La pistola fumante dell'imperialismo
europeo
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E' interessante approfondire alcuni aspetti già
esposti nell'articolo precedente riguardo gli sviluppi della costituzione
di una forza militare europea adeguata alla entità imperialista
dell'Europa stessa.
Quella che è stata definita comunemente crisi irachena, rappresentata
dalle diverse posizioni tra Ue (o meglio tra alcuni governi europei) e
gli Usa, ha sicuramente accelerato il dibattito sullo sviluppo di una
forza militare europea.
In merito a questo dibattito continuano ad esistere due linee guida, ben
espresse all'interno di Osservatorio Strategico, pubblicazione periodica
del Centro Militari Studi Strategici (CEMISS):
"Le diverse posizioni assunte dai paesi europei rispetto alla crisi
irachena pongono due ordini di problemi diversi ma strettamente collegati,
riguardanti il rapporto fra le politiche estere nazionali e gli sviluppi
della politica estera e di difesa europea e fra questi attori e gli Stati
Uniti. La politica dei paesi europei, si è mostrata sostanzialmente
reattiva e mancante della rilevanza propositiva, tipica di chi desidera
assumere responsabilità di primo piano sulla scena internazionale.
Ma come riguadagnare rilevanza e "peso" internazionale partendo
dalla presente situazione di debolezza e frammentazione? In alcuni paesi
europei, e in particolare in Francia, sembra forte la tentazione di far
nascere la politica europea da un sostanziale affrancamento dal rapporto
ineguale sviluppatosi negli anni della convivenza transatlantica all'interno
della NATO. La strada battuta da altri sembra invece proporre un sostanziale
aggiornamento dell'attuale rapporto di forza, ma con un progetto progressivo
attuato in sostanziale sintonia con l'alleato americano (se non sotto
la sua guida)".
E' proprio attorno ai paesi che si sono "opposti" alla scelta
egemonica Usa che si sta sviluppando una accelerazione nello sviluppo
dello strumento militare, parallelamente alla definizione della sovrastruttura
politica europea.
Il Piano americano di dividere il territorio iracheno in tre zone di controllo
escludendo Francia e Germania ha ulteriormente dato una spinta in avanti
alla esigenza, da parte di questi paesi, di poter disporre di un adeguato
strumento militare per riequilibrare il potere Usa.
Francia, Germania e Belgio avevano già espresso il loro intendimento
durante il Consiglio Europeo del 20-21 Marzo in piena guerra in Irak.
Il passaggio essenziale è sicuramente rappresentato dall'incontro
tenutosi il 29 Aprile tra Francia, Germania, Belgio e Lussemburgo a Brussels,
dove sono stati definiti 7 punti per lo sviluppo della sicurezza e difesa
comune. Il Piano per "costruire insieme gli strumenti per la nostra
sicurezza" prevede, oltre alla già più volte citata
forza di 60.000 uomini, la creazione entro il giugno 2004 di un Comando
Europeo per il Trasporto Strategico con la stessa capacità di muoversi
sia per mare sia per terra; la creazione di una "protezione comune"
contro i rischi nucleari, batteriologici e chimici, per le truppe militari
e per i civili; la creazione di Eu-Fast (European Union First Aid and
Support) per rispondere ad emergenze umanitarie entro 24 dall'evento;
la creazione di un centro di addestramento tattico europeo per piloti
e squadre di elicotteri, con un programma di training "armonizzato";
il rafforzamento delle capacità di gestione e pianificazioni degli
interventi in caso di crisi attraverso la creazione di un centro operativo
("nucleo di capacità collettive") che dovrà essere
operativo entro l'estate; la creazione di un "quartier generale multinazionale"
per il dispiegamento delle forze per l'utilizzo sia in ambito Ue sia in
ambito Nato.
La accelerazione del processo di creazione di uno strumento militare indipendente
ha determinato reazioni diverse.
Per molti la Francia sta chiaramente spingendo per sottodimensionare il
ruolo della Nato in funzione di una maggiore autonomia dalle scelte e
gli interessi americani, creando una forza militare e un "cervello"
rivali degli Usa e della Nato. Questa idea non varia nonostante le assicurazioni
in merito di Parigi, che ha risposto definendo la Forza Militare Europea
come la spina dorsale della Nato in Europa.
Le reazioni più forti sono venute proprio dagli Usa e dalla GB.
Secondo USA/GB il summit dei 4 è in realtà il tentativo
di distrarre dalla debolezza del sistema militare europeo che si è
evidenziata ancor di più con l'acuirsi della crisi e con la conseguente
accelerazione della necessità di confrontarsi con le altre fazioni
di borghesia imperialista, Usa in primis.
