Senza Censura n. 8/2002

[ ] Nato e Mediterraneo

Progettualità e conflitti nelle strategie di infiltrazioni imperialiste nell'area.

L'attuale fase del conflitto sionista palestinese e il tentativo di gestione della sua soluzione all'interno degli interessi dell'imperialismo, ricolloca in primo piano la questione mediterranea
Questo non fa certo dimenticare il dato principale della attuale fase ma al contrario tende a confeermarla in tutta la sua attualità: la "guerra al terrorismo" come strategia di dominio dell'imperialismo per far fronte alle contraddizioni generate da una crisi a cui non trova soluzione, all'interno di una generale ridefinizione delle gerarchie tra le varie fazioni della borghesia imperialista.
Il Mediterraneo rappresenta una zona che più volte abbiamo definito strategica per il controllo e il passaggio delle risorse e rappresenta inoltre un mercato di centinaia di milioni di abitanti.
La necessità del suo controllo rientra in pieno in quello scontro tra fazioni della borghesia, in particolare Usa e Ue, per ridefinire, all'interno della attuale fase, le gerarchie di dominio.
L'Europa ha ormai intrapreso un lento cammino nella creazione di un spazio di libero mercato in tutta l'area mediterranea che mira a tutelare gli interessi della propria borghesia. Ma gli interessi della borghesia Usa sono ben tutelati dal suo apparato politico-militare industriale bellico, la Nato, dalla presenza sionista e della Turchia, e non solo
Nell'attuale fase di attacco della borghesia Usa sul piano internazionale si va a determinare la totale subalterneità e complementarietà del ruolo dell'Europa nei confronti degli interessi della borghesia Usa e Gb. Un ruolo profondamente ridimensionato rispetto a quanto si prospettava durante e immediatamente dopo l'attacco alla Jugoslavia.
La lotta del Popolo Palestinese, nella sua portata storica antimperialista, si inserisce all'interno di questo quadro, con tutta la sua capacità destabilizzante, rigenerando, se mai si fosse sopita nelle masse arabe, la consapevolezza della inscindibilità della lotta al nemico sionista con quella della lotta contro l'imperialismo americano e la sua strategia di guerra e di dominio.
Nei paesi arabi la lotta del popolo palestinese ha visto a suo sostegno, il coagularsi di numerosi settori che potenzialmente possono rappresentare una base di partenza per un nuovo movimento di liberazione, indipendentemente della loro attuale direzione, islamica o meno, così come per l'opposizione ai governi filo imperialisti dei propri paesi.
Non è un caso che per molti l'attuale strategia dell'europa e della borghesia imperialista nella sua totalità sui paesi del mediterraneo viene definita ricolonizzazione.
Tale processo di recolonizzazione si rivolge ad una zona quella mediterranea con un mercato di 700 milioni di abitanti, con enormi risorse energetiche.
La creazione di una zona di libero scambio nel 2010 tra l'Europa e i paesi mediterranei è anticipata da un processo di modifiche strutturali imposte agli stati aderenti.
In preparazione della Conferenza dei Ministri degli esteri tenutasi a Valencia nel mese di aprile 2002, la Commissione Europea ha avviato un'iniziativa per imprimere un nuovo impulso al processo di Barcellona, riconoscendo il potenziale ancora racchiuso nella zona euromediterranea e la necessità di svilupparlo ulteriormente. Gli eventi dell'11 settembre 2001 hanno in seguito conferito una nuova urgenza e un'importanza ancora maggiore a tali sforzi.
Sempre secondo la Commissione Europea il processo di Barcellona è divenuto, per tutti i 27 paesi che vi partecipano, una grande risorsa strategica, politica ed economica. In particolare, da quando è stato rafforzato nel 2000 a Marsiglia, questo processo è stato accompagnato da una forte spinta politica, che ha consentito di compiere ambiziosi progressi concreti, gettando le basi per la costituzione di un mercato unico entro il 2010 tra i paesi aderenti.
Nel settembre 2001 è stato firmato l'accordo con l'Egitto, prima della fine del 2001 sono stati ultimati i negoziati con l'Algeria e con il Libano, realizzando così tre dei quattro obiettivi stabiliti dalla Commissione. Sono in corso negoziati con la Siria, ma non hanno fatto significativi passi avanti nel 2001. Nella sua comunicazione la Commissione ha fatto appello agli Stati membri perché accelerino la ratifica dell'accordo con la Giordania e definiscano procedure di ratifica più celeri per i futuri accordi..
I ministri del commercio euromediterranei (EM) si sono riuniti per la prima volta nel maggio 2001 con l'intento di sviluppare ulteriormente gli scambi nella zona mediterranea. La Commissione ha proposto di favorire l'armonizzazione delle norme per il libero commercio, accelerare i lavori preparatori della liberalizzazione dei servizi e sviluppare le misure di armonizzazione in settori prioritari in vista del mercato unico.
La Commissione ha accolto con favore e sostiene pienamente l'intenzione dei quattro paesi che hanno firmato accordi di associazione (Marocco, Tunisia, Egitto, Giordania) di creare tra loro una zona di libero scambio (processo di Agadir) e di aprirla ad altri firmatari di tali accordi.
I documenti di strategia nazionale e i programmi indicativi elaborati in stretta consultazione con i partner mediterranei e gli Stati membri concentrano il programma MEDA (progetti di finanziamento interni al processo di Barcellona per il supporto alle manovre di ristrutturazione) per il periodo 2002-2006 sui settori ad alta priorità nel quadro degli accordi di associazione.
La Commissione nello stesso documento afferma che "la conclusione di undici dei dodici accordi di associazione apre un nuovo capitolo nelle relazioni euromediterranee. Quasi tutti i partner sono ora impegnati in un processo di smantellamento delle tariffe e di progressiva instaurazione di una zona di libero scambio con l'UE. Vi sono anche iniziative importanti quali il processo di Agadir, volto a sviluppare il libero scambio tra i paesi del Sud, che accrescerà l'importanza della zona di libero scambio EM. La maggior parte dei partner ha avviato, nell'ultimo decennio, riforme importanti e ambiziose, i cui risultati sono stati però finora ineguali. Il ritmo dell'ammodernamento economico dovrebbe essere mantenuto e anzi accelerato per produrre i risultati attesi in termini di crescita economica e maggiore competitività industriale".
E' interessante andare a osservare in che cosa si traduce il riammodernamento economico e gli adeguamenti prospettati dalla Commissione Europea, o meglio il livello di politica di rapina che la borghesia europea intende adottare nei confronti dei proletari dei paesi mediterranei.
Una delle linee guida della politica di ristrutturazione del sistema economico-produttivo e finanziario in Egitto, prevista per gli anni 2002-2006, è la completa denazionalizzazione, ormai avviata, dei pilastri della sua economia.
Un mercato libero deve essere prima di tutto libero da qualsiasi vincolo che possa in qualche modo impedire le politiche di penetrazione nei settori fondamentali, creando le condizioni, alla affamata borghesia europea, per una adeguata valorizzazione del proprio capitale.
In particolare per quanto riguarda l'Egitto le indicazioni vanno nella direzione di una completa vendita del settore industriale pubblico attraverso la costituzione di joint ventures oltre che alla vendita di parte del settore delle telecomunicazioni (ad esempio Egypt Telecom) posseduto dallo stato. La privatizzazione del sistema finanziario statale rimane uno degli obiettivi principali anche se le 4 banche principali di stato, secondo gli analisti, non sono facili da collocare in breve tempo.
Abbiamo più volte affrontato le politiche di riadeguamneto strutturale in Algeria ed in particolare l'evoluzione del suo ruolo all'interno del processo di ridefinizione degli equilibri e delle gerarchie del sistema imperialista.
Secondo rapporti ufficiali è fondamentale velocizzare i passaggi per il suo accesso all'interno del WTO, in particolare per la sua importanza per quanto riguarda l'approvvigionamento di risorse energetiche e il loro controllo.
Parallelamente devono essere sviluppati ulteriormente i processi di privatizzazione, peraltro componente dei programmi da intraprendere per l'entrata ufficiale nel WTO, attraverso la creazione di un Centro per la Privatizzazione, oltre che attraverso le riforme legislative, che attuate consentiranno la privatizzazione del settore minerario, idrocarburi, elettricità e telecomunicazione. Per quanto riguarda il settori trasporti, aereo, ferroviario e portuale, si prevede la creazione di soggetti privato/pubblico aprendo sostanzialmente agli interessi legati al trasporto delle merci.
Secondo gli indici del FMI l'Algeria ha un rapporto "trade restrictiveness" di 7/10 e richiede quindi uno sforzo massiccio nel processo di privatizzazione.
Nei prossimi anni l'Algeria dovrà adeguare la sua normativa in tema di commercio e transazioni finanziarie a quella Ue in previsione della creazione della zona di libero mercato.
L'Algeria ha firmato il 12 Aprile 2002 , ufficialmente il 24 Aprile in occasione della Conferenza dei Ministri degli Esteri Euromediterranei, l'Accordo di Associazione con la Ue che come è facile immaginare è un patto che sancisce la piena adesione agli interessi della borghesia imperialista europea nell'area.
L'accordo, come per gli altri paesi firmatari, instaura la liberalizzazione degli scambi bilaterali, la liberalizzazione di un gran numero di prodotti agricoli, la liberalizzazioni di numerosi settori produttivi e finanziari
Interessante è che all'interno dell'accordo viene fatto espressamente riferimento alla piena applicazione delle norme, per quanto riguarda il libero commercio, agli scambi commerciali con la Turchia in quanto paese che gode all'interno dei rapporti con la Ue dei "benefici" previsti per i paesi membri.
Come vedremo in seguito le contraddizioni generate dalla pesante ristrutturazione operata, che hanno generato un progressivo peggioramento e impoverimento del proletariato locale e il conseguente sviluppo di un forte conflitto sociale, richiedono un supporto finanziario da parte della borghesia imperialista per intervenire là dove le contraddizioni mettono a rischio i suoi interessi.

