Senza Censura n. 8/2002
[ ] Palestina: una verifica per molti
Tra pressing delle lobby filo-israeliane e inerzia della "sinistra".
Intervento del Forum Palestina.
Dopo il successo della manifestazione nazionale per la Palestina del 9 marzo, la prima e la più grande in Europa, stiamo assistendo ad una profonda controffensiva politica e culturale delle forze filo-israeliane nel nostro paese. Boicottaggio dell'economia israeliana, sostegno ai campi profughi e presenze internazionali sul campo, campagne per la liberazione dei prigionieri palestinesi: come e su cosa rilanciare la mobilitazione nei prossimi mesi.
Il problema che sta emergendo clamorosamente nelle ultime settimane, è uno straordinario arretramento politico delle forze della sinistra e dei sindacati ufficiali sulla questione della Palestina e sull'escalation della guerra infinita.
Da un lato sono evidenti i risultati del fortissimo e prevedibile pressing dei gruppi di pressione e opinione filo-israeliani. Queste pressioni sono state un mix di aggressività squadristica (contro le manifestazioni per la Palestina, sotto la sede del PRC o con l'aggressione a Luisa Morgantini all'uscita da Sciuscià passata praticamente sotto silenzio) e di campagne stampa mirate.
Ad esempio la manipolazione della manifestazione di Roma del 6 aprile - una manifestazione di 40.000 persone criminalizzata perchè sarebbe stata aperta da uno vestito da kamikaze - è stata speculare al rilancio della trappola sul rischio antisemitismo.
Queste operazioni hanno prima messo sulla difensiva i partiti della sinistra e poi sono entrate come una lama nel burro offrendo l'occasione per sfilarsi da ogni manifestazione che mettesse al centro i diritti del popolo palestinese, la sua resistenza all'occupazione e rifiutasse ogni assurda simmetria tra questi e la politica dello Stato di Israele. E' inevitabile che se si costruiscono progetti e ambizioni politiche solo sull'immagine e sul riflesso che si ottiene nei mass media, quando i mass media ricevono l'ordine di "rettificare il tiro", quella forma di rappresentazione si ritorce indietro come un boomerang costringendo ad una ritirata politica o ad una crisi di progetto.
In questo clima, in alcune città come Roma, si è arrivati al paradosso di ritenere sbagliato dedicare alla resistenza palestinese le manifestazioni del 25 Aprile che celebrano la vittoria della resistenza in Italia.
Sulla Palestina, è venuta emergendo tutta l'inadeguatezza di una cultura politica che, negando l'imperialismo come fase storica, non riesce più a visualizzare in modo coerente le contraddizioni internazionali, le forze campo e le categorie di interpretazione. L'escalation a cui stiamo assistendo in questi mesi, travolge anche alcune illusioni "democratiche" che erano state alimentate in questi anni.
Nel dibattito che ad esempio si è aperto con settori del "correntone" dei DS, sono state poste alcune domande precise. Come si fa a indicare l'ONU come referente se una manifestazione che chiede l'applicazione delle risoluzioni dell'ONU viene tacciata di "estremismo"? Dopo che è stata bombardata la Jugoslavia in nome dell'ingerenza umanitaria, come si fa a rimanere del tutto inerti di fronte all'emergenza umanitaria in Palestina? Perchè non ci si batte per l'apertura dei corridoi umanitari tesi a far arrivare alla popolazione palestinese medicinali, viveri, assistenza? Dov'è finito tutto quel mondo di associazioni umanitarie e ONG che si lanciò nell'emergenza umanitaria in Kossovo, affiancando e talvolta legittimando le stesse operazioni militari della NATO? Come si può pretendere che l'Iraq accetti le ispezioni dell'ONU quando a Israele viene consentito di rifiutarle o di scegliersi addirittura gli ispettori? Come si fa a celebrare la strage nazista di Marzabotto, a indignarsi giustamente di fronte al sistema delle punizioni collettive e ai rastrellamenti di tutti "gli uomini sopra ai 16 anni" e poi negare che le forze armate israeliane a Jenin o nelle città palestinesi hanno adottato lo stesso modello? Come si fa a sottrarsi alle richiesta di rottura delle relazioni diplomatiche ed economiche con Israele o all'adozione di sanzioni quando in questi dieci anni si è taciuto, sottovalutato o collaborato con gli embarghi contro l'Iraq e la Jugoslavia? E' evidente che ci sono contraddizioni ma anche uno spazio politico enorme per una battaglia politica e culturale dentro la sinistra.