Powell, durante una relazione al Senato Usa, ha affermato che il summit
non ha deciso altro che la costruzione di una sorta di quartier generale.
Secondo Powell non esiste il bisogno di molti quartier generali, ma di
sviluppare maggior capacità di proiezione e flessibilità
(alleanze variabili) delle forze che già esistono.
Anche la GB non vede con grande entusiasmo quanto prodotto dal summit
dei 4 e la convocazione dell'incontro stesso. Il Ministro della Difesa
inglese durante una visita in Ungheria ha affermato che deve esserci una
armonia tra la difesa comune in ambito Ue e Nato, e che questa deve essere
il risultato di un consenso comune di tutti gli attuali e i futuri membri
Ue.
Qualcuno ha definito tale alleanza come "una alleanza di scarso rilievo
che non sarà mai in grado di poter portare avanti quanto si prefigge".
E' chiaro da dove nascono le perplessità espresse sia da Usa sia
da GB. In particolare è significativa l'affermazione del Ministro
della Difesa Inglese che pone al centro dello scontro sulla forza militare
europea l'utilizzo di quei paesi che entreranno a far parte dal 2004 della
Ue, già membri Nato o partecipanti a quelle alleanze variabili
all'interno della interoperabilità determinatesi attraverso il
Partnership for Peace e sulle quali è stato costruito l'apparato
militare per l'attacco all'Iraq, per modificare i rapporti di forza all'interno
dell'ambito europeo in funzione di una sua collocazione in chiave filoamericana.
Posizioni diffidenti sono state espresse da altri paesi europei rappresentati
da coloro che hanno sostenuto l'iniziativa Usa contro l'Irak. Una opposizione
basata più che su una contrarietà ad un sistema di difesa
europeo, sulla mancata convocazione al summit dei 4. Il Ministro della
Difesa Spagnolo ha infatti affermato che il problema della sicurezza e
della difesa europea non può essere un dibattito esclusivo, e per
essere definito "progetto europeo" deve essere discusso e approvato
dai paesi UE. Degli stessi toni la posizione italiana.
Esiste poi una posizione che vede un panorama dove, indipendentemente
dalla volontà dell'Europa, si evidenzia impossibilità oggettiva
di competere con gli Usa, espressa chiaramente da uno stretto collaboratore
della rivista Analisi Difesa: "... se l'Europa crede che per poter
competere con gli USA nella definizione degli equilibri mondiale basta
dare da un giorno all'altro al Cesare marziale quello che è di
Cesare, investendo il dovuto in high tech militare, si sbaglia di grosso.
L'incommensurabile superiorità militare (e quindi strategica) dell'America
sul resto del mondo è una realtà immodificabile - e tutto
sommato rassicurante - degli scenari internazionali. La cosa più
saggia che gli europei possono fare è mettersi l'anima in pace
e collaborare lealmente con gli USA, cercando di consolidare la Comunità
Atlantica, che è l'unico consesso nel quale gli Stati Uniti siedono
a pari con altri - un pari formale, se non altro - e nel quale tutto sommato
hanno creduto e credono. Il contesto NATO è l'unico nel quale è
possibile condizionare entro certi limiti il Decison Making statunitense.
Aree di convergenza esistono e sono più numerose di quelle di divergenza.
Gli europei possono supportare militarmente il Pentagono nei settori nei
quali è più carente (il citato Peace Keeping e la ricostruzione
dell'ordine sociale delle nazioni fallite, ad esempio il Nation Building
tanto aborrito dal primo Bush) e fare apprendistato dovunque possibile.
Possono imparare molto, e il Pentagono è un ottimo docente."
Il dibattito sulla Difesa Comune Europea trova una delle sue chiavi di
lettura all'interno di quanto parallelamente tende a svilupparsi nella
Nato, ed in particolare per quanto concerne quei paesi di nuova entrata
che dovranno diventare a tutti gli effetti membri della Ue, perno sul
quale ruota la visione americana della Nato stessa. Una nuova occupazione
del suolo e delle decisioni europee attraverso la destabilizzazione dei
progetti che tendono a collocarsi come mezzi della borghesia imperialista
europea per sganciarsi dalla sottomissione agli interessi di quella Usa.
Non dobbiamo quindi stupirsi dall'iniziativa presa dai 4 paesi europei,
già da tempo convinti di dover creare un nucleo deciso, attorno
all'asse franco-tedesco, che sappia portare a compimento la creazione
del progetto europeo.
Nel mese di maggio il Pentagono ha comunicato ufficialmente che entro
il 2008 sposterà le sue truppe, circa 112.000 uomini di cui l'80%
attualmente in Germania, verso quei paesi, Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria,
Slovacchia, Romania e Bulgaria, nuovi entrati nella Nato.
