Senza Censura n. 6/2001

[ ] Algeria: lotte in Kabilia



Chi ha interesse a fare passare il conflitto interno come questione etnico-linguistica.
Riceviamo questo contributo che volentieri pubblichiamo.

Negli ultimi anni l'Algeria era passata un po' in secondo piano. Le uniche informazioni, infatti, che venivano divulgate dai media algerini ed europei, erano quelle riguardanti terrificanti massacri perpetrati da non meglio identificati "integralisti islamici", e lo stato di terrore generalizzato che vi regnava.
L'insurrezione popolare dello scorso aprile, in Kabilia, ha tuttavia nuovamente attirato l'attenzione dell'opinione pubblica internazionale su quella regione in pieno fermento.
18 aprile '01: Massinissa Guermah, studente di 20 anni, viene sparato a sangue freddo dai gendarmi in una caserma di Béni-Douala, vicino al capoluogo della Grande Kabilia: Tizi Ouzou.
Raggiunto da 12 proiettili, Massinissa muore due giorni dopo. Il ministro degli Interni giustifica allora l'accaduto, dicendo che era solo un piccolo ladro.
Poco dopo, a Oued Amizour, wilaya (prefettura) di Béjaia, una squadra di gendarmi ferma e pesta a sangue degli studenti per aver gridato slogan ostili al governo durante la commemorazione della "primavera berbera" del 1980. Da allora l'intera regione è sconvolta da scontri quotidiani fra le forze dello Stato e la popolazione infuriata. Un po' ovunque vengono erette barricate e le strade bloccate.
In piazza non ci sono solo studenti. Ci sono disoccupati, operai e contadini, donne e vecchi. Al grido di "potere assassino" e "ulac smah" (nessun perdono), assaltano le caserme della gendarmeria, le sedi del fisco e delle banche e altri simboli dell'arroganza del potere.
"E' contro la hogra che lottiamo" scandiscono all'unisono i dimostranti, utilizzando questa espressione tipicamente algerina che definisce l'umiliazione fatta subire al popolo da questo regime autoritario e assassino. Ce l'hanno contro lo Stato centrale ma non solo. Attaccano anche i politici borghesi della Kabilia, che hanno sempre fatto le veci di pompieri del sistema. Non solo rimangono sordi di fronte ai loro appelli alla calma, ma non esitano neppure ad assalire le sedi dei partiti istituzionali, anche quelli berberi, come è successo per quella del RCD (Rassemblement pour la Culture e la Démocratie) e del FFS (Fronte delle Forze Socialiste), al grido di "khobatha" (traditori, venduti). Sebbene il primo partecipasse al governo Benflis (ora ne è uscito), e il secondo all'opposizione, entrambi sono accusati di mantenere un sistema clientelare e di corruzione, di essere i responsabili dell'impoverimento delle masse algerine a livello municipale e regionale, e di non avere mai fatto nulla contro la hogra. Il FFS è stato poi duramente attaccato per le sue richieste, avanzate con un memorandum alla NATO, che venisse istituita una commissione di indagine internazionale.
Che sia forse un primo passo nel tentativo di superare il fronte populismo - cioè quella "collaborazione di classi alla Kabila"- che da sempre ha inchiodato i lavoratori alla borghesia, soprattutto a una piccola borghesia revancharde e avida di potere, che aspetta, ora, solo di cacciare i generali corrotti per prendere lei le redini dello Stato capitalista?
In tale situazione sono i tajma'at, cioè i comitati di villaggio, a diventare punto di riferimento per gli insorti. Queste assemblee popolari di livello territoriale, che sono un retaggio delle antiche strutture sociali, si sono modernizzate con il tempo (le donne possono partecipare - hanno lo statuto di associazione) e hanno finito per diventare lo strumento con il quale la popolazione berbera è riuscita a fare fronte, negli anni, alle gravissime carenze dello Stato centrale. Con i soldi raccolti nelle comunità i comitati hanno così potuto costruire e mantenere strade, scuole, ospedali, moschee, collegamenti elettrici. Adesso, in piena insurrezione popolare, i tajma'at hanno raccolto sangue e fondi per le vittime, hanno cercato informazioni sui feriti e contattato i familiari, hanno organizzato comitato di vigilanza e moltiplicato le ronde per reagire alle missioni punitive dei gendarmi. Il 17 maggio è nato a Illoula Oumali, il Coordinamento dei comitati popolari a livello della Wilaya di Tizi-Ouzou.
Il popolo, esasperato dalla corruzione e dalla violenza del regime dominato dai militari, ha avanzato le proprie rivendicazioni. Chiede:
• La partenza della gendarmeria e di tutte le forze militari dalla Kabilia.
