Senza Censura n. 9 -
3/2002
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No all'art. 41 bis !
Perché nessuno possa dire: "io
non sapevo"...!
Intervento degli "Amici e Parenti dei Rivoluzionari Prigionieri"
Il governo si accinge, con l'assenso delle
opposizioni, ad estendere l'art.41 bis ai prigionieri politici.
Questo non è che uno degli attacchi
che il governo sta portando alla classe: dal libro bianco sul lavoro all'abolizione
dell'art.18, dalla sanità alle pensioni, dalla riforma Moratti
sulla scuola alla legge Bossi-Fini sull'immigrazione.
Allla crisi economica in atto, alle mobilitazioni dei lavoratori, alla
ripresa dell'attività combattente, lo stato risponde attuando una
controrivoluzione preventiva tesa a reprimere ogni forma di resistenza
ed è in questo contesto che si inserisce l'estensione dell'art.
41 bis ai prigionieri politici.
L'art.41 bis, prevede un notevole peggioramento delle attuali condizioni
carcerarie: abolizione delle telefonate, colloqui ridotti a una sola ora
al mese con i soli familiari e con vetri-citofoni-microfoni-telecamere,
un solo pacco al mese di 5 kg. aria ridotta al massimo di 2 ore al giorno,
isolamento in cella singola, partecipazione ai processi soltanto in video-conferenza,
etc. In sintesi, si torna ai "braccetti della morte", al vecchio
art. 90 riveduto e peggiorato.
L'intento dello Stato è duplice: da una parte aumentare la pressione
su quei compagni delle organizzazioni combattenti che ancora resistono
e difendono la loro identità politica per spingerli alla resa,
unico modo per uscire dal carcere di massima sicurezza, e dall'altra,
sottoporre a questo trattamento le avanguardie di lotta che vengono arrestate
per presunti reati con finalità di terrorismo (art.270 bis), nel
tentativo di dividere e desolidarizzare, usando i prigionieri più
deboli come strumento di propaganda contro le lotte e gli stessi compagni.
L'art. 41 bis sarà poi esteso anche ai prigionieri islamici arrestati
per presunta appartenenza ad organizzazioni come Al Qaeda, o simili. La
situazione di questi prigionieri, che sono prigionieri politici a tutti
gli effetti, è particolarmente difficile, sia per la mancanza di
collegamento con i familiari, trattandosi di cittadini immigrati, sia
perché, nella maggior parte dei casi, difesi soltanto da avvocati
d'ufficio. Mancano quindi, notizie precise al loro riguardo; si stima
però, che possano essere in un numero che va dagli ottanta ai cento.
Per quanto riguarda i tre prigionieri accusati di appartenenza ad una
cellula di Al Qaeda e processati di recente a Milano, sappiamo che per
più di un anno, sono stati detenuti nel carcere di Opera, in completo
isolamento e senza usufruire nemmeno di due ore d'aria. Ma la cosa più
grave, è che la sentenza di primo grado dispone l'espulsione nei
paesi d'origine, in questo caso la Tunisia, dove sono stati condannati
alla pena capitale. Se la sentenza diverrà definitiva, sarà
come condannarli a morte.
Occorre vigilare, visto che l'Italia non è nuova a condanne del
genere (vedi caso Ocalan)! E' necessario quindi, al più presto,
approfondire la situazione di questi detenuti e verificare le condizioni
in cui si trovano.
Se la situazione dei prigionieri politici sta peggiorando, nemmeno ai
detenuti per reati comuni vengono garantite condizioni dignitose. Il sovraffollamento,
i numerosi casi di autolesionismo, i pestaggi e il continuo aumento dei
casi di suicidio, la dicono lunga sulle condizioni nelle carceri italiane.
Lo Stato, a partire dalla sua collocazione sul piano internazionale, in
quanto Stato imperialista, accentua il suo ruolo repressivo ogni qualvolta
le contraddizioni interne e internazionali si acuiscono.