Il Marocco, sebbene inserito da tempo all'interno del mercato europeo per una quota dei suoi prodotti, viene considerato lento nei suoi processi di ristrutturazione ed in particolare per quanto riguarda la privatizzazione dei settori finanziari pubblici, trasporti ferroviari e portuali. Secondo la Carta Strategica Progetto Euromediterraneo per il Marocco viene prospettato un aumento sostanziale delle riforme che consentano una sempre maggiore gestione privata delle infrastrutture. Riforme istituzionali sono in corso per adeguarsi alle necessità del commercio internazionale e ai processi di creazione di un mercato di libero scambio mediterraneo. Il settore del trasporto su ruota è stato privatizzato dal 2000 ma troverà una sua piena attuazione entro il 2003 con una conseguente liberalizzazione delle tariffe. Per il settore ferroviario sono in programma pesanti ristrutturazioni che porteranno alla eliminazione del "monopolio" pubblico, così come per il settore marittimo e aereo.
Forti saranno nel periodo 2002-2006 le riforme tendenti a consentire una sempre maggiore libertà di circolazione dei capitali.
E' interessante notare che uno dei punti cardine per il Marocco, come per tutti i soggetti coinvolti nel progetto mediterraneo, sia rappresentato dalle riforme tese a garantire la proprietà intellettuale, industriale e commerciale, peraltro indicazioni comuni alla apertura al libero mercato globalizzato dettate dal FMI.

L'orientamento strategico per la Tunisia, con l'obiettivo di mantenere un quadro economico stabile adatto all'apertura dei capitali internazionali, va nella direzione di una ulteriore profonda ristrutturazione, sia economica sia del settore finanziario, che ponga al centro la valorizzazione del capitale privato. Secondo gli analisti esteri la Tunisia dispone di servizi finanziari ancora troppo legati allo stato, "richiedendo" una immediata privatizzazione di tale settore. Le indicazioni Ue chiedono uno veloce sviluppo del processo di apertura ai capitali e alle merci internazionali parallelamente all'avanzamento del processo di privatizzazione e deregolamentazione dei servizi di trasporto e della gestione dei porti. Il commercio della Tunisia, è bene ricordare, avviene per il 95 % attraverso i porti.

La maggior parte del sistema industriale siriano è in mano a compagnie statali. Almeno finora. Le riforme economiche previste per il 2002-2006, come riportato dalla documentazione ufficiale EM, dovrebbero ridimensionare sostanzialmente questo dato. Alcuni settori saranno aperti ai capitali stranieri, le compagnie pubbliche saranno trasformate in joint venture. Anche il settore finanziario verrà privatizzato creando soggetti pubblico privati, processo già avviato nell'Aprile 2001 consentendo l'acquisizione del 49% del capitale al capitale straniero. La Siria è insieme all'Algeria il paese che ha un surplus nei rapporti commerciali con l'Europa. Basti pensare che l'Europa importa il 62% dei prodotti petroliferi siriani.
Il primo intervento sul complesso industriale siriano sarà rappresentato da una attenta valutazione su quali passaggi si dovranno compiere per adeguarlo ad una economia di mercato e renderlo competitivo all'interno della zona di libero scambio EM.
Per il 2004 è previsto un intervento massiccio per lo sviluppo del settore privato.