• La presa in carica delle vittime da parte dello Stato.
• La concessione, da parte di questo, dello status di martiri alle vittime.
• L'annullamento delle cause giudiziarie contro i manifestanti.
• Il riconoscimento del Tamazight (lingua berbera) come lingua nazionale e ufficiale.
• Più libertà e maggior giustizia.
• Piano d'emergenza per la Kabilia.
• Sussidio di disoccupazione per tutti i disoccupati (negli ultimi anni il tasso di disoccupazione è cresciuto vertiginosamente. Secondo dati recenti - programma di aggiustamento strutturale - sarebbe arrivato a sfiorare il 35 %, pari a 2.000.000 di unità. Ed è stato parimenti calcolato che 2.000.000 di persone vivono sotto la soglia di povertà, mentre altri 2.000.000 vivono nella miseria estrema, con tutto ciò che questo implica dal punto di vista anche sanitario con la recrudescenza di malattie infettive come la tubercolosi, il colera o il tifo).
L'insurrezione, che i mezzi di (dis)informazione algerini ed europei hanno cercato di fare passare per episodico tumulto, locale e comunitario, non si è però fermata. Andando oltre qualsiasi tipo di limite posto dagli stessi nazionalisti borghesi, il movimento popolare cresciuto nelle wilaya kabile, ha saputo attirare la simpatia e la solidarietà di milioni di persone, fra lavoratori, studenti e disoccupati, in tutta l'Algeria. I lavoratori e i cittadini di numerose città (a Algeri e soprattutto nell'est) hanno così deciso di istituire nuovi comitati popolari per rafforzare il movimento di organizzazione della protesta, e hanno dato vita a scioperi e a cortei giganteschi in solidarietà con gli insorti, contro la repressione dello Stato, contro l'assenza di diritti e contro la borghesia, i militari e la classe politica corrotta, colpevoli di fare solo i loro interessi e quelli delle imprese e degli Stati imperialisti. Il 14 giugno, ad Algeri c'erano più di 1,5 milioni (certe fonti parlano di 3.000.000) di manifestanti a urlare "potere assassino". Come al solito, polizia e gendarmeria hanno represso nel sangue - 8 morti e centinaia di feriti - quello che era un chiaro segnale di condanna popolare dell'operato del governo Benflis e del Presidente della Repubblica Bouteflika. Il 18 giugno la protesta antigovernativa continuava nell'est del paese. Quel giorno sono morte 12 persone di cui 5 gendarmi. Il giorno dopo il Primo Ministro Alì Benflis ha proibito le manifestazioni ad Algeri
Di fronte a questa situazione esplosiva, e pressato dai governi Americano ed Europei che vedono nell'instabilità crescente dell'Algeria una seria minaccia ai loro interessi strategici e a quelli economici legati all'estrazione e al commercio di petrolio e gas, il presidente Abdelaziz Bouteflika deve cercare di rassicurare da una parte i suoi partner, e di dare all'opinione pubblica internazionale, dall'altra, una parvenza di democraticità. Ma è solo una facciata.
Bouteflika ha nominato infatti una commissione d'inchiesta (la commissione Issad)sui fatti accaduti in Kabilia. Questa ha sì descritto quanto era successo negli ultimi mesi, questa ha sì denunciato gli abusi e i massacri commessi dalla gendarmeria (era impossibile diversamente), ma quando va a parlare delle responsabilità della classe politica riguardo alla repressione, sembra quasi che (come succede in Italia per i fatti di Genova) questa sia colpevole solo di essersi lasciata sfuggire di mano la situazione. Sembra che il presidente della Repubblica, il Primo Ministro, il Ministro degli Interni, il Governo tutto e il Parlamento stesso fossero all'oscuro dell'insurrezione e della mattanza in corso! Tutto ciò è molto credibile infatti.
A fronte di questa facciata, il Presidente e i militari hanno invece optato per la linea dura contro "gli istigatori" delle sommosse. E' già stato varato un nuovo codice penale che colpisce in maniera ancor più dura il dissenso, sia esso politico che di opinione. Nella sola wilaya di Tizi Ouzou sono stati mobilitati più di 10 000 effettivi fra poliziotti, gendarmi e soldati. Questi usano pallottole esplosive e mirano alla testa o al torace. La repressione selvaggia non ha fatto che crescere. Ci sono vere e proprie esecuzioni. Nelle prime settimane di insurrezione le forze repressive dello Stato avevano già fatto migliaia di feriti e più di 80 morti. Adesso continuano a pestare, ad arrestare, a intimidire.
