Senza Censura n. 9 - 3/2002

[ ] Editoriale

"Gli Stati Uniti possono fare ben poche cose durature nel mondo senza la cooperazione sostenuta dei loro alleati ed amici in Canada e in Europa. L'Europa è anche la sede delle due istituzioni internazionali più forti e capaci del mondo: l'Organizzazione del Patto Nord Atlantico (NATO) che, fin dai suoi albori, rappresenta il fulcro della sicurezza transatlantica ed inter-europea, e l'Unione Europea (UE), il nostro partner nell'apertura del commercio mondiale"
(G.W. Bush, La strategia della sicurezza nazionale degli USA, settembre 2002)

Anche con questo numero riusciamo a tornare in diffusione quasi regolarmente: ciò conferma, malgrado le difficoltà del lavoro redazionale, l'efficacia degli sforzi del nucleo redazionale nel tentare di tenere aperto un luogo di discussione politica in grado di fungere da punto di riferimento nel processo di autonomizzazione della classe. E, tutto sommato, possiamo considerare che anche il piano di riflessione che la rivista si è dato nel corso degli ultimi anni - ribadendo sistematicamente la necessità di individuare dei "filoni" di analisi ed azione politica adeguati all'attuale processo storico di riallineamento delle gerarchie del sistema degli stati imperialisti - trova conferma nello svolgersi dei più recenti avvenimenti. Ma questa è una magra consolazione a fronte della tragica crudezza che questi sviluppi assumono e della contemporanea insufficienza di analisi, organizzazione ed azione politica autonome della classe in questo momento storico.
Vale perciò la pena di ribadire, ancora una volta, alcuni punti fermi in relazione ai quali anche questo numero di Senza Censura si preoccupa di approfondire e, per quanto possibile, sistematizzare la loro evoluzione concreta nelle diverse sezioni che la compongono.
Recentemente, e dopo l'abbandono del tema della "piccola guerra" afgana (data per felicemente conclusa dalla stampa di regime malgrado gli improbabili pruriti parlamentari sull'invio di truppe nostrane nel teatro di guerra senza neanche più la "nobile parvenza" della funzione di peace keeping), gli organi di propaganda della Borghesia Imperialista e dei suoi Governi si sono concentrati sulla reclamizzazione di una "novità" nel tentativo di creare un forte consenso di massa al prossimo intervento armato nell'area mediorientale e sotto la copertura ideologica della "guerra mondiale al terrorismo": la cosiddetta dottrina Bush.
In particolare si è focalizzata l'attenzione sulla contraddizione interimperialista USA/UE, relativamente alle modalità di gestione di questa "nuova" crisi politica globale, e sull'affermazione da parte del paese guida del sistema degli stati imperialisti del "nuovo" concetto di guerra preventiva. Si tratta, evidentemente, di false formulazioni che hanno come unico scopo quello di creare un consenso di massa attorno all'azione politico-militare della Borghesia Imperialista e dei suoi Governi e di gettare scompiglio e confusione nelle aree che tentano di dare corpo e forza ad una autonoma azione politica del loro antagonista storico: il proletariato internazionale.
Sotto il primo profilo, come andiamo ripetendo ormai da anni, l'interesse vitale per l'imperialismo USA - dopo la fine del cosiddetto mondo bipolare - di rafforzare alleanze strategiche per la conservazione del dominio globale della Borghesia Imperialista mira (malgrado le apparenti frizioni) a valorizzare più che a mettere in crisi le relazioni transatlantiche. Ciò si è tradotto nel rafforzamento del suo controllo finanziario globale (con l'introduzione dell'euro) e si sta traducendo nell'affermazione del militarismo quale aspetto centrale della sua dominazione politica sulla classe e sui popoli oppressi. Se poi qualcosa va sottolineato in questo ambito è proprio l'abbandono definitivo da parte dell'Amministrazione nordamericana della dottrina Truman che aveva costituito la base della politica estera USA e dei sui alleati durante la cosiddetta guerra fredda e che, sulla scorta della teoria del contenimento del "blocco socialista" e della deterrenza, si era concretizzata nella politica della "corsa agli armamenti". Ora, ammettendo implicitamente la propria insufficienza strategica a ricoprire il ruolo di "comando unipolare" della Borghesia Imperialista, l'Amministrazione USA , assumendonese la responsabilità quale paese guida, riprende con decisione l'iniziativa di stabilizzazione di un nuovo equilibrio nella bilancia di potenza del sistema degli stati imperialisti ricercando un consenso strategico ed un impegno diretto delle potenze "amiche". In questa prospettiva assumono un ruolo chiave il partner nell'apertura del commercio mondiale (l'UE) e la NATO quale principale stanza di compensazione degli interessi strategici delle diverse frazioni della Borghesia Imperialista.