Il senatore americano George Allen ha affermato che ci sono tre buone
ragioni per spostare le truppe. Se da una parte c'è la possibilità
di ridurre i costi di mantenimento delle truppe, le ragioni sicuramente
di maggior importanza sono la dislocazione strategica verso est, verso
aree sufficientemente vicine da consentire un rapido intervento senza
spostamento di truppe e, non ultima, perché quei paesi rappresentano
i nuovi partners degli Usa e sicuramente l'accoglienza sarà migliore
di quella a loro riservata nella "vecchia Europa".
Le nuove basi sembra possano essere l'aeroporto rumeno di "Mihail
Kogalniceanu" vicino al porto di Costanza in Romania, dove sono presenti
un migliaio di militari dell'USAF, la base bulgara di Sarafovo vicino
al porto di Burgas. La Polonia ha offerto la base ex sovietica di Krzesiny
vicino a Poznan, destinata a diventare la base più importante delle
forze Usa in Europa rimpiazzando Ramstein. Anche l'Italia potrà
avere la sua ricompensa con il potenziamento di Aviano e Sigonella.
Secondo alcuni lo spostamento avrà pesanti ripercussioni sulle
economie di paesi come la Germania e il Belgio, dal quale sembra saranno
spostate anche le riunioni della Nato, paesi che hanno accelerato il progetto
di difesa comune, e rappresentano il nucleo di opposizione alla strategia
politico-militare americana, o meglio coloro che vedono di buon occhio
la creazione di un soggetto imperialista europeo forte e indipendente.
L'accelerazione del processo politico che ha portato nei primi di maggio
all'approvazione da parte del senato americano l'ingresso dei nuovi membri
all'interno della Nato, viene vista come conseguenza della necessità
di ridefinire al più presto la visione strategica sull'Europa.
Donald Rumsfeld in quell'occasione, rispolverando il temine da lui coniato
di "vecchia Europa" per coloro che si sono opposti alla strategia
Usa, e "nuova Europa" per i paesi che la hanno appoggiata, ha
affermato che questi saranno il perno attorno al quale ricreare la nuona
visone strategica Usa verso l'Europa.
Altro passaggio significativo è stata la firma dell'Adriatic Pact
tra gli Usa e Croazia, Albania e Macedonia sponsorizzando da parte americana
la loro entrata come membri Nato.
L'accelerazione nella creazione dello strumento militare europeo, al di
là della scelta di alcune fazioni di borghesia europea, era già
stata accettata all'interno di un documento Ue della metà di Marzo
di questo anno.
Il documento si concentra sulla definizione degli strumenti per supportare
lo sviluppo di un'efficace struttura militare con una adeguata industria
della difesa europea. Il tema dello sviluppo di una industria militare
europea è stato più volte affrontato nei nostri articoli
affermando che questo progetto si configura come un tentativo di competere
sul piano europeo ed internazionale con la supremazia dell'industria militare
Usa e GB, quindi elemento di uno scontro, non privo di contraddizioni
interne, che contrappone sul panorama internazionale fazioni di borghesia
imperialista.
Nei numeri precedenti abbiamo inoltre verificato, anche sul piano dell'industria
militare, una mancanza di linearità nel processo di indipendenza
Ue dagli Usa, ritrovando elementi di contraddizione nella borghesia europea
sul tipo di contrapposizione da sviluppare nei suoi confronti.
Il documento UE affronta alcuni problemi considerati fondamentali per
lo sviluppo di un apparato militare completo in tutti i suoi aspetti,
dalle risorse, alla industria della difesa, alla capacità militare
dell'esercito vero e proprio. Anche se forse è superfluo ricordarlo,
non dobbiamo dimenticare l'importanza che ha rivestito per gli Usa la
capacità di "fornire" tecnologia militare all'interno
degli sviluppi del suo dominio attraverso l'allargamento della Nato, la
sua importanza come strumento di "penetrazione" economica attraverso
gli "investimenti" (leggi: rapina) della sua borghesia, la caratteristica
dual-use, civile e militare, della industria della difesa.
I processi da compiere vengono individuati in:
Standardizzazione: viene riconosciuta la necessità di armonizzare
l'approccio alla standardizzazione delle politiche per la difesa europea;
la Commissione sta lavorando perché entro il 2004 sia stilato un
protocollo comune per l'approvvigionamento della tecnologia militare.
Monitoraggio industrie della difesa: è convinzione comune la necessità
di disporre di un quadro chiaro della industria della difesa in Europa
e il suo stato economico; il monitoraggio dovrebbe avere la caratteristica
di "strumento" attivo e continuo.