Per tutto il 2001 e in parte nel 2000, il Libano ha portato avanti un processo costante di ristrutturazione generale attraverso una trasformazione del suo sistema legislativo per garantire gli interessi del capitale e della sua valorizzazione (legge sul commercio, sui trasporti, ecc..), privatizzato il settore elettrico, acqua, telecomunicazioni e compagnia aerea, (MEA airline, Electricité du Liban); ha aumentato il suo commercio attraverso gli Accordi di Associazione ( il Libano è tra i "capofila" tra i partner Ue), con l'entrata nel WTO e nella Arab Free Trade Area, aprendo alle esportazioni con la eliminazione e la riduzione delle barriere doganali in prospettiva della zona di libero commercio.
All'interno degli accordi tra ue e Libano viene evidenziata la necessità di rendere stabile il sistema economico libanese intervenendo in particolare per far avanzare i processi di privatizzazione e una politica finanziaria e fiscale che garantisca gli interessi della borghesia imperialista, sviluppando un sistema che promuova e protegga i capitali stranieri. Il settore energetico deve essere ristrutturato per essere adeguato nella produzione e nella distribuzione ad una futura interconnessione mediterranea.

La Giordania ha perseguito una chiara politica di liberalizzazione del commercio e riformato la sua legislazione in senso liberista, oltre che essere il primo paese del Mashrek a firmare l'Accordo di Associazione con la Ue nel 1997. L'attuazione del processo di liberalizzazione è confermato dalla sua piena adesione al WTO e la piena partecipazione alla Arab Free Trade Zone insieme a Egitto, Marocco e Tunisia per la costruzione di un mercato di libero scambio nel mediterraneo.
Gli investimenti stranieri si sono concentrati nei settori industriali di recente privatizzazione. Sono state acquistate dal capitale europeo ad esempio francese Telecom e Cementi e da quello spagnolo i Duty Free Shop. Tuttavia gli investimenti vengono ritenuti insufficienti e concentrati in settori non produttivi (ad esempio costruzioni). La tendenza è rappresentata dal tentativo di passare da un sistema pubblico a uno privato in modo da ristrutturare il suo sistema economico e finanziario per garantire gli interessi della borghesia internazionale.
Il processo di privatizzazione avviene con una certa prudenza cercando di creare i presupposti per ottenere un certo consenso interno nei confronti di tale politica.
Il primo pacchetto di privatizzazioni si è completato con circa il 75% delle aziende privatizzate ma, secondo gli analisti della Commissione Europea, le attuali privatizzazioni non riusciranno a passare indolori, se le precedenti lo sono state, a causa del grosso debito di bilancio accumulato. La Jordan Phosphate Mines Company (JPMC) e Arab Phosphate Company (APC); rappresentano aziende appartenenti a due settori chiave della economia giordana. La privatizzazione provocherà, secondo gli stessi analisti, gravi ripercussioni sui lavoratori e non serviranno le momentanee politiche di contenimento e salvaguardia dell'occupazione. Ulteriori processi di privatizzazione avverranno nel settore postale, energetico, acqua e trasporto aereo (Aqaba Port), .

Le potenzialità di conflitto delle politiche di crisi e la conseguente necessità di un quadro di sicurezza e controllo sociale del proletariato mediterraneo hanno determinato una strategia controrivoluzionaria che si articola attraverso due elementi chiave: una campagna internazionale di guerra contro il proletariato, che permette in nome della lotta al terrorismo di intraprendere qualsiasi azione militare interna e esterna, e lo sviluppo di cooperazione militare con la Ue con l'utilizzo di finanziamenti, attraverso la cooperazione governativa e non governativa, mirati a diluire l'impatto sociale delle riforme imposte. Per questo diviene fondamentale il ruolo del Foro Civile Euromediterraneo e della società civile nella gestione opportunista delle contraddizioni.

I Finanziamenti Meda
a sostegno delle ristrutturazioni
Solo il programma di finanziamento MEDA per il periodo 2002-2006 si attesta sui 535 miliardi di euro, e questo per quanto riguarda gli interventi diretti previsti dagli accordi di Barcellona . Devono essere aggiunti a questa cifra i contributi finanziari provenienti dai singoli governi nazionali e da altri fondi comunitari e gli interventi privati.
Le riforme avviate in Egitto hanno creato un forte peggioramento delle condizioni di vita aumentando il divario tra le classi. Sono gli stessi documenti che affermano che la maggioranza dei giovani è convinta che non ci sono prospettive reali perché possa essere vinta la disoccupazione. Per l'Egitto, solo per quanto riguarda l'intervento EM, sono previsti finanziamenti per circa 800 milioni di euro. Molti di questi finanziamenti sono indirizzati verso i processi di privatizzazione, e molti hanno come obiettivo, così come per gli altri paesi, di operare una massiccia riforma dell'istruzione, assumendosi, in chiave chiaramente borghese, la soluzione del problema attraverso la creazione di professionalità funzionali ai propri interessi e a contenere, con brevi periodi di formazione con l'illusione di un lavoro, le giuste rivendicazioni proletarie.
Per quanto riguarda gli altri paesi la situazione non si sposta di una virgola.
L'Algeria ha una situazione di povertà in netto peggioramento per quanto riguarda la disoccupazione che si aggira intorno al 30 % contro un 17% del 1987. I finanziamenti previsti si aggirano intorno ai 150 milioni di euro che vanno ad aggiungersi ad oltre 180 milioni dal 1996 al 2000 e ai 620 milioni stanziati dalla BEI.
La Tunisia vede crescere il livello della disoccupazione. Un ulteriore peggioramento viene previsto per il futuro a fronte delle ristrutturazioni e privatizzazioni in progetto. Sono previsti per il 2002-2006 consistenti aiuti anche per cercare di accompagnare l'impatto sociale conseguente alle ristrutturazioni. Solo nel 99 la Tunisia ha ricevuto aiuti finanziari per oltre 400 milioni di euro e si prospettano per i prossimi 4 anni finanziamenti EM per almeno 250 milioni di Euro.
Il Marocco rischia di acuire un conflitto sociale che cova da tempo che va ad unirsi ad una ormai strutturale crescita del flusso migratorio. Uno dei progetti di finanziamento riguarda la creazione di strumenti che permettano di regolare fin dalla riva sud del mediterraneo la domanda di merce umana secondo il sistema delle quote d'entrata. Il Marocco ha ricevuto negli ultimi 5 anni oltre 2,2 miliardi di euro di finanziamenti all'interno dei progetti EM e per i prossimi due anni sono previsti interventi EM per circa 900 milioni di euro.
La Giordania si confronta con un impoverimento del proletariato rurale e metropolitano,aumento della disoccupazione particolarmente tra le donne e il proletariato giovanile. Nel periodo 1996 2000 ha ricevuto finanziamenti EM per 1,5 miliardi di euro molti dei circa 200 milioni di euro previsti per i prossimi due anni serviranno proprio a governare più facilmente gli attuali processi di ristrutturazione.
Per i prossimi anni i paesi Ue, tra gli obiettivi prioritari all'interno dei progetti EM, prospettano per la Siria l'adozione di tutte quelle misure per favorire l'accettazione dei processi di riforma da parte della popolazione e mitigare le conseguenze che seguiranno a breve termine. Tra il 2002 e il 2004 sono previsti finanziamenti per 94 milioni di euro e tutti in funzione di favorire i processi di ristrutturazione, comprese le misure di gestione delle contraddizioni.
Il Libano secondo quanto affermato dai documenti ufficiali, soffre della contraddizione rappresentata da molti palestinesi rifugiati che, a fronte dell'attuale livello del conflitto arabo-sionista, rischiano di essere un soggetto destabilizzante per la fragile stabilità libanese. Per affrontare tale contraddizione i finanziamenti sono mirati a intraprendere programmi sociali tesi a limitare la portata della loro capacità destabilizzante.
Il Libano ha ricevuto solo negli ultimi 5 anni finanziamenti legati ai progetti EM circa 1000 miliardi di euro.