La significativa esperienza della manifestazione del 9 marzo I compagni del Forum Palestina, hanno lavorato affinchè intorno alla lotta di liberazione del popolo palestinese si creasse uno schieramento ampio ma non generico, in tal senso hanno coniugato la fermezza sui contenuti con la flessibilità di gestione necessaria a mettere in piedi una manifestazione di massa e unitaria.
L'aver saputo coniugare obiettivi coerenti e capacità di iniziativa politica, ha trovato conferma nella manifestazione nazionale di solidarietà con la Palestina del 9 marzo, una manifestazione alla quale hanno partecipato centomila persone che hanno condiviso una chiave di lettura e contenuti che rifiutano apertamente ogni equidistanza tra l'occupazione israeliana e i diritti del popolo palestinese. Quella manifestazione ha via via assunto un'importanza politica assai superiore alle aspettative. Il Forum Palestina era partito con un appello ad ottobre nel quale veniva individuato come gli effetti degli attentati dell'11 settembre e della guerra infinita scatenata dagli Stati Uniti e da Israele, avrebbero avuto il loro punto rivelatore in Medio Oriente. Per mesi la preparazione di quella manifestazione aveva incontrato solo reticenze, resistenze ed una generale sottovalutazione politica nelle forze della sinistra e dentro il movimento dei social forum (in modo particolare quello di Roma).
Anche quando è stato deciso di procedere ad una forzatura convocando una data precisa per la manifestazione nazionale per la Palestina, emergeva che, se sul piano politico questa sarebbe stata comunque un risultato significativo, non era immaginabile che avrebbe trovato una attenzione ed un consenso così ampi (ma, allo stesso tempo avrebbe messo in moto contromisure, boicottaggi e trappole notevoli a tutti i livelli).
Se la manifestazione del 9 marzo è riuscita mantenendo la data, i contenuti e la gestione democratica previsti nella sua convocazione, è stato perchè era politicamente forte e chiara. Oggi non é possibile nè accettabile parlare di pace in Medio Oriente senza mettere radicalmente in discussione il modello colonialista israeliano. E se si comprende questo, non si può negare il diritto alla resistenza con ogni mezzo nella lotta di liberazione nazionale ingaggiata dal popolo palestinese e dalle sue organizzazioni contro l'occupazione militare e coloniale israeliana.
La mobilitazione sulla Palestina e "lo spirito di Genova" La manifestazione del 9 marzo è stata - in tal senso - uno spartiacque. Ha dimostrato che si possono fare manifestazioni di massa internazionaliste anche senza capitolare politicamente per poter usufruire dell'apparato organizzativo dei grandi sindacati o delle grandi associazioni. E' stata una dimostrazione di grande autonomia politica e organizzativa e di unità che ha risistemato un bel pò di ambiguità e convinzioni venute fuori da Genova in poi in quello che viene definito per comodità "movimento no global".
Il Forum Palestina, ha più volte chiarito di non aver avuto né di voler avere alcun atteggiamento conflittuale o competitivo con altri istanze, nè con il PRC (o meglio una parte di esso, visto che una ampia parte del partito si é schierata con convinzione nella mobilitazione sulla Palestina) o con i social forum, al contrario, ritiene di doversi confrontare con tutte queste realtà partendo però da posizioni chiare sulla lotta di liberazione della Palestina e ritenendo che esse siano pienamente legittime. Questo tentativo di confronto si era già manifestato in passato, ad esempio nella valutazione e nelle mobilitazioni sulla "guerra infinita" cominciata in Afganistan, ma posizioni antimperialiste come quelle espresse dalla manifestazione del 9 marzo avevano incontrato molte difficoltà ad esprimersi perchè "lo spirito di Genova" dilagava un pò troppo acriticamente in ogni situazione. Dopo il 9 marzo se ne può discutere con maggiore serenità perchè le possibilità, le opzioni, le divergenze e i punti di unità sono a questo punto più chiari.