Trasferimento di tecnologia militare
all'interno ue: viene ampiamente discussa la necessità di individuare
le strategie per abbattere le pesanti procedure burocratiche necessarie
per il trasferimento di tecnologia militare tra i paesi europei; la commissione
propone di effettuare in tutto il 2003 uno studio sull'impatto delle modifiche
alla regolamentazione e sulla base dei risultati individuare le riforme
delle leggi in materia nell'anno 2004.
Competizione: la competizione viene individuata come elemento fondamentale
per lo sviluppo della industria della difesa; la Commissione si riserva
di individuare gli strumenti per stimolare il ruolo della competitività
nel settore dell'industria della difesa.
Ruolo dell'approvigionamento: l'armonizzazione delle modalità di
approvvigionamento dovrebbe svilupparsi contemporaneamente alla efficienza
del mercato della difesa; su questa base le decisioni sulle riforme alle
regole per l'approvvigionamento dovrebbero essere prese in ambito Ue,
formulando entro la fine del 2003 un "Libro Verde" che racchiuda
le regole da rendere operative per il 2004.
Controllo sull'esportazione prodotti
"Dual-use": un sistema di controllo internazionale esiste già,
ma molti paesi Ue non ne fanno parte; il risultato è che gli stati
europei non hanno un sistema armonizzato e questo pregiudica lo sviluppo
delle capacità civili dell'industria della difesa e crea alcune
difficoltà nella fase di allargamento Ue.
Ricerca: il documento propone una consultazione degli stati Ue e delle
industrie della difesa per individuare i loro "bisogni" sulla
base dei quali realizzare una agenda di impegni per lo sviluppo di un
sistema di ricerca militare integrata; la Commissione si propone di adottare
dei progetti pilota.
La Commissione ha intrapreso un dibattito per la
realizzazione di un Coordinamento sui Sistemi di Equipaggiamento Militare
sotto forma di Agenzia.
Alcuni dei passaggi previsti hanno la possibilità di svilupparsi
su strumenti già esistenti, anche se non adeguati alla competizione
attuale sul piano internazionale. In particolare per quanto riguarda l'armonizzazione
del mercato degli armamenti con la WEAG - Western European Armaments Group,
per la ricerca militare la WEO - European Armament Organization.
Ma il problema principale per lo sviluppo di una industria della difesa
europea è rappresentato dalle risorse a cui attingere. La competizione
con la capacità militare - industriale degli Usa trova la sua essenza
nella diversa entità del budget a disposizione. Gli Usa hanno stanziato
solo nel 2001 oltre il doppio di tutti i paesi Ue, con un incremento annuo
consistente previsto nell'ordine di oltre 100 miliardi di dollari dal
2003 al 2007. Inoltre molte industrie militari europee non possono più
permettersi il mero mantenimento del sistema di difesa nazionale.
Davanti a questo panorama possiamo affermare che il processo di costruzione
di un soggetto imperialista europeo sta andando avanti senza trovare ostacoli
reali, se non all'interno del quadro interimperialista.
Le politiche che vediamo dispiegarsi a livello nazionale, Legge Biagi,
Riforma delle Pensioni, ristrutturazione del sistema di gestione del conflitto
Borghesia/Proletariato Metropolitano in chiave repressiva, rappresentano
la ricaduta del processo di ristrutturazione interno alla logica di competizione
imperialista dell'Europa in un quadro di crisi del sistema stesso.
La costruzione del suo apparato politico-militare rappresenta il braccio
con cui proiettarsi all'esterno per espandere gli interessi della borghesia
imperialista europea, unitariamente alle altre fazioni di borghesia contro
i popoli e il proletariato internazionale, divisa nella competizione con
le altre fazioni.
Se queste tesi sono corrette è impossibile vedere tatticamente
l'utilizzo di tale soggetto e il suo rafforzamento come antagonista all'imperialismo
americano e pensare che questo possa produrre qualche minimo avanzamento
della prospettiva di liberazione del proletariato. Anzi, come abbiamo
più volte affermato, questo esporrà ancor di più
allo sviluppo della strategia controrivoluzionaria e repressiva per non
compromettere il determinarsi di tale soggetto.
E' invece secondo noi fondamentale riprendere una netta opposizione al
processo di costruzione europeo rompendo gli ingranaggi del suo motore,
smascherando la sua essenza imperialista e l'impossibilità di una
sua riformabilità o democratizzazione (la cosiddetta Europa dei
Popoli) all'interno degli attuali rapporti di forza e conseguenti relazioni
sociali, costruendo quell'unione tra il proletariato metropolitano europeo
con il proletariato arabo e mediterraneo fuori e dentro le nostre metropoli,
attraverso la quale costruire una reale alternativa alla prospettiva imperialista.
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