Questi interventi così come il Piano Marshall pubblicizzato dal presidente del governo italiano, così come gli altri appelli alla cooperazione internazionale di intervenire economicamente per la soluzione del conflitto arabo sionista, non sono altro che la riproposizione di quanto già nel 1993 con la firma degli accordi di Oslo si era attuato nei confronti dell'ANP, ovvero una pioggia di finanziamenti per tentare di normalizzare il conflitto e garantire gli interessi di Israele e della borghesia imperialista

Il Foro Civile Euromediterraneo
Il Foro Civile Euromediterraneo nasce nell'ottobre del 2001 a Brussels e si pone chiaramente il coinvolgimento della cosiddetta società civile all'interno del processo di espansione nel mediterraneo della borghesia europea. Partecipano al Forum 27 ONG e esperienze sindacali. Uno degli aspetti vincolanti per la partecipazione è quello di instaurare un dialogo propositivo e costruttivo con gli organismi, rappresentanti la borghesia europea e i suoi interessi.
Nella metà di Aprile di questo anno si è tenuta una ulteriore riunione a Valencia dal quale scaturisce un rafforzamento del ruolo del Foro Civile Euromediterraneo (FCE) come gestore delle contraddizioni.

Un quadro ancor più chiaro di quanto possa essere importante questo coinvolgimento della società civile e l'illusione creata di una possibile gestione di interessi comuni tra proletariato e borghesia, emerge dalle raccomandazioni impartite dalla Commissione Europea in preparazione del vertice dei ministri degli esteri EM che si è tenuto a Valencia nei giorni 22,23 24 Aprile 2002: ".... In collegamento con rappresentanti della società civile la Commissione studierà da vicino il modo più redditizio di sostenere in futuro la partecipazione della società civile al partenariato. Appoggiandosi sugli esempi disponibili di pratiche migliori, la Commissione intende anche formulare raccomandazioni su come coinvolgere la società civile nei primi stadi del dialogo politico, in modo da garantire che il suo contributo sia sufficientemente preso in considerazione nelle riunioni ministeriali del paternariato........"

La Civilian Crisis Management (CCM)
La Conferenza dei ministri degli esteri di Valencia affronta nel suo insieme la strategia controrivoluzionaria della borghesia europea, affrontando il problema del conflitto borghesia/proletariato nel quadro attuale della "lotta al terrorismo intenazionale", agendo, oltre che sul piano della direzione opportunista di quanto si sviluppa sulle contraddizioni delle politiche imperialiste, sulla gestione repressiva e di integrazione militare, nel nome della sicurezza e stabilità dell'area mediterranea.
Assume anche in questa sede un ruolo fondamentale la normalizzazione del conflitto arabo sionista.
La Conferenza ribadisce l'importanza fondamentale della prevenzione e gestione dei conflitti nell'area mediterranea.
Una gestione che non si limita al Military Crisis Management (MCM), in quanto rimane sostanzialmente invariata la capacità collettiva della Ue di disporre di uno strumento militare adeguato, insieme a quello politico, rimanendo vincolata alla capacità Nato e quindi subalterna all'apparato militare Usa e Gb, ma affronta il terreno in cui l'Europa ha cercato di far pesare la propria forza di penetrazione: la Civilian Crisis Management (CCM). Quando parliamo di CCM si intende azioni di intervento di gestione delle crisi violente o meno ad opera di personale non militare. Questo ci ricollega direttamente al FCE e al suo ruolo all'interno della gestione delle contraddizioni.
Per affrontare tale tematica si erano incontrati a Washington nell'ottobre del 2001 numerosi esperti in materia, con l'intento di fare un quadro sulla situazione attuale del livello CCM dell'Europa e individuare possibili strade da percorrere per un suo rafforzamento, partendo da quanto espresso nel A Conflict Prevention Service for the
European Union (COPS).
Le Ong hanno un ruolo fondamentale all'interno del CCM. Secondo quanto emerge dai documenti vengono ritenute affidabili strumenti nello stemperamento delle crisi, garantendo un approccio di minor impatto nei confronti di quanto emergerebbe da un intervento governativo, con il rischio che possa generare una sensazione di "dipendenza" da un altro stato, o da un intervento da parte di personale militare.
Le Ong dovrebbero supportare il dialogo fino a quando questo non garantisca un accordo tra le parti.
Il ruolo della cooperazione governativa e non governativa si colloca quindi su un doppio ruolo: da una parte garantire la presenza finanziaria degli interessi Ue e dall'altra pubblicamente parlare delle ricadute sul proletariato arabo e assumerne la direzione in senso opportunista.
Le ONG agiscono quindi come complementari e compensativi dei processi di penetrazione economica europei.
Il risultato di tale intervento genera potenzialmente un doppio effetto: da una parte riesce a disinnescare tensioni che possono nascere all'interno del cuore dell'Europa per i suoi processi di espansione imperialista nell'area mediterranea e i suoi effetti, dall'altra, un esempio è rappresentato dal Marocco, lo sviluppo di una miriade di ONG ha creato un tessuto associativo dipendente, distruggendo quanto la repressione interna non era riuscita a fare, che riesce ad incanalare le proteste proletarie che si sviluppano all'interno dei paesi arabi.