E del resto basti pensare che, come speriamo non sia sfuggito a nessuno, lo stesso processo di allargamento dell'UE - deciso mentre si svolgono i lavori della Convenzione europea e tra sortite propagandisticamente anticipatorie dello stesso Governo dell'Unione (la Commissione) sulla prossima configurazione istituzionale del polo imperialista europeo - è stato gestito preventivamente con i diversi trattati di adesione alla NATO da parte dei paesi candidati all'ingresso. Ragioni per cui, anche in questo numero, ci si è sforzati di continuare ad analizzare gli sviluppi del processo di rafforzamento della presenza NATO nelle diverse aree come le iniziative politiche e propagandistiche della Borghesia Imperialista in questo ambito (vertice di Praga).
Sotto il secondo profilo, è noto come la guerra al terrorismo internazionale costituisca una strategia di controrivoluzione preventiva elaborata fin dagli anni '60 dal National Security Council del Governo USA e generalizzata nel corso degli anni '70 ai diversi Stati alleati quale modello di intervento controrivoluzionario all'esterno ed all'interno di questi paesi.
Questa strategia si era concretizzata nella gestione di operazioni di guerra in conflitti a bassa intensità e con forze schiaccianti basandosi su processi di localizzazione dei conflitti e sullo schiacciante predominio tecnologico USA. Una strategia che già negli anni '80, per acquietare gli animi dei difensori della legalità interna ed internazionale, aveva sancito sul piano delle relazioni e del "diritto" internazionale la legittimità di azioni belliche di difesa preventiva a favore delle potenze imperialiste (diritto di cui, ad esempio, hanno memoria i proletari libanesi o libici bombardati in quegli anni dalla flotta e/o dall'aeronautica USA).
Perciò, anche sotto questo profilo, se qualcosa va sottolineato nelle linee strategiche elaborate dalla più recente "strategia della sicurezza nazionale degli USA" è che al di là dell'affermazione del diritto a intraprendere guerre preventive per sgominare alcune esagitate "migliaia di terroristi addestrati ... ancora liberi in cellule sparse per l'America del Nord, l'America del Sud, l'Europa, l'Africa, il Medio Oriente e per tutta l'Asia" (G.W. Bush, La strategia della sicurezza nazionale degli USA, settembre 2002), ciò che è andato in crisi e che si tenta di superare con nuove tipologie di intervento militare è proprio il dispositivo operativo della guerra in conflitti a bassa intensità che aveva già evidenziato i propri limiti nella guerra contro l'Iraq e nei successivi interventi in Somalia e Yugoslavia. Ciò che più preme all'Amministrazione USA, col suo scatenamento della "guerra mondiale al terrorismo" e con la riformulazione dell'art. 5 del Trattato NATO, è di chiamare a raccolta le istituzioni sovranazionali ed i Governi della Borghesia Imperialista per sostenere ed affrontare insieme le prossime guerre ai vari Stati canaglia, cioè operazioni belliche di ben altra portata di quelle che hanno contraddistinto gli anni '80 del secolo scorso. D'altro canto, come veniva evidenziato già alla fine di quegli anni, "tutti i problemi che l'amministrazione USA ha cercato di affrontare in chiave esclusivamente di centralità dell'"interesse nazionale", si sono puntualmente, sotto sua spinta, tradotti in problemi ancor più grossi e di dimensioni sovranazionali" (Collettivo Wotta Sitta, Aqui no se rinde nadie!, 1989).
Il fatto è che in regime capitalista è lo sviluppo (ineguale) a creare le crisi e, nei diversi periodi di accumulazione, a riprodurle su scala allargata. Ciò determina la necessità di "rivoluzionare" continuamente i modi di produrre ed i sistemi di dominazione politico-militare globale. Problemi che determinano, sul piano del controllo/gestione della forza-lavoro e della strutturazione degli apparati e delle operazioni di controrivoluzione preventiva, delle ricadute evidenti nella stessa metropoli imperialista. La cosiddetta flessibilizzazione della forza-lavoro come la riduzione delle classiche garanzie sociali e "civili" che costituivano il vanto dei regimi "democratici" delle grandi potenze occidentali sono sempre più all'ordine del giorno nelle agende dei loro Governi. Anche su tale piano questo lavoro di Senza Censura si è sforzato di apportare un proprio contributo al processo di ricostituzione dell'autonomia proletaria non dimenticando che si riaffaccia all'orizzonte un fenomeno che la propaganda di regime e le fanfare che hanno accompagnato l'introduzione dell'euro e la "stabilità" garantita dai parametri di Maastricht davano per scongiurato nel medio periodo: la stagflazione.




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