Senza Censura n. 7/2002

[ ] Mumia Abu-Jamal: un colpo al cerchio e uno alla botte

Molte le novità che confermano che tutto è come prima, forse peggio...

Avevamo pubblicato gli ultimi aggiornamenti riguardanti il caso di Mumia Abu-Jamal su Senza Censura n. 5/2001, attraverso un riquadro che conteneva in sè diversi avvenimenti decisamenti fondamentali per il prosieguo dell’iter giudiziario del suo processo. Ma è del 18 Dicembre 2001 la notizia che in qualche modo tutto il movimento a sostegno della liberazione di Mumia stava attendendo da due anni a questa parte, da quando cioè la seconda data fissata per l’esecuzione venne sospesa in extremis, a seguito della presentazione, da parte dell’allora team legale della «Voce dei senza voce» (team legale dismesso nell’Aprile 2001 dallo stesso Mumia, vedremo poi le motivazioni), della Petizione Habeas Corpus. E grazie anche alla mobilitazione internazionale che rispose immediatamente attraverso l’iniziativa politica (per quanto riguarda l’Italia, da segnalare – oltre alle tante inziative pubbliche – la presenza massiccia di uno spezzone di compagni e compagne all’interno della manifestazione del controvertice tenutosi a Firenze nel Novembre ‘99) all’ennesimo tentativo di ammazzare il giornalista rivoluzionario afroamericano; con buona pace del Governatore della Pennsylvania, Ridge, viceministro degli Usa mancato, che attualmente assieme alla carica di Governatore ricopre anche quella di «ministro della guerra».


Il Giudice Yohn e il 18 Dicembre 2001

Dicevamo della importante notizia. Il 18 Dicembre 2001, il Giudice Yohn fa uscire la sua sentenza: il caso di Mumia Abu-Jamal va rivisto, nel processo del 1981 sono stati commessi errori sul piano costituzionale nei confronti dei diritti dell’allora imputato di omicidio di primo grado, poi condannato a morte dal Giudice Sabo. «Finalmente! Giustizia è fatta!»...questo è stato il primo pensiero di molti. «Mumia è libero! Non verrà più condannato a morte!»...si sono susseguiti i messaggi e le dichiarazioni di euforia, ben presto rientrati. Purtroppo. Come abbiamo avuto modo di spiegare immediatiamente subito dopo la sentenza del Giudice Yohn, le cose non stavano e non stanno assolutamente così. Cerchiamo di fare il punto della situazione, per riuscire anche a fare un minimo di chiarezza su tutto quanto sta succedendo.

Se è vero che dopo due anni di attesa (periodo in cui sono drasticamente peggiorate le condizioni di detenzione nei Bracci della Morte, nelle prigioni statali/federali e nelle caceri private, la qual cosa ha investito ovviamnete tutto il corpo carcerario) è stato finalmente e formalmente accertato che nei confronti di Mumia, all’interno del processo dell’81, vennero commesse «irregolarità costituzionali», come nel migliore «diamo un colpo al cerchio e un colpo alla botte» (perche’ tutto non cambi) l’altra faccia della medaglia d questa sentenza ha aggravato non poco la posizione di detenuto di Mumia, sia sul piano processuale che ovviamente come prigioniero politico.

La sentenza del Giudice Yohn infatti prevede che lo Stato della Pennsylvania convochi una nuova udienza entro e non oltre il mese di Giugno 2002. Se ciò non avverrà (se per qualche motivo lo Stato della Pennsylvania si vedesse «obbligato» a non rispettare questi tempi), Mumia verrà condannato all’ergastolo. E facciamo immediatamente due precisazioni: allo stato attuale delle cose Mumia rimane condannato per omicidio di primo grado (la sentenza infatti non doveva assolutamente rispondere ad una eventuale innocenza di Mumia ma semplicemente appurare se vi fossero state o meno delle «mancanze, dimenticanze e qualcosa di altro ancora» nel processo dell’81); in secondo luogo, va detto che nello Stato della Pennsylvania i prigionieri condannati all’ergastolo non hanno diritto al Parole Board. Ovvero, non hanno diritto ad una eventuale libertà sulla parola, dopo aver scontato per legge un determinato periodo di detenzione. In conclusione: se i futuri avvenimenti dovessero suffragare questa ipotesi, Mumia uscirà dal carcere solo da morto (esattamente come è successo a diversi altri prigionieri politici, come ad esempio Albert Nuh Washington, ucciso in galera da un tumore nell’Aprile 2000, dopo oltre 30 anni di «carcerazione speciale»). E, mai come negli Usa, l’ergastolo corrisponde ad una condanna a morte sotto altra forma.