Mediterraneo e "lotta al terrorismo"
All'interno dell'ACTION PLAN formulato dai ministri partecipanti viene fatto espressamente riferimento a quanto è stato espresso dal Gruppo di Lavoro sul Terrorismo che si è riunito il 29 Marzo a Brussels. Secondo quanto affermato il Processo di Barcellona non può rimanere indifferente nei confronti di quanto è successo l'11 settembre e del problema del terrorismo, rendendo necessario un approccio globale e multidisciplinare in uno spirito di partnership e solidarietà. Partendo dalla necessità di un approccio globale della lotta al terrorismo viene ritenuto fondamentale rinnovare il mandato al Gruppo ad hoc sul Terrorismo, in modo da garantire una linea comune dei 27 paesi EM, creando così un network antiterrorismo adeguato.
Il Marocco già a Novembre 2001 aveva espresso tutta la sua disponibilità a tale progetto.
In questa direzione si è sviluppato ulteriormente il processo di cooperazione Ue con il Cooperation Council for the Arab States of the Gulf (Bahrain, Emirati Arabi, Arabia Saudita, Oman, Qatar, Kuwait, e attualmente è stata accettata la candidatura dello Yemen). Nella riunione tenutasi nel Febbraio del 2002 a Granada le parti convengono in una piena accettazione della necessità di cooperazione e coordinamento nella lotta la terrorismo e, visto il contesto internazionale, di una iniziativa comune per il rafforzamento della stabilità e della sicurezza nell'area mediorientale, intervenendo coordinati anche all'interno del tentativo di normalizzazione del conflitto arabo sionista
Questo porta obbligatoriamente allo sviluppo di uno spazio giuridico euromediterraneo che consenta una omogeneità "normativa" ed una sua piena integrazione all'interno dell'attuale strategia antiterrorismo.
La immediata conseguenza sarà un aumento sostanziale della repressione di tutte quelle organizzazioni rivoluzionarie, antimperialiste che vengono additate dalla borghesia europea come terroristi, favorendo così anche l'eliminazione di qualsiasi opposizione interna ai governi borghesi filoimperialisti dell'area Magreb-Mashrek.
Abbiamo già visto all'interno delle nostre metropoli l'uso della guerra al terrorismo internazionale contro il proletariato immigrato, oggetto di una repressione serrata utilizzando la loro presunta appartenenza ad organizzazioni che rientrano nella lista delle organizzazioni terroristiche stilata dagli Usa e prontamente recepita, nella sua quasi totalità, dalla Ue.
Nel quadro della integrazione militar industriale EM viene affermato, all'interno dell'ACTION PLAN di Valencia, la necessità di sviluppare ulteriormente il dibattito coi membri EM sullo sviluppo del ESDP e sostenere l'espansione dell'utilizzo del sistema satellitare europeo GALILEO, su cui si riversano le speranze di poter disporre di un sistema satellitare autonomo da quello Usa.
Nel documento redatto dalla Commissione Europea nell'Aprile del 2002 riportato da Euromed Report in data 29, per quanto concerne la lotta al terrorismo e il problema dell'immigrazione, profondamente legate alle contraddizioni generate dall'attuale politiche imperialiste, emerge chiaramente quanto già precedentemente affermato. Le proposte riguardano la creazione di un approccio comune e preventivo nei confronti delle organizzazioni e soggetti che possano attuare atti terroristici, l'applicazione di tutte le misure idonee a smantellare la rete di finanziamento di suddette organizzazioni, oltre che un adeguamento generale degli strumenti di lotta contro le organizzazioni terroristiche. Elemento importante per quanto riguarda l'immigrazione, ma che può essere esteso alla lotta al terrorismo, è rappresentato dall'invito a sviluppare una moderna tecnologia di controllo dei confini e garantire lo sviluppo di una cooperazione costante nella preparazione del personale per il loro uso.

