Senza Censura n. 9 -
3/2002
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I 7 di Parigi
Lettera di una prigionieria dei Grapo da
una prigione francese
Nel luglio dello scorso anno ho scritto
una lettera indirizzata alle persone solidali spagnole e francesi, molto
preoccupata per le notizie che mi erano giunte, riguardanti Manuel Pérez
Martínez, Segretario Generale del PCE(r), rinchiuso nel carcere
di Fresnes. Tra l'altro dicevo:
"Nuovamente sono costretta a scrivere riguardo le condizioni carcerarie
in cui si trova Manuel. Nulla è cambiato da quando, a marzo, i
suoi avvocati sono riusciti a farlo portare in ospedale per una visita.
Bruguiere ha trovato la migliore arma per mantenerlo totalmente isolato:
la sua mancata conoscenza della lingua francese. Il "signor"
giudice ha dato ordini alla direzione del carcere affinché non
stesse nella stessa sezione in cui si trovano prigionieri politici. Non
è autorizzato ad andare in biblioteca; gli proibiscono di assistere
alle lezioni di lingua francese. Nella sua sezione, inoltre, non c'è
nessun prigioniero "comune" che parli spagnolo (casualità???)
e che possa dargli una mano. I medici, che forse sarebbe più opportuno
definire scalzacani, che lavorano a Fresnes non si preoccupano minimamente
del suo stato di salute che è nuovamente peggiorato. Insomma, da
8 mesi Manuel è sottoposto ad un regime di "tortura bianca",
chiuso in una cella senza luce e priva d'aria, visto che non ha neppure
la finestra."
Un anno dopo, l'unica cosa che posso cambiare di questa denuncia è
quanto segue: è in una cella un pochino più illuminata e
i medici sono un pochino più umani.
Nel novembre del 2000, Manuel non si sbagliava quando, nel furgone che
ci stava disperdendo nelle varie carceri parigine, ci diceva: "Ho
l'impressione che mi ficcheranno in un buco". In effetti, il giudice
Bruguiere, in ossequio agli ordini impartiti dal Ministero degli Interni
spagnolo, si è incaricato di fargli pagare cara la sua responsabilità
alla testa del PCE(r). E neppure sbagliava Isabel Llaquet, una delle due
prigioniere del PCE(r) detenute a Fleury, quando parlava, in una lettera
indirizzata alla solidarietà spagnola dell'attraversamento del
deserto cui il giudice Bruguiere avrebbe costretto i "7 di Parigi".
Facendo un bilancio di questa "traversata" possiamo dire che
il giudice non si è davvero risparmiato! Ha infatti impartito ordini
ben precisi alle tre carceri in cui ci trovavamo affinché tutto,
assolutamente tutto ciò che ci riguardasse, passasse prima sulla
sua scrivania. Sarebbe difficile descrivere i dolori di testa cui sono
costretti i nostri familiari ed amici per farci arrivare l'indispensabile.
Ogni volta è necessaria l'autorizzazione del giudice e questi risponde
con molto comodo alle nostre istanze. Ogni volta è necessario fare
intervenire i nostri avvocati francesi per ottenere anche la minima autorizzazione
e questo perché il Petain II ha detto che ogni scritto che gli
giunga dai nostri avvocati spagnoli verrà buttato alla spazzatura.
Mi sembra necessario segnalare la solidarietà delle prigioniere
politiche basche e dei loro familiari che hanno fatto tutto il possibile
per rendere meno pesante la nostra carcerazione. Parlo di solidarietà
al "femminile" perché solo Isabel, Rosario ed io siamo
riuscite a goderne: gli uomini si trovano in "bracci" in cui
non ci sono prigionieri politici baschi. Nel caso di Manuel, poi, non
ci sono prigionieri politici in assoluto.
Le smanie di isolamento del giudice non hanno risparmiato neppure la Chiesa
cattolica! La suora che andava a trovare una compatriota detenuta a Fresnes
ha cercato, invano, di farci condividere i giornali scritti in spagnolo!
Impossibile!! La direzione del carcere ha risposto alle mie proteste affermando
che "la prigioniera non è autorizzata dal suo giudice, del
quale necessita specifica approvazione".
Lo zelo dei carcerieri francesi nell'eseguire puntigliosamente gli ordini
del giudice spesso raggiunge punte di follia ed è giunto sino all'estremo
di provocare litigi con la scorta che ci doveva accompagnare al Palazzo
di Giustizia. Nel gennaio di quest'anno le funzionarie di Fleury si rifiutavano
a far uscire dalla cella Isabel e Rosario perché c'era un solo
furgone per portarle al Palais! E si sono pubblicamente lamentate che,
da parte loro, facevano l'impossibile perché le due prigioniere
non comunicassero tra loro e poi i gendarmi pretendevano portarle insieme
nello stesso furgone!!!