Ma ammettiamo che la nuova udienza venga convocata entro i tempi ordinati dal Giudice Yohn. In questo caso, sempre allo stato attuale delle cose, Mumia si ritroverebbe a riaffrontare in pratica lo stesso processo dell’81, col dovuto «rispetto dei suoi diritti costituzionali». Questo perché? Semplicemente perché il Giudice Yohn ha rifiutato, nel corso di questi mesi, di accetare qualsivoglia nuova prova presentatagli dai vecchi come dai nuovi legali di Mumia. E tra queste prove vi è - è importante sottolineare – la dichiarazione giurata di Arnold R. Beverly, il quale si è assunto in toto la responsabilità dell’omicidio del poliziotto Faulkner. All’interno del quadro generale del processo di Mumia, dovendo fare un ragionamento sul discorso colpevolezza/innocenza (questione per altro che non ha mai rappresentato la centralità del nostro apporto alla campagna internazionale), non vi sarebbe stato bisogno di questa ulteriore prova per dimostrare come questo di fatto sia un processo politico contro un giornalista rivoluzionario. Viceversa, proprio questo tipo di decisione rafforza la «politicizzazione» di questo tentativo di linciaggio legalizzato contro Mumia. In questo modo, facendo approdare il processo presso il terzo distretto dell’US Court of Appeals, il team legale d Mumia non avrà la possibilità di presentare in alcun modo i 29 capi costituzionali che garantirebbero (almeno sul piano giuridico) la sua scarcerazione. Ma l’abbiamo già detto: si tratta di un processo politico contro un militante rivoluzionario prigioniero.


Cronologia degli ultimi avvenimenti

Facciamo un passo indietro e cerchiamo di completare il quadro con tutti gli ultimi avvenimenti significativi che si sono succeduti a partire dall’Aprile 2001, a cavallo cioè tra il licenziamento del vecchio team legale e l’assunzione dei nuovi avvocati (Marlene Kamish di Chicago, Eliot Lee Grossman di Los Angeles, J. Michael Farrell di Filadelfia e l’avvocato britannico patrocinante Nicholas R. D. Brown).

[5 Marzo 2001]
Mumia licenzia il team legale costituito da L. Weinglass e D. Willimas, a seguito della pubblicazione da parte di quest’ultimo di un libro riguardante il suo caso giudiziario. Le dichiarazioni poco chiare e alquanto contradditorie pervenute nell’immediato lasciano tutti quanti abbastanza interdetti. Soprattutto alla luce del periodo giuridacemente critico in cui si trova Mumia. Nella sua petizione presentata presso l’U.S. District Court for the Eastern District Mumia dichiara: «(...) l’Avvocato ha creato un chiaro e innegabile conflitto d’interessi a seguito della detta pubblicazione che lede il rapporto di lealtà col proprio assistito». La coraggiosa decisione di Mumia non trova tutti d’accordo. Poco importa. L’ICFMAJ si mette immediatamente alla ricerca di nuovi avvocati per dare vita al nuovo team legale.

[Aprile/Maggio 2001]
Dopo quasi due mesi, Il nuovo team difensivo è costituito. Ne fanno parte: Marlene Kamish di Chicago, Eliot Lee Grossman di Los Angeles, J. Michael Farrell di Philadelphia e l’avvocato britannico patrocinante Nicholas R. D. Brown. Cambia radicalmente la linea difensiva. Si decide di puntare tutto sulla deposizione di Arnold R. Beverly, che si dichiara come il vero assassino del poliziotto Faulkner. Il nome di Beverly era noto dal ‘99, ma la sue dichiarazioni non erano mai state prese in considerazione da parte degli ex avvocati, perché ritenute non credibili.