L'intervento Nato nel mediterraneo
Nonostante gli appelli a rafforzare la lotta contro il terrorismo l'Europa evidenzia profondi limiti nella costruzione della sua sovrastruttura politico militare e di conseguenza nella competizione con l'imperialismo Usa profondamente radicato nell'area.
I processi di integrazione militare con i paesi dell'area Magreb - Mashrek non possono quindi che avvenire all'interno del quadro Nato sotto la direzione politico-militare e militare-industriale Usa, dimostrando una incapacità politico militare dell'Europa di imporsi come soggetto imperialista autonomo dall'imperialismo americano e dagli interessi della sua borghesia.
Si va a delineare un panorama che nonostante quanto più volte espresso nei numeri precedenti, colloca la Difesa Comune Europea e i suoi strumenti secondari (esercito, tecnologia, sistema di telecomunicazioni) interni alla Nato e alle sue gerarchie decisionali. La capacità di imporre la propria tecnologia come standard di interoperabilità tra le forze militari, intese nel suo complesso di strumenti della "guerra integrata", continua a dimostrarsi elemento fondamentale per imporre la propria superiorità.
La borghesia Usa porta avanti, all'interno della sua strategia di guerra infinita, il suo processo di espansione e di controllo all'interno dell'area mediterranea, procedendo nel processo di allargamento Nato in funzione dei propri interessi.
Ma vediamo più nel dettaglio quanto si è sviluppato nel dibattito e nella pratica nel quadro Nato dopo la fatidica data dell'11 Settembre. Nell'affermare ciò è doveroso precisare l'approccio con il quale collochiamo tale evento all'interno dell'attuale guerra al terrorismo. Riteniamo estremamente superficiale e fuorviante ritenere che ci sia stato un cambiamento nella strategia imperialista se non nella velocizzazione di processi già avviati per la creazione di una sovrastruttura controrivoluzionaria diretta sia verso l'interno (repressione), sia verso l'esterno dei paesi imperialisti, con la guerra, il riadeguamento delle strutture militari ed i processi di integrazione e partnership all'interno del modello attuale di alleanza variabile della Nato.
Nell'ottobre del 2001 i paesi Nato e i 7 PfP Mediterranei (Egitto, Israele, Giordania, Mauritania, Marocco ,Tunisia e Algeria) hanno svolto il 5° ciclo di consultazioni ribadendo la necessità di avanzare nella creazione di un sistema di coordinazione maggiore in tema di sicurezza e guerra al terrorismo, ed in particolare per delineare una azione comune di risposta a eventuali nuovi attacchi.
Ma secondo Mr. Franklin D. Kramer, Former US Assistant Secretary of State for Defence, sarà necessario, vista la collaborazione di paesi arabi e islamici nella guerra contro il terrorismo, allargare ulteriormente la collaborazione e l'integrazione di questi paesi all'interno del Dialogo Mediterraneo. Il processo di Pfp ha dimostrato di essere un adeguato strumento per l'accrescimento della interoperabilità delle strutture militari e di intelligence Ma nello stesso tempo è necessario ulteriormente svilupparne alcuni aspetti, in particolare per quanto riguarda la forza militare e il sistema di intelligence. Le Esercitazioni PfP dovrebbero essere riviste in funzione del raggiungimento di questi obiettivi. E' fondamentale l'integrazione dei paesi del Mashrek passando attraverso un allargamento delle relazioni tra Nato, PfP e questi paesi.
In occasione del Mediterranean Dialogue International Research Seminar al Nato Defence College, nell'affrontare il problema della sicurezza all'interno del Dialogo Mediterraneo (DM), viene affermato che si è avviata una tendenza a rivedere l'attuale organizzazione della sicurezza nel mediterraneo alla luce di una serie di iniziative frammentate tra di loro: Progetto Euromediterraneo, Ocse, e Nato. Secondo quanto affermato è comprensibile vista la sua collocazione geografica che la Ue operi in direzione di un rapporto di cooperazione all'interno del mediterraneo, ma da sola non è in grado di occuparsi della sicurezza dell'area, oltre a non includere un paese essenziale per la sicurezza nel mediterraneo la Turchia, ed è quindi la Nato il giocatore adeguato in questa sfida.Continua nell'affermare che, in funzione della possibilità di maggiore coordinamento e integrazione, la Nato ha intrapreso le relazioni con paesi non Nato con lo sviluppo del Dialogo Mediterraneo, ricordando che truppe PfP, Egitto, Giordania e Marocco hanno già partecipato a operazioni in Kosovo e Bosnia.
Alla luce di quanto sviluppatosi successivamente con l'attacco in Afghanistan possiamo tranquillamente affermare che tale processo si è accelerato notevolmente con la piena disponibilità, sebbene spesso tenuta sotto un basso profilo massmediatico a causa della forte e radicata coscienza antimperialista delle masse popolari arabe, alla cooperazione con la borghesia imperialista.
Sempre la stessa fonte afferma che verrà implementato lo sforzo per il rilancio della piena integrazione militare e con questo obiettivo sono avvenute visite Nato ai paesi appartenenti al DM per verificarne le possibilità e i progressi da compiere. Viene fatta particolare attenzione su alcuni strumenti che permettono lo sviluppo di una piena integrazione ad esempio il Civil Emergency Planning (CEP) riservato ai paesi del DM. La Giordania si è offerta per il 2002 a ospitare seminari in merito. Il Programma di lavoro include inoltre l'aumento della partecipazione dei paesi DM alle esercitazioni militari e la partecipazione ad attività, anche di formazione, di quadri militari sotto la direzione del Allied Command Europe e Allied Command Atlantic.

E' evidente che la borghesia Usa non intende in nessun modo favorire il tentativo di autonomia politico-militare della Ue, alla quale viene sì richiesto un adeguamento della sua struttura militare ma nello stesso tempo questa deve essere totalmente integrata all'interno del quadro Nato e subalterna alle sue decisioni anche per quanto riguarda l'integrazione politico militare all'interno del mediterraneo, così come abbiamo visto nei numeri precedenti, riguardo l'integrazione dei paesi dell'Est Europa.
In occasione del 7th Mediterranean Seminar tenutosi a Malta il 14 e 15 dicembre 2001 sono stati affrontati i temi riguardanti lotta al terrorismo, sicurezza internazionale. In quella sede è stato ribadito che tutti i temi di discussione affrontati sulla lotta al terrorismo sono presenti nel dialogo mediterraneo: il conflitto sionista palestinese, le disuguaglianze economiche e l'aumento demografico con la conseguente migrazione verso i paesi ue.
Ma da quanto emerge si materializzano due posizioni diverse tra Usa e Ue nell'intervento sulla sicurezza mediterranea: i primi rivolti verso un allargamento della strategia di "lotta al terrorismo internazionale", i secondi verso un intervento più soft sui problemi relativi a migrazione, organizzazioni criminali e riciclaggio. Ma nella stessa occasione il Bruce George, Chairman del Defence Committee nel British Parliament ha affermato che non ci saranno nuove stanze di negoziazione con i "nuovi terrorismi" e combattere il terrorismo senza un sovrastruttura legale (repressiva) adeguata, di cui si sono dotati a livello nazionale Germania, Italia, Spagna, Gran Bretagna non è praticabile, e questo può valere anche il rischio di una limitazione della libertà personale nei paesi occidentali
Secondo il documento "2002 MEDITERRANEAN DIALOGUE WORK PROGRAMME" redatto dal "MEDITERRANEAN COOPERATION GROUP" verranno intensificate le visite ed gli incontri con i paesi del DM attraverso il NATO Situation Centre (SITCEN) per quanto riguarda la gestione civile delle crisi in area. Sono stati avviati 7 corsi di formazioni per la partecipazione dei paesi DM sotto la responsabilità del NATO School (SHAPE) in Oberammergau (Germany).Per quanto riguarda la le politiche di sicurezza vengono individuate attività a supporto di un suo sviluppo integrato attraverso il Defence Policy & Strategy Action Authority: NATO International Staff - Defence Planning e Operations Division (DPAO). Nello stesso documento viene ribadito quanto già affermato precedentemente sulla necessità attraverso il Mediterranean Dialogue Military Programme (MDMP) di sviluppare attività di pre-esercitazioni attraverso la preparazione delle strutture militari dei paesi Dm ad una loro piena integrazione e interoperabilità nelle esercitazioni Nato/PfP, attribuendo al Nato Defence College di Roma la facoltà di operare quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi prefissati. Viene inoltre affermato che ad oggi sono già 16 gli ufficiali militari che partecipano al Contact Point Embassies (CPE) su una base di uguaglianza con gli altri membri Nato per quanto riguarda la discussione sullo sviluppo della cooperazione militare mediterranea, la loro partecipazione ad attività militari e sulla individuazione dei progressi da ottenere per inserirli nel prossimo MD Military Programme. Alcuni dei paesi DM hanno già partecipato al Submarine Emergency and Rescue Working Group (SMERWG), ed in particolare per quanto riguarda le modalità di decisione nel quadro di cooperazione militare Nato.
La Nato, così come per il 2001, si propone di sostenere attraverso un aumento sostanziale dei finanziamenti, operazioni, esercitazioni e la ristrutturazione di sistemi militari anche interni a progetti nazionali non Nato ma inseriti all'interno dell'adeguamento in funzione delle operazioni di risoluzione delle crisi in area e della lotta al terrorismo.
Si evidenzia anche in questo ultimo impegno quanto già stiamo vedendo all'interno dello sviluppo di alleanze variabili negli interventi per garantire gli interessi della borghesia imperialista. Interventi variabili a cui non obbligatoriamente partecipano tutti i paesi Nato ma, collocati all'interno del quadro di sviluppo degli interessi delle politiche imperialiste e della conseguente integrazione militare tra le fazioni di borghesia che le sostengono (rappresentate in questa fase da coloro che hanno dato il loro pieno appoggio alla "guerra contro il terrorismo"), possono essere condotte da gruppi ad essa appartenenti o cooperanti in progetti partnership.
Nel progetto di allargamento nel mediterraneo della Nato c' è da segnalare, dopo l'accordo sulla cooperazione e la sicurezza tra Israele e Nato dell'Aprile del 2001, la visita del Segretario Generale Nato Robertson in Algeria nel dicembre 2001. In quella occasione viene definita strategica la politica di integrazione dell'Algeria nel quadro mediterraneo per la sicurezza dell'area ed in particolare per il suo impegno nella lotta al terrorismo.
Vedremo in seguito, come già abbiamo affermato in precedenza, il forte interesse Usa per questo paese, fondamentale per l'Europa per la sua importanza strategica nel controllo di una grossa parte delle risorse energetiche.
Nel quadro EM i processi di integrazione si sviluppano, così come per l'Est Europa, con una certa linearità per quanto riguarda il parallelismo tra adesione ai progetti europei e adesione e rafforzamento della cooperazione militare all'interno della Nato. Un allineamento quindi al progetto imperialista ma nello stesso un tentativo di sfruttare al massimo da parte della borghesia Usa il potere rappresentato dal suo apparato politico militare, riaffermando la sua leadership nel quadro imperialista.