Per più di 10 anni i lavoratori algerini sono stati presi fra due fuochi, fra i dirigenti dell'HCE - l'Alto Consiglio di Stato - con i loro squadroni della morte (i Ninjas), da una parte, ed il GIA (gruppo islamico armato) e altri movimenti estremisti, dall'altra, che hanno fatto, tutti insieme, quasi 200.000 morti fra sindacalisti, politici, giornalisti, operai e contadini.
Adesso si ritrovano schiacciati da un potere totalitario che guarda solo al profitto della borghesia nazionale, che calpesta i diritti dei lavoratori; un potere che pensa ai rapporti commerciali con gli USA e con l'UE, al ruolo regionale che può giocare nel quadro della sua collaborazione con la NATO; un potere che sta ora affrontando profondi processi di privatizzazione, principalmente nel settore bancario, energetico e dei trasporti, imposti dai diktat del FMI e della BM, con tutto quello che implicano per i lavoratori: precarietà, licenziamenti e disoccupazione. E questo al fine di vedersi garantiti i miliardi di dollari provenienti dai prestiti fatti da queste istituzioni e dagli investimenti dei capitalisti e degli Stati imperialisti stranieri.
Chissà che la struttura orizzontale dei movimenti antigovernativi non riesca a portare quell'unità proletaria tanto necessaria alla creazione di una organizzazione capace di sconfiggere sia la borghesia assassina al potere, che le frange islamiche più reazionarie?

Interesse dell'Italia
Come rilevato anche da un documento del Ministero degli Esteri, il crescente ruolo assunto nell'area maghrebina implica compiti e responsabilità maggiori, che hanno attinenza diretta alla dimensione regionale della stabilità. In tale ottica, l'Italia continua ad adoperarsi per il rilancio dell'U.M.A. (Unione del Maghreb Arabo) e del Dialogo 5+5.
Oltre a ciò però l'Italia mira ad una crescente integrazione militare e poliziesca con i Paesi del Maghreb. L'Italia si adopera per favorire il raggiungimento di intese tra le Marine Militari degli Stati dell'area volte a stabilire azioni coordinate in materia di pattugliamento congiunto per la lotta all'immigrazione clandestina (principalmente, ndr), alla criminalità organizzata e all'inquinamento. L'obiettivo di tale azione è di "fare emergere un modello di sicurezza cooperativa, da inserire nella Carta per la Pace e la Stabilità e di illustrare in concreto il possibile uso di EUOMARFOR in un quadro di misure di fiducia".
L'Algeria, che sta per dare il via a profondi processi di privatizzazione (banche, energia, comunicazione), guarda all'Italia in duplice modo: come collaboratore a livello tecnico per affrontare tali processi (recente missione di funzionari IRI ad Algeri), e come futuro cliente.
L'Italia, non lo scordiamo, è da sempre uno dei principali partner economici dell'Algeria, anche negli anni di maggiore isolamento che questa ha vissuto.
Nel 2000, l'Italia era il primo cliente commerciale dell'Algeria per un valore di 4721 milioni $ (e il secondo dopo la Spagna per quanto riguarda gli idrocarburi), e il terzo suo fornitore per un ammontare di 897 milioni $.
Lo scorso 9 novembre 2000 ad Hassi R'Mel, in Algeria, dove è situato uno dei più grandi giacimenti di gas naturale del mondo, ENI e SONATRCH (società di idrocarburi dello Stato algerino) hanno rinnovato il loro rapporto di collaborazione in occasione del venticinquesimo anniversario della costruzione della Transmediterranean Pipeline Company (TMPC), la società a capitale misto proprietaria del tratto sottomarino del metanodotto TRANSMED (che attraversa Algeria, Tunisia, Mediterraneo e Italia).
Il Transmed aveva avuto gli onori della cronaca all'inizio dei '90 quando scoppiò lo scandalo di un giro di tangenti di 21 milioni $ legati alla realizzazione del secondo segmento del gasdotto.
Le due società prevedono di portare i livelli di produzione congiunta degli attuali 50 mila barili di petrolio al giorno a 120 mila barili nel 2003, quando partirà l'attività produttiva dei giacimenti petroliferi di HBN-N e ROD.
L'ENI è stata la prima società straniera a stipulare un accordo di production sharing per svolgere attività di esplorazione e produzione di idrocarburi in Algeria, non appena questo paese ha deciso di aprire le attività up stream anche a operatori esteri.
Ultimamente l'ENI (operatore al 60%)e la SONATRACH (operatore al 40%) hanno dato vita ad una attività esplorativa congiunta nello Yemen.
Questo mentre il gruppo Cosider-Brown and Root Condor e la società russa Stroytransgaz si sono aggiudicati il contratto per la realizzazione dell'oleodotto Haoud El Hamra-Arzew.