Continuare la mobilitazione per la Palestina Nella società, sono molti i lavoratori, gli studenti, le persone che non si approcciano più ai problemi tramite l'appartenenza ad un partito o a un sindacato o altro. In queste settimane molti hanno potuto verificare come anche sulla situazione in Palestina ci sia molta più maturità tra la gente comune che nel ceto politico. Ragione per cui la mobilitazione sulla Palestina ha viaggiato dentro la società anche senza l'autorizzazione a procedere dei vecchi e nuovi apparati. A Roma, il presidio di piazzetta S. Marco ha raccolto 20.000 firme su una petizione di solidarietà con la Palestina ed ha retto per quasi un mese in completa autonomia politica e organizzativa dagli apparati. I presidi in piazza a Milano, Firenze, Novara, Torino, Napoli, hanno visto la partecipazione, l'attenzione la sensibilità della gente comune e la latitanza delle forze politiche istituzionali.
Le reti di discussione, le reti di posta elettronica, i contatti diretti, le radio di movimento, riescono in molti casi ad aggirare i silenzi e i boicottaggi dei mezzi di informazione ufficiali. Sono nati o stanno nascendo in molte città comitati, forum e coordinamenti sulla Palestina. E' un segnale interessante ed uno spazio su cui lavorare.
C'è dunque necessità di ingaggiare una battaglia politica e culturale sia nella sinistra sia con i vari settori sociali (lavoratori, studenti etc.).
Ad esempio la campagna di boicottaggio dell'economia di guerra israeliana può diventare un formidabile strumento di informazione a livello di massa. I presidi davanti ai centri commerciali invitando la gente a boicottare l'acquisto di prodotti in cui sia presente il capitale finanziario israeliano, possono veicolare enormemente la solidarietà con la resistenza palestinese.
Il boicottaggio può diventare così lo strumento concreto con cui i movimenti di solidarietà partecipano alla lotta di liberazione della Palestina isolandone ed indebolendone l'avversario.
Di questa campagna nazionale di solidarietà con la lotta del popolo palestinese, se ne è discusso in una assemblea nazionale del Forum Palestina e dei comitati di solidarietà che si è tenuta a Firenze alla fine di aprile. Tra le decisioni emerse vi è la convocazione della "Settimana nazionale di boicottaggio dell'occupazione israeliana" per la prima settimana di giugno. Le altre iniziative decise in questa assemblea nazionale sono altrettanto importanti.
La campagna di boicottaggio dell'occupazione israeliana Dai contatti con organismi che in altri paesi europei hanno già avviato la campagna di boicottaggio (in modo particolare la Danimarca e il Belgio) emerge la possibilità e necessità di coordinare questa campagna a livello europeo.
La campagna di boicottaggio dell'economia di guerra e dell'occupazione israeliana della Palestina va articolata in varie direzioni: C'è un primo livello che è quello istituzionale europeo, nazionale e locale chiedendo il congelamento di tutti gli accordi bilaterali con istituzioni ed entità israeliane da parte dell'Unione Europea (Trattato di associazione con Israele), del governo italiano (l'accordo quadro siglato a giugno del 2000 tra Italia e Israele o le forntiure militari israeliane per le forze armate italiane e viceversa) e degli enti locali (sospendere tutti i progetti bilaterali, i gemellaggi etc. con istituzioni israeliane); C'è un secondo livello, quello delle aziende italiane che investono sul mercato israeliano chiedendo il disinvestimento e, in caso contrario, il boicottaggio delle aziende italiane che continuano ad avere rapporti economici con Israele. Si tratta di grandi società come la Telecom o le Generali o di aziende come Bassetti, Bosca o di aziende del settore militare come l'Alenia. Un aspetto particolare riguarda i terminali portuali e aereoportuali che gestiscono il traffico merci da e verso Israele.