In occasione del NATO and the Mediterranean - Moving from Dialogue Towards Partnership tenutosi presso il Royal United Institute Services di Londra nell'Aprile del 2002 il Segretario Robertson ha affermato, esponendo la posizione Nato sul Mediterraneo e partendo dalla necessità di rafforzamento della lotta contro il terrorismo, che la necessità di parlare di sicurezza mediterranea deriva dalla consapevolezza che nell'area mediterranea si sono verificate molte delle crisi in cui la Nato è dovuta intervenire e che il mediterraneo è una zona in cui il terrorismo e le sue organizzazioni sono profondamente radicate. Inoltre è da considerare che il 65% del petrolio importato dall'Europa passa dal Mediterraneo e le maggiori pipelines collegano Libia - Italia e Marocco - Spagna. Ma l'Europa non può da sola garantire la sicurezza nell'area senza l'aiuto degli Usa e della Turchia e quindi è necessario che lo sviluppo di tale processo debba avvenire in stretta relazione Ue -Nato.
Interessante è la definizione a "geometria variabile" del processo di integrazione militare basato su una differenziazione delle strategie nei confronti dei singoli paesi del DM sulla base delle loro problematiche e ambizioni specifiche.
Nel maggio 2002 durante la visita nella base navale Nato in Algeria, il Commander of NATO permanent naval force in the Mediterranean (SNFM), Commodore Angus J. Somerville ha affermato la necessità di aumentare le capacità di intervento della forza Navale Nato contro il terrorismo e che diventa fondamentale rafforzare la cooperazione in tal senso: le operazioni congiunte nel mediterraneo si sono dimostrate uno strumento utile per l'ulteriore sviluppo futuro.

La borghesia Usa e i processi di integrazione militare/economica
Oltre il piano interno alla Nato la borghesia Usa ha da tempo sviluppato un proprio intervento indipendente di penetrazione all'interno dell'area mediterranea al di là della storica rappresentazione dei suoi interessi rappresentata da Egitto, Turchia e Israele.
Secondo il rapporto della partnership Usa-North Africa sugli interventi necessari per garantire gli interessi Usa a livello internazionale sono stati stanziati $4 milioni dall'Economic Support Funds (ESF) per supportare il passaggio ad una economia di mercato e la sua gestione, ovvero la gestione delle contraddizioni interne ai singoli paesi. Per il 2002 sono previsti supporti economici nei termini di $5 milioni e $7 milioni per il Middle East per supportare la nascita e lo sviluppo di ONG che intervengano come riferimenti della società civile nelle riforme dei singoli stati coinvolti.
Secondo lo stesso rapporto attraverso l' International Military Education and Training (IMET) gli Usa intendono sviluppare un intervento in Algeria per far comprendere ed accrescere il sostegno alla politica americana. Questo dovrebbe avvenire attraverso un accrescimento delle competenze sulle strategie di intelligence e militari. L'IMET inoltre si propone di aumentare la interoperabilità tra le forze militari algerine e quelle Usa e Nato.
Durante la visita a Rabat nel dicembre del 2001 l'Assistant Secretary of State for the Near East William Burns ha affermato che dopo l'11/9 gli Usa hanno provveduto ad intraprendere la preparazione dei militari algerini nell'antiterrorismo e nelle strategie combinate per combatterlo, blocco dei finanziamenti, smantellamento delle reti di comunicazione, ecc..
Per il ruolo strategico che riveste l'Egitto per il controllo e la stabilità del mondo Arabo gli Usa si propongono di sostenere ulteriormente la modernizzazione delle strutture militari egiziane attraverso il Foreign Military Financing per circa $1,5 milioni che saranno ulteriormente implementati per l'acquisizione dei nuovi missili per la flotta egiziana, per adeguarsi alla interoperabilità Usa e Nato dotandosi di sistemi Identificazione Friend or Foe (IFF) e di nuove batterie missilistiche, oltre che alla fornitura di sistemi di ammodernamento dei tank M60 da usare in operazioni di "peacekeeping".. Attraverso IMET verranno finanziati progetti di addestramento per formare i militari all'uso di tecnologia avanzata Usa e garantire il sostegno alle operazioni da questi avviate. . L'Egitto svolge esercitazioni periodiche Bright Star simbolo della stabile cooperazione militare navale Usa-Egitto.
I finanziamenti EMS garantiranno il supporto alle riforme economiche e alla gestione delle ricadute per il quale verrà occupato il 76% dei finanziamenti.
Il Marocco, come Tunisia, Algeria, riceve assistenza sia attraverso il U.S.-North Africa Economic Partnership sia dal Middle East Regional Democracy Fund. Ma oltre agli interventi economici, attraverso l'IMET, gli Usa continueranno l'adeguamento delle forze armate e il loro addestramento all'uso della tecnologia bellica americana. Secondo il rapporto sono già ad un buon livello le capacità di interoperabilità tra le forze militari Usa e quelle del Marocco. Il Marocco riceverà inoltre ulteriori equipaggiamenti militari americani per le sue truppe. Gli Usa hanno un accordo di libero commercio con il Marocco e solo nel 2000 sono stati investiti $1 milioni per sostenere i processi di adeguamento strutturali.
Nel Dicembre del 2001 l'Assistant Secretary of State for the Near East William Burns durante una visita a Rabat ha affermato che esistono tra Marocco e Usa numerosi accordi per quanto riguarda la sicurezza e la cooperazione militare. Dopo gli eventi dell'11 settembre e il totale appoggio del Marocco alla lotta contro il terrorismo internazionale questi sono ulteriormente rafforzati.
La Tunisia dispone di un sistema militare inadeguato da un punto di vista qualitativo e necessita forti interventi per il suo ammodernamento. La Tunisia potrà ben presto, come gli altri paesi dell'area, usufruire del programma Excess Defence Articles (EDA), le "eccedenze degli armamenti Usa", oltre che ai finanziamenti FMF, e disporre così di sistemi militari sufficientemente moderni e integrabili agli standard Usa. I progetti IMET si indirizzano verso una più completa comprensione da parte dell'esercito tunisino delle strategie militari Usa e della loro applicazione sul campo. La Tunisia partecipa a circa 18 esercitazioni militari con gli Usa.

