Senza Censura n. 7/2002

[ ] Lettera aperta di Fabrizio, dal carcere di Regina Coeli

Ci risiamo, dopo la guerra criminale contro le popolazioni civili in Jugoslavia, la santa alleanza ora ha deciso di bombardare i villaggi e le città afgane per estendere il proprio dominio nel mondo. Supportati dai mass-media che inneggiano a questa ennesima “operazione chirurgica di polizia internazionale”, si cerca il consenso delle popolazioni agitando lo spettro della guerra batteriologica. Ed ecco che come per miracolo arrivano in ogni dove buste con misteriose polverine bianche, ad annunciare i tempi della probabile peste di manzoniana memoria. Quindi se il morbo dilaga, o usando il condizionale potrebbe dilagare, è necessario trovare gli untori e laddove non si trovano, fabbricarne ex-novo.

Questo era già nell’aria molto tempo prima della vicenda dell’11 Settembre e nel nostro paese, risale quantomeno al 10/15 luglio 2001, anno primo dell’era Berlusconi. Gli untori in quel caso erano stati gli anti-global che a Genova avevano disturbato i piani dei “grandi della terra”: più di 400 feriti, un centinaio di arresti e un altro omicidio (solo l’ultimo di una lunga serie mai interrotta, quella del giovane compagno Carlo Giuliani) avevano dato il segno dell’aumento esponenziale della repressione nei confronti di chi si oppone alla logica del profitto e dello sfruttamento. A seguire lo svolgimento delle “indagini imparziali” presso la scuola Diaz e non solo, determinando un sostanziale ed ovvio silenzio dei media dopo solo tre mesi, sdoganando anche la morte dell’untore con l’estintore in mano. D’altra parte non c’è nessun motivo di stupirsi, sia in quel paese dove ogni strage rimane impunita e non parliamo solo di Piazza Fontana o di Bologna, ma anche di quella di Linate, dove per effetto della deregulation sui sistemi di sicurezza muoiono decine di persone in uno scontro tra due aerei, o nei cantieri dove centinaia di operai perdono la vita sul lavoro; questa non è retorica: è un fatto oggettivo. Mandante morale la logica del profitto, esecutori gli integralisti della sua religione, movente il disprezzo arrogante delle condizioni di vita dei lavoratori. E così tra le tranquille tragedie e farse del nostro paese normale fa capolino anche la “nostra” piccola storia che si colloca nella caccia agli untori.

Con uno spropositato spiegamento di forze la notte tra il 15 e il 16 luglio 2001 vengono effettuate a Roma quasi trenta perquisizioni nel corso delle quali non viene ritrovato ovviamente niente (perché non c’era niente da trovare!) di quel che sui giornali viene di solito definito materiale interessante per gli investigatori. Le uniche cose che vengono trovate sono le persone strappate al sonno, qualche bambino che piange, un poster di Che Guevara. Sul teatro di scena rimangono due arresti e tre indagati per il solito reato di associazione sovversiva finalizzata.... etc etc...
In corso d’opera, i rapporti personali, di affetto, di amicizia, diventano vincoli associativi, attitudine a compiere reati e compagnia dicendo.

Due anni e passa di intercettazioni telefoniche, pedinamenti, appostamenti dimostrano in maniera inconfutabile che il tizio era solito andare nei cortei di piazza, che la tizia telefonava spesso al suo ragazzo, che il ragazzo era amico del tizio, che il tizio era amico di una tizia e così via in una sorta di panegirico allucinatorio e paranoico.

I normali rapporti personali di un individuo riportati sui verbali di polizia assumono tratti loschi e perversi, fonte di chissà quale criminale cospirazione. Ma proprio la normalità di queste persone stizza i solerti investigatori, perché non è la normalità di chi è abituato a subire i torti, le ingiustizie, le mancanze di diritti di una società classista e discriminatoria che si fa i cazzi suoi e non disturba i padroni del vapore. La normalità della loro vita è alzare la voce quando vengono massacrati i palestinesi sulla loro terra, quando i villaggi kurdi vengono incendiati e bombardate le popolazioni in Jugoslavia. Insomma in tre parole rompono i coglioni, “ottimi” come colpevoli: il carcere è pronto, il reato pure e poi si vedrà.

I laboratori post borbonici del nostro paese di santi, poeti e scienziati sfornano così un mediocre puzzle che si colloca a metà strada tra il fantascientifico Frankestein ed il deprimente Kafka.

E’ così che ad esempio un viaggio in Jugoslavia propagandato, pubblicizzato ai quattro venti, alla cui riuscita hanno contribuito decine di compagni, lavoratori e singoli individui con l’invio di medicinali e vestiario per le popolazioni colpite dai bombardamenti e che era stato reso noto alle ambasciate dei paesi interessati, diventa un tassello del complotto scoperto dagli accertamenti degli investigatori nel corso dell’attività di indagine. Crediamo a questo punto di fare delle considerazioni e di tirare le conclusioni.

Niente di nuovo sotto il sole circa la volontà di sempre di criminalizzare l’associazione a questo stato di cose. Questa operazione riguarda non esclusivamente le nostre persone, ma tutti coloro che pur tra differenze e contrasti sono uniti tra loro nella comune opposizione e lotta alla guerra, alla mancanza dei diritti per i lavoratori, al razzismo ed alla miseria che lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo genera, costituisce per tutti un pericoloso precedente politico, per la sua cecità, arroganza e chiara volontà persecutoria.

Chiediamo alle situazioni di movimento, radio, centri sociali, associazioni, ecc., di esprimersi e di intervenire con il dibattito e la mobilitazione, per smantellare questo castello di sabbia basato sulle falsità e la menzogna, con la volontà di far tacere qualsiasi voce di dissenso e di lotta.


Fabrizio Sante Antonini



Fabrizio Sante Antonini
c.c. Regina Coeli, Via della Lungara, 29 - 00165 - Roma

Raul Terilli
c.c. Regina Coeli, Via della Lungara, 29 - 00165 - Roma

Roberta Ripaldi
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