Realmente bisogna loro riconoscere che come cani da guardia sono estremamente
valide e mi scusi la specie animale per questo paragone! In quell'occasione,
comunque, i loro "latrati" non sono serviti a molto: la scorta
aveva l'ordine di portarle davanti al giudice e, per loro, questa era
l'unica cosa che contava. Dove invece le funzionarie hanno "trionfato"
è stato durante il mio trasferimento da Fleury a Fresnes. Degni
di economio i salti mortali che hanno fatto per mantenerci divise! E così,
per evitarmi di vedere Isabel, la pagliaccia agitava le braccia davanti
a me, come una indiavolata senza molto successo, dato che dovevamo per
forza di cose passare ambedue attraverso un corridoio con le pareti di
vetro
Ma il terreno in cui Bruguiere ha dispiegato tutta la sua grandezza stile
maresciallo Petain è stato sul "fronte" dei colloqui
e della corrispondenza. La "battaglia" è iniziata quando
ha avvisato i nostri avvocati che "non avrebbe autorizzato nessun
colloquio con amici nostri che lo richiedessero perché erano tutti
comunisti". Il culmine, poi, lo ha raggiunto quando ha fatto arrestare
la sorella di Fernando Silva, il mio compagno dei GRAPO, detenuto a Fleury,
al termine del colloquio. Ci sono poi tutte le meschinerie e le porcate
intentate contro le nostre famiglie per far perdere loro la voglia di
venirci a trovare e rendere quindi più pesante il nostro isolamento.
In effetti, la sua "aiutante in campo" per tutto un periodo
si è divertita a giocare con i nostri familiari. La segretaria
del giudice, infatti, con molta "amabilità" avvisava
i nostri avvocati che i colloqui erano autorizzati. Ho messo le virgolette
perché era necessario, per mesi, chiederle se le autorizzazioni
erano state firmate e ogni volta ha sempre risposto di mala grazia. Sono
stati necessari due viaggi, inutili, del fratello di Fernando per capire
che, se le autorizzazioni firmate restavano sulla scrivania di questa
amabile segretaria era come se non esistessero! Se l'autorizzazione non
viene inviata alla direzione del carcere, non è infatti possibile
fare colloquio.
Nel febbraio del 2002 il mio avvocato mi ha notificato che l'autorizzazione
al colloquio che avevo presentato nell'ottobre dell'anno precedente era
firmata. Ho cominciato a scrivere un'istanza a settimana, per sapere se
l'autorizzazione era giunta in carcere. La risposta affermativa mi è
arrivata solo a maggio, tre mesi dopo. Devo aggiungere a questi 7 mesi
di attesa il fatto che questo era il mio secondo "permesso"
per avere colloquio, dopo un anno e mezzo di carcere e che presso il giudice
ci sono le richieste di venti persone - e tra queste alcuni familiari
- che desiderano venire a colloquio. Il permesso è stato negato
a tutti.
L'ultima porcata di cui sono a conoscenza proviene dal carcere. La sorella
di Manuel, una donna di età avanzata che cammina con le stampelle,
si è fatta un viaggio dall'altro lato dei Pirenei sino a Parigi
per godere di mezz'ora di colloquio! La lettera di Manuel, con cui le
chiedeva di ritardare il viaggio per poter fare un colloquio di un'ora
e mezza non le era arrivata. La direzione del carcere di Fresnes ha fatto
orecchie da mercante su questo vergognoso ritardo della nostra corrispondenza
in partenza. Ma a Fleury è accaduto di peggio: ad Isabel era stato
concesso colloquio ma, arrivata alla "cabina" per i colloqui,
l'ha trovata vuota. A sua cognata, infatti, era stato detto per telefono
che "non c'era posto per quel giorno" (oltre all'autorizzazione
scritta, è necessario che chi va a colloquio chiami il carcere
per telefono).
Ma stavo parlando dello scandaloso ritardo della nostra corrispondenza.
