere
quale è la loro forma di autodifesa. Può essere pacifica,
non violenta, parlamentare, attraverso manifestazioni... qualsiasi forma
di autodifesa adatta a difendere il collettivo.
A questi principi si fondono i due punti cardine per dare una prospettiva
alla lotta: il principio di collettività che riunisce all'interno
dello stesso interesse un collettivo di fronte all'aggressione. Se un
collettivo di studenti, immigrati, o una nazione che si solleva agli occupanti
viene aggredita il sentimento di collettività è vitale,
mentre l'individualismo è un'arma distruttrice in mano al capitalismo.
L'altro principio e quello dell'identità che si relaziona con il
sentimento di collettività. È quello che permette a tutti
gli sfruttati di sentirsi parte di un collettivo più ampio interessato
dalla stessa forma di sfruttamento.
È negativo che questi principi siano esclusi dai dibattiti sulla
globalizzazione.
Siamo convinti che non può esistere nessuna forma di ribellione
se non si legano la soggettività con la collettività e l'identità.
Solo la convinzione di aver ragione nella nostra lotta, di essere parte
di un polo in lotta per la sua libertà per la sua indipendenza,
di rappresentare le classi oppresse fa si che centinaia di baschi facciano
oltre 2000 km per andare a trovare i propri parenti e compagni dispersi
nelle carceri spagnole, in difesa della nostra identità e collettività.
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