Il gruppo Cosider-BRC ha acquisito il lotto n. 1 che consiste nella realizzazione di 419 km di canalizzazione, dal terminale di Haoud El Hamra al posto PC5, presso la città di Laghout, per un importo di circa 6,651 mld di dinari (84 milioni di dollari).
L'Algeria è uno dei 29 Paesi (Albania, Algeria, Armenia, Azerbaijan, Bosnia-Erzigovina, Bulgaria, Croazia, Egitto, Estonia, Federazione Russa, Georgia, Kazakistan, Kirghizistan, Lettonia, Libia, Lituania, Marocco, Moldova, Polonia, Repubblica Ceca, Repubblica Federale Jugoslava, Romania, Slovacchia, Slovenia, Tunisia, Ucraina, Ungheria e Uzbekistan) destinatari degli interventi di cooperazione dell'Italia, nel 2001 (Deliberazione CIPE n.147/2000).
Il governo italiano ha inoltre concesso (decreto 200097/00) un Credito di aiuto a sostegno delle Piccole e Medie Imprese algerine, per un ammontare di 27.113.987,20 Euro (la Banca Agente italiana è il Monte dei Paschi di Siena-Spa).
In occasione della sua visita alla Fiera di Algeri 2001, il viceministro italiano delle Attività produttive con delega al Commercio estero, Adolfo Urso, ha fatto poi una dichiarazione che fa ben capire che intenzioni abbiano gli imprenditori italiani riguardo all'Algeria e all'area maghrebina in generale: " Così come l'Europa centrale e orientale è stata fonte di sviluppo per le nostre imprese del Nord, così nei prossimi 10 anni i Paesi del Mediterraneo possono essere occasione di sviluppo per le imprese del Sud. L'Algeria inoltre ha ridotto il suo rischio-Paese dal 50% al 25%..."

Interesse dell'UE
Con la Dichiarazione di Barcellona del 1995 (che fu sottoscritta da 27 paesi - i 15 dell'Unione Europea e 12 rivieraschi) l'Europa ha per la prima volta manifestato chiaramente l'ambizione di elevare il suo profilo politico nella regione, lanciando una strategia coerente e integrata per il Mediterraneo. Questo approccio è stato confermato l'anno scorso dal Consiglio Europeo di Feira che ha approvato la "Strategia comune per il Mediterraneo" che definisce la politica e gli obiettivi dell'UE nella regione. A conferma dell'impegno europeo verso l'area è stata approvata a fine 2000 la nuova dotazione finanziari del MEDA (cioè lo strumento finanziario del partenariato) per il periodo 2000-2006 è stata fissata a 5,35 milardi di Euro. Oltre a ciò, la BEI ha dichiarato di aumentare i fondi (7,4 miliardi di euro) per la concessione di crediti ai Paesi terzi mediterranei.
Sul piano politico, uno dei progetti più ambiziosi rimane l'approvazione della Carta per la Stabilità e la Pace nel Mediterraneo, che è stata oggetto di un complesso negoziato sulle base delle direttive date dai Ministri degli esteri alla Conferenza di Stoccarda (1999). L'aggravarsi della situazione medio-orientale ha impedito che questa Carta venisse approvata in occasione della IV Conferenza ministeriale euro-mediterranea (Marsiglia, novembre 2000). A Marsiglia è stato tuttavia riaffermata la comune volontà di rilanciare il processo di Barcellona, sottolineando l'importanza di completare il quadro degli accordi di Associazione con la UE accelerando i negoziati con Algeria, Siria, Libano e Egitto. L'obiettivo è di arrivare entro cinque anni alla conclusione di accordi di libero scambio fra i Paesi firmatari dell'Accordo di Associazione e l'UE.
Sulla spinta di Italia e Francia, i Ministri degli Esteri europei (riunione di Lisbona, gennaio 2001) hanno deciso di rilanciare il Dialogo "5+5", che è un foro di collaborazione regionale nel Mediterraneo occidentale avviato a Roma nel 1990 (interrotto nel 1992 a causa delle sanzioni imposte dall'ONU alla Libia e poi sospese nel 1999) che comprende Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Malta, Algeria, Tunisia, Marocco, Libia e Mauritania. Pur nella sua autonomia, manterrà tuttavia una naturale complementarità con il Processo di Barcellona.
A livello economico, gli Stati membri dell'UE rimangono sempre i principali partner dell'Algeria con il 57,97% delle importazioni e il 62,72% delle esportazioni (dati: Dogana Algerina).
Rispetto al 1999, le relazioni economiche UE-Algeria sono cresciute in modo considerevole. Per quanto riguarda le importazioni dall'Europa, queste sono aumentate del 5,02%, cioè di 255 milioni $, mentre le esportazioni verso l'UE sono aumentate del 54,41% e cioè di 4,3 miliardi $.


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