La Giordania è fondamentale per la sicurezza degli interessi americani nell'area. Il programma di assistenza si è indirizzato verso il rafforzamento delle capacità di garantire la sicurezza, e il controllo dei propri confini con Israele. I progetti FMF hanno consentito di modernizzare e fornire quanto necessario a tale obiettivo. Per il 2002 la Giordania si propone di utilizzare $75 milioni FMF per rafforzare il proprio sistema di difesa aerea, il sistema di trasporto truppe, telecomunicazioni e strutture di comando, oltre che modernizzare il suo sistema missilistico antitank. Inoltre il programma IMET sosterrà l'adeguamento per l'interoperabilità delle strutture militari, il passaggio ad un esercito professionale e tutto quanto necessario ad aumentare il consenso verso la necessità di integrazione politico militare con gli apparati militari Usa.
Durante la visita del 1 Febbraio 2002 a Washington da parte di Re Abdullah è stato siglato un accordo per la lotta contro il terrorismo internazionale tra Giordania e Usa. Cheeney ha dichiarato, durante la sua visita in Giordania nel Marzo 2002, che la Giordania rappresenta "una forza per la pace e contro la violenza nell'area" per il suo ruolo all'interno della lotta al terrorismo globale e per la sua politica di normalizzazione del conflitto arabo sionista.
La Giordania ha un accordo di libero commercio con gli Usa dal 2000 diventato operativo il 17 dicembre 2001.
Secondo il rapporto una situazione di stabilità e sicurezza all'interno del Libano aprirebbe nuove opportunità di valorizzazione del capitale della borghesia Usa. Gli obiettivi da raggiungere non differiscono sostanzialmente da quanto espresso precedentemente se non per quanto concerne la necessità di sviluppare un sistema più "moderno"di controllo civile e militare. Gli stanziamenti andranno nella direzione di supportare il mantenimento di una adeguata struttura militare. Nella visita di Barns in Libano a dicembre del 2001 è stato confermato l'ampio dibattito che si è instaurato tra Libano e Usa per la cooperazione tra questi due paesi, e il sostegno alle riforme economiche necessarie per aprire ad una economia di mercato che sappia garantire gli interessi del capitale transnazionale. In tale visita emerge chiaramente la contraddizione creata da Hizbollah in tale processo. Nel mese di Gennaio 2002 si sono recati in Libano membri del Congresso Usa per implementare il sostegno economico alle riforme e rafforzare la cooperazione in tema di lotta al terrorismo e integrazione militare.
Nel mese di Maggio 2002 Siria e Usa hanno firmato un accordo con lo scopo di riprendere il dialogo sulla cooperazione nella lotta la terrorismo. E' stato deciso di intraprendere un percorso di confronto tra esperti siriani antiterrorismo ed esperti Usa sulla legislazione internazionale in modo da individuare le eventuali possibilità di cooperazione in tale ambito.

Le pesanti ristrutturazioni in atto all'interno dei paesi mediterranei comportano lo svilupparsi di forti contraddizioni che tendono a sviluppare un conflitto evidente tra gli interessi della borghesia imperialista, della borghesia locale, e quello di un proletariato che si vede eliminare quel poco di garanzie sociali ed economiche.
Tale conflitto si colloca chiaramente all'interno dello sviluppo della politica attuale della borghesia imperialista e la sua importanza richiederebbe una attenzione maggiore nei suoi confronti.
La necessità storica della affermazione di un soggetto rivoluzionario internazionale passa sicuramente attraverso lo stretto rapporto con i soggetti rivoluzionari e il proletariato europeo e mediterraneo. Proletariato che già si unisce all'interno delle metropoli sullo sviluppo delle contraddizioni che portano allo spostamento di enormi masse di proletari dalla periferia ai paesi del centro dell'imperialismo.
Lo sviluppo delle politiche imperialiste ha dimostrato di generare al suo interno tutte le condizioni per un avanzamento nella creazione di una prospettiva rivoluzionaria su un piano internazionale, terreno obbligato di scontro tra borghesia imperialista/proletariato internazionale. La stessa "guerra al terrorismo internazionale", la gestione all'interno degli interessi dell'imperialismo della prospettiva del conflitto arabo-sionista, la repressione all'interno dei paesi arabi delle esperienze islamiche e antimperialiste filo palestinesi, ci pongono condizioni "nuove" o meglio più avanzate per procedere nella direzione di operare passaggi ulteriori.
E ' quindi necessario approfondire il quadro oggettivo delle contraddizioni che si sviluppano, ma nello stesso tempo è sempre più attuale la necessità di comprendere il livello dello sviluppo delle soggettività rivoluzionarie all'interno di queste, cosa che cercheremo di fare, per quanto siamo in grado come rivista, nei mesi futuri.




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