[5 Luglio 2001]
La Corte vieta a Nicholas R. D. Brown di svolgere il suo lavoro di avvocato difensore, in «assenza dei necessari requisiti». Marlene Kamish, legale di Mumia, dichiara: «E’ fuor di dubbio che Brown abbia tutti i requisiti per far parte del team difensivo. Il problema dell’ufficio del procuratore distrettuale è che Brown ha troppi requisiti». Nicholas R. D. Brown fu lo scrivente di uno dei 4 amici curiae (sottoscritto da 21 membri del parlamento britannico) che vennero presentati a sostegno della Petizione Habea Corpus.

[16 luglio 2001]
Viene presentata una Petizione alla Court of Common Pleas dello Stato della Pennsylvania. Si tratta in sostanza di una richiesta di scarcerazione sulla base di tre questioni principali: (1) Mumia è innocente e i suoi ex legali hanno omesso tutto ciò; (2) esiste una confessione firmata da parte di Arnold Beverly nella quale egli ammette di essere l’omicida dell’agente di polizia faulkner; (3) i precedenti avvocati di Mumia hanno omesso le testimonianze di Billy Cook, Kenneth Freeman, Arnold Howard, Robert Chobert, dello stesso Mumia e di altre persone ancora, e allo stesso tempo hanno soppresso elementi fondamentali a sostegno della difesa di Mumia.

[19 Luglio 2001]
Il Giudice Yohn, con una sentenza di 13 pagine, rigetta la deposizione giurata di Arnold R. Beverly. Nella sentenza si fa esplicito riferimento all’AEDPA, l’Anti-Terrorism and Effective Death Penalty Act del 1996. L’AEDPA venne siglato dall’’amministrazione Clinton immediatamente dopo l’esplosione avvenuta nel Federal Building di Oklahoma City ad opera di una organizzazione di etrema destra, che causò la morte di 160 persone. L’Act venne sancito dal congresso il 24 Aprile, ironicamente lo stesso giorno del compleanno di Mumia. L’AEDPA rende sostanzialmente impossibile per una corte federale ribaltare la decisione di una corte di stato nei casi di condanne capitali, anche quando sussista la possibilità di presentare nuove prove a sostegno della difesa. La legge dice che, a meno che la presentazione della petizione habeas corpus da parte di un condannato a morte non sia avvenuta prima del 23 Aprile 1997 (giorno in cui l’AEDPA è entrato formalmente in vigore), i giudici federali non solo obbligati a rivedere la decisione della corte di stato rispetto a violazioni del diritto costituzionale o rispetto alla soppressione di prove vitali per la difesa dell’imputato. L’impatto deflagrante di questa legge ovviamente investe tutti condannati a morte, che altro non sono che i proletari e sottoproletari delle comunità di colore. In che modo il Giudice Yohn si ricollega all’AEDPA? Da una parte si fa riferimento al ritardo con cui è stata presentata la deposizione di Beverly, la qual cosa non permetterebbe l’incidente probatorio; dall’altra parte, pur ammettendo le limitazioni imposte dall’AEDPA, Yohn ne fa conseguire che le prove effettive non prese in considerazione durante il primo processo verranno da lui tralasciate. Sempre seguendo questa linea, il giudice Yohn ha riufato le ritrattazioni di Veronica Jones e Robert Chobert che a distanza di quasi vent’anni ammisero che dovettero accusare ingiustamente Mumia perchè messi sotto pressione da parte del Fraterno Ordine di Polizia. Il «ragionamento» del giudice è che se la deposizione di Beverly fosse stata credibile, sarebbe stata sicuramente presentata per tempo (dicendo questo, Yohn fa esplicto riferimento al libro di Williams all’interno del quale l’ex avvocato di Mumia esprime fortissime perplessità sulla figura di Beverly). La deposizione sarebbe dovuta essere stata presentata tra il 15 Ottobre 1999 e l’8 Giugno 2000. La deposizione non venne presentata dall’allora team coordinato da Weinglass. Per superare questo ostacolo, il nuovo team difensivo ha immediatamente fatto seguire un breve rapporto di 300 pagine, il quale è tutt’ora in attesa di valutazione.