Le lettere, quelle che arrivano, evidentemente fanno lo stesso viaggio
di Cristoforo Colombo con le tre caravelle, spesso addirittura andata
e ritorno. Il record lo detiene Elipe, uno dei due prigionieri del PCE(r)
in Fleury: una lettera ci ha messo cinque mesi per coprire il percorso
Madrid-Parigi. Sono cosciente del fatto che chi lavora con Bruguiere ha
molto a che vedere con tutto questo, soprattutto perché nutrono
un estremo interesse per sapere tutto quello che diciamo e che ci dicono
per lettera. Ma, visto che le fotocopiatrici sono ormai state inventate
da anni, ne deduco che l'obiettivo è quello di tenerci isolati
dalla solidarietà con l'esterno e viceversa. A volte provo una
strana curiosità e vorrei conoscere gli oscuri cammini delle nostre
lettere. Ma non trovo nessuna riposta a quesiti come questo che pongo
come esempio: le lettere che noi scriviamo dovrebbero avere il timbro
di Paris-Rivoli (è lì dove Bruguiere le invia dopo averle
lette) e invece arrivano in Spagna con il timbro di località del
sud della Francia. In cambio non è un mistero che la funzionaria
incaricata della posta, qui a Fresnes, abbia aperto, per ben due mesi,
tutte le lettere che mi inviava il mio avvocato.
Noi spagnoli abbiamo l'abitudine di dire: eravamo pochi e la nonna ha
avuto due gemelli! Nel caso dei "sette di Parigi" i "gemelli"
sono giunti 'grazie' all'11 settembre. Già da mesi Isabel, Rosario
e Fernando denunciano che i censori di Fleury mandano al macero i giornali,
le riviste, ecc., comprese quelle che giungono loro a mezzo abbonamento.
Da qualche tempo, poi, persone che si scrivono con Fernando e con me si
lamentano del fatto che le lettere scritte a Fernando tornano loro indietro
con la scritta "sconosciuto a questo indirizzo". Si tratta di
una nuova forma di censura, che è messa in pratica anche sui vaglia.
A questo lungo racconto sulla nostra "traversata" manca ancora
il capitolo riguardante la salute. Io ho appena fatto un'esperienza che
è utile per capire come mai Manuel sia stato per 5 giorni piegato
in due per una lombaggine, senza che nessuno, né infermieri, né
funzionari, gli desse un calmante. Questi animali non accettavano le istanze
che lui indirizzava al medico perché erano scritte in spagnolo.
Io con il francese me la cavo, ma questo non ha impedito una battaglia,
durata quasi un anno, con il medico del carcere, per convincerla a lasciarmi
visitare da un traumatologo. Ogni volta che parlavo con lei, che -tra
l'altro- è anche a capo dei servizi medici di tutto Fresnes, ottenevo
la stessa risposta ai miei dolori alla spalla che mi impedivano di dormire:
"Per lei non si può fare nulla. Si tratta di dolori provocati
dalla sua artrosi". Lo specialista dal quale, alla fine, sono riuscita
a farmi vedere, dopo soli cinque minuti ha scoperto l'origine dei miei
mali: una vertebra messa di traverso, che non ha nulla a che vedere con
la mia artrosi.
Mancano ancora alcuni "piccoli dettagli" come la cella di rigore
ad Isabel, per essersi rifiutata di sottoporsi ad un'umiliante perquisizione
e i miei rifiuti ad andare in ospedale, dovuti allo stesso motivo; le
perquisizioni in cella, come l'ultima, durante la quale mi sono stati
sequestrati giornali, pubblicazioni, riviste e persino alcuni gomitoli
di lana!
Che dire, poi, del supposto tentativo di fuga di Fernando nel dicembre
2000? Questo "scherzo" sporco gli è costato un mese di
cella di rigore e quattro mesi di isolamento. E il direttore della Santé
non si è fatto scrupolo di ammettere che era stata la Guardia Civile
(spagnola) che lo aveva informato della sua evasione da un carcere spagnolo
nel 1992.
Quest'anno e mezzo mi conduce sempre alla stessa riflessione. Dalla "caduta"
della ex Unione Sovietica, le piccole, medie e grandi teste della borghesia
concordano nel gridare all'unisono che il comunismo è morto! Siamo
alla fine della Storia! Se così è, per quale motivo, allora,
si accaniscono in modo ossessivo contro sette "poveri" comunisti
che non rappresentano un "pericolo" per nessuno? Non sarà
che il "morto" che vorrebbero seppellire è invece vivo
e vegeto? Non sarà forse che questo "morto" rappresenta
un vero pericolo per un sistema caduco e putrefatto che non produce altro
che morte e miseria?
Quanto a noi, sono completamente d'accordo con ciò che diceva Isabel
nella lettera che ricordavo all'inizio: Non dobbiamo preoccuparci! Abbiamo
coraggio per attraversare lo stesso Sahara a piedi!
Victoria Gómez Mendez
Prigionieria politica dei GRAPO
Carcere di Fresnes
Luglio 2002
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