Un coinvolgimento dei lavoratori in questo livello di iniziativa è fondamentale.
C'è un terzo livello, quello più "popolare e diffuso" ossia i prodotti delle aziende israeliane presenti sul mercato italiano, boicottandone l'acquisto, le forniture, la distribuzione e la logistica. E' il caso delle sementi transgeniche della COIS '94 (di proprietà della israeliana Hazera Genetics), degli elettrodomestici OCEAN (di proprietà della israeliana Elco) e di tanti altri prodotti su cui è stata realizzata e verificata una lista da distribuire davanti ai centri commerciali.
Solidarietà con i campi profughi palestinesi e presenza internazionale Il secondo dei gruppi di lavoro dell'assemblea nazionale di Firenze ha avuto il compito di articolare campagne e progetti sulle emergenze segnalate da tempo dai compagni palestinesi: Va attivato il sostegno diretto ai campi profughi e alle città palestinesi devastate dalla occupazione israeliana tramite l'adozione dei vari campi. Sono stati individuati tre campi uno a Gerusalemme, uno a Betlemme e uno nel Libano del Sud (quest'ultimo per non rinunciare in nessun caso a porre la questione del "Diritto al ritorno dei profughi palestinesi"). Occorre avviare subito il monitoraggio sul campo ed avviare la raccolta di soldi, medicinali, generi di prima necessità ma anche computers e tecnologie. C'è da verificare ed insistere sull'apertura di corridoi umanitari che consentano di far arrivare a destinazione i materiali che sono stati già raccolti o potranno essere raccolti con le varie campagne o progetti di solidarietà.
In tale contesto si sono rivelate assai importanti le "missioni internazionali di protezione" della popolazione palestinese che hanno visto la presenza sul campo di decine di osservatori europei che hanno in molti casi impedito distruzioni, abusi, uccisioni da parte delle forze armate israeliane.
Campagna per la liberazione di Bargouti, Saadat e dei prigionieri palestinesi Il terzo gruppo di lavoro ha previsto l'attivazione di una rete di solidarietà con le organizzazioni palestinesi. Occorre fare una ampia campagna che porti i governi europei ad esempio a revocare l'adesione alla messa fuorilegge di alcune organizzazioni palestinesi come il FPLP (oltre a quelle kurde e turche) sulla base delle liste nere messe in piedi dagli Stati Uniti e da Israele.
In secondo luogo occorre attivare campagne di informazione e solidarietà con i prigionieri politici palestinesi. C'è una campagna internazionale su Marwan Bargouti. ma ci sono anche 8.000 detenuti nel campo di concentramento di Ansar 3 nel deserto del Negev e ce ne sono altre migliaia nelle carceri israeliane da anni. Infine c'è il caso di militanti palestinesi "custoditi" in carceri palestinesi sotto controllo anglo-americano come il segretario del FPLP Ahmed Sadaat.
Su questi casi occorre attivare le associazioni dei giuristi in Italia ed i contatti con le organizzazioni giuridiche e dei diritti umani palestinesi ed israeliane. Diversamente da questa campagna sui prigionieri, ma importante nel quadro delle mobilitazioni da prendere, c'è anche la solidarietà con i refusnik e gli obiettori israeliani che hanno rifiutato di andare a sparare nei territori palestinesi occupati.
Anche se l'offensiva delle lobby filo-israeliane e la "ritirata politica" delle forze ufficiali della sinistra e del centro sinistra, cercheranno in tutti i modi di neutralizzare o seppellire la solidarietà internazionalista con la lotta del popolo palestinese, questa battaglia ha la legittimità e le condizioni per stabilizzarsi e crescere ridando energia alle forze che non hanno liquidato una visione antimperialista.
Forum Palestina
Informazioni, iniziative, documenti per la solidarietà con la Palestina www.Forumpalestina.org
e-mail: forumpalestina@libero.it
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