[28 Agosto 2001]
Gli avvocati di Mumia presentano durante una conferenza stampa tenutasi a Philadelphia nuovi elementi a sostegno della difesa. Vi è tra questi, la figura di Terri Maurer-Carter, la quale pubblicamente dichiara: «Dal Febbraio del 1982 al Settembre del 1986 e nel 1998 sono stata impiegata come stenografa presso la Court of Common Pleas nella Contea di Philadelphia, First Judicial District della Pennsylvania. Nell’Aprile del 1997 sono diventata una reporter professionista, legalmente registrata. Nel 1982, pochi mesi dopo aver iniziato il mio lavoro presso la Court of Common Pleas, sono stata inviata presso un’altra corte dopo che avevo assistito personalmente ad una conversazione tra il Giudice sabo e un’altra persona. Ilo Giudice Sabo stava discutendo del caso di Mumia Abu-Jamal. Durante questa conversazione, ho sentito il Giudice Sabo affermare: “Si...farò il possibile per aiutarli a friggere il negro”. C’erano tre persone presenti quando il Giudice Sabo usò queste parole, una delle quali ero io.»

[9 Settembre 2001]
Deposizione giurata presentata dall’avvocato Rachel Wolkenstein, del team legale di Mumia. Leggendo il documento si apprendono nuovi elementi legati al caso come ad esempio la figura di un agente di polizia sottocopertura che avrebbe partecipato all’assassinio dell’ufficiale di plolizia Faulkner e sarebbe stato riconosciuto da testimoni oculari. Inoltre si possono leggere ulteriori informazioni sulla persona di Arnold Beverly, colui che si è autoaccusato dell’omicio dell’agente Faulkner.

[21 Novembre 2001]
In questa data, il giudice Pamela Dembe stabilisce che non ha nessuna giurisdizione sul caso di Mumia Abu-Jamal. In altre parole, non riaprirà il Post Conviction Relief Act come richiesto formalmente da Mumia; non ascolterà la confessione dell’uomo che si è autoaccusato dell’omicio del poliziotto Faulkner. Nella sua sentenza si legge che Mumia potrà appellarsi alla Corte Suprema dello Stato della Pennsylvania. Per quanto invece riguarda la testimonianza della reporter/stenografa Terri Maurer-Carter, la quale ha dichiarato di aver sentito il Giudice Sabo affermare di «friggere il negro», il Giudice Pamela Dembe si è espressa sotenendo che l’eventuale condotta razzista da parte del Giudice Sabo non avrebbe influito sul corretto svolgimento del processo.

Il 18 Dicembre, come abbiamo avuto modo di spiegare poc’anzi, il Giudice Yohn stabilisce che il caso di Mumia andrà rivisto (per ristabile le «scorrettezze procedurali» avvenute nel primo processo), ma che nelle udienze che vi saranno i legali di Mumia non potranno presentare nessuna delle prove raccolte negli ultimi anni. Gli stessi, lo scorso 9 Gennaio 2002, si sono appellati contro la decisione del Giudice Sabo, rispetto alla non volontà di prendere in considerazione le prove a difesa di Mumia.

Ricorso in Corte Suprema per Mumia Abu-Jamal

Dicevamo, gli avvocati di Mumia, poche settimane fa, sono ricorsi in appello presso la Corte Suprema della Pennsylvania affinchè il giudice Pamela Dembe accetti di ascoltare la testimonianza di Arnold Beverly, testimonianza riguardante le modalità e il movente dell’assassinio dell’agente di polizia Daniel Faulkner, avvenuto a Philadelphia nel Dicembre del 1981. Questa confessione evidenzia come l’omicidio sia stato organizzato da poliziotti corrotti e crimine organizzato al fine di eliminare uno ostacolo scomodo per il loro racket. Secondo la confessione, sia scritta che videoregistrata, di Beverly, trasmessa anche durante il programma “Today Show”, Mumia non avrebbe avuto nulla a che fare con la sparatoria e, soprattutto, sarebbe arrivato sulla scena del delitto con il poliziotto già morto. Patricia Dembe ha rifiutato di accettare la confessione di Beverly che porterebbe alla scarcerazione della «Voce dei senza voce» dopo venti anni di galera nel Braccio della Morte poichè non sono stati rispettati i termini ultimi per la presentazione di nuove prove.