Proprio perché nasce da un contesto internazionale, questa non
è una caratteristica del governo di centrodestra, ma una tendenza
comune di tutti gli Stati imperialisti...basti pensare al trattamento
riservato dagli U.S.A ai prigionieri afgani.
Dopo aver bombardato e ucciso centinaia di prigionieri nelle carceri afgane,
alcuni gruppi sono stati prelevati e portati nella base militare di Guantanamo
imbavagliati, legati e sedati. A Guantanamo i prigionieri vengono tenuti,
con occhiali e paraorecchie, in gabbie metalliche aperte di un metro per
due, con il tetto di lamiera, una stufa e un secchio di plastica. Nessuna
imputazione precisa, nessun diritto! Il governo americano li considera
"combattenti illegali" e in quanto tali, non rientrano nella
categoria dei prigionieri di guerra quindi, non sono garantiti dalla convenzione
di Ginevra né da altri diritti internazionali.
"Combattenti illegali" dunque, rei di essersi opposti alla penetrazione
imperialista nel loro paese. La guerra in corso è molto chiara,
non ha più bisogno di camuffarsi dietro presunte "emergenze
umanitarie". E' una guerra contro tutti quelli che osano opporsi
al nuovo ordine mondiale: quello delle potenze occidentali. Il nemico
sono tutti coloro che resistono: lo provano le liste delle organizzazioni,
cosiddette "terroristiche", che includono praticamente tutte
le organizzazioni combattenti.
Ma Guantanamo non è un'eccezione. Prendiamo Israele, solitamente
definito: "unico Stato democratico del Medio Oriente". Con il
rastrellamento nei territori occupati durante la seconda Intifada, ha
portato il numero dei prigionieri palestinesi all' enorme cifra di 15.000.
Possiamo dire che l'intera popolazione palestinese è prigioniera
a cielo aperto, impossibilitata ad uscire dalle città sotto coprifuoco
e assediata dai carri armati, sottoposta a continue incursioni e uccisioni.
Altra situazione drammatica che vogliamo ricordare, è quella dei
prigionieri politici turchi dal 20-10-2000 in sciopero della fame fino
alla morte, che finora è costato 93 morti. Le ragioni che hanno
portato i compagni a questa lotta estrema sono il trasferimento in carceri
di nuova costruzione, dette anche di tipo F, che prevedono un continuo
isolamento in celle singole, consentendo così di sottoporre i compagni
a pestaggi e torture senza che questi possano opporre una efficace resistenza.
Quello che succede in Turchia non è dovuto solo, alla natura fascista
dello Stato turco, come sostiene certa "sinistra", bensì
allo sforzo della Turchia di adeguarsi agli standard di detenzione della
"democratica" Europa, di cui lo Stato turco vorrebbe far parte.
Ricordiamo infatti, che condizioni simili di detenzione, sono in vigore
in tutti gli Stati europei fin dagli anni '70...dall'Italia, con le carceri
speciali e l'art.90. all' ex-Germania occidentale, dove i compagni della
R.A.F venivano sottoposti in isolamento, alla totale deprivazione sensoriale,
in un tentativo di annientamento che è arrivato fino all'uccisione
di alcuni di loro... per continuare con i blocchi H, delle carceri in
nord-Irlanda, dove gli inglesi hanno cercato di stroncare la secolare
resistenza del popolo irlandese, ... fino alla Spagna e ai paesi baschi,
dove tuttora viene praticata la tortura.
Sappiamo quindi molto bene quello che vogliono ottenere con l'applicazione
dell'art.41 bis: mancanza di dibattito e confronto politico, mancanza
di interrelazioni, desocializzazione, isolamento dal mondo esterno.
Appoggiamo la lotta di tutti i prigionieri rivoluzionari nel mondo. Difendiamo
la loro identità politica. Lottiamo contro l'art. 41 bis, consapevoli
che gli unici diritti a cui avremo diritto, saranno quelli che sapremo
conquistarci con la lotta.
Amici e Parenti dei Rivoluzionari
Prigionieri
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