La difesa di Mumia sostiene che il ritardo sia unicamente imputabile all’ex team di avvocati ed al conflitto d’interessi da loro generato (a causa della pubblicazione di una “inside story” da parte di Daniel R. Williams senza alcun permesso da parte di Mumia). Il perché Leonard Weinglass non abbia mai presentato questa confessione - ed il test della verità sostiene che Beverly non stia mentendo! - non è ancora stata chiarita del tutto: se da una parte sembra che il teste non fosse attendibile, dall’altra parte si parla di alcune minacce di morte ricevute da Weinglass nel caso in cui l’investigazione avesse portato a scoprire l’identità dei veri killers. Il ricorso in appello riprende anche la testimonianza della stenografa/reporter Terri Maurer-Carter di cui abbiamo parlato qualche paragrafo sopra.

La verità è sempre la stessa: vogliono ammazzare Mumia!

Fin qui il piano legale. Come dicevamo nell’apertura di questo articolo, è chiaro e quanto mai palese (anche se non mancano i personaggi che griderebbero vittoria nel caso in cui Mumia venisse condannato all’ergastolo... sic!...) il tentativo da parte del Governo statunitense, tentavivo che da ormai venti anni viene gestito da tribunali, giudici e dipartimenti di polizia, di ammazzare Mumia Abu-Jamal. Vent’anni d segregazione nel Braccio della Morte non sono bastati a piegarlo. Non sono bastati i vetri divisori in plexiglass. Non sono bastate le violenze e i soprusi. Non sono bastate le angherie. Non è bastato l’isolamento continuato. Dal Braccio della Morte di SCI-Green continua la battaglia di libertà; una battaglia mai individuale, ma sempre e costantemente collettiva; per una liberazione che sia collettiva. Questo è sempre stato l’elemento centrale della campagna per la sua scarcerazione: Mumia è figura e simbolo di una lotta che partendo dal suo caso costruisce momenti di iniziativa politica che pongono la questione della libertà dei prigionieri politici come elemento costitutivo nel processo di lotta generale nel presente. Il suo caso, quindi, ha sempre rappresentato (e continua a rappresentare) un alto momento di conflittualità sociale e politica. Non a caso la stessa Campagna internazionale per la sua liberazione, nel corso degli anni, è stata fatta oggetto di repressione e controrivoluzione preventiva. Sia (per ovvie ragione contestuali) negli Usa, sia nel resto del mondo, ove questa è riuscità a trovare spazi di agibilità e di iniziativa politica.

Ora, vale la pena fare una breve riflessione. La Campagna Internazionale per la Liberazione di Mumia, seppur iniziata tra la fine degli anni ‘80 e i primi anni ‘90, ha avuto il suo imput maggiore a partire dalla primavera/estate del 1995, quando cioè il Governatore Ridge firmò la prima delle due date (come sappiamo la seconda venne firmata nell’Ottobre del 1999) per l’esecuzione. Con il prezioso contributo dei prigionieri politici di diversi paesi, iniziò un enorme lavoro che andava dall’Italia alla Francia, dall’India al Brasile all’Argentina. In pratica, in brevissimo tempo la stessa Campagna si diffuse a macchia d’olio in tutto il mondo. Basti pensare, limitandoci all’Italia, che la Manifestaziona nazionale indetta contro l’esecuzione portò a Roma oltre due mila persone, e si era nel mese di Luglio, un mese noto (almeno per quanto riguarda il nostro paese) per la quasi totale mancanza di attività politica. Due mila persone a Roma. Migliaia e migliaia di pesone in giro per il mondo. Momenti di confronto. Di dabattito politico. Di attivita incessante. L’secuzione viene sospesa per una prima volta. E verrà sospesa allo stesso modo nel Dicembre del ‘99.
Questo non vuole essere certo un’analisi rispetto a questa enorme e importante esperienza. Non tocca a noi farlo. Però ci spetta cercare di contribuire alla stessa. E se questo per l’appunto non è un «tirar le somme» di 7 anni di campagna, tuttavia crediamo che sia importante far notare due questioni: la Campagna ha perso, nella stragrande maggioranza dei suoi segmenti, uno dei suoi pilastri fondamentali: i prigionieri politici. Con tutto quello che significa in termini di rapporti e di contestualizzazione nello scontro di classe generale attualmente in atto. Se per alcuni anni (diciamo almno fino al ‘99) si è potuto parlare in un minimo di ricomposizione di classe con i militanti rivoluzionari prigionieri, da oltre tre anni lo stacco pre ‘95 è ritornato ad essere imperante. Se prima parlare di liberazione di Mumia sinificava immediatamente «liberazione di tutti i prigionieri politici», oggi come oggi questa parola d’ordine ha perso fortemente di incisività. Le motivazioni per cui siamo arrivati a questo riflusso sono complesse e dialetticamente in rapporto tra di loro. Sicuramente, tra le stesse vi è la contrivoluzione preventiva che sempre e comunque, anche in questo momento in cui la conflittualità rappresentata dal «caso Mumia» si è notevolmente abbassata, è stata condotta nei confronti dei militanti e delle situazioni collettive che hanno rappresentato spezzoni attivi della Campagna. Ci sembra interessante fare un minimo di quadro, limitatamente al contesto statunitense, di queste azioni che possiamo tranquillamente definire come «azioni di cointelpro» (intimidire, disgregare e/o neutralizzare), se non altro per dare continuità tra loro ai processi storici di lotta e controrivoluzione dagli anni ‘60 in poi.


La Campagna per la liberazione di Mumia e la controrivoluzione
preventiva


Chi in qualche modo ha partecipato o si è avvicinato negli anni alla Campagna, avrà potuto notare come la stessa sia sempre stata costituita e costruita attraverso e con una serie infinite di segmenti del cosiddetto movimento di lotta internazionale. Tutto questo enorme intreccio di rapporti è stato in qualche modo coordinato dall’ l’International Concerned Family and Friends of Mumia Abu-Jamal (denominato West Philadelphia Committee to Defend MAJ nel 1981, ha cambiato poi inseguito il proprio nome), primo referente esterno per Mumia. L’ICFMAJ, che ha sede nella città di Philadelphia (la stessa di Mumia), ed è seguito dai militanti di MOVE, è semptre stato uno dei primi obbiettivi da colpire e in qualche modo eliminare da parte delle forze di polzia. E quando diciamo “eliminare”, intendiamo proprio dire “ammazzare”. Vediamo come (l’elenco è per forza di cose del tutto parziale):

Il 13 maggio 1985, la polizia di Philadelphia in un’operazione congiunta con l’FBI sgancia una bomba su una casa nella quale risiedevano dei membri dell’organizzazione MOVE. Questa soluzione alla “MOVE crisis” giunge dopo svariati tentativi di zittire le proteste dell’organizzazione per l’imprigionamento di alcuni suoi membri. 11 persone muoiono quel giorno e l’unica sopravvissuta, Ramona Africa, viene condannata a 7 anni di galera. Numerosi documenti, fondamentali sia per la difesa dei membri di Move che di Mumia, vengono distrutti nell’incendio conseguente. John Africa, capo spirituale di MOVE muore in quel massacro (Mumia aveva più volte richiesto che proprio John Africa fosse il suo rappresentante legale al processo).
Nel 1995, un incendio scoppia in una casa abbandonata vicina a quella di Pam Africa. La casa di Pam, sede dell’ICFFMAJ all’epoca, viene invasa da pompieri ed agenti di polizia. Nonostante non ci fossero segni evidenti di pericolo, i pompieri innondano i sotterranei, luogo nel quale risiedeva la maggior parte del materiale riguardante il caso di Mumia. In questo periodo la linea telefonica di Pam viene “misteriosamente” sabotata più volte.

Nel 1999, le auto di numerosi attivisti dell’ICFFMAJ vengono scassinate. Mentre niente di valore è trafugato, ciò che scompare nel nulla sono alcuni documenti di movimento.
Nel Maggio del 1999, Il sindaco Rendell annuncia che il Black United Fund non avrebbe contribuito all’annuale donazione per la città. La mancata donazione da parte dell’organizzazione nera sarebbe costata alla città un quarto del budget abituale. Rendell è esplicito nell’affermare che tutto ciò accadeva perchè il Black United Fund contribuiva alla campagna per la liberazione di MAJ. Per evitare inimicizie, BUF e ICFFMAJ decidono congiuntamente di non utilizzare quelle risorse economiche. Questa esplicita persecuzione da parte del sindaco viene accolta con entusiasmo dai principali media di Philadelphia.
L’8 Giugno del 2000, l’ufficio dell’ICFFMAJ viene derubato da sconosciuti e, come in altre occasioni, numerose scatole contenenti documenti molto importanti vengono rubate. Diversi computers ed altri oggetti di valore non vengono minimamente toccati mentre le liste di coloro che avevano contribuito economicamente alla campagna e altri documenti per richiedere l’esenzione dell’ICFFMAJ dal pagamento delle tasse vengono fatti sparire. I documenti erano di importanza fondamentale e, secondo Pam Africa, si trattava di un’operazione governativa con il chiaro scopo di distruggere il loro lavoro.

Nel Novembre del 2001, due attivisti dell’ICFFMAJ vengono fermati ed arrestati da due agenti di polizia mentre distribuiscono volantini. Dopo esser stati ammanettati e messi nell’auto, la polizia inizia a girare per l’area ad alta velocità deridendo i giovani per la loro attività e sottoponendoli ad umiliazioni ed insulti razzisti. Vengono entrambi rilasciati vicino al luogo dell’arresto senza notifiche o accuse specifiche nei loro confronti.

L’8 Dicemdre 2001, 8 persone vengono arrestate mentre partecipano ad una marcia pacifica a sostegno di Mumia. Due attivisti vengono rilasciati mentre altri sei sonoi trattenuti dalle autorità nonostante le numerose testimonianze che confermano la tesi percui sia stata la polizia a creare le condizioni per gli scontri ed i conseguenti arresti. Sembra evidente che questi arresti ed accuse non porteranno ad alcuna condanna, riflessione questa che rende ancora più esplicito l’intento intimidatorio della polizia nei confronti dei manifestanti e del movimento in generale.


Alcune note per finire (e continuare)

La battaglia per la liberazione di Mumia è giunta ad un punto di svolta. E questa volta in modo definitivo. Dalla sentenza del Giudice Yohn non si tornerà indietro. Tutto si deciderà nelle udienze che verranno convocate entro il mese di Giugno. Come abbiamo visto, l’attuale posizione giudiziaria di Mumia non è certamente delle migliori. Un processo senza che vi sia la possibilità di presentare le prove a sua difesa, sarà a tutti gli effetti un processo farsa. E l’alternativa dell’ergastolo al posto dell’esecuzione, non è assolutamente e non andrà mai presa come alternativa (con buona pace di qualcuno). Per quanto riguara il piano legale, gli avvocati di Mumia stanno lavorando a tutto campo affinché tutte le nuove prove possano essere presentate. Sul piano del movimento, che è quello che ci compete, bisogna riattivare tutti i canali affinchè riprenda e torni ad essere forte la Campagna. Per forza di cose, e per molteplici motivi (prima ne abbiamo visto soltanto uno), non sarà ovvimente possibile riproporre le importantissime esperienze passate. Tuttavia è necessario che la lotta per la liberazione di Mumia torni a far parte delle attività di tutti/e. Perchè rimane sempre valido e reale il simbolo di Mumia come figura caratterizante della lotta contro l’imperialismo e le carceri, e la battaglia per la sua liberazione come lotta per la liberazione di tutti i rivoluzionari prigionieri.
La mobilitazione sta riprendendo ad essere attiva sia negli Usa (dove per altro, seppur calata negli ultimi due anni, non ha mai smesso) che in molti altri paesi (Francia in primis). In Italia, a Milano, sta nascendo questo coordinamento cittadino che riteniamo valga sicuramente la pena sostenere attraverso Senza Censura. Cercheremo di seguire, per quanto ci sarà possibile, tutte le inziaitive politiche, non soltanto con la rivista ma ache attraverso il sito internet della rivista. Questa battaglia di libertà continua.


Info su Mumia Abu-Jamal:
ICFMAJ - www